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domenica 14 ottobre 2018

Verita' e falsita' sul clima - Prima parte

Allarme Onu sul clima dodici anni per fermarsi poi la Terra andrà in tilt Siccità, Artico liquido, morte dei coralli: scenari da incubo per mezzo grado di temperatura globale in più dopo il 2030 di Sara Gandolfi (Dal Corriere della Sera del 10 ottobre 2018)
Agli albori del nuovo millennio il principale tema ambientalista era divenuto il riscaldamento globale.Nel 2000 il Worldwatch Insitute scriveva che : la stabilizzazione del clima e il controllo della crescita demografica sono le due sfide prioritarie che la civiltà' globale si prepara ad affrontare. Sempre il Worldwatch Institute pensando alle soluzioni asseriva che " la sola economia possibile e' quella che trae l'energia che le serve dal Sole e dall'idrogeno". Greenpeace proponeva un indirizzo energetico completamente nuovo, basato sulle fonti rinnovabili e pulite, come l'energia eolica e solare. Gli scienziati alla svolta del millennio allertavano le opinioni pubbliche asserendo che il riscaldamento globale possa comportare la distruzione degli ecosistemi, carestie diffuse, cicloni e uragani di potenza sempre maggiore; che le calotte polari si scioglieranno e gli oceani sommergeranno la Maldive, il Bangladesh ed altre regioni pianeggianti in riva al mare. Negli anni 90 del secolo scorso si erano avanzate ipotesi di innalzamento delle temperature di ben sei gradi entro la fine del secolo XXI (dati IPCC) e il presidente Clinton prevedeva:" le calotte polari si scioglieranno, il livello dei mari salira', le zone umide come le Everglades della Florida e i campi di canna da zucchero della Louisiana rischieranno di essere sommersi, intere nazioni potrebbero finire sott'acqua. Il clima degli Stati Uniti potrebbe cambiare completamente e aumenterebbero le inondazioni, ondate di caldo, uragani ed eventi estremi. Ci saranno conseguenze per la salute. Per esempio si puo' vedere che in Africa la malaria si e' diffusa ad altitudini sempre maggiori. Subiranno un mutamento i modelli di produzione agricola...".
Nell'effetto serra numerose specie di gas possono intrappolare il calore, fra essi il vapore acqueo, l'anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il biossido di azoto (NO2), i clorofluorocarburi e l'ozono. Nell'insieme questi sono conosciuti come gas ad effetto serra. L'anidride carbonica costituisce il 60 % dell'eccedenza dei gas che intrappolano il calore. L'effetto serra in se' e' un fenomeno positivo: se l'atmosfera non possedesse questi gas, la temperatura media del pianeta sarebbe inferiore di circa 33 gradi Celsius ed e' probabile che la vita come la conosciamo non esisterebbe. Dunque e' l'aumento eccessivo che determina l'effetto dannoso. Circa l'80% del CO2 in eccesso deriva dalla combustione di petrolio, carbone e gas, mentre il rimanente 20% e' provocato dalla deforestazione, dagli allevamenti e dai cambiamenti nella destinazione d'uso dei terreni vergini specialmente nelle zone tropicali. Tutti cambiamenti determinati dalla crescita della popolazione umana e dalle richieste antropiche di cibo e infrastrutture. Circa il 55 % dell'anidride carbonica rilasciata viene riassorbita dagli oceani, dalla ricrescita delle foreste nell'emisfero boreale, e, in generale, dalla crescita delle piante che la utilizzano come fertilizzante, mentre il resto va in atmosfera, tanto che la sua concentrazione nell'aria e' aumentata del 31 % dall'epoca preindustriale ad oggi. All'aumento dell'nidride contribuiscono anche cause naturali, ma quello derivante dalle attività' umane e' oggi ritenuto la causa principale dell'effetto serra e del riscaldamento atmosferico dalla maggioranza degli scienziati. Il clima e' tuttavia una variabile complessa che risponde a molteplici fattori. Esistono, documentate nei carotaggi dei ghiacci al polo e dagli strati dei tronchi nelle foreste e da altri indicatori, dei cicli naturali di variazioni climatiche. Si ritiene ad esempio che nell'ultimo milione di anni si e' verificata una serie di otto fasi glaciali e interglaciali determinate da variazioni dell'orbita terrestre.L'ultimo periodo interglaciale, l'Olocene,che continua tutt'ora, ha avuto inizio circa 10.000 anni fa. Lo scioglimento dei ghiacci ha provocato un innalzamento del livello dei mari di circa 120 metri. I dati disponibili sembrano confermare notevoli oscillazioni termiche su scala millenaria e taluni indicatori testimoniano di variazioni anche di 5-8 gradi celsius nell'arco di 1500 anni.
Tutte le previsioni sul riscaldamento da gas serra elaborate dagli esperti Onu mediante i supercomputer con gli algoritmi standard si sono rilevate inesatte per eccesso di riscaldamento stimato. Secondo alcuni esperti dell'IPCC dell'Onu negli anni 90 del secolo scorso si erano calcolati aumenti di temperature catastrofiche addirittura di circa 6 gradi entro il 2100, poi smentite dall'andamento delle curve di crescita osservate. L'aumento c'e' stato ma molto inferiore, di poco piu'di mezzo grado entro il 2010. I modelli infatti non tenevano conto dell'incidenza di molteplici altri fattori, tra cui la presenza di particelle di solfato nello smog sopra le aree densamente popolate e poi disperse su vaste aree. L'effetto serra inoltre risente di particolari concentrazioni in certe aree e in minor presenza di gas in altre come nel caso del diossido di azoto che forma enormi nubi di gas rossastro mescolato a pulviscolo sulle grandi città'ma è meno presente sopra le distese oceaniche. Il perossido di azoto generato dai motori a combustione, specie diesel, dalle caldaie, dai fumi industriali e' un potente irritante e cancerogeno e contribuisce sia alla broncopatia costruttiva che ai tumori e alle patologie cardiovascolari degli abitanti delle megalopoli e delle campagne circostanti alle grandi città'. L'effetto serra del diossido di azoto e' stato pero sovrastimato, essendo limitato ad aree densamente popolate dei grandi continenti. Anche il particolato pm 2,5 e pm 10 influenza il clima, alcune di queste particelle sono in grado di riflettere l'energia solare ed hanno quindi un effetto raffreddante. Gli aerosol generati dalle attività' antropiche hanno effetti indiretti: provocano infatti una maggiore concentrazione di gocce di acqua in sospensione e una diminuzione delle precipitazioni. Ambedue tenderebbero, secondo le ipotesi prevalenti, a raffreddare. L'IPCC ha dichiarato che "l'effetto dell'aumento della quantità' di aerosol sulla forza riscaldante delle radiazioni solari e' complesso e non ancora noto con precisione".
Un altro elemento che influenza il clima complessivo e' il riscaldamento della troposfera (lo strato di atmosfera che va dal suolo a 13 mila metri circa) rispetto alla superficie terrestre. Questo risente in particolare modo della concentrazione del vapor acqueo. In particolare una maggiore evaporazione dovuta al riscaldamento di superficie dovrebbe portare al raddoppio del riscaldamento previsto in base alla sola concentrazione della CO2. Tutte le misurazioni con i palloni sonda eseguite dal 1958 ad oggi rivelano tuttavia uno scarso riscaldamento della troposfera rispetto alla superficie terrestre. Questo ha determinato la necessita' di rivedere i modelli. Elemento importante che influisce sui modelli sono le nubi. Queste si comportano come l'iride in una pupilla, ad un maggior irraggiamento e riscaldamento della superficie oceanica corrisponde una maggior formazione di nubi con le eventuali piogge che riabbassano la temperatura, assicurando così' una compensazione. Anche il fattore nubi ha contribuito così' a ridurre l'impatto della crescita dell'anidride. Esistono molte teorie che contestano l'influenza determinante dei gas serra. Il libro The Manic Sun di Nigel Carder uscito nel 1997 imputa al ciclo delle macchie solari e alla relativa attività' di irraggiamento solare cambiamenti importanti sul clima della Terra. Studi successivi hanno dimostrato che all'aumento della radianza solare diretta degli ultimi 30 anni e' imputabile circa il 40 % del riscaldamento globale osservato. Altri studiosi ritengono che le variazioni dell'irraggiamento solare sono troppo contenute per determinare effetti rilevanti sul clima, e le discussioni sono ancora in corso.
Un ruolo centrale sul riscaldamento e sulle variabili sin qui esaminate, lo hanno due fattori chiave che agiscono prevalentemente attraverso l'aumento delle immissioni di carbonio e altri gas in atmosfera: lo scenario demografico e lo sviluppo economico. Ambedue gli aspetti hanno un ruolo fondamentale ma con molte complessità' ed interazioni dovuti a molteplici variabili alcune individuate, altre ipotizzabili altre ancora completamente sconosciute. Per fare degli esempi un mondo densamente popolato e povero genererà' gas serra e inquinanti in quantità' e modi molto diversi rispetto ad un mondo meno popolato e più ricco. E così' un mondo densamente popolato e ricco sarà' diverso in quantità di emissioni da un mondo con minor popolazione e povero. Ogni aspetto della questione ne influenza altri: ad esempio una crescita della popolazione avrà' come conseguenza una minor quantità' di aree forestali per aumento della deforestazione dovuta ai bisogni insediativi, strutturali e alimentari antropici. E una minor superficie di foreste significa minor assorbimento di anidride e quindi maggior concentrazione di carbonio e più riscaldamento. Bisognerà' vedere inoltre quanto lo sviluppo economico puo' incidere sulla superficie di foreste e quanto di questo fenomeno potrà dipendere dalla tecnologia disponibile. Abbiamo sotto gli occhi esempi di come lo sviluppo economico di certe aree geografico porti alla perdita di foreste pluviali e aree arboricole per fare posto a colture e pascoli o peggio infrastrutture e abitazioni. Tutte variabili che fanno intendere come siano complessi i modelli e le previsioni da realizzare, spesso impossibili da prevedere con decenni di anticipo.I due fattori cruciali indicati, popolazione e sviluppo, ci portano a vari possibili evoluzioni riguardanti le risorse energetiche, nella loro qualità' e quantità'. gli scenari ipotizzati dall'IPCC mostrano generalmente un consumo di energia molto più' elevato; secondo i principali studi esso sarà' più' che quintuplicato alla fine del XXI secolo. Solo alcuni ottimisti si augurano una riduzione delle necessita' energetiche a partire dalla meta' del secolo, con un consumo totale finale che risulta pari ai livelli attuali (pari, si noti, non inferiore). Ma questi sono gli ottimisti. Le emissioni di anidride carbonica nel XXI secolo dipenderanno da due fattori: 1) il consumo totale di energia e 2) la percentuale di energia derivata dai combustibili fossili.Il primo di questi fattori dipende da vari elementi (popolazione, consumi, sviluppo ecc.) ma un elemento essenziale e' l'efficienza energetica, cioè' quanta energia si e' in grado di risparmiare per un dato lavoro. Nella migliore delle ipotesi si prevede un raddoppio ogni 30-35 anni. Sul secondo fattore fondamentali saranno i prezzi di carbone, gas e petrolio e la loro disponibilità'. Il passaggio dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili e' legato alla tecnologia disponibile e ad una reale diminuzione dei prezzi dell'energia rinnovabile in modo da renderla più' conveniente del più' economico dei combustibili fossili. In realta' almeno finora il problema dei costi e' centrale. Gli esperti dell'IPCC hanno calcolato in maniera del tutto teorica che il prezzo ad esempio dell'energia solare diminuisca in media di un 30% a decennio (e al contempo è probabile crescano i prezzi dei fossili). Se ciò' accadesse, anche grazie a delle "spintarelle fiscali" come forme di carbon tax, l'energia rinnovabile sarà' competitiva prima della meta' di questo secolo. Questi scenari prevedono una crescita limitata delle temperature atmosferiche (meno di 2 gradi nel 2100) ma il modello degli esperti Onu appare rigido e privo di vari elementi. Si basa su un progresso tecnologico limitato alle fonti rinnovabili (e perché' no al nucleare pulito o ancor meglio alla fusione dell'idrogeno?) , progresso che tuttavia e' dato per scontato, ed un aumento dei prezzi dei fossili altrettanto scontato ma non dimostrato (le riserve di carbone ad esempio sono ancora enormi e paesi come la Cina le utilizzano e le utilizzeranno in prospettiva per decenni). Se la curva di espansione della popolazione di consumatori continuerà' ad impennarsi, la richiesta di energia continuerà' a salire. Il protocollo di Kyoto e' un tentativo politico di limitare le emissioni per mezzo di tasse, quote e divieti. E sulle stesse linee gli ulteriori accordi come quello di Parigi. Se applicati, in assenza di reali risparmi energetici e progressi tecnologici innovativi, questi accordi comportano un pesante prezzo in termini di rallentamento della crescita economica (dell'ordine di 1-2 punti di Pil) e non sono politicamente sostenibili, come dimostrano l'elezione di Trump negli Stati Uniti, l'introduzione dei dazi, politiche economiche sempre più' autonome da controlli su emissioni come quelle di Cina, Russia ed India, e in definitiva dal fallimento di questi accordi riguardo alla loro effettiva applicazione. Si consideri inoltre il punto cruciale della questione: per essere realmente credibili queste politiche necessitano di una rapida diminuzione di costi delle energie rinnovabili (frutto di ingenti investimenti nella ricerca). Questi investimenti, se vediamo ad esempio gli Stati Uniti anche prima di Trump, si sono limitati ad alcune centinaia di milioni di dollari, del tutto insufficienti. La scarsa capacita' di ridurre i prezzi delle rinnovabili si ripercuote su prezzi ancora alti, ma complessivamente ancora convenienti, per i combustibili fossili e sulle ingenti spese per limitare le emissioni o smaltirne gli effetti. Una reale speranza per il XXI secolo di abbattere le emissioni di carbonio risiede nella energia da fusione (in Francia e' a buon punto la costruzione di Iter, il reattore prototipo) ma allo stato attuale nessuna delle organizzazioni di controllo ambientale e tantomeno gli esperti dell'IPCC ipotizzano scenari futuri in cui abbia un ruolo la fusione nucleare. La crescita demografica non da segni di rallentamento ed anzi si aprono prospettive drammatiche con previsioni che arrivano fino a 15 miliardi di persone verso la fine del secolo: questo solo dato può rendere tutti i protocolli e gli studi di previsione effettuati dagli esperti equivalenti a carta straccia e la situazione del pianeta diventerà' esplosiva. Ma le crisi che si prospettano possono variare molto in base a diversi aspetti fondamentali. Quello del clima è tra i più considerati ma potrebbe non essere il solo, basti solo citare l'esaurimento delle risorse come l'acqua, la disponibilità di cibo, i conflitti ecc. Anche perché il clima, come detto, ha finora mostrato cambiamenti più lenti del previsto.
Sulle conseguenze reali del riscaldamento atmosferico i dati degli esperti IPCC sono infatti del tutto irrealistici per eccesso di semplificazione. In agricoltura ad esempio e' vero che il riscaldamento climatico porta all'estendersi di aree di siccità' e desertificazione, ma poiché' il processo e' lento e richiede decenni se non qualche secolo, bisogna considerare la possibilita' per i paesi in via di sviluppo di ricorrere a tecnologie che riportino la fertilità' nei terreni, alla messa a punto di nuove varietà' di piante in grado di sfruttare le maggiori temperature e la maggior presenza di anidride (per le piante e' un fertilizzante), e insomma a contrastare con politiche di sviluppo e di progresso tecnologico i cambiamenti ipotizzati. Non si possono calcolare prospettive di decenni come se i mezzi e le tecnologie rimanessero quelle di oggi. Preoccupante rimane il consumo dei suoli o la loro trasformazione per la crescita demografica e la massiccia crescita dell'inurbamento di nuove masse umane in città' sempre più' grandi e sempre più' inquinate, come sta avvenendo in Africa e in India, o nella tecnologicamente sviluppata Cina. Manca da parte dell'Onu uno studio adeguato in prospettiva dell'inurbamento e dei suoi effetti globali. Oggi più della metà della popolazione umana vive in grandi città e il problema dei rifiuti e del loro smaltimento complica le soluzioni, già molto complesse, del problema del cambiamento climatico. Sull'innalzamento dei mari, spauracchio di molti ambientalisti pro-rinnovabili che ne avevano fatto un mezzo di pressione nell'opinione pubblica, anche gli esperti Onu si son dovuti ridimensionare. Oggi le previsioni parlano di un innalzamento stimato di 40 cm per il 2100 in seguito alla crescita delle temperature medie (il massimo dei modelli attuali) di 2 gradi celsius. Risultano improbabili e ingiustificati le precedenti stime di 100 cm, inoltre e' ovvio che in presenza di uno sviluppo economico dei paesi interessati sono possibili strategie di protezione delle coste e interventi tecnologici in grado di controllare adeguatamente questo innalzamento, come già avvenuto in altre aree con una situazione economia tale da consentire gli investimenti necessari. Lo stesso discorso si puo' considerare per la diffusione di malattie legate al caldo, come temuto per alcune malattie infettive tra cui la malaria. Lo sviluppo economico dei paesi esposti e un adeguato sistema sanitario, il miglioramento delle infrastrutture, l'eliminazione e la bonifica di aree malariche, permette sia la riduzione dei fattori ambientali che la lotta diretta ai vettori e la disponibilità di terapie adeguate per contenere e limitare il fenomeno. (Segue nella seconda parte)

7 commenti:

  1. Agobit ciao; visto che cmq anche tu hai una laurea scientifica e chimica organica l'hai studiata, vorrei riprednerti su questo punto: "Sulle conseguenze reali del riscaldamento atmosferico i dati degli esperti IPCC sono infatti del tutto irrealistici. In agricoltura ad esempio e' vero che il riscaldamento climatico porti all'estendersi di aree di siccità' e desertificazione, ma poiché' il processo e' lento e richiede decenni se non qualche secolo, bisogna considerare la possibilita' per i paesi in via di sviluppo di ricorrere a tecnologie che riportino la fertilità' nei terreni, alla messa a punto di nuove varietà' di piante in grado di sfruttare le maggiori temperature e la maggior presenza di anidride (per le piante e' un fertilizzante), e insomma a contrastar con politiche di sviluppo tecnologico i cambiamenti ipotizzati" Ipotizzando che ci vogliano parecchi decenni se non secoli alla desertificazione delle aree agricole, fatto tutto da dimostrare, cmq entro 50 anni i fertilizzanti azotati derivati dal gas naturale ce li giochiamo, e senza fertilizzanti azotati, anche senza effetto serra, la produzione agricola come calorie nette si dimezza dall'oggi al domani. Ad ogni modo la vera emergenza oggi secondo me è quella sottolineata da Lovelock: lasciare spazio alle foreste attorno ai campi agricoli. In pratica prima affamiamo miliardi di persone meglio è per gli uomini del futuro e Gaia nel suo complesso. Ricordiamo che le foreste vergini (come anche i boschi alle eedie latitudini di parecchie centinaia di anni) tollerano fino a 6 gradi i cambiamenti climatici a differenza delle aree riforestate dall'uomo.

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  2. R "Sull'innalzamento dei mari, spauracchio di molti ambientalisti pro-rinnovabili che ne avevano fatto un mezzo di pressione nell'opinione pubblica, anche gli esperti Onu si son dovuti ridimensionare. Oggi le previsioni parlano di un innalzamento stimato di 40 cm per il 2100 in seguito alla crescita delle temperature medie (il massimo dei modelli attuali) di 2 gradi celsius" anche qua dici parecchie castronerie sul piano scientifico: parte che i modelli prevedono fino a 4 gradi ed oltre sul lungo periodo, il punto è che per l'innescarsi di feedback positivi anche un aumento di 2 gradi conduce rapidamente a 6 gradi come nuove omeostasi planetaria: Lovelock usa l'esempio del cammello. Rileggiti la dichiarazione di Amsterdam del 2001 che oltre a certificare l'esistenza di Gaia certifica la non stazionarietà del presente stato climatico antropogenico: "Amsterdam Declaration on Earth System Science: “The Earth system behaves as a single, self-regulating system, comprised of physical, biological and human components. The interactions and feed backs between the componenet parts are complex and exhibit multi-scale temporal and spatial variability”. (Da The Revenge of Gaia di James Lovelock, foreword xiv e pag.32). Ecco altri passi significativi della Amsterdam Declaration on Earth System Science: ”Human activities are significantly influencing Earth's environment in many ways in addition to greenhouse gas emissions and climate change. Anthropogenic changes to Earth's land surface, oceans, coasts and atmosphere and to biological diversity, the water cycle and biogeochemical cycles are clearly identifiable beyond natural variability...Human activities could inadvertently trigger such changes with severe consequences for Earth's environment and inhabitants...The Earth is currently operating in a no-analogue state.” Insomma mi dispiace ma stavolta Agobit hai scritto tante castronerie.

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  3. Si tratta di un documento ufficiale della comunità scientifica internazionale. http://www.igbp.net/about/history/2001amsterdamdeclarationonearthsystemscience.4.1b8ae20512db692f2a680001312.html

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  4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  5. Sono speculazioni che lasciano il tempo che trovano proprio per la loro inattendibilità intrinseca. Arrivo a ipotizzare che possano essere addirittura forme di manipolazione per concurre il "gregge" (noi) là dove vuole il pastore (le dirigenze), con interventi assai interessati da parte dei cani al loro servizio (gli "scienziati").

    Per parte mia, che non mi dichiaro certo scienziato, SO una cosa: al verificarsi di situazioni critiche, un conto è cercare e attuare rimedi in un ambiente sovraffollato o, peggio, sovrappopolato e conseguentemente forzosamente sovraorganizzato, un altro conto è cercarli e attuarli in un ambiente dove si ha disponibilità di spazio, diversificazione di risorse disponibili ed ampia possibilità di manovra.

    Una soluzione comune attuata dalle specie animali (inclusa la nostra) in caso di "crisi" è la migrazione, ma per poter migrare occorre la disponibilità di aree libere verso le quali spostarsi ("disponibilità di spazio" e "possibilità di manovra"). Già da un secolo almeno quelle aree libere sono un ricordo, prova ne sia che le migrazioni attuali, ormai diventate più o meno spontaneamente vere e proprie invasioni, sono una iattura che provoca attriti e scontri non marginali; attriti e scontri che possiamo prevedere, quelli sì, in crescita col passare degli anni, addirittura dei mesi o delle settimane. Già lo vediamo, a meno d'avere il classico "prosciutto sugli occhi".

    Collettivamente e individualmente (ché la collettività non è altro che una somma di individui) ci stiamo dimostrando degli stupidi, altro che sapiens sapiens. "Scienziati" inclusi e collusi.

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  6. "Questo solo dato (fino a 15 mld di persone verso la fine del secolo, ndr) può rendere tutti i protocolli e gli studi di previsione effettuati dagli esperti equivalenti a carta straccia e la situazione del Pianeta diventerà esplosiva"

    Ecco tendenzialmente il "nocciolo duro" del problema (non solo) ecologico: una semplice ma (a giudicare dalle reiterate censure di varia matrice cui implacabilmente continua ad essere sottoposta) molto scomoda verità. Altro che norme clerico-nazional-populiste come 'bonus-bebè' e 'quoziente familiare'...

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  7. Ciao
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    Cordiali saluti.

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