Ormai gli intellettuali alla moda non
fanno che parlare di decrescita. La soluzione dei problemi del mondo è nella
decrescita si sente dire un po’ dovunque negli ambienti della cultura
ambientalista. All’opposto gli economisti e i politici non fanno che ripetere
che la soluzione di tutti i nostri problemi è nella crescita. La povertà e la
disoccupazione si sconfiggono con
la crescita, dice Monti. Berlusconi, Bersani, e persino la Merkel ripetono come un mantra la necessità della crescita. Si resta un poco
frastornati da questa divaricazioni degli opposti come soluzione di tutti i
problemi: crescita o decrescita?
Latouche è uscito con il suo ultimo
libro: “L’Abbondanza Frugale” che forse, già nel titolo, esprime l’imbarazzo un
poco confusionario in cui si dibatte il mondo intellettuale contemporaneo.
Riporto una breve recensione del libro tratta dal sito tuttogreen.it:
“ L’abbondanza frugale ha un
significato che va ben oltre la ridefinizione della “decrescita” – parola che
spaventa molti, evocando spettri di sottosviluppo e povertà. Perché l’idea
dell’abbondanza frugale si ricollega a una teoria elaborata dall’antropologo
americano Marshall Sahlins, il quale ha ribaltato la concezione
diffusa di una società primitiva caratterizzata da fame e miseria, a cui
sarebbero seguite forme economiche e sociali via via più ricche, fino alla
nostra società di consumo, società dell’abbondanza per antonomasia.
Nel saggio intitolato “L’economia
dell’età della pietra”, Sahlins ha proposto una visione del tutto diversa: le
società di cacciatori-raccoglitori del paleolitico erano società
dell’abbondanza, dove poche ore di lavoro al giorno bastavano alla sussistenza
mentre il resto del tempo era dedicato al gioco e alla vita sociale.
Latouche chiude il cerchio
comparando le società preistoriche con la nostra società, che al confronto
appare una società di costante penuria, dove gli individui lavorano molte ore
al giorno e continuano a non avere tutto ciò che valutano “necessario” per
vivere. Il segreto di questo paradosso è nei bisogni: noi ne abbiamo in
quantità enormemente superiore rispetto ai nostri antenati paleolitici, che si
accontentavano di pochi beni materiali.
Allora, suggerisce Latouche, per avere
l’abbondanza occorre riscoprire la frugalità, da cui il titolo del libro. Ovvero:
se adottassimo un modo di vivere che dia meno importanza al consumo di merci,
dedicando tempo ed energie alla convivialità, alla cultura, a forme economiche
diverse quali l’economia solidale e la circolazione di beni sottoforma di doni
o di scambi, ci accorgeremmo di essere ricchi.
Questo discorso acquista particolare
rilevanza in relazione alla crisi economica in atto: l’unica uscita dalla
crisi, sostiene l’economista francese, è ridurre i nostri bisogni, consumare meno.
Non ci sono altri stratagemmi, il pianeta non può più sostenere il tipo di
esistenza che si conduce nella società occidentale. Dobbiamo abituarci a una
nuova frugalità.
La parola “abbondanza” associata alla
frugalità non è solo un modo per addolcire la pillola. È anche una risposta
alle molte critiche sollevate in passato dalla teoria della decrescita. È un modo per
puntualizzare: decrescita o frugalità non significa povertà, non significa
regressione, sottosviluppo, tecnofobia. È invece una modalità nuova di vivere e
di gestire le nostre relazioni con le persone e con le cose, nel tentativo di
scoprire una diversa idea di abbondanza. Questo ultimo libro è appunto
dedicato a dimostrare come la decrescita non coincida con la rinuncia al
benessere, bensì con la ricerca di un benessere diverso."
Scopriamo così che Latouche, per
giustificare, in un mondo afflitto dalla scarsità della crescita, la sua
visione positiva della decrescita, ricorre ad una rielaborazione del mito
rousseauiano del “buon selvaggio”. Seguendo le fantasie di Sahlins si immagina
un mondo come quello dell’ "età della pietra" in cui poche ore di caccia e
raccolta di bacche al giorno assicuravano una esistenza dedita al gioco e alla
sussidiarietà sociale. Modestamente, pur non avendo l’autorità scientifica di
Latouche, credo che nell’età della
pietra la vita fosse assai meno giocosa e solidaristica. Credo anzi che a quei
tempi la maggior parte delle ore
del giorno dovesse essere spesa a mettere in salvo la pellaccia. Certo oggi la
complessità e le esigenze della vita sono molto superiori. Ma se al posto di
una caverna abbiamo una confortevole abitazione riscaldata e fornita di acqua e
servizi, forse ciò richiede una società come la nostra basata sull’industria,
sulla produzione, sul mercato. Se
abbiamo problemi di salute, il fatto di poter correre al più vicino ospedale ed
essere curati in maniera efficace, richiede una società tecnologica e
economicamente sviluppata come la nostra. Se vogliamo essere costantemente
aggiornati e collegati con il mondo con i moderni mezzi di comunicazione, forse
ciò necessita di una economia basata su produzione capitalistica, i mercati, la
finanza, la ricerca scientifica come la nostra.E così via dicendo. Ritornare ai
bisogni dell’età della pietra va bene per le fantasie di qualche intellettuale,
non credo per la maggioranza dei sette miliardi di umani che popolano la Terra.
A proposito: ha idea il professor Latouche di quanti abitanti aveva il pianeta
nell’età della pietra? Qualche centinaio di migliaia… e non 7 miliardi! Vorrei
suggerire al Professore: non è che questo è alla base dell’esaurimento delle
risorse del pianeta e che forse per questo l’età della pietra ci restituisce
l’idea, molto idealistica ma non priva di fondamento, di un rapporto più
intenso e vissuto tra uomo e natura? Come mai anche in questo suo ultimo libro
il professor Latouche dimentica di parlare dell’unica decrescita che forse ci
può salvare: quella della eccessiva popolazione umana sulla Terra?
Latouche va bene per gente che non vede l'ora che venga messa in atto la decrescita. Per gli altri. Loro mica possono rinunxiare alla casetta al mare.
RispondiEliminaDobbiamo trovare uno stile di vita che coniughi rispetto della natura con lo sviluppo della tecnologia e della scienza. Sull'edilizia sono ovviamente d'accordo: stop al consumo di suolo verde e di coste.
RispondiEliminaE' sconcertante che Latouche non si renda conto che la decrescita economica DEVE andare di pari passo con quella demografica.
RispondiEliminaLe due cose sono chiaramente inscindibili, altrimenti si resta nel limbo delle buone intenzioni.
Ed è anche un peccato, perchè un personaggio di rilievo come Latouche potrebbe essere molto utile per sostenere e diffondere le nostre idee.
E invece...
La solita marea di idiozie di uno che ben rappresenta il pensiero marxista che domina anche nei media,molti (la maggior parte) dei circoli intellettuali,alcuni scienziati (o pseudo tali),registi,attori e tutto lo star system,cattolici,tanti atei o non credenti (purtroppo...),onlus ecc ecc
RispondiEliminaCurioso che poi i politici che dovrebbero rappresentare certe idee una volta eletti agiscano in maniera opposta.
Come genere umano manchiamo di equilibrio,tutto qui.
Con quel che abbiamo e con una maggiore disciplina impartita al popolo,riusciremmo a vivere molto meglio.
Ma chi vuole imporre un controllo delle nascite?
Chi vorrebbe davvero entrare nella vita personale dei cittadini imponendo stili di vita che ne migliorerebbero la qualità di quest'ultima?
nessuno.
E' il difetto del sistema liberale.
A noi,alla maggior parte del genere umano intendo,serve una balia.
Dobbiamo ammetterlo,la libertà non è una fragola che puoi dare ai porci,solo alcuni di questa specie riuscirebbero a gustarsela come merita,e questo vale anche per noi come specie.
Quando lo ammetteremo,e prenderemo le adeguate misure politiche e sociali,le cose penso che miglioreranno un pò.
@Lumen: purtroppo Latouche parla con i paraocchi dell'ideologia, e riesce a vedere lo stretto spazio che i paraocchi gli consentono. Direi che riesce a raggiungere un risultato paradossale: gira intorno al problema della decrescita senza raggiungerne il centro, che è ciò che potrebbe dare un senso al suo discorso: la decrescita demografica. Gioca a nascondino con la verità.
RispondiElimina@Kio: un commento che mi spinge alla meditazione. Tuttavia , da liberale, amo troppo la libertà. Forse è una utopia credere che i compiti importanti possano essere svolti da noi stessi per intima convinzione. Forse, come pensavano i marxisti, i compiti importanti vanno fatti svolgere alla burocrazia. In fondo in Cina è la burocrazia che stabilisce quanti figli deve fare il singolo individuo. Ma tutto le burocrazie degenerano, e ci sarà sempre quello che, dietro mazzetta, ti farà fare un figlio in più. Alla fine è vero, anche se pleonastico, che solo la libertà ci rende liberi.
Per quanto riguarda il problema energetico, nel mondo si stanno impegnando su molti fronti (fusione fredda (LENR) ecc), però, se anche risolvessimo il problema energetico, le altre risorse (alimentari, minerarie, territorio, ecc) tendono ad esaurirsi anche.
RispondiEliminaPer non parlare dei problemi igienici che in un pianeta sovrappopolato non possono essere trascurati, invece la recessione economica sta iniziando a causare problemi di malattie infettive.
Penso che nel futuro, se vogliamo mantenere (se non aumentare) il benessere, la scienza dovrà fare GRANDISSIMI passi avanti, perchè ormai non è un problema solo energetico!
@Alex: ritengo che con le nuove fonti (Fusione Calda, LENR ecc.) potremmo risolvere molti problemi tra cui quelli alimentari ed economici. Ma si tratta di una condizione preliminare. La questione di fondo è la riduzione della pressione demografica che il pianeta non può più sostenere.Come medico ti posso confermare la recrudescenza di molte malattie in tutto il mondo. Anche l'Hiv è un epifenomeno della sovrappopolazione. In Italia purtroppo vediamo l'aumento di malattie come la Tbc, parassitarie, virali. Sempre più diffusi nel nostro paese sono i focolai di dengue, prima circoscritti alle aree sovrappopolate del continente indiano, dell'Africa e del sud america. La scienza farà passi avanti solo se avremo meno pressione demografica (e quindi più risorse da investire sulla ricerca) e più energia pulita a basso prezzo.
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