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sabato 7 luglio 2012
QUALI LIMITI DELLO SVILUPPO?
L'AMNESIA DEGLI "AMBIENTALISTI" SULLA SOVRAPPOPOLAZIONE
Quando il Club di Roma alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, sotto la guida di Aurelio Peccei, sponsorizzò al MIT di Boston una ricerca sui limiti e le conseguenze di una crescita incontrollata su un pianeta dalle risorse non infinite, tre giovani scienziati studiarono gli effetti del combinato disposto tra crescita demografica (allora gli abitanti della terra erano a meno di tre miliardi), aumento dei consumi, sfruttamento crescente delle risorse tra cui petrolio e acqua, e inquinamento dell'ambiente. Essi impiegarono un sistema informatizzato (denominato World3) per individuare le interazioni e le retroazioni che le variabili potevano sviluppare e proposero diversi scenari. Tutti questi scenari, sviluppati dal softwere, erano estremamente allarmanti per il sistema terra, a meno di intraprendere da subito e con urgenza politiche di contenimento. Tutti gli scenari e tutte le analisi del problema avevano alla base la spaventosa improvvisa (a partire in special modo dall'ultimo secolo) esplosione demografica, causa prima di ogni altra distorsione di crescita -compresa quella della produzione e dei consumi e degli inquinanti. Successivamente il movimento ambientalista preferì dimenticare l'impostazione scientifica del problema che aveva portato all'importante libro del gruppo di Boston, e si dedicò alla solito giochetto di riportare tutto alla politica, al problema del capitalismo/socialismo, alla lotta dei paesi poveri contro i ricchi, insomma al vecchio armamentario della filosofia politica ottocentesca. Dimenticando completamente, con una vera amnesia da paraocchi ideologico, il problema fonfamentale: che negli ultimi cento anni di vita del pianeta si era assistito ad un processo di antropizzazione della biosfera talmente esplosivo da alterare tutti gli equilibri. In meno di un secolo si era passati da 1 miliardo a sette miliardi di umani! E questo il club di Roma e il gruppo di Boston avevano giustamente individuato come primo problema. Nel terzo libro della serie uscito nel 2004: I Nuovi Limiti dello Sviluppo, i tre scienziati (Donella e Dennis Meadows e Jorgen Randers) applicando i sistemi informatici aggiornati del World3, confermano le previsioni di tre decenni prima, introducendo nuovi comcetti come quello di "impronta ecologica" della specie umana, alla cui base rimane il dato di fondo della eccessiva crescita della popolazione, cioè proprio quel dato rimosso dalla fraudolenta amnesia dei movimenti ambientalisti. Dicono nel testo:
"La popolazione e il capitale produttivo sono i motori della crescita esponenziale nella società umana. Altre grandezze, come la produzione di alimenti, l'uso di risorse e l'inquinamento, tendono ad aumentare esponenzialmente, ma non perché si moltiplichino per forza propria, bensì perché sono spinte dalla popolazione e dal capitale." ( I Nuovi Limiti dello Sviluppo, Mondadori oscar, 2006, pag. 50).
Nel libro si specifica che i tassi di crescita della popolazione sono in aumento esponenziale non solo per il tasso di natalità alto, ma anche perché il tasso di crescita è moltiplicato per una base di popolazione sempre più numerosa. Se negli anni 60 il tasso di crescita doveva esser moltiplicato per tre miliardi, oggi bisogna moltiplicarlo per sette miliardi e così via precipitando negli anni futuri. Nel libro viene evidenziato come alti tassi di crescita demografica siano incompatibili con lo sviluppo economico, in quanto le risorse disponibili vengono spostate verso i consumi di base e di prima necessità, togliendo le energie economiche e materiali necessarie ad assicurare lo sviluppo dei processi industriali e di mercato.
"Una bassa crescita demografica permette di allocare più prodotto per alimentare la crescita economica e meno per soddisfare i bisogni di sanità e di istruzione, come accadrebbe se la popolazione fosse in rapido aumento.
Nei paesi poveri, invece, la crescita del capitale fa fatica a tener dietro alla crescita della popolazione. Il prodotto che avrebbe potuto essere reinvestito serve piuttosto per costruire scuole e ospedali e per soddisfare le necessità di una economia di sussistenza. Siccome i bisogni immediati sottraggono prodotto agli investimenti industriali, la crescita dell'economia è lenta...Se le donne non vedono nello studio o nell'attività economica un'alternativa attraente rispetto all'allevamento dei figli, questi ultimi vengono ad essere una delle poche forme di investimento a disposizione., e la popolazione diventa più numerosa senza diventare più ricca...In realtà tutti gli elementi di questo anello di retroazione positivo esercitano una forte influenza sul comportamento delle popolazioni dei paesi più poveri. Essi originano una "trappola sistemica", un anello che aggiunge disgrazia a disgrazia: mantiene povero il povero e continua a far crescere la popolazione. Sottraendo prodotto dagli investimenti a favore dei consumi, la crescita della popolazione rallenta la crescita del capitale. La povertà a sua volta perpetua la crescita della popolazione tenendo le persone in condizioni per cui non hanno istruzione, né assistenza sanitaria, né pianificazione familiare, nessuna possibilità di scelta e nessun potere: l'unico modo per cavarsela è fare figli e sperare che possano apportare reddito o dare una mano nel lavoro dei familiari." (Op. cit. pag. 70).
Un altro totem ideologico che il libro smaschera è quello della possibilità di una decrescita esclusivamente produttiva ed economica compatibile con il mantenimento di una qualità di vita accettabile. Questa qualità di vita dipende dai servizi, e a questo proposito così affermano i tre studiosi:
"Le economie più sviluppate sono dette talvolta economie dei servizi, ma in realtà esse continuano a poggiare su una solida base agricola e industriale. Ospedali, scuole, banche, negozi, ristoranti e alberghi fanno tutti parte del settore dei servizi. Ma si pensi agli autocarri che provvedono ad approvigionarli di generi alimentari, carta, combustibile e attrezzature, o a quelli che ne raccolgono o portano via i rifiuti. Si consideri tutto quanto passa attraverso i loro tubi di scarico e i loro camini: è evidente che le imprese del settore dei servizi necessitano di un flusso costante e copioso di materiali e di energia, dalle sorgenti del pianeta ai suoi pozzi d'assorbimento." (Op. cit. pag. 64).
Ogni decrescita industriale e produttiva porta quindi ad una diminuzione che può essere drammatica dei servizi, almeno finché non si accompagni ad una decrescita della popolazione che di quei servizi usufruisce. Ma questo gli ambientalisti decrescitari non vogliono proprio sentirlo, abbagliati dalle teorie vetero-marxiste alla Latouche.
Non è un caso che questo importante testo del gruppo di Boston sia passato sotto silenzio dal movimento ambientalista mainstream. Costoro non vogliono sentir parlare di bomba demografica, nè di politiche di contenimento della crescita della popolazione. Non rientra nei loro schemi ideologici, ancora legati alla politica di schieramento del secolo scorso. E purtroppo nel frattempo il disastro del pianeta va avanti, nei consessi internazionali sull'ambiente si perde tempo su questioni secondarie, in una babele di lingue e concetti che sarebbe ridicola se non fosse purtroppo tragica per noi tutti.
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Un POST davvero eccellente, caro AGOBIT, Ti faccio i miei complimenti.
RispondiEliminaPeccato che la maggiornanza delle persone continui a non rendersi conto di questi concetti, così basilari e, in fondo, codì semplici.
Un grazie anche dalla produzione del documentario ULTIMA CHIAMATA (LAST CALL), le ragioni non dette della crisi globale. E'il nostro modo di contribuire alla diffusione del messaggio di allarme lanciato 40 anni dagli autori di I limiti dello sviluppo).
RispondiEliminaGuardare in faccia ai limiti è complesso e spaventa l'uomo da sempre, ma nn per questo ci scoraggiamo e nel nostro piccolo, ambiamo aMOLTIPLICARE L'ATTENZIONE GLOBALE SUI LIMITI DELLA CRESCITA. Per farlo abbiamo scelto di creare il documentario Ultima Chiamata. Aumentando esponenzialmente il numero di persone a conoscenza dei limiti del pianeta e delle ragioni della crisi globale possiamo prepararci ad affrontare il futuro con scelte adeguate e lungimiranti. Per maggiori dettagli www.lastcallthefilm.org. Un enorme grazie sin da ora al passaparola: vi terremo aggiornati via newsletter e Fb.