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mercoledì 7 novembre 2012

CORMAC CULLINAN: I DIRITTI DELLA NATURA






 DIRITTI DELLA NATURA
«Anche un albero
ha diritto di denuncia»
La giurisprudenza umana non basta più, è tempo di sottostare alla Legge universale di Natura. Parola dell'avvocato Cullinan
C'è una Magna Carta universale che gli umani faticano a riconoscere e però sovrasta qualsiasi Costituzione scritta dagli umani stessi. Cormac Cullinan, socio fondatore della Cullinan&Associates Inc., studio legale di Città del Capo, in Sud Africa, la chiama Wild Law (guardai dieci punti caldi del pianeta), o legge della natura: «Siamo così abituati a conformarci a un diritto che punta al controllo e allo sfruttamento della natura, che la sola idea che la legge debba piuttosto essere al servizio delle forze naturali ci pare assurda, una contraddizione. Invece, dovremmo riflettere sul fatto che gran parte delle nostre leggi contribuisce alla soppressione della wildness, l'ambiente incontaminato». Insomma, è tempo di ribaltare la filosofia antropocentrica che ha forgiato la giurisprudenza moderna e recuperare quei principi universali che governano l'esistenza di tutti i membri della comunità terrestre.

I tutori di un fiume. Qualche esempio? È la legge di natura che determina quando le concentrazioni di gas serra in atmosfera, raggiunto un certo livello, provocano cambiamenti climatici irreversibili. Eppure, le leggi umane non sono state scritte tenendo nel giusto conto questo principio universale. Anzi, la maggior parte delle attività che contribuiscono al cambiamento climatico sono assolutamente legali. Nel mondo giuridico idealizzato da Cormac, e teorizzato nella Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra che ha presentato due anni fa all'Onu, «qualsiasi essere umano dovrebbe avere il diritto di farsi parte civile in un giudizio per difendere i diritti di un altro membro della Terra, sia esso un animale, un albero o un lago. Un po' come già avviene, nei sistemi legali vigenti, quando persone che non possono intraprendere un'azione legale (per esempio, un minorenne) vengono rappresentate in giudizio dai tutori legali». Non si tratta di una rivoluzione utopistica, ma di ampliare principi legali esistenti. Accade in Ecuador, la cui Costituzione riconosce i «diritti della natura»: nel 2011 il fiume Vilcambamba «vinse» una causa per impedire che il suo letto fosse utilizzato come discarica per i detriti provenienti dalla costruzione di una strada.
Oggetti o «aventi causa»? Negli ultimi anni, anche grazie alla spinta delle convenzioni internazionali, si è ampliato il campo della cosiddetta «giurisprudenza ambientale». Eppure Cormac mette subito in chiaro che la Wild Law è un'altra cosa: «Le leggi ambientali modificano i sistemi legali esistenti proibendo o limitando la possibilità di danni all'ambiente, per esempio attraverso l'introduzione di permessi per l'attività mineraria, il disboscamento, l'edilizia, l'inquinamento ». Leggi che non contrastano, però, la concezione di base della nostra giurisprudenza, e cioè che il mondo è una collezione di «oggetti» (o risorse naturali) a disposizione dell'uomo. «Le leggi ambientali impongono alcune restrizioni al diritto di proprietà ma continuano a considerare il mondo naturale come una proprietà. In base alla Wild Law, invece, lo scopo del sistema legale non è di permettere agli uomini di dominare e sfruttare gli altri membri della comunità terrestre, con un'attitudine coloniale, ma di mantenere un equilibrio fra gli interessi degli uni e degli altri, garantendo l'integrità dell'intero ecosistema. «Le leggi ambientali sono l'equivalente delle leggi che limitavano il diritto di punizione di un possidente sul proprio schiavo, mentre la Wild Law vuole abolire la schiavitù, cioè impedire all'uomo di trattare la Natura come uno schiavo», sostiene Cormac. Un passo in più anche rispetto ai cosiddetti «diritti animali», perché secondo la Wild Law sono soggetti legali, e quindi detentori di diritti, anche fiumi, montagne, mari, piante... «Il diritto umano alla vita, all'acqua, al cibo, perde ogni significato se l'ecosistema che produce quell'acqua e quel cibo non ha diritti e se la popolazione non può far causa contro chi quei diritti non rispetta». Realtà o utopia? La maggior parte delle attività umane emette CO2. Nel mondo ideale di Cormac, sarebbero tutte illecite? «L'intenzione non è di proibire qualsiasi attività umana che impatti sulla natura. Significherebbe che non potremmo neppure mangiare. Il punto è come impedire agli umani di danneggiare la natura per motivi futili o egoistici. Se riusciamo a costruire auto che non impattano sui sistemi ecologici, non è necessario rinunciare alla guida. Se invece l'industria automobilistica mette a repentaglio la vita delle generazioni future, è meglio spegnere i motori».
(Dal Corriere della Sera, 5 luglio 2012)
Cullinan ci richiama al fatto che per l'uomo non esistono solo diritti. E che i diritti non sono solo degli uomini. I diritti infiniti dell'uomo presuppongono che l'uomo sia posto di fronte al nulla. Secondo l'ideologia dei diritti assoluti dell'uomo (ideologia che è attualmente maggioritaria sia nelle nostre democrazie che nei regimi totalitari), l'uomo può fare tutto e tutto il resto è niente, non conta niente. Non esiste natura, non esistono animali, non esistono piante, alberi, mari, acque cristalline...ma un gigantesco magazzino di materiali a disposizione dell'uomo e del suo egoismo antropocentrico. Questo forse poteva andar bene quando gli umani erano poche centinaia di migliaia, o alcuni milioni. Oggi che sono più di sette miliardi questa etica dei diritti infiniti dell'uomo è un'etica tragica e distruttiva: è un'etica da catastrofe planetaria. Come ci ha insegnato Hans Jonas questa etica antropocentrica ci ha portato ad una situazione disperante e apocalittica: l'uomo è diventato un pericolo per la natura e per il pianeta. Jonas ci richiama al principio di responsabilità, ai doveri dell'uomo come essere naturale in un mondo limitato. Svanite le certezze di sviluppo fondato sull'asservimento tecnologico della natura e l'"euforia del sogno faustiano" della modernità, nasce con Jonas un'etica del dovere ("dovere" una parola dimenticata dalla follia metafisica dei diritti assoluti dell'uomo su tutti e su tutto), un dovere dell'uomo verso la natura cui apparteniamo inestricabilmente e la cui distruzione sarà la nostra distruzione. Cullinan riprende la visione di Jonas dando voce ai diritti della natura che oggi dobbiamo ascoltare. O sarà la Natura a parlare in prima persona e per noi sarà troppo tardi.

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