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venerdì 19 ottobre 2018

L'Europa e la Bomba africana

Ora il dato e' ufficiale, certificato nel Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo 2018 di UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione): nei prossimi trenta anni la popolazione mondiale crescerà' di ulteriori 2,5 miliardi, così' da raggiungere nel 2050 l'incredibile numero di 10 miliardi. E pensare che le precedenti stime parlavano di 9 miliardi a fine secolo nel 2100. Una ulteriore impennata nella crescita, nonostante che il numero medio di figli per donna sia tendenzialmente diminuito in mezzo secolo da 5 a 2,5. Ma essendo aumentata la base numerica (da due a sette miliardi e mezzo) il moltiplicatore porta ad un aumento netto mai visto nella popolazione, in così' pochi anni (per la demografia 30 anni sono una inezia). Mai prima d’ora, nella storia dell’umanità, ci sono state tra i paesi differenze di crescita demografica come oggi. Mentre nei paesi sviluppati e in certe aree dell'oriente (come Taiwan) i tassi sono addirittura inferiori ai tassi di sostituzione, in altre aree il numero di figli per donna e' ancora alto e tende ad aumentare ulteriormente. Una di queste è l’Africa subsahariana che contribuirà per più della metà alla crescita della popolazione mondiale prevista da oggi fino al 2050, un dato che deve far riflettere l’Italia e L’Unione Europea alle prese con le spinte delle forze di estrema destra, convinte di poter contrastare un fenomeno che dal punto di vista numerico appare invece incontenibile. Si stima che la sola area subsahariana porterà' nei pressimi 30 anni a 1,3 miliardi di nuova popolazione sul totale dei 2,5 miliardi che si aggiungeranno ai 7,6 attuali (stime UNFPA). E' appena il caso di notare che queste centinaia di milioni di nuovi nati non avranno, anche nelle migliori delle ipotesi su un rapido sviluppo africano -di cui ad oggi non vi e' traccia- le risorse alimentari, di acqua, di lavoro, scolastiche, sanitarie e ambientali necessarie per un sostentamento in loco. Si tratta quindi nella maggioranza dei casi di futuri migranti, le cui vie di migrazione, basta consultare una carta geografica, conducono sulla sponda nordafricana e di li' alla penisola italiana o spagnola, protese nel mediterraneo. Nei Paesi in Via di Sviluppo ci sono centinaia di milioni di donne che sono a rischio di iniziare una gravidanza non desiderata per l’impossibilità di accedere a servizi sanitari, a metodi moderni di contraccezione, o per fenomeni quali matrimoni e gravidanze precoci, anche per le condizioni di sottomissione e di mancanza di scolarità' delle donne.
Secondo Mariarosa Cutillo, direttrice dell’ufficio partnership strategiche dell’Unfpa: «Il potere di scegliere è un diritto fondamentale delle donne che deve essere garantito. Decidere se, quando e con chi fare figli è importante per il reale e effettivo sviluppo sostenibile del pianeta. La responsabilità di realizzare gli obiettivi di sviluppo non è solo dei governi ma anche del settore privato e della fondamentale società civile.Le disuguaglianze di genere attraversano tutto il pianeta, e a ciò' contribuiscono le tradizioni locali, la situazione economica, le gerarchie religiose con la discriminazione femminile e la demonizzazione dei metodi contraccettivi. Ma in anni recenti anche la politica e gli interessi della criminalità' contribuisce al fenomeno, essendo la crescita demografica e le connesse migrazioni, divenute il principale metodo di business di intere aree specie in Africa. Interessi che portano infatti risorse dalle rimesse, favoriscono le organizzazioni che speculano sui commerci legali e illegali, e alimentano soprattutto i trafficanti di persone con i grandi affari che ricavano. alla crescita della popolazione sono interessati anche i trafficanti di armi e droga, così' come i produttori e i commercianti dei paesi sviluppati che vi vedono occasioni di nuovi commerci e mercati. Né sono da trascurare gli aspetti sociali e conflittuali che innescano crescite così esplosive della popolazione. In queste dinamiche la composizione sociale delle popolazioni è costituita da moltissimi giovani ed adolescenti che cercano mezzi di sussistenza e di affermazione. Sono masse giovanili pronte per estremizzarsi e propense alla violenza non essendo limitati da strutture scolastiche o educative adeguate, in presenza di tradizioni ataviche che stanno scomparendo lasciando il posto alla ricerca del denaro e alle organizzazioni più efficienti che trovano in loco: quelle criminali o quelle dell'estremismo religioso. In questi ultimi decenni, masse enormi di africani si sono spostate (prima ancora di tentare l'analoga avventura verso l'Europa che attualmente abbiamo sotto gli occhi tutti) e masse enorme di africani sono uscite dai villaggi sperduti nelle savane e nelle foreste, per approdare nelle megalopoli che sono cresciute a dismisura, oltre che disordinatamente come, ad esempio, Lagos, in Nigeria, che ha più di 20 milioni di abitanti (pari quindi a un terzo dell'intera popolazione italiana) e che, per due terzi, dispone di abitazioni che sono rappresentate da bidonville. Tutto questo rappresenta un pericolo per l'Africa e un pericolo per il mondo. Insieme alla devastazione sociale c'è l'aspetto della devastazione dell'ambiente: la scomparsa delle foreste, delle savane e la loro trasformazione in distese per la coltivaziione di cibo, di mangimi o di colture per i biocarburanti -sotto la spinta di organizzazioni multinazionali. La scomparsa degli animali selvaggi avviene sotto i nostri occhi senza la speranza di poter fare qualcosa per la salvezza di specie in via di estinzione. La crescita della cementificazione e delle infrastrutture va di pari passo alla distruzione di suolo di enorme valore naturalistico e alla avanzata intorno alle megalopoli di gigantesche discariche e all'inquinamento dei suoli e delle acque. Rossastre nubi di smog e gas (tra cui il cancerogeno biossido di azoto) sovrastano le grandi megalopoli africane in ulteriore rapida crescita.
A pochi distanza dalle nostre coste si prepara quindi quella che sarà' la nuova guerra del secolo, che sarà' combattuta con altri mezzi oltre alle armi, e che riguarderà' tutto il riassetto planetario modificando profondamente l'economia, la cultura, la religione, la composizione etnica e le densità' demografiche (con le conseguenze ambientali) soprattutto del continente europeo e di tutta l'africa del nord. Sarà la fine dell'Europa come noi la conosciamo. E' appena il caso di ricordare che l'esplosione demografica che porterà' in meno di un secolo ai 900 milioni della Nigeria, si aggiungera' quella altrettanto impressionante dell'Egitto. Una vera bomba alle porte di casa.
Dall’Africa subsahariana più della metà dei nuovi nati nel mondo fino al 2050 (dati UNFPA).

domenica 14 ottobre 2018

Verita' e falsita' sul clima - Prima parte

Allarme Onu sul clima dodici anni per fermarsi poi la Terra andrà in tilt Siccità, Artico liquido, morte dei coralli: scenari da incubo per mezzo grado di temperatura globale in più dopo il 2030 di Sara Gandolfi (Dal Corriere della Sera del 10 ottobre 2018)
Agli albori del nuovo millennio il principale tema ambientalista era divenuto il riscaldamento globale.Nel 2000 il Worldwatch Insitute scriveva che : la stabilizzazione del clima e il controllo della crescita demografica sono le due sfide prioritarie che la civiltà' globale si prepara ad affrontare. Sempre il Worldwatch Institute pensando alle soluzioni asseriva che " la sola economia possibile e' quella che trae l'energia che le serve dal Sole e dall'idrogeno". Greenpeace proponeva un indirizzo energetico completamente nuovo, basato sulle fonti rinnovabili e pulite, come l'energia eolica e solare. Gli scienziati alla svolta del millennio allertavano le opinioni pubbliche asserendo che il riscaldamento globale possa comportare la distruzione degli ecosistemi, carestie diffuse, cicloni e uragani di potenza sempre maggiore; che le calotte polari si scioglieranno e gli oceani sommergeranno la Maldive, il Bangladesh ed altre regioni pianeggianti in riva al mare. Negli anni 90 del secolo scorso si erano avanzate ipotesi di innalzamento delle temperature di ben sei gradi entro la fine del secolo XXI (dati IPCC) e il presidente Clinton prevedeva:" le calotte polari si scioglieranno, il livello dei mari salira', le zone umide come le Everglades della Florida e i campi di canna da zucchero della Louisiana rischieranno di essere sommersi, intere nazioni potrebbero finire sott'acqua. Il clima degli Stati Uniti potrebbe cambiare completamente e aumenterebbero le inondazioni, ondate di caldo, uragani ed eventi estremi. Ci saranno conseguenze per la salute. Per esempio si puo' vedere che in Africa la malaria si e' diffusa ad altitudini sempre maggiori. Subiranno un mutamento i modelli di produzione agricola...".
Nell'effetto serra numerose specie di gas possono intrappolare il calore, fra essi il vapore acqueo, l'anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il biossido di azoto (NO2), i clorofluorocarburi e l'ozono. Nell'insieme questi sono conosciuti come gas ad effetto serra. L'anidride carbonica costituisce il 60 % dell'eccedenza dei gas che intrappolano il calore. L'effetto serra in se' e' un fenomeno positivo: se l'atmosfera non possedesse questi gas, la temperatura media del pianeta sarebbe inferiore di circa 33 gradi Celsius ed e' probabile che la vita come la conosciamo non esisterebbe. Dunque e' l'aumento eccessivo che determina l'effetto dannoso. Circa l'80% del CO2 in eccesso deriva dalla combustione di petrolio, carbone e gas, mentre il rimanente 20% e' provocato dalla deforestazione, dagli allevamenti e dai cambiamenti nella destinazione d'uso dei terreni vergini specialmente nelle zone tropicali. Tutti cambiamenti determinati dalla crescita della popolazione umana e dalle richieste antropiche di cibo e infrastrutture. Circa il 55 % dell'anidride carbonica rilasciata viene riassorbita dagli oceani, dalla ricrescita delle foreste nell'emisfero boreale, e, in generale, dalla crescita delle piante che la utilizzano come fertilizzante, mentre il resto va in atmosfera, tanto che la sua concentrazione nell'aria e' aumentata del 31 % dall'epoca preindustriale ad oggi. All'aumento dell'nidride contribuiscono anche cause naturali, ma quello derivante dalle attività' umane e' oggi ritenuto la causa principale dell'effetto serra e del riscaldamento atmosferico dalla maggioranza degli scienziati. Il clima e' tuttavia una variabile complessa che risponde a molteplici fattori. Esistono, documentate nei carotaggi dei ghiacci al polo e dagli strati dei tronchi nelle foreste e da altri indicatori, dei cicli naturali di variazioni climatiche. Si ritiene ad esempio che nell'ultimo milione di anni si e' verificata una serie di otto fasi glaciali e interglaciali determinate da variazioni dell'orbita terrestre.L'ultimo periodo interglaciale, l'Olocene,che continua tutt'ora, ha avuto inizio circa 10.000 anni fa. Lo scioglimento dei ghiacci ha provocato un innalzamento del livello dei mari di circa 120 metri. I dati disponibili sembrano confermare notevoli oscillazioni termiche su scala millenaria e taluni indicatori testimoniano di variazioni anche di 5-8 gradi celsius nell'arco di 1500 anni.
Tutte le previsioni sul riscaldamento da gas serra elaborate dagli esperti Onu mediante i supercomputer con gli algoritmi standard si sono rilevate inesatte per eccesso di riscaldamento stimato. Secondo alcuni esperti dell'IPCC dell'Onu negli anni 90 del secolo scorso si erano calcolati aumenti di temperature catastrofiche addirittura di circa 6 gradi entro il 2100, poi smentite dall'andamento delle curve di crescita osservate. L'aumento c'e' stato ma molto inferiore, di poco piu'di mezzo grado entro il 2010. I modelli infatti non tenevano conto dell'incidenza di molteplici altri fattori, tra cui la presenza di particelle di solfato nello smog sopra le aree densamente popolate e poi disperse su vaste aree. L'effetto serra inoltre risente di particolari concentrazioni in certe aree e in minor presenza di gas in altre come nel caso del diossido di azoto che forma enormi nubi di gas rossastro mescolato a pulviscolo sulle grandi città'ma è meno presente sopra le distese oceaniche. Il perossido di azoto generato dai motori a combustione, specie diesel, dalle caldaie, dai fumi industriali e' un potente irritante e cancerogeno e contribuisce sia alla broncopatia costruttiva che ai tumori e alle patologie cardiovascolari degli abitanti delle megalopoli e delle campagne circostanti alle grandi città'. L'effetto serra del diossido di azoto e' stato pero sovrastimato, essendo limitato ad aree densamente popolate dei grandi continenti. Anche il particolato pm 2,5 e pm 10 influenza il clima, alcune di queste particelle sono in grado di riflettere l'energia solare ed hanno quindi un effetto raffreddante. Gli aerosol generati dalle attività' antropiche hanno effetti indiretti: provocano infatti una maggiore concentrazione di gocce di acqua in sospensione e una diminuzione delle precipitazioni. Ambedue tenderebbero, secondo le ipotesi prevalenti, a raffreddare. L'IPCC ha dichiarato che "l'effetto dell'aumento della quantità' di aerosol sulla forza riscaldante delle radiazioni solari e' complesso e non ancora noto con precisione".
Un altro elemento che influenza il clima complessivo e' il riscaldamento della troposfera (lo strato di atmosfera che va dal suolo a 13 mila metri circa) rispetto alla superficie terrestre. Questo risente in particolare modo della concentrazione del vapor acqueo. In particolare una maggiore evaporazione dovuta al riscaldamento di superficie dovrebbe portare al raddoppio del riscaldamento previsto in base alla sola concentrazione della CO2. Tutte le misurazioni con i palloni sonda eseguite dal 1958 ad oggi rivelano tuttavia uno scarso riscaldamento della troposfera rispetto alla superficie terrestre. Questo ha determinato la necessita' di rivedere i modelli. Elemento importante che influisce sui modelli sono le nubi. Queste si comportano come l'iride in una pupilla, ad un maggior irraggiamento e riscaldamento della superficie oceanica corrisponde una maggior formazione di nubi con le eventuali piogge che riabbassano la temperatura, assicurando così' una compensazione. Anche il fattore nubi ha contribuito così' a ridurre l'impatto della crescita dell'anidride. Esistono molte teorie che contestano l'influenza determinante dei gas serra. Il libro The Manic Sun di Nigel Carder uscito nel 1997 imputa al ciclo delle macchie solari e alla relativa attività' di irraggiamento solare cambiamenti importanti sul clima della Terra. Studi successivi hanno dimostrato che all'aumento della radianza solare diretta degli ultimi 30 anni e' imputabile circa il 40 % del riscaldamento globale osservato. Altri studiosi ritengono che le variazioni dell'irraggiamento solare sono troppo contenute per determinare effetti rilevanti sul clima, e le discussioni sono ancora in corso.
Un ruolo centrale sul riscaldamento e sulle variabili sin qui esaminate, lo hanno due fattori chiave che agiscono prevalentemente attraverso l'aumento delle immissioni di carbonio e altri gas in atmosfera: lo scenario demografico e lo sviluppo economico. Ambedue gli aspetti hanno un ruolo fondamentale ma con molte complessità' ed interazioni dovuti a molteplici variabili alcune individuate, altre ipotizzabili altre ancora completamente sconosciute. Per fare degli esempi un mondo densamente popolato e povero genererà' gas serra e inquinanti in quantità' e modi molto diversi rispetto ad un mondo meno popolato e più ricco. E così' un mondo densamente popolato e ricco sarà' diverso in quantità di emissioni da un mondo con minor popolazione e povero. Ogni aspetto della questione ne influenza altri: ad esempio una crescita della popolazione avrà' come conseguenza una minor quantità' di aree forestali per aumento della deforestazione dovuta ai bisogni insediativi, strutturali e alimentari antropici. E una minor superficie di foreste significa minor assorbimento di anidride e quindi maggior concentrazione di carbonio e più riscaldamento. Bisognerà' vedere inoltre quanto lo sviluppo economico puo' incidere sulla superficie di foreste e quanto di questo fenomeno potrà dipendere dalla tecnologia disponibile. Abbiamo sotto gli occhi esempi di come lo sviluppo economico di certe aree geografico porti alla perdita di foreste pluviali e aree arboricole per fare posto a colture e pascoli o peggio infrastrutture e abitazioni. Tutte variabili che fanno intendere come siano complessi i modelli e le previsioni da realizzare, spesso impossibili da prevedere con decenni di anticipo.I due fattori cruciali indicati, popolazione e sviluppo, ci portano a vari possibili evoluzioni riguardanti le risorse energetiche, nella loro qualità' e quantità'. gli scenari ipotizzati dall'IPCC mostrano generalmente un consumo di energia molto più' elevato; secondo i principali studi esso sarà' più' che quintuplicato alla fine del XXI secolo. Solo alcuni ottimisti si augurano una riduzione delle necessita' energetiche a partire dalla meta' del secolo, con un consumo totale finale che risulta pari ai livelli attuali (pari, si noti, non inferiore). Ma questi sono gli ottimisti. Le emissioni di anidride carbonica nel XXI secolo dipenderanno da due fattori: 1) il consumo totale di energia e 2) la percentuale di energia derivata dai combustibili fossili.Il primo di questi fattori dipende da vari elementi (popolazione, consumi, sviluppo ecc.) ma un elemento essenziale e' l'efficienza energetica, cioè' quanta energia si e' in grado di risparmiare per un dato lavoro. Nella migliore delle ipotesi si prevede un raddoppio ogni 30-35 anni. Sul secondo fattore fondamentali saranno i prezzi di carbone, gas e petrolio e la loro disponibilità'. Il passaggio dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili e' legato alla tecnologia disponibile e ad una reale diminuzione dei prezzi dell'energia rinnovabile in modo da renderla più' conveniente del più' economico dei combustibili fossili. In realta' almeno finora il problema dei costi e' centrale. Gli esperti dell'IPCC hanno calcolato in maniera del tutto teorica che il prezzo ad esempio dell'energia solare diminuisca in media di un 30% a decennio (e al contempo è probabile crescano i prezzi dei fossili). Se ciò' accadesse, anche grazie a delle "spintarelle fiscali" come forme di carbon tax, l'energia rinnovabile sarà' competitiva prima della meta' di questo secolo. Questi scenari prevedono una crescita limitata delle temperature atmosferiche (meno di 2 gradi nel 2100) ma il modello degli esperti Onu appare rigido e privo di vari elementi. Si basa su un progresso tecnologico limitato alle fonti rinnovabili (e perché' no al nucleare pulito o ancor meglio alla fusione dell'idrogeno?) , progresso che tuttavia e' dato per scontato, ed un aumento dei prezzi dei fossili altrettanto scontato ma non dimostrato (le riserve di carbone ad esempio sono ancora enormi e paesi come la Cina le utilizzano e le utilizzeranno in prospettiva per decenni). Se la curva di espansione della popolazione di consumatori continuerà' ad impennarsi, la richiesta di energia continuerà' a salire. Il protocollo di Kyoto e' un tentativo politico di limitare le emissioni per mezzo di tasse, quote e divieti. E sulle stesse linee gli ulteriori accordi come quello di Parigi. Se applicati, in assenza di reali risparmi energetici e progressi tecnologici innovativi, questi accordi comportano un pesante prezzo in termini di rallentamento della crescita economica (dell'ordine di 1-2 punti di Pil) e non sono politicamente sostenibili, come dimostrano l'elezione di Trump negli Stati Uniti, l'introduzione dei dazi, politiche economiche sempre più' autonome da controlli su emissioni come quelle di Cina, Russia ed India, e in definitiva dal fallimento di questi accordi riguardo alla loro effettiva applicazione. Si consideri inoltre il punto cruciale della questione: per essere realmente credibili queste politiche necessitano di una rapida diminuzione di costi delle energie rinnovabili (frutto di ingenti investimenti nella ricerca). Questi investimenti, se vediamo ad esempio gli Stati Uniti anche prima di Trump, si sono limitati ad alcune centinaia di milioni di dollari, del tutto insufficienti. La scarsa capacita' di ridurre i prezzi delle rinnovabili si ripercuote su prezzi ancora alti, ma complessivamente ancora convenienti, per i combustibili fossili e sulle ingenti spese per limitare le emissioni o smaltirne gli effetti. Una reale speranza per il XXI secolo di abbattere le emissioni di carbonio risiede nella energia da fusione (in Francia e' a buon punto la costruzione di Iter, il reattore prototipo) ma allo stato attuale nessuna delle organizzazioni di controllo ambientale e tantomeno gli esperti dell'IPCC ipotizzano scenari futuri in cui abbia un ruolo la fusione nucleare. La crescita demografica non da segni di rallentamento ed anzi si aprono prospettive drammatiche con previsioni che arrivano fino a 15 miliardi di persone verso la fine del secolo: questo solo dato può rendere tutti i protocolli e gli studi di previsione effettuati dagli esperti equivalenti a carta straccia e la situazione del pianeta diventerà' esplosiva. Ma le crisi che si prospettano possono variare molto in base a diversi aspetti fondamentali. Quello del clima è tra i più considerati ma potrebbe non essere il solo, basti solo citare l'esaurimento delle risorse come l'acqua, la disponibilità di cibo, i conflitti ecc. Anche perché il clima, come detto, ha finora mostrato cambiamenti più lenti del previsto.
Sulle conseguenze reali del riscaldamento atmosferico i dati degli esperti IPCC sono infatti del tutto irrealistici per eccesso di semplificazione. In agricoltura ad esempio e' vero che il riscaldamento climatico porta all'estendersi di aree di siccità' e desertificazione, ma poiché' il processo e' lento e richiede decenni se non qualche secolo, bisogna considerare la possibilita' per i paesi in via di sviluppo di ricorrere a tecnologie che riportino la fertilità' nei terreni, alla messa a punto di nuove varietà' di piante in grado di sfruttare le maggiori temperature e la maggior presenza di anidride (per le piante e' un fertilizzante), e insomma a contrastare con politiche di sviluppo e di progresso tecnologico i cambiamenti ipotizzati. Non si possono calcolare prospettive di decenni come se i mezzi e le tecnologie rimanessero quelle di oggi. Preoccupante rimane il consumo dei suoli o la loro trasformazione per la crescita demografica e la massiccia crescita dell'inurbamento di nuove masse umane in città' sempre più' grandi e sempre più' inquinate, come sta avvenendo in Africa e in India, o nella tecnologicamente sviluppata Cina. Manca da parte dell'Onu uno studio adeguato in prospettiva dell'inurbamento e dei suoi effetti globali. Oggi più della metà della popolazione umana vive in grandi città e il problema dei rifiuti e del loro smaltimento complica le soluzioni, già molto complesse, del problema del cambiamento climatico. Sull'innalzamento dei mari, spauracchio di molti ambientalisti pro-rinnovabili che ne avevano fatto un mezzo di pressione nell'opinione pubblica, anche gli esperti Onu si son dovuti ridimensionare. Oggi le previsioni parlano di un innalzamento stimato di 40 cm per il 2100 in seguito alla crescita delle temperature medie (il massimo dei modelli attuali) di 2 gradi celsius. Risultano improbabili e ingiustificati le precedenti stime di 100 cm, inoltre e' ovvio che in presenza di uno sviluppo economico dei paesi interessati sono possibili strategie di protezione delle coste e interventi tecnologici in grado di controllare adeguatamente questo innalzamento, come già avvenuto in altre aree con una situazione economia tale da consentire gli investimenti necessari. Lo stesso discorso si puo' considerare per la diffusione di malattie legate al caldo, come temuto per alcune malattie infettive tra cui la malaria. Lo sviluppo economico dei paesi esposti e un adeguato sistema sanitario, il miglioramento delle infrastrutture, l'eliminazione e la bonifica di aree malariche, permette sia la riduzione dei fattori ambientali che la lotta diretta ai vettori e la disponibilità di terapie adeguate per contenere e limitare il fenomeno. (Segue nella seconda parte)

domenica 7 ottobre 2018

Altro che protocolli: salgono i consumi di idrocarburi

Gli unici a credere ancora ai vari protocolli sulla riduzione del carbonio(di Kyoto, di Parigi ecc.) sono rimasti gli europei. Pensando di sostituire gli idrocarburi con le rinnovabili (ma alcuni paesi hanno il nucleare) gli europei hanno legiferato contro i diesel e contro le emissioni portando gli investimenti delle compagnie petrolifere a ridursi (nel 2014 300 miliardi di dollari rispetto agli 800 precedenti). Ora stanno lentamente risalendo. Il prezzo del barile sta tornando a 100 dollari e non c'e' più Obama a far credere alle favole.
"È  la domanda l’elemento più solido che sostiene i prezzi. In questi giorni viene raggiunta, per la prima volta nella storia, la soglia dei 100 milioni barili al giorno, record impensabile 30 anni fa, quando se ne consumava poco più di 60 milioni. È un picco superiore di ben 8 milioni rispetto ai consumi di inizio 2014, quando i prezzi erano fermi sopra i 110 dollari. Anche nel 2019 la domanda aumenterà di un altro 1,5 milioni barili giorno, in linea con il trend degli ultimi decenni, trainata dal settore trasporti, che dipende da derivati del petrolio per il 97% dei suoi consumi di energia. Mentre l’Europa fissa draconiani obiettivi alle emissioni di CO2 delle sue auto e in Italia si applicano pesanti restrizioni ai diesel, la domanda nel mondo continua la sua crescita, costante e stabile, proprio come un vecchio diesel." (da un articolo del Sole 24 ore)
La salita dei prezzi non deriva dalla scarsità' delle riserve di petrolio. Di petrolio al mondo ce n’è tantissimo, ma sotto terra e per portarlo al mercato occorrono anni e investimenti giganteschi. Il petrolio è una risorsa finita e ogni anno si esauriscono riserve al ritmo di 5 milioni b/g che occorre rimpiazzare, cosa fatta solo in parte perché' molte nazioni hanno investito di meno basandosi sulle aspettative dei vari protocolli contro le emissioni di carbonio. Ma la crescita della domanda generata dalla crescita della richiesta di interi continenti come l'Africa o l'India - richiesta generata anche dalla crescita della popolazione oltre che dallo sviluppo economico- o dai colossi produttivi come la Cina e gli Usa che hanno un Pil in forte espansione, ha portato alla risalita del prezzo del barile e a nuovi investimenti sulle estrazioni con ricerche più' in profondità, sui mari o con il fracking. Negli Usa ad esempio le compagnie si sono fortemente indebitate con le banche per i nuovi investimenti sul fracking. La Cina ha aumentato l'estrazione del carbone fregandosene dei vari limiti scritti sugli accordi internazionali. Conseguenza di tutto questo e' che le emissioni di carbonio in atmosfera continuano a salire,e le speranze di ridurre l'avanzata del riscaldamento climatico svaniscono come i miraggi nel deserto. Le riunioni organizzate dalle nazioni unite sul contenimento dei consumi si rivelano sempre più' inutili e basate sul nulla delle chiacchiere inconcludenti. Le politiche restrittive dell'Europa incidono poco, perché' ormai lo sviluppo economico che interessa miliardi di persone in precedenza condannate alla sussistenza al minimo e' inarrestabile. E di politiche di contenimento demografico e di family planning nei paesi in sviluppo , le uniche in grado di incidere realmente sui consumi e sulle emissioni, nessuno parla. La demagogia di ideologie antropocentriche e distruttive della natura, perché' cieche sul problema demografico, e' ancora dominante, specialmente nelle riunioni degli esperti Onu e nei vari protocolli internazionali contro le emissioni di carbonio. La corsa verso il petrolio, il carbone, il gas e il disastro ambientale continua così' immutata, anzi in progressiva inarrestabile accelerazione.