di Ramez Naam
L'articolo originale sul sito dell'Institute for Ethics and Emerging Technologies
Quando si parla di interventi tesi all'allungamento radicale della vita, si sentono sempre le stesse domande: "Dove la metteremmo tutta questa gente?" "E la 'bomba demografica?'" "Non siamo già troppi?" Ramez Naam ha dedicato un capitolo del suo More Than Human proprio a tali domande.
Che impatto avra' l'estensione della vita sulla popolazione globale? Certamente, qualunque fattore mantenga più gente in vita più a lungo, farà anche crescere la popolazione, ma la crescita demografica procede in modo controintuitivo. Si consideri, per esempio, il fatto che le nazioni con le aspettative di vita più lunghe sono anche quelle la cui popolazione è stabile o in declino. Secondo le Nazioni Unite, nei prossimi 50 anni le popolazioni di Giappone, Italia, Germania e Spagna diminuiranno, nonostante il fatto che il Giappone abbia le più lunghe aspettative di vita al mondo e che quelle delle nazioni europee siano su livelli molto vicini. In fondo alla classifica troviamo invece popolazioni in rapida crescita in quei paesi dove le aspettative di vita sono relativamente brevi: nazioni come India, Cina, Pakistan e Nigeria.
Storicamente, i tassi di natalità e di mortalità sono sempre stati molto alti. Nell'anno 1000, il tasso di natalità annuo era di circa 70 nascite per 1000 persone, mentre il tasso di mortalità era di circa 69,5 per 1000. Ogni anno, quindi, un paese di mille abitanti avrebbe, in media, aumentato la propria popolazione di mezza persona, con un tasso di crescita dello 0,05%.
Man mano che una società progredisce, migliore alimentazione, servizi igienici e medicinali contribuiscono ad abbassare il tasso di mortalità. E quando le nascite superano di molto le morti, le popolazioni si espandono velocemente, come è accaduto nel XX secolo. Nelle ultime decadi, però, anche il tasso di natalità si è abbassato drasticamente, soprattutto nei paesi sviluppati. Quando una nazione raggiunge un certo livello di benessere, di educazione e soprattutto quando la popolazione femminile conquista più diritti, le risorse vengono dirette verso l'educazione e la carriere piuttosto che verso famiglie numerose. Questa tendenza demografica si sta ora diffondendo da Europa, Giappone e Nord America al resto del mondo. Globalmente, il tasso di natalità è di 21 nascite per 1000 persone e quello di mortalità è di 10 per 1000. Quindi, la popolazione mondiale sta crescendo approssimativamente dell'1%, cioè più lentamente che ad ogni altro momento degli ultimi secoli.
Essendo il tasso di natalità il doppio di quello di mortalità, i fenomeni che hanno un impatto sulla fertilità sono ben più significativi di quelli che impattano la mortalità. Per esempio, fra il 2000 e il 2050 l'ONU prevede, globalmente, 3,7 miliardi di decessi e 6,6 miliardi di nascite. Dimezzando il tasso di mortalità avremmo una crescita demografica di 1,9 miliardi, mentre raddoppiando il tasso di natalità avremmo altri 6,6 miliardi di persone. E' quindi evidente come il tasso di natalità sia il fattore più significativo per quanto riguarda la crescita demografica.
Stimare la crescita demografica futura è sempre difficile. Essa dipende, infatti, da quanto rapidamente la crescita economica migliorerà l'assistenza medica, la nutrizione e le fognature, nonchè, naturalmente, da quanto rapidamente calerà il tasso di natalità. Le Nazioni Unite producono ogni anno tre stime, uno scenario "alto", uno "medio" e uno "basso". La differenza fra tassi di natalità e tassi di mortalità è spesso di pochi punti percentuali fra i vari scenari, ma, su varie decadi, tali piccole differenze si fanno sentire. Nel 2000, la popolazione mondiale era di 6 miliardi e l'ONU predice che nel 2050 raggiungerà un livello fra gli 8 e gli 11 miliardi, con una predizione "media" di 8,9 miliardi.
8,9 miliardi di persone rappresenta una crescita del 50% sulla popolazione odierna. Eppure, tale crescita sarebbe ad un tasso corrispondente alla metà del tasso di crescita medio degli ultimi 25 anni. Si stima che il successivo balzo del 50% necessiterà circa il doppio del tempo ed è quindi previsto non prima del 2050. Nel 2100, lo scenario "medio" dell'ONU stima che la popolazione mondiale si stabilizzerà intorno ai 10 miliardi. Naturalmente, una previsione di quasi cent'anni nel futuro è particolarmente rischiosa, in quanto dipende dalla progressione indisturbata delle tendenze odierne e non tiene conto della possibilità di pandemie, di guerre mondiali, o di tecnologie che modifichino radicalmente l'umanità.
Le tecnologie per l'estensione della vita sono solo un'esempio di tali tecnologie, ma il loro impatto demografico sarebbe sorprendentemente limitato. Il demografo Jay Olshansky, nonostante un certo pessimismo nei confronti della fattibilità degli interventi mirati a rallentare l'invecchiamento, ha dimostrato come l'allungamento della vita avrebbe un impatto incrementale, piuttosto che esponenziale, sulla crescita demografica: "In pratica, anche se ottenessimo oggi l'immortalità, il tasso di crescita globale rimarrebbe più lento di quello visto nel dopoguerra con la generazione del baby-boom." Se l'intera popolazione mondiale fosse resa immortale in questo preciso istante, nel 2100 essa raggiungerebbe i 13 miliardi invece dei 10 miliardi oggi previsti, dato che il tasso di natalità è in declino.
L'immortalità di cui parla Olshansky non è però possibile: anche se fermassimo l'invecchiamento, incidenti, omicidi, suicidi e malattie infettive continuerebbero ad uccidere. Inoltre, la cura per l'invecchiamento non è esattamente dietro l'angolo. E' più probabile, invece, che otterremo le tecnologie necessaria a rallentare, ma non a fermare, l'invecchiamento, entro i prossimi 10-20 anni. Saranno poi necessari altri anni ancora perchè tali tecnologie divengano disponibili globalmente. Anche allora, però, l'impatto demografico non sarà istantaneo: coloro già in età avanzata, ovviamente, non otterranno sostanziali benefici da tecniche che rallentano l'invecchiamento. Saranno invece coloro di mezza età, o più giovani, a trarne i massimi benefici. La combinazione di questi fattori risulterà in un impatto graduale sulla popolazione mondiale.
Ecco un semplice esempio matematico (dato che non possiamo predirre esattamente quando le tecnologie per l'estensione della vita saranno disponibili, o quanto rapidamente si diffonderanno, dovremo affidarci a stime ipotetiche): supponiamo, dunque, che delle terapie efficaci per l'estensione della vita divengano disponibili nel 2015 e che l'anno successivo il tasso di mortalità globale cali dell'1% come diretta conseguenza del loro utilizzo. Supponiamo anche che il tasso di mortalità globale diminuisca di un'altro punto percentuale ogni anno successivo, così da ridurre la mortalità globale del 3% nel 2017 e quindi del 35% nel 2050. In questo ottimistico scenario, le aspettative di vita raggiungono i 120 anni nei paesi avanzati e i 113 nei paesi in via di sviluppo (e questo sarebbe un miglioramento senza precedenti, anche se paragonato a quanto ottenuto negli ultimi due secoli).
Ebbene, quanto significativo sarebbe l'impatto demografico di questo estremamente ottimistico allungamento della vita media? Togliendo dal numero di morti annue previsto dall'ONU le morti evitate dalle terapie anti-invecchiamento sopra citate (1% in meno nel 2016, fino al 35% in meno nel 2050), otteniamo una popolazione mondiale di 9,4 milliardi di individui invece degli 8,9 stimati dall'ONU.
Mezzo miliardo di persone in più non sono certo poche, ma come proporzione della popolazione mondiale stimata per il 2050, si tratta di meno del 6%, cioè meno dell'incremento demografico percentuale che si è avverato fra il 1970 e il 1973. Una crescita non trascurabile, ma altrettanto certamente non catastrofica.
Si noti, inoltre, che i demografi si aspettano, nei paesi in via di sviluppo, un calo della natalità più rapido di quello previsto dallo scenario "medio" dell'ONU. Una natalità anche solo del 5% più bassa, risulterebbe in una popolazione mondiale di circa 8 miliardi nel 2050 e nella possibilità di un ritorno ai livelli del 2000 (6 miliardi) nel 2100. Queste cifre sarebbero perfettamente raggiungibili con gli investimenti necessari. Una stabilizzazione demografica globale, seguita da un calo, dipende dalla diffusione di benessere, educazione e libertà nei paesi in via di sviluppo. Per esempio, le Nazioni Unite prevedono che la popolazione Europea subisca un calo dello 0.4% annuo da oggi al 2050 (al netto dell'immigrazione) e che la popolazione dei paesi in via di sviluppo rimanga più o meno stabile. Se i paesi in via di sviluppo riusciranno ad ottenere il livello di benessere dei paesi avanzati entro il 2050, osserveremo un rallentamento della crescita seguito dall'inizio di un declino della popolazione mondiale.
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