Translate

venerdì 24 luglio 2015

Fenner: Estinzione prossima ventura


La posizione di Fenner è catastrofista, ma come definire la corsa che l’umanità ha intrapresa nell’ultimo secolo se non come una corsa verso la catastrofe? Soltanto una cecità ideologica assoluta e un modo di vedere il mondo basato su un  antropocentrismo irrazionale può nascondere i dati della realtà che abbiamo sotto gli occhi. Il mondo sta esplodendo. Prosegue il surriscaldamento del pianeta per le eccessive immissioni di carbonio in atmosfera; prosegue la devastazione dei suoli inquinati e cementificati; prosegue la sparizione delle foreste e delle zone verdi rimaste; prosegue l’estinzione di migliaia di specie ogni anno; prosegue l’eccesso di natalità della specie umana che sta producendo guerre, spostamenti di popoli alla ricerca di cibo, acqua e sostentamento, migrazioni, rivolte, nuovi odi e nuovi conflitti. Prosegue l’inurbamento massiccio con una vita umana sempre più priva di senso e massificata; prosegue l’aumento sconsiderato dei consumi, la produzione generalizzata di rifiuti, l’avvelenamento dei terreni e delle falde acquifere, la plastificazione dei mari. Il picco del petrolio e l’esaurimento delle fonti fossili sta portando ad un aumento dei prezzi dell’energia e ad una crisi economica che interessa ormai il mondo intero, mentre la natalità continua a crescere. Come negli organismi instupiditi e drogati che si avviano alla fine, si continua a farneticare che nascono pochi bambini, mentre l’umanità sta morendo proprio per l’eccesso demografico non più sostenibile dal pianeta. Riporto di seguito l’articolo del Corriere con l’intervista al Professor Fenner, un momento di lucidità e una voce che grida nel deserto contro la  stupidità e la cecità della maggioranza dei politici (e degli ambientalisti) intenti ancora a curare l’orticello di casa sperando che la catastrofe non bussi alla porta di casa. Ma già c’è puzza di fumo e si sente crepitare il fuoco intorno.

«Esseri umani estinti entro cento anni»

La catastrofica previsione del biologo Frank Fenner.
Cause: esplosione demografica e consumi fuori controllo

Frank Fenner
Frank Fenner
MILANO - La razza umana si estinguerà nel giro dei prossimi cento anni e così pure un sacco di specie animali. A dirlo è nientemeno che Frank Fenner, 95enne professore di microbiologia dell'Australian National University, ma soprattutto lo scienziato che ha contribuito a debellare il vaiolo. Stando all’eminente cattedratico, a far precipitare gli eventi saranno l’esplosione demografica e i consumi fuori controllo, due fattori ai quali gli uomini non riusciranno a sopravvivere, mentre a dare inizio alla caduta sarebbero stati i cambiamenti climatici.
IRREVERSIBILE - «L'homo sapiens sarà estinto probabilmente nei prossimi 100 anni - ha detto Fenner al giornale The Australian - e lo stesso accadrà per molti animali. È una situazione ormai irreversibile e penso sia davvero troppo tardi per porvi rimedio. Non lo manifesto perché la gente sta comunque tentando di fare qualcosa, anche se continua a rimandare. Di certo, da quando la razza umana è entrata nell’era nota come Antropocene (termine coniato nel 2000 dallo scienziato Paul Crutzen per definire l’era geologica attuale, in cui le attività dell’uomo sono le principali fautrici delle modifiche climatiche, ndr), l’effetto sul pianeta è stato tale da poter essere paragonato a una delle epoche glaciali o all’impatto di una cometa. Ecco perché sono convinto che faremo la stessa fine degli abitanti dell’isola di Pasqua. Attualmente, i cambiamenti climatici sono ancora in una fase molto iniziale, ma già si vedono dei considerevoli mutamenti nelle condizioni atmosferiche. Gli Aborigeni hanno dimostrato che potrebbero vivere per 40 o 50mila anni senza la scienza, la produzione di diossido di carbonio e il riscaldamento globale, ma il mondo non può e così la razza umana rischia di fare la stessa fine di molte altre specie che si sono estinte nel corso degli anni». La catastrofica e pessimistica visione di Fenner non sembra, però, trovare grande rispondenza fra i suoi stessi colleghi. «Frank può anche avere ragione - ha spiegato il professor Stephen Boyden, oggi in pensione, al Daily Mail - ma alcuni di noi hanno ancora la speranza che si arrivi a prendere consapevolezza della situazione e che, di conseguenza, si mettano in atto i cambiamenti necessari a raggiungere un vero sviluppo ecosostenibile».
CRISI GLOBALE - «La razza umana - gli fa eco Simon Ross, vice presidente dell'Optimum Population Trust - si trova ad affrontare delle autentiche sfide come i cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità (ovvero, l’estinzione di alcune specie animali, ndr) e una crescita senza precedenti della popolazione». Ma c’è chi all’agghiacciante previsione di Fenner mostra in qualche modo di crederci e se la scorsa settimana il principe Carlo aveva messo in guardia dai pericoli legati alla crescita così impetuosa della popolazione mondiale, un altro scienziato, il professor Nicholas Boyle dell’università di Cambridge, si è spinto anche oltre, ipotizzando il 2014 come la data del "giudizio universale", spiegando (nel libro "2014: Come sopravvivere alla prossima crisi globale") che il mondo si sta infilando in una crisi globale senza precedenti, che avrà influenze estremamente più vaste dell’attuale crisi economica internazionale. Nel 2006 era, invece, toccato all’esimio professor James Lovelock lanciare l’allarme circa una diminuzione della popolazione mondiale nel prossimo secolo, quantificabile in 500 milioni di unità, a causa degli effetti del riscaldamento globale, sostenendo che nessun tentativo di cambiare il clima avrebbe davvero risolto il problema, ma avrebbe semplicemente permesso di guadagnare del tempo.


domenica 12 luglio 2015

Save The Children Use The Condom







La voce instilla nella coscienza l'adeguato senso di colpa. Se questi bimbi non hanno mangiato è colpa tua caro Europeo con la pancia piena e la macchina sotto casa. E poi non parliamo del becero periodo coloniale, lo sfruttamento passato e attuale da parte del capitalismo occidentale, dei poteri finanziari eccetera eccetera. Siamo d'accordo, anche se ci sarebbe molto da dire.  Ad esempio: senza il famigerato capitalismo sfruttatore ecc. ecc. che produce merci e derrate alimentari in quantità enormemente superiore a tutti gli altri sistemi, i poveri bimbi starebbero meglio? Mah! E senza il mercato globalizzato che ha portato ovunque produzione e distribuzione di prodotti alimentari e tecnologici, ci sarebbe meno fame e più sviluppo? Doppio Mah!!

Ma quel che lo spot non dice è che fare 7 o 9 o 12 figli per donna in posti che non riescono a sfamarne neanche uno è un comportamento criminale. Forse dire criminale è troppo forte per le anime belle e sensibili? Beh allora diciamo che è un comportamento incoerente e sbagliato. Ma la rabbia non è tanto contro le famiglie locali che sono spesso vittima di tradizioni e di culture arretrate e non consapevoli dei problemi attuali del pianeta. La rabbia è contro queste organizzazioni, come quella che ha ideato lo spot, che non fanno nulla per  andare alla radice dei problemi di queste famiglie disgraziate e di questi bambini. Non fanno nulla per educare le popolazioni di queste zone povere di risorse e di sviluppo alla procreazione consapevole, alla riduzione controllata della natalità, all'uso di metodi anticoncezionali. E poi si limitano a portare aiuti senza favorire la formazione e lo sviluppo locale di una economia più moderna, come hanno denunciato molti rappresentanti di quelle stesse popolazioni. Tutti conoscono le denunce  dell'economista originaria dello Zambia,  Dambisa Moyo,  riportate nel suo libro "Dead Aid" in cui si scaglia contro  gli aiuti portati a pioggia  ai paesi poveri, in quanto  hanno mantenuto la povertà e incoraggiato la corruzione. Nel libro l'economista africana  afferma che questa politica degli aiuti a pioggia deve cessare a favore di un concreto impegno a preparare e formare una classe di dirigenti e di tecnici in grado di rendere autonome le popolazioni locali ed in grado di sviluppare una economia moderna. Di questa diversa impostazione parte preminente ha una seria educazione sanitaria che consenta di controllare l'esplosione demografica e di indirizzare le risorse non a moltiplicare le bocche da sfamare ma verso la creazione di infrastrutture materiali e conoscenze tecnologiche.

La rabbia è contro i rappresentanti della FAO o dell'Unicef che fanno businnes su questi temi ricavandone laute  prebende per se stessi e le briciole per i bimbi africani o indiani.

La rabbia è contro le organizzazioni cattoliche che ostacolano l'educazione sessuale e la procreazione consapevole e contrastano la diffusione dei mezzi contraccettivi dietro le parole irresponsabili del Papa e della gerarchia cattolica.

La rabbia è contro le organizzazioni religiose radicali  islamiche che predicano la conquista di nuove terre con la moltiplicazione delle nascite: più mussulmani per diffondere l'islam nel mondo.

La rabbia è contro quelle organizzazioni laiche che credono di fare lotta politica in favore di un terzomondismo che veda diffondere povertà, arretratezza e sovrappopolazione pur di distruggere l'odiato mondo occidentale (su cui però lucrano ampiamente).

La rabbia è contro le elites locali che ritengono che la moltiplicazione senza limiti della popolazione sia un mezzo per la sopraffazione tribale di popoli vicini o per avere più potere nelle lotte politiche e militari. Tutto questo fa rabbia perché a pagarne le conseguenze non siamo solo noi europei ed occidentali. Ormai tutto il pianeta è a rischio, perché un ulteriore crescita della popolazione mondiale non farà che accelerare il collasso ambientale del pianeta.

Cambiamo allora lo slogan dello spot con una piccola aggiunta:



SAVE THE CHILDREN, USE THE CONDOM!

(Ringrazio Luca Pardi per aver coniato lui per primo il nuovo slogan)

martedì 7 luglio 2015

Una politica globale per la salvezza del pianeta: la distribuzione gratuita di anticoncezionali



L'idea potrebbe essere semplice. Distribuire gratuitamente a tutti i mezzi anticoncezionali, di qualunque tipo (consentito) e in ogni luogo. Che altro di meglio per dare una prospettiva di salvezza al pianeta? E' l'unica battaglia che può ancora (forse ) salvare la Terra. Insieme ad essa bisogna lottare per la decrescita dei consumi. Ma cambiare i consumi è una prospettiva lunga e complicata. Bisogna cambiare la cultura che vede al centro le aspirazioni ad un maggiore benessere, e cambiare la cultura è un processo assai lungo e difficile. Molto più semplice, rapido ed efficace, cambiare la natalità, con iniziative come quella in questione. Finora non esistono esempi di diminuzione volontaria dei consumi su larga scala, a parte i casi di forza maggiore come guerre e gravi crisi economiche. Anzi esistono esempi contrari: il crollo di regimi politici per l'aspirazione della popolazione a maggiori consumi, come il crollo dell'Unione Sovietica dimostra. Invece, di diminuzioni efficaci della natalità esistono numerosi esempi, come il crollo delle nascite in Europa e in America dopo lo sviluppo economico e l'instaurazione di regimi liberali basati  sul welfare. Cambiare la mentalità sulla natalità è più facile che cambiarla sui consumi. La diffusione gratuita dei mezzi anticoncezionali può essere un mezzo efficace. Per ora la distribuzione gratuita è stata attuata in Colorado e in alcuni altri stati appartenenti alla federazione Usa. L'esempio dovrebbe essere seguito da  altri stati in ogni parte del pianeta, in particolare quelli dove i tassi di natalità elevati mantengono una economia di sussistenza e la povertà generale. Ma la distribuzione gratuita  dovrebbe riguardare anche gli Stati con economie forti e popolazione in crescita (compresa la crescita per immigrazione). Inoltre bisognerebbe legare gli aiuti, portati dai paesi economicamente avanzati   a quelli arretrati,   alla concomitante distribuzione gratuita di anticoncezionali. Questi aiuti condizionati alla diffusione di mezzi anticoncezionali non sono politiche campate in aria; molte organizzazioni umanitarie che operano in paesi del terzo mondo già usano legare gli aiuti locali a programmi di educazione alla procreazione consapevole e alla distribuzione di anticoncezionali. Persino organizzazioni religiose (purtroppo non cattoliche ma di chiese riformate) portano avanti programmi di questo tipo. L'esempio per quel che riguarda la distribuzione di contraccettivi  potrebbe venire proprio dalla iniziativa del governo del Colorado, che prevede l'offerta di impianto gratuito di spirali o cerotti transdermici, pillole, profilattici  e altri mezzi che consentono di evitare gravidanze indesiderate. Per adesso si tratta di programmi locali, ma lo stesso tipo di iniziativa potrebbe costituire un modello da applicare agli aiuti internazionali specie per quelle popolazioni che hanno tassi di natalità vicini ai dieci figli per donna, ed in cui le risorse locali non consentono di sostenere questa crescita di popolazione esplosiva. Il costo di questi programmi, compresi i materiali impiegati, non è eccessivo; inoltre la minore natalità consente alla lunga di ottenere e utilizzare maggiori risorse locali indirizzandole a politiche di sviluppo di una economia più avanzata ed ecologicamente sostenibile. 
Riporto dal sito di Repubblica l'articolo che riguarda la distribuzione gratuita di anticoncezionali in Colorado.


WALSENBURG  - Anticoncezionali gratis per il controllo delle nascite. Da sei anni il Colorado ha scelto questa strada per aiutare teen ager e donne povere. Una politica che ha portato a un crollo del 42 per cento degli aborti fra le adolescenti. Un risultato positivo, ma ora i fondi per sostenere il programma scarseggiano e il governo ha lanciato una campagna per trovare nuove donazioni.

Sei anni fa il Servizio sanitario ha deciso di offrire l'impianto gratuito di spirali o di cerotti anticoncezionali per prevenire gravidanze non desiderate. In molte hanno detto di "Sì". Le adesioni sono state numerose e oggi i risultati sono sorprendenti. Gli aborti sono scesi e nello stesso periodo le ragazzine rimaste incinte sono diminuite del 40%. Contemporaneamente un'altra categoria a rischio ha tratto vantaggi da questa politica sanitaria: quella delle donne non sposate, al di sotto dei 25 anni, che non hanno ancora terminato le Superiori.

Funziona nei quartieri più poveri. I numeri sono sorprendenti, soprattutto nei quartieri e nelle aree più povere come, Walsenburg, una piccola città nel Sud del Colorado. Qui c'è poco lavoro e molti giovanissimi si trovano a dover affrontare il problema di un figlio non desiderato. Hope Martinez, una ventenne che lavora in un centralino, ha scelto di farsi impiantare una spirale. Un modo per evitare figli per almeno 3 anni. Ha un sogno: sposarsi più avanti e diventare un'igienista dentale. "Non voglio essere madre per un poco di tempo. Non è nei miei programmi",ha spiegato al New York Times.

Un figlio troppo presto. Sempre più ragazze fanno la stessa scelta. Nel 2009 nelle zone più povere nel 50% dei casi il primo figlio arrivava a 21 anni, ora l'età è salita a 24. Le donne preferiscono completare i loro studi e ottenere un posto di lavoro migliore. "Se vogliamo ridurre la povertà dobbiamo ridurre le gravidanze indesiderate", spiega Isabel Sawhill, economista del Brookings Institution che proprio su questo tema ha scritto un libro, Generation Unbound: Drifting Into Sex and Parenthood Without Marriage.

Adolescenti consapevoli. Per fortuna nel paese le adolescenti che rimangono incinte sono diminuite. In Colorado il programma voluto dal governo ha dato una spinta determinante a questo miglioramento. Dal 2011 al 2013 negli Stati Uniti, almeno un quinto delle signore tra i 18 e i 44 anni ha scelto di aderire al piano che offre una contraccezione gratuita.

Il problema dei fondi. In Colorado i risultati hanno superato le aspettative e il programma sta funzionando anche meglio, rispetto a quanto accade in altri Stati degli Usa. Ora però il piano potrebbe subire un rallentamento. Il fondo utilizzato per finanziare la contraccezione gratuita sta finendo. Le donne dovrebbero pagare di tasca propria il servizio, un problema al quale l'amministrazione Obama sta cercando di porre rimedio. E' un problema perché soprattutto sistemi a lungo termine come la spirale possono costare dagli 800 ai 900 dollari.

La soluzione contro gli aborti. Il programma, fondato grazie alla donazione della Susan Thompson Buffett Foundation, prende il nome dall'ultima moglie dell'uomo d'affari Warren Buffett. Il piano nasce da uno studio realizzato a St.Louis, che arrivava a una semplice conclusione: se le donne scelgono contraccettivi "a lungo termine", le gravidanze indesiderate e il numero degli aborti crollano.

mercoledì 1 luglio 2015

Sartori: la corsa verso il nulla



In una bella e chiara intervista sul "Fatto quotidiano" il politologo Giovanni Sartori parla a tutto campo dei problemi della società occidentale contemporanea e quelli, assai più rilevanti, dell'intero pianeta avviato ad una crisi irreversibile. Secondo il politologo sia la società umana che l'intero pianeta appaiono destinatati ad una "Corsa verso il nulla" come dice il titolo del suo ultimo libro edito da Mondadori. Al centro del problema riguardante il pianeta, Sartori come ripete ormai da anni -essendo rimasto uno dei pochi in Italia ad insistere sull'argomento- pone il tema della sovrappopolazione umana, la vera origine della crisi ambientale che sta minacciando la vita e la sopravvivenza della Terra. All'origine di questo dramma che sta volgendo in tragedia la storia del mondo, Sartori pone giustamente la rivoluzione tecnologica degli ultimi secoli che ha creato le premesse della rottura di quell'equilibrio tra uomo e natura che aveva retto il mondo nei secoli precedenti. Ma accanto alla tecnologia con le sue macchine che creano altre macchine, con la sua potenza che è ormai divincolata da ogni controllo, con la trasformazione irreversibile che sta producendo anche sull'essenza stessa dell'uomo fino a fargli perdere ogni contatto con la natura e massificarlo a numero e consumatore, accanto a tutto questo rimane l'assurda cecità umana di fronte al problema delle troppe nascite, della perdita definitiva del rapporto tra popolazione e risorse dei luoghi. Avviene così che l'acqua e il cibo non bastano più, non c'è lavoro e risorse ambientali per questo eccesso di popolazione che oramai è globale e riguarda tutto il pianeta. Le migrazioni epocali in atto   sono un epifenomeno di questo eccesso di natalità. Così come l'inquinamento della terra, dell'aria e delle acque, per lo sversamento dei rifiuti, dei tossici, dei fumi e delle sostanze chimiche necessarie a supportare sette miliardi di umani. Le acque ad esempio sono intossicate dai nitrati, all'origine di quella eutrofizzazione che sta soffocando migliaia di specie acquatiche. I nitrati nelle acque sono il prodotto dell'uso massiccio dei fertilizzanti di origine chimica usati ormai in quantità industriali da tutte le agricolture nel mondo. Infatti per soddisfare le esigenze di cibo per sette miliardi di persone non basta più la normale produzione di composti azotati fatta  dai batteri nitrificanti  presenti naturalmente nei terreni  agricoli (questa poteva essere sufficiente fino a che la popolazione mondiale era di uno o due miliardi). Oggi per produrre cibo per sette miliardi è necessario produrre nitrati chimicamente per via artificiale  -ad di fuori del ciclo naturale- e sversarli sui terreni agricoli come fertilizzanti chimici. Accanto al ciclo dell'azoto ci sono poi tutti i prodotti tossici come pesticidi e anticrittogamici (spesso derivati del fosforo e da altri potenti veleni cancerogeni) che servono ad assicurare che la produzione non sia compromessa da parassiti e altre malattie delle piante. Ormai i prodotti stessi dell'agricoltura massificata e industrializzata, hanno perso ogni rapporto con la natura, sono prodotti artificiali, gonfiati, chimicamente trattati, imbustati in plastica o inscatolati, venduti nei supermercati come merce massificata priva di sapore, colorata artificialmente, odorosa solo di chimica. Tutto questo  è collegato all'eccesso di popolazione e alle necessità di assicurare cibo  a miliardi di umani e guadagno alle multinazionali del cibo. A capofila di coloro che negano il problema e anzi parteggiano apertamente per aumentare ancora di più la natalità, Sartori mette espressamente il Papa (...un bel furbacchione) e la Chiesa cattolica in particolare, vera trincea di chi si oppone al controllo delle nascite. Ma il sovrappopolamento -dice Sartori- è la più drammatica crisi del nostro tempo. Dove li mettiamo? Cosa diavolo gli diamo da mangiare? Nell'intervista al Fatto, Sartori che non è un tipo di intellettuale che segue il politically correct imperante,  se la prende anche con Obama, un personaggio da quattro soldi dice il politologo, uno che se pur iscritto al mio corso alla Columbia University, non veniva mai a lezione. Uno che non ha capito il pericolo dell'Isis e ne ha consentito la formazione e il rafforzamento, limitandosi solo a proteggere i campi petroliferi e i propri interessi diretti e fregandosene di tutto il resto compreso le popolazioni indifese. C'è n'è poi anche per Renzi, uno che ti abbraccia e ti bacia, fa bei discorsetti per imbambolarti ma poi non combina niente se non cose di facciata e se la svigna dai problemi. Tutta la nostra civiltà occidentale, dice Sartori, è in forte declino perché non siamo più in grado di difendere i nostri valori. Non solo quelli tradizionali, ma soprattutto quelli collegati alla libertà e alla democrazia, fonte del nostro ruolo di occidentali nel mondo.  Non crediamo nella liberal democrazia e non ci sappiamo sobbarcare i sacrifici che comporta combattere per essa e difenderla. Anche a livello culturale, visto che siamo i primi a definire la libertà e la democrazia come valori relativi, sullo stesso piano di tutti gli altri compresi quelli dei tagliagole. Consentiamo così a tutti di fare quel che vogliono sulla nostra terra (si perché la terra e la appartenenza storica alla propria terra è un altro dei valori trascurati e abbandonati).  E' così che la civiltà del suk sta prendendo piede, mentre noi occidentali siamo immersi nei balocchi e non pensiamo ad altro che a spendere tempo e denaro in divertimenti e consumi inutili (anzi dannosi), incapaci ormai del minimo sacrificio, persino di sopportare il freddo o un po' di caldo, capaci di vivere solo nella bambagia e di giare la testa dall'altra parte in presenza di problemi sgradevoli.

martedì 16 giugno 2015

Konrad Lorenz: un antesignano



Chi non ha letto gli Otto peccati capitali? Se c'è ancora qualcuno che non ha letto quel libretto così piccolo (come numero di pagine) eppure così grande per il messaggio che contiene, deve farlo al più presto. La sua capacità di analisi e previsione di ciò che sarebbe accaduto e che sta accadendo sotto i nostri occhi è strabiliante. Consideriamo che fu scritto nel 1973, quando la popolazione umana del pianeta era la metà di oggi. Capitoli come "La sovrappopolazione (il secondo), come la devastazione dello spazio vitale (il terzo), l'estinguersi dei sentimenti (il quinto), ebbero un impatto sconvolgente su lettori che non avevano ancora la minima idea di ciò che era la crisi ambientale determinata dalla pressione antropica che si andava delineando. Lorenz aveva dedotto queste verità dallo studio, fatto con amore e precisione scientifica, del comportamento degli animali in base alle situazioni ambientali diverse e alla influenza della densità di popolazione in un dato territorio. Il grande etologo  rimane un Maestro per tutti i veri ambientalisti, ingiustamente e colpevolmente dimenticato dai falsi ecologisti che vogliono propagandare, dietro lo schermo di un ecologismo basato su pregiudizi ideologici,  i diritti assoluti di Homo su tutta la natura.  Riporto, da un intervento su questo blog pubblicato nel 2011, una sintesi di alcune pagine del secondo capitolo degli "Otto peccati capitali".



LA SOVRAPPOPOLAZIONE

Tutti i vantaggi che l'uomo ha ricavato da una conoscenza sempre più approfondita della natura che lo circonda, i progressi della tecnologia, delle scienze chimiche e mediche, tutto ciò che sembrerebbe destinato a lenire le sofferenze umane, tende invece, per terribile paradosso, a favorire la rovina dell'umanità. Questa, infatti, minaccia di soccombere a un destino altrimenti quasi sconosciuto ai sistemi viventi: l'autosoffocazione. Ma la cosa più terribile di questo processo apocalittico è che, con tutta probabilità, le prime a essere travolte saranno proprio le più elevate e le più nobili qualità e attitudini dell'individuo, proprio quelle che giustamente consideriamo e apprezziamo come specificamente umane.
Nessuno di noi, che viviamo in paesi civilizzati densamente popolati, o addirittura nelle grandi città, è ormai più consapevole della nostra carenza generale di affetto e di calore umano. Bisogna avere fatto una volta l'esperienza di arrivare all'improvviso, ospite inatteso, in una casa situata in una regione poco popolata, dove i vicini siano separati da molti chilometri di strade disagiate, per riuscire a valutare quanto ospitale e generoso possa essere l'uomo quando la sua disponibilità ai contatti sociali non viene sottoposta di continuo a eccessive sollecitazioni. Me ne sono reso conto tempo fa, grazie ad un episodio che non ho più potuto dimenticare: avevo ospiti presso di me due coniugi americani del Wisconsin, che si occupavano di protezione della natura e abitavano in una casa completamente isolata nel bosco. Mentre stavamo andando a tavola per cena, suonò il campanello della porta di casa e io esclamai infastidito: "Chi è che viene a disturbarci a quest'ora?". Se avessi pronunciato la peggiore sequela di insulti i miei ospiti non ne sarebbero rimasti meno sbalorditi. Che il suono del campanello potesse suscitare una reazione che non fosse di gioia, era per loro scandaloso.
E' in larga misura colpa dell'affollarsi di grandi masse nelle metropoli moderne se, nel caleidoscopio di immagini umane che mutano e si sovrappongono e si cancellano a vicenda, non riusciamo più a riconoscere il volto del nostro prossimo. L'amore per il prossimo, per un prossimo troppo numeroso e troppo vicino, si diluisce sino a svanire senza lasciare più traccia. Chi desideri ancora coltivare sentimenti di calore e cordialità per gli altri deve concentrarli su di un esiguo numero di amici; noi non siamo, infatti, capaci di amare tutti gli uomini, per quanto ciò possa corrispondere a una norma giusta e morale. Siamo quindi costretti ad operare delle scelte, dobbiamo cioè 'tenere a distanza' in senso affettivo, molte altre persone che sarebbero altrettanto degne della nostra amicizia. L'atteggiamento del not to get emotionally involved (non lasciarsi coinvolgere emotivamente) costituisce una delle preoccupazioni primarie per molti abitanti dei grandi centri urbani. Questa posizione, entro certi limiti inevitabile per ciascuno di noi, è però viziata da una componente di disumanità; essa ci richiama infatti alla mente il comportamento degli antichi proprietari di piantagione americani che trattavano molto umanamente i loro negri 'di casa' mentre gli schiavi delle loro piantagioni venivano considerati, nella migliore delle ipotesi poco più che animali domestici di un certo valore. Questo schermo deliberatamente interposto per impedire i contatti umani, sommandosi con il generale appiattimento dei sentimenti di cui tratteremo in seguito, finisce per condurre a quelle spaventose manifestazioni di indifferenza di cui parlano ogni giorno i nostri giornali*. Man mano che aumenta la massificazione delle persone, l'esigenza del not to get involved diviene per il singolo sempre più pressante, al punto che proprio nei grandi centri urbani possono oggi verificarsi episodi di rapine, assassini, violenze in pieno giorno e nelle strade più frequentate senza che alcun 'passante' intervenga.
L'accalcarsi di molti individui in uno spazio ristretto non solo provoca indirettamente, attraverso il progressivo dissolversi e insabbiarsi dei rapporti fra gli uomini, vere e proprie manifestazioni di disumanità, ma scatena anche direttamente il comportamento aggressivo. Molti esperimenti hanno dimostrato che l'aggressività intraspecifica viene incrementata se gli animali sono alloggiati in gran numero nella stessa gabbia. Chi non abbia conosciuto di persona la prigionia in tempo di guerra o analoghe aggregazioni forzate di molti individui, non può valutare a quale livello di meschina irritabilità si possa giungere in tali circostanze. E proprio se uno cerca di controllarsi impegnandosi a dimostrare quotidianamente e in ogni momento un comportamento cortese, cioè amichevole, verso altri uomini che tuttavia non sono amici, la situazione diventa un vero supplizio. La generale scortesia che si osserva in tutti i grandi centri urbani è chiaramente proporzionale alla densità delle masse umane ammucchiate in un dato luogo. Punte massime spaventose vengono raggiunte, ad esempio, nelle grandi stazioni ferroviarie o nel Bus-Terminal di New York.
La sovrappopolazione provoca indirettamente tutti quegli inconvenienti e quei fenomeni di decadenza che saranno l'argomento dei prossimi sette capitoli: la credenza che attraverso un adeguato 'condizionamento' si possa formare un nuovo tipo di individuo immunizzato contro le conseguenze nefaste del sovraffollamento mi sembra rappresentare un'illusione pericolosa.

(Tratto da: KONRAD LORENZ: GLI OTTO PECCATI CAPITALI DELLA NOSTRA CIVILTA', Adelphi, 1974, capitolo II).

domenica 7 giugno 2015

Hans Jonas: I limiti dell'uomo




Il rapporto di uomo e natura è entrato in una nuova fase. Qual è la novità e come si è arrivati ad essa? Un fattore è quello biologico della nostra vertiginosa moltiplicazione, il cui solo fabbisogno organico minaccia di esaurire le fonti alimentari planetarie.Ma alla base di esso vi è già un fattore del tutto inorganico; il salto qualitativo nella nostra potenza tecnologica, che fu causato non più di duecento anni fa dal patto fra tecnica e scienze esatte. Attraverso questa epocale e unicamente occidentale messa in pratica della pura teoria, la superiorità dell’uomo è divenuta così unilaterale, i suoi interventi, per ordine di grandezza, tipo e profondità, così minacciosi per il tutto dell’attuale e della futura natura terrestre, che la libertà anche in ciò è dovuta diventare finalmente veggente. Essa vede: la vittoria troppo grande minaccia il vincitore stesso…Mai in precedenza l’artificio si è tanto avvicinato nei suoi elementi alla natura.Ora dal punto più basso domina su quello più alto, da quello più piccolo su quello più grande.Questa creatività intorno al “nucleo” comporta insieme a un nuovo potere anche nuovi pericoli. Uno è l’inquinamento dell’ambiente con sostanze a cui il suo metabolismo non è in grado di far fronte.Alla devastazione meccanica si aggiunge l’avvelenamento chimico e radioattivo. E nella biologia molecolare compare la tentazione prometeica di manipolare partendo dal seme, a scopo di miglioramento, la nostra propria immagine. L’aumentato potere deriva quindi dall’aumentata conoscenza. La medesima conoscenza ora, che domina nella tecnica,ci mette anche in grado di calcolare i suoi effetti globali e futuri. Resa per questo veggente, la libertà deve conoscere: attraverso se medesima è in gioco il tutto ed essa soltanto ne è responsabile. Con ciò giungo dalla radice e dal potere al dovere della nostra libertà.
Primo compito di ogni libertà, anzi condizione del suo sussistere, è di porsi dei limiti. Infatti solo così la società è possibile, senza la quale l’uomo non può esistere e neppure il suo dominio sulla natura. Quanto più libera è la società stessa, quanto meno dunque la naturale libertà della specie è lesa dal dominio dell’uomo su altri uomini, tanto più evidente e inevitabile diviene nel rapporto interumano il dovere della limitazione volontaria.Una cosa paragonabile accade ora nel rapporto dell’umanità con la natura. Andando di pari passo con le azioni del nostro potere, il nostro dovere si estende ora a tutta la terra e al lontano futuro. Qui e ora il dovere ci impone di frenare il nostro potere, quindi di diminuire i nostri consumi per un’umanità futura che i nostri occhi non vedranno. Giustizia, rispetto, compassione, amore –impulsi di questo tipo che sono sopiti in noi e vengono risvegliati nel concreto convivere- ci aiutano ad uscire dall’angustia dell’egoismo. Niente di simile suscita in noi l’idea astratta di ipotetici esseri umani futuri; e la paura di una ritorsione viene qui del tutto a mancare. Ma noi abbiamo l’idea della responsabilità, siamo fieri di esserne capaci; e il sentimento di ciò, profondamente radicato in noi, che si manifesta in modo così originario nel rapporto tra genitori e figli, questo sentimento steso a idea può gettare il ponte fra l’etica del prossimo e quella di colui che è lontano…
Dalla nostra opulenza si può quindi ben pretendere una limitazione. Sarebbe osceno predicare agli affamati dei paesi poveri della terra il rispetto dell’ambiente per il bene futuro e addirittura di quello globale. Il crudo bisogno quotidiano li costringe proprio a quel distruggere che condurrà ad un bisogno ancora maggiore negli anni successivi. Il fine di ogni aiuto allo sviluppo deve essere quello di liberarli anzitutto da questa costrizione, a cui dovrebbero però contribuire da parte loro almeno limitando le nascite.
Il potere tecnologico è collettivo, non individuale. Quindi solo il potere collettivo, e ciò significa alla fine quello politico, può frenarlo. Per questo attraverso la libertà politica anche ogni singolo è soggetto del nuovo dovere. Ma sono le maggioranze a decidere e queste non sono in genere dalla parte dell’altruistica lungimiranza, con la rinuncia all’interesse del momento che questa richiede. Quel che ho detto una volta a proposito dello “spettro della tirannia” è stato inteso non come monito ma come raccomandazione,; come se avessi parlato in favore della dittatura per la soluzione dei nostri problemi.Ciò che intendevo era che in situazioni estreme non resta spazio per i complicati processi decisionali della democrazia e che non dobbiamo nemmeno far sì che vi si giunga. La libertà di specie dell’uomo, la sua dote biologica, può perire solo con lui; ma la libertà politica, una forma particolare e storicamente rara di questa, può anche perdersi di nuovo.Prevenire la sciagura richiede cambiamenti nelle nostre abitudini di consumatori, quindi nello stile di vita di noi tutti, e con ciò nella intera struttura economica. Come questo possa accadere senza causare da parte sua sciagure come la disoccupazione di massa, che spaventerebbe ancor più del male da prevenire nel tempo, io non sono in grado di dirlo. Trovare qui un cammino percorribile sulla cresta di due abissi è un compito per gli economisti politici. Sicuramente ciò imporrebbe dei sacrifici rispetto alla libertà di mercato, ma la libertà politica può sopravvivere…
Una cosa deve esserci chiara in conclusione: una soluzione sicura per il nostro problema, una panacea per la nostra malattia non esiste. La sindrome tecnologica è troppo complessa ed è fuori discussione che si possa uscirne. Persino con una grande conversione e riforma dei nostri costumi il problema fondamentale non sparirebbe. Infatti, l’avventura tecnologica stessa deve continuare; già le correzioni rivolte alla salvezza esigono un impiego sempre nuovo d’ingegno tecnico e scientifico, che provoca i suoi propri nuovi rischi. Ciò significa che dobbiamo vivere in futuro all’ombra della minaccia di una calamità. Essere tuttavia coscienti dell’ombra, come appunto stiamo ora divenendo, diventa il paradossale spiraglio di speranza: esso non lascia ammutolire la voce della responsabilità. Questa luce non brilla come quella dell’utopia, ma il suo monito rischiara il nostro cammino, insieme alla fede nella libertà e nella ragione. Così alla fine, il principio-responsabilità e il principio-speranza si incontrano: non più l’esagerata speranza in un paradiso terrestre, bensì quella più modesta della vivibilità anche futura del mondo e in una sopravvivenza umanamente degna della nostra specie.

(Hans Jonas: Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio responsabilità. Einaudi 1997).

sabato 6 giugno 2015

Come la demografia cambia il mondo


(In alto: il candidato alla presidenza Usa Marco Rubio di origine cubana).

Il presidente degli Stati Uniti è un uomo di colore, una cosa impensabile solo qualche decennio fa. Il prossimo presidente americano potrebbe essere di madre lingua spagnola e di origini cubane, un certo Rubio. Obama è stato eletto per il voto determinante delle forti comunità di immigrati latinos e per il bacino elettorale di colore in forte espansione negli Usa, in seguito ai tassi di natalità assai più alti rispetto a quelli delle popolazioni bianche di origine europea. E' così che tutto l'assetto geo-politico dell'america del nord si sta modificando, con forti ripercussioni sulla politica internazionale. Gli stessi tradizionali poteri finanziari nordamericani si stanno adeguando, modificando le loro strategie in funzione delle nuove popolazioni emergenti. In politica interna si fanno strada politiche redistributive e di forte intervento dello Stato che non avevano mai avuto in precedenza molta rilevanza negli Stati Uniti e in Canada. Negli ultimi decenni la politica estera americana ha visto diminuire di molto l'interesse verso l'Europa, sia per una minore transazione finanziaria che di scambi industriali, sia per un minor interesse militare. Le truppe americane in Germania e Italia si sono ridotte a poche migliaia, e gli interessi militari si sono spostati verso il medio oriente sia per l'importanza delle risorse energetiche che per la forte instabilità di quell'area in seguito anche alla grande espansione demografica successiva agli anni 70 del secolo scorso e al gran numero di giovani che hanno creato insoddisfazioni e tensioni in quelle popolazioni. Molti interessi americani si stanno indirizzando verso l'america latina, conseguenza diretta del cambiamento nello stesso senso della popolazione nord-americana. Al cambiamento di scenario geo-politico contribuisce l'imponente fenomeno migratorio conseguenza diretta dell'eplosione demografica nord africana e medio orientale. L'Europa sta rapidamente cambiando la sua popolazione in senso multietnico e multiculturale, le grandi città europee si avviano a divenire megalopoli con forti minoranze o, in alcuni casi e nei prossimi anni, a maggioranza di etnie ad origine  extra-europea.
L'economia mondiale, sulla spinta delle forti crescite demografiche di Cina e India, si sta modificando a vista d'occhio con lo spostamento di grandi interessi finanziari in oriente. La Cina ha acquistato in anni recenti grandi quantità di titoli di stato del debito pubblico americano ed ha oggi una influenza diretta sulla finanza nord americana. In seguito alla necessità di acquisizione di aree con riserve energetiche e possibilità di espansione il colosso orientale ha iniziato da qualche decennio una serie di acquisizioni di vaste aree africane e di attività edilizie e industriali nel continente nero. Estese aree di savana  e di foreste stanno andando distrutte, gli animali sono cacciati via, gli viene tolto ogni abitat e si vanno estinguendo.  Intere regioni vengono adibite a discariche di materiali spesso tossici provenienti dalla Cina e altri paesi  portando a danni irreversibili di tutto un ecosistema. Anche l'india sta ampliando i suoi interessi africani dietro un certo movimento immigratorio di lavoratori indiani in africa e in altri paesi (soprattutto medio-oriente). L'espansione demografica del Pakistan e del Bangla Desh sta riacuendo i conflitti religiosi tra islamici e induisti e i contrasti tra le varie nazioni del continente indiano. Un fenomeno analogo si configura in estremo oriente tra Thailandia e Vietnam e Cina. In Malesia i conflitti religiosi si sommano agli interessi industriali e finanziari che, sull'onda dell'esplosione demografica di quella regione, sta portando alla perdita di tanti scenari naturali e alla deforestazione di intere aree fluviali. Le migrazioni da Malesia Borneo e Indonesia stanno creando tensioni con l'Australia e Nuova Zelanda. Questi ultimi contrastano con una certa efficacia il fenomeno, anche per salvaguardare dalla antropizzazione gli ultimi paesaggi vergini del pianeta. Se analizziamo i vari cambiamenti demografici dinamicamente nei prossimi decenni assistiamo ad una perdita di rilevanza economica e politica oltre che culturale di molte popolazioni che in precedenza rivestivano un ruolo di potenza egemone come quelle della vecchia europa o di derivazione europea in Nord america, e all'espansione di nuove popolazioni non solo demografica, ma anche economica e politica. L'espansione di queste nuove popolazioni  appartenenti ad altre aree etniche e culturali  avrà conseguenze sul mondo di domani che  si attueranno nella seconda metà di questo secolo, disegnando scenari che -anche per l'impostazione politically correct di molti studiosi- non sono stati ancora analizzati a sufficienza. Gli Stati Uniti a maggioranza di neri e latinos rivestiranno ancora il ruolo di potenza egemone dell'occidente? Una Europa multietnica e multiculturale avrà ancora il suo ruolo di area di libertà e democrazia o non sarà invece preda di conflitti interetnici e tra culture diverse? Quali saranno le influenze cinesi nella politica mondiale dopo il 2050? La democrazia potrà essere a rischio in un pianeta dominato da culture spesso autoritarie o a sfondo religioso? Come cambieranno gli scenari energetici? Quale sarà la geografia dei consumi e le conseguenze sull'ambiente di un mondo profondamente mutato rispetto ad oggi e sovrappopolato? Come si porrà il problema del cibo e delle risorse idriche? Quale ruolo mondiale avrà un continente africano abitato da due miliardi di persone senza risorse sufficienti? Quale il destino di tante specie animali?