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lunedì 23 aprile 2012

LA TERRA-MONDO






LE DUE VISIONI ANTROPICHE DELLA TERRA:
1)   LA TERRA COME CONTENITORE
2)   LA TERRA COME MONDO

E’ sempre presente nei discorsi degli ambientalisti il rischio di considerare il pianeta come un semplice contenitore per esseri umani. Anche tra i verdi si sente spesso dire che la sovrappopolazione non è un problema perché ci sono ancora tanti spazi da occupare, e semmai è una questione di migliore distribuzione demografica. Questa idea del pianeta-recipiente è una profonda mistificazione, esprime una incomprensione di fondo su ciò che è la natura e sul rapporto tra uomo e natura.
Alla base dell’errore c’è una considerazione esclusivamente scientifica della questione ambientale, un modo di vedere di un pensiero “numerante” che non coglie la radice da cui origina la devastazione antropica dell’ambiente. Per questo propongo di introdurre il concetto di Terra-Mondo, in cui il pianeta non venga considerato esclusivamente in base a parametri scientifici di superficie, composizione chimica, strutture fisiche, numeri, percentuali, popolazione, variabili matematiche eccetera. Nel termine Terra-Mondo è invece indicato un rapporto esistenziale: quello tra vissuti fenomenici del pianeta e coscienza. La Terra non è semplicemente la superficie in cui si delinea la biosfera con le manifestazioni della vita, è anche il Mondo che ci appare nella coscienza con gli aspetti di meraviglia, di sacralità, di vissuto esistenziale, di comprensione delle cose che compongono la nostra vita di uomini. In questa ottica la Terra non è una semplice superficie su cui distribuire un dato numero di umani e i prodotti della loro attività (visione antropizzante del pianeta), ma è quella serie potenzialmente infinita di “mondi” che compongono la nostra esperienza di vita come coscienza del singolo individuo e come coscienza collettiva. E’ l’ambito della nostra libertà sia di agire contro i fenomeni e gli enti naturali (secondo i concetti antropocentrici  di appropriazione e trasformazione) sia di agire con rispetto e senso di appartenenza  verso la natura. La terra è allora tante cose che la fanno essere  vita concreta: paesaggi, alberi, fiumi, laghi, animali, montagne, vegetazione, cielo stellato, nuvole, sole. Ma anche cultura, rapporto tra uomo e natura, stupore, bellezza, amore verso di essa –sia verso gli esseri biologici che gli enti inanimati, comprensione, senso del rispetto verso qualcosa che meravigliosamente c’è e non ci appartiene e che trascende la pura fisicità delle cose. Se si comprende questo concetto ci si rende conto della estrema povertà ideologica di chi considera la Terra un puro oggetto fisico che fa da sfondo alla attività e alla replicazione numerica dell’uomo. Un grande supermercato antropico. Il mondo così non ha senso. E’ proprio per ridare un senso al mondo, alle cose, che bisogna rimettere al centro il  rapporto tra uomo e natura, in un concetto più vasto di pianeta che non sia esclusivamente relegato al dato fisico. Il pianeta allora può essere inteso non più come puro contenitore, ma come orizzonte in cui si aprono le infinite possibilità dei tanti mondi e significati che l’uomo, ritrovando se stesso, può dare alla vita sulla terra.
La lotta contro la sovrappopolazione della specie umana acquista dunque un significato più profondo: non solo un più equilibrato rapporto tra popolazione antropica e superficie del pianeta, non solo minore devastazione ambientale e minore quantità di inquinanti immessi nella biosfera, ma soprattutto un dare senso all’esistenza umana attraverso una riappropriazione del rapporto tra coscienza e mondo naturale.

mercoledì 11 aprile 2012

LA GRANDE ILLUSIONE

Come l'illusione che i propri desideri siano la realtà stanno portando il mondo in un vicolo cieco e stiano mettendo a rischio la sopravvivenza della specie umana. 


 Lo scorso venerdì il parlamento tedesco ha tagliato del 40% le sovvenzioni al fotovoltaico (Fv).  Nei mesi precedenti, tra grandi e piccole, decine di aziende tedesche del settore erano fallite.

il fotovoltaico per la produzione elettrica è una colossale frode.    Solo nel nostro paese in questi anni, grazie a una legge del 2007 , abbiamo impegnato 70 miliardi in impianti Fv che producono tanto quanto produce un impianto a carbone che costa 2 miliardi. Monti non aveva bisogno di fare alcuna manovra, doveva solo cancellare definitivamente le sovvenzioni agli spacciatori della fraudolenta tecnologia, equiparandoli agli spacciatori di denaro falso. 
Che il fotovoltaico sia un’enorme bufala si può vedere anche dal fatto che il mondo se ne frega ampiamente delle utopie rinnovabili, e tutti corrono a testa bassa a fare incetta di combustibili fossili. In un articolo di oggi del NYT sono riportati gli investimenti che la  Exxon Mobil  e l’ Eni   stanno facendo in tecnologie di estrazione di gas, carbone e altri combustibili fossili in Africa, in particolare in Mozambico, mentre altre grandi multinazionali dell’energia si stanno impegnando in Tanzania e in Kenia per estrarre grandi quantità di idrocarburi che ritengono necessari per far fronte alla futura richiesta di petrolio e gas. Molti competitori asiatici stanno invece finanziando impianti per estrarre idrocarburi dalle profondità al di sotto dell’oceano indiano. Il tutto mentre i mercati asiatici come India e Cina richiedono sempre più combustibili fossili e incrementano le loro produzioni di gas, carbone  e petrolio, come sta facendo anche la Russia.

Così mentre i verdi nostrani (e non solo) si cullano con l’illusione che i pannelli solari e i mulini a vento ci risolveranno il problema energetico, in tutto il mondo è in atto una corsa ad accaparrarsi tutte le fonti di combustibili fossili disponibili. E’ in particolare il carbone che sta subendo un massiccio incremento di produzione e consumo, come è possibile vedere nella curva qui riportata:


Dal 1990 ad oggi si è assistito alla più grande esplosione nel consumo di carbone nella storia del mondo moderno, alla faccia delle rinnovabili. Tutto ciò mentre sempre maggiori evidenze confermano il riscaldamento climatico del globo dovuto alle massiccie immissioni di anidride carbonica nell'atmosfera. Una ricerca  pubblicata recentemente su Nature da Jeremy Shakun e altri ricercatori di Harvard,  riporta i risultati ottenuti con un lavoro da investigatori basato su carotaggi sia sui ghiacci dell’antartico che in altre aree dell’emisfero nord e dell’emisfero sud del pianeta. Lo studio dimostra che l’ultima glaciazione è terminata in seguito all’aumento della temperatura del pianeta dovuto ad un effetto serra paragonabile a quello odierno.    Circa 17 mila anni fa la calotta artica inizia a squagliarsi in seguito ad uno spostamento dell’orbita terrestre,  e lo scioglimento  fa salire il livello dei mari di dieci metri. L’effetto complessivo delle correnti portano all’aumento della temperatura in Antartide che fa restringere la superficie dei ghiacci, liberando nell’atmosfera le enormi quantità di Co2 che erano rimaste nei fondali. Da quel momento l’aumento della temperatura dell’atmosfera segue l’aumento della concentrazione di Co2.  Shakun conclude che “ il nostro studio dimostra che la Co2 ha giocato un ruolo decisivo: fra il suo aumento nell’atmosfera e l’aumento della temperatura c’è una correlazione nettissima”. Se si considera che nell’ultimo secolo la concentrazione di anidride carbonica è passata da 300 parti per milione a 392 in seguito all’attività umana, si comprende la ragione dell’allarme dei ricercatori.
Le rinnovabili non stanno invertendo la rotta,  anzi la immissione di Co2 nell’atmosfera in seguito alla combustione di idrocarburi aumenterà nei prossimi anni. Il mondo si dovrebbe preoccupare ora, correndo subito ai ripari puntando sul nucleare (emissioni 0 di anidride carbonica) e sulla riduzione demografica. Invece ci si culla nell’illusione del fotovoltaico e delle altre utopie rinnovabili. Carbone, petrolio e gas saranno, grazie alla stupidità degli ambientalisti naif, i protagonisti dei consumi energetici del pianeta per molti anni ancora e il riscaldamento globale continuerà la sua corsa.

lunedì 9 aprile 2012

ETHAN SIEGEL: LA FUSIONE FREDDA NON ESISTE


Una particolareggiata e scientificamente motivata confutazione della Fusione Fredda, ed in particolare della macchina di Rossi basata sulla reazione tra Nichel e Idrogeno, è stata pubblicata dall'astrofisico Ethan Siegel. La fusione tra nuclei dei vari isotopi del nichel e atomi di idrogeno necessita il superamento della barriera coulombiana (repulsione tra cariche elettriche simili). Neanche al centro del nostro Sole esistono energie di pressione e termiche in grado di superare tale barriera. Il fenomeno può accadere solo al centro di stelle supermassicce che collassano dando luogo ad esplosioni di supernove. Questa del resto è l'origine del rame dell'universo, compreso quello della nostra Terra. Secondo il Dr. Siegel la reazione di fusione tra nichel  e  idrogeno darebbe inoltre luogo ad una fortissima emissione di raggi gamma, impossibile da schermare completamente anche con forti spessori di piombo. Una emissione simile non si è mai rilevata durante il funzionamento dell'Ecat. Del resto la schermatura dell'apparecchio, con una sottile lamina di piombo, è del tutto insufficiente a fermare una emissione gamma di quel tipo. Il funzionamento di una macchina simile, ove avvenissero realmente reazioni di fusione nucleare, sarebbe mortale per tutti gli astanti che assistono all'esperimento. L'articolo di Ethan Siegel è possibile leggerlo qui

Salviamo il paesaggio: al via il censimento in tutti i comuni italiani.


Anche a Perugia si costituisce il comitato per la difesa del suolo. L'11 aprile alle ore 17,00 presso la Sala Fiume di Palazzo Donini il primo appuntamento della campagna.
Fermare il consumo del territorio: è questo il comune intento delle associazioni umbre che hanno dato vita al comitato locale per la promozione della campagna "Salviamo il paesaggio".
Acu Umbria, Aiab, Fondo per l'Ambiente Italiano - Delegazione di Perugia, Legambiente, Libera, Slow Food Umbria e WWF hanno infatti costituito il comitato a sostegno del Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio. Il Forum, a livello nazionale, è costituito da oltre 10.000 persone e 589 organizzazioni, che vogliono sottrarre i territori alla deregulation e al cemento selvaggio. Si stima che, negli ultimi 30 anni, si sia cementificato un quinto dell'Italia - circa 6 milioni di ettari – e, attualmente, la superficie totale urbanizzata sia di quasi 2 milioni e mezzo di ettari (oltre 100.00 ettari l'anno).
Dall'analisi di questi dati nasce l'idea della prima campagna nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori: proporre a tutti i comuni italiani di partecipare ad un censimento del patrimonio edilizio pubblico e privato.
Il neonato comitato locale, quindi, si mobiliterà fin da subito per favorire la massima adesione delle amministrazioni locali umbre a questa importante iniziativa, invitandole a compilare la scheda di censimento, che è stata loro recapitata a cura del comitato nazionale, con la dettagliata indicazione di quante abitazioni e quanti fabbricati vuoti, sfitti o non utilizzati e quante aree edificabili vi siano oggi sui loro territori.
Riteniamo che il censimento – dicono i promotori del comitato locale Salviamo il Paesaggio – sia uno strumento di estrema utilità per monitorare, dal basso, lo stato attuale dell'offerta edilizia, verificare la sussistenza effettiva di un bisogno di nuove costruzioni, pianificare e prevedere nuovi insediamenti solo se realmente necessario, evitando così un inutile e dannoso consumo di suolo. Il suolo fertile e l'integrità del paesaggio, difatti, sono la principale garanzia per il futuro del Paese, del turismo, dell'agricoltura e dei prodotti tradizionali, della salubrità dei luoghi e della biodiversità. Chiediamo - proseguono dal comitato - a tutte le cittadine e i cittadini, alle associazioni e alla società civile in generale di aderire alla campagna per costruire insieme a noi occasioni di riflessione collettiva, per progettare città più vivibili, risparmiare suolo agricolo, tutelare il territorio e riqualificare il paesaggio.
Il comitato promotore invita tutti i cittadini e le cittadine interessati, le associazioni, i gruppi informali e, in generale, tutti coloro che hanno a cuore il paesaggio a partecipare, l'11 aprile prossimo alle ore 17.00 presso la Sala Fiume di Palazzo Donini a Perugia, al primo incontro di presentazione e avvio della campagna "Salviamo il paesaggio".
Per informazioni
Comitato locale Salviamo il paesaggio – 338 7937615
salviamoilpaesaggioperugia@​gmail.com 

martedì 3 aprile 2012

L'INTERVENTO DI RYERSON SULLA SITUAZIONE MONDIALE DELLA POPOLAZIONE (2005)


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La questione della popolazione globale e il lavoro del Population Media Center

Intervento al Convegno sulla Sovrappopolazione del Gruppo Consiliare Radicale alla Regione Piemonte in Italia
 
Torino,15 Gennaio 2005

Di William N. Ryerson (presidente del Population Media Center)
Sito Web: 
www.populationmedia.org

La situazione della popolazione 
I mezzi di informazione europei e statunitensi da alcuni anni continuano a parlare di una “carenza di nascite”[1] e della possibilità che si arrivi ad un calo della popolazione entro un arco di tempo compreso tra i 50 e 200 anni. Questi articoli non colgono l’aspetto più vistoso e immediato di ciò che sta accadendo nel mondo. Nel prossimo mezzo secolo, proiezioni demografiche prudenti mostrano che la popolazione mondiale crescerà di 3 miliardi di persone: un aumento del 50%. Questo è ora il problema più immediato e importante che si presenta all’attenzione del mondo.

Si può discutere di quale sia esattamente la “capacità di carico” del nostro pianeta, e non è certamente un qualcosa che rimanga costante: è un numero che muta con l´avanzamento della tecnologia. Comunque il prof. David Pimentel della Cornell University ha stimato la capacità a lungo termine del globo in 2 miliardi di persone e quella degli Stati Uniti in 200 milioni. Se Pimentel ha ragione, il mondo si trova in un stato di “eccesso”, che sarà seguito da uno stato di  collasso, parallelamente all’esaurimento delle risorse naturali fondamentali. L’Accademia Nazionale delle Scienze e la Royal Society di Londra hanno emesso una solenne dichiarazione congiunta per avvertire che la popolazione di tutto il mondo deve essere stabilizzata al più presto, se si vogliono evitare catastrofiche conseguenze sull’ambiente.

Gli Stati Uniti sono il terzo paese al mondo per crescita annuale della popolazione, dopo l’India e la Cina. A dispetto di un tasso di fertilità vicino a quello di sostituzione, l’immigrazione sta provocando una crescita che potrebbe portare la popolazione degli Stati Uniti a raggiungere il miliardo entro la fine di questo secolo. La crescita della popolazione statunitense è oggetto di grande preoccupazione a due livelli: globale ed interno. A livello globale la crescita del numero di residenti negli Stati Uniti, che consumano e inquinano a un tasso di circa dieci volte quello pro capite dei paesi in via di sviluppo, fa sì che gli Stati Uniti graveranno sempre più, dal punto di vista ambientale, sul resto del mondo. Incrementare il numero di tali mega-consumatori non è nell’interesse generale.
A livello interno la crescita della popolazione americana sta portando ad una perdita di spazi liberi, ad un aumento dell'inquinamento atmosferico, a una sensibile riduzione della disponibilità d’acqua , a una maggiore dipendenza da petrolio estero e ad un abbassamento della qualità della vita. Nel 1973 gli Stati Uniti dovettero importare il 38% del loro petrolio. Ora la percentuale è salita al 55. A causa della crescita della popolazione, si stima che nel 2025 gli Stati Uniti dipenderanno dall’estero per il 78% del loro fabbisogno di petrolio. Il Census Department
[2] prevede, nei prossimi 46 anni, un incremento del 50% della popolazione statunitense, che passerà così dagli attuali 290 milioni a 420 milioni nel 2050.
L’assunto che rapidi tassi di crescita demografica in qualche modo stimolino la crescita economica è stato a lungo sostenuto dagli economisti, ma è durante l´amministrazione Reagan che ha acquisito maggiore rilevanza. La tesi, sostenuta da Julian Simon, Malcolm Forbes Jr. (in un editoriale sulla rivista Forbes) e altri, è che rapidi tassi di crescita demografica incrementino i consumi e che la domanda aggiuntiva stimoli la crescita economica.
Potrebbe essere ben vero il contrario. Come spiegato da Ansley Coale della Princeton University, nei paesi del sottosviluppo c’è un rapporto di proporzionalità diretta tra tassi rapidi di incremento della popolazione e condizioni economiche declinanti. Le economie di molti paesi in via di sviluppo, ad esempio quelli dell’Africa e dell’America Latina, vengono frenate dal fatto che un’alta percentuale del reddito personale e di quello nazionale venga spesa per rispondere a necessità di consumo immediate, per cibo, alloggio e vestiti  - ci sono, infatti, troppi bambini per ogni lavoratore adulto. Così rimane poco reddito disponibile, a livello personale e nazionale, per accumulare capitale da investire. La mancanza di capitali d’investimento deprime la crescita di produttività dell’industria e porta ad un’alta disoccupazione (che è esacerbata dalla rapida crescita del numero di persone in cerca di prima occupazione). La mancanza di capitale contribuisce anche all’incapacità, da parte di un paese, di investire in educazione, amministrazione, infrastrutture, nelle necessità ambientali e in altri settori che potrebbero contribuire al miglioramento della produttività a lungo termine dell’economia e degli standard di vita della gente.

Nessun paese, nel ventesimo secolo, ha fatto molti progressi nella transizione da “in via di sviluppo” a “sviluppato”, fino a che non ha messo sotto controllo la crescita della sua popolazione. Per esempio, in Giappone, Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, nelle Bahamas e nelle Barbados, un rapido sviluppo economico, misurato in prodotto nazionale lordo pro capite, è avvenuto solo dopo che ognuno di questi paesi aveva raggiunto un tasso di crescita naturale della sua popolazione al di sotto dell’1,5% l´anno e un numero medio di figli per donna di 2,3 al massimo. Herman Daly, ex Senior Economist della Banca Mondiale, ritiene che criteri simili potrebbero valere anche per altri paesi. Detto in parole semplici, se quanto affermano Simon e Forbes fosse vero, i paesi a bassa crescita demografica dell’Europa e del Nord America dovrebbero avere economie deboli, mentre le economie dell’Africa sub-sahariana e degli altri paesi dell’Asia e dell’America Latina, caratterizzati da una crescita impetuosa, dovrebbero essere robuste. La Cina è un buon esempio dei giorni nostri di come un cambiamento demografico nella direzione di una riduzione della fertilità possa stimolare il settore manifatturiero e potenziare la crescita economica.

La vera misura della ricchezza economica non è né il prodotto nazionale lordo né il reddito nazionale, ma il reddito medio su base pro capite. Stimolare il prodotto nazionale lordo facendo in modo che ci sia sempre più gente che compra sempre meno, non accresce il benessere economico. È possibile che qualcuno tragga vantaggio dalla crescita della popolazione, ma non la grande maggioranza delle persone.
Secondo un ampio rapporto dell’autore americano Bruce Sundquist, i paesi in via di sviluppo avrebbero attualmente bisogno di circa mille miliardi di dollari per la realizzazione di nuove infrastrutture solamente per far fronte all'incremento della loro popolazione - una cifra molto lontana dall’essere raggiunta e che effettivamente non è alla portata di questi paesi. Questo spiega perché gli aiuti umanitari del mondo sviluppato e i prestiti ai paesi in via di sviluppo, del valore di 56 miliardi di dollari all’anno, non sono stati sufficienti a migliorare le loro infrastrutture e spiega perché il mondo in via di sviluppo venga schiacciato dai fabbisogni di una popolazione aggiuntiva di 9,5 milioni di persone ogni sei settimane, equivalente a quella della contea di Los Angeles.

Esiste una stretta correlazione tra debito estero dei paesi in via di sviluppo e tasso di crescita della popolazione. Dei 41 paesi che la Banca Mondiale definisce “paesi poveri pesantemente indebitati”, 39 ricadono nella categoria dei paesi ad alta fertilità, nei quali le donne, in media, hanno 4 o più figli ciascuna. Allo stesso modo, si prevede che i 48 paesi identificati dall’ONU come “i meno sviluppati” triplicheranno la loro popolazione entro il 2050. Nel suo insieme, il mondo in via di sviluppo paga con fatica 270 miliardi di dollari all’anno, a fronte di un debito estero di 2.500 miliardi - un debito che cresce di altri mille miliardi di dollari ogni dieci anni.

Molti articoli sulla cosiddetta “carenza di nascite” evitano di porsi la domanda se l’ecosistema mondiale sia in grado di sostenere 9 miliardi di persone. Molti non sono consapevoli del fatto che la crescita della popolazione mondiale continua ad un tasso globale di 76 milioni di persone l´anno. Non si rendono inoltre conto dell’impatto che una tale crescita ha sull’ambiente globale, ivi comprese le minacce alle riserve ittiche oceaniche, alle aree selvagge, alla biodiversità, alla disponibilità di energia, a quella di acqua dolce, e alle foreste; tutto questo unito alla povertà, alla cattiva salute e alla sofferenza umana, che derivano da gravidanze non pianificate. La crescita della popolazione ha anche effetti disastrosi in termini di erosione del suolo, aumento delle inondazioni, eccessivo sfruttamento dei pascoli, salinizzazione dei suoli causata dall’irrigazione, esaurimento delle falde acquifere sotterranee (usate per l’irrigazione), distruzione delle barriere coralline, depositi fangosi nelle acque a monte delle dighe ed estinzione delle specie. Oltre a questo, molte zone di pesca del mondo sono sotto minaccia di collasso - in larga parte perché, come Sundquist evidenzia nel suo rapporto, le flotte pescherecce di tutto il mondo hanno una capacità di pesca pari al doppio della quantità che le riserve naturali del pianeta possono sostenere.
La mancanza di capitale causata dalla crescita della popolazione rende sempre più difficile, per i paesi in via di sviluppo, far fronte al crescente fabbisogno di scuole. Una delle ragioni principali delle pessimistiche previsioni negli ambienti dei servizi segreti sulla crescita del terrorismo in Medio Oriente, è il debole sistema educativo esistente nella regione - un "costo capitale" legato alla crescita della popolazione. Questo produce generazioni che difettano di competenze, tecniche e atte alla risoluzione dei problemi, che sono necessarie per ottenere una crescita economica.
In aggiunta a tutto questo, nota Sundquist, nei paesi in via di sviluppo massicce migrazioni dalla campagna alla città vanno rendendo la situazione dei grandi centri urbani sempre più disperata, con quartieri poveri che si espandono, privi di condizioni igienico-sanitarie di base e senza acqua. È probabile che queste migrazioni aumentino fortemente negli anni a venire. Man mano che i sistemi fondati sull’agricoltura si trasformeranno in sistemi ad alta intensità di capitale, enormi quantità di persone che vivono nelle aree rurali diventeranno disoccupate. Dati i maggiori tassi di crescita della popolazione nelle aree rurali, 
le proiezioni relative alle migrazioni dalle campagne alla città nei prossimi 30 anni sono impressionanti. In questo lasso di tempo ben quattro miliardi di persone potrebbero abbandonare le aree rurali dei paesi in via di sviluppo e unirsi al miliardo che già vive nei quartieri poveri delle città oppure emigrare verso i paesi sviluppati. Questo è un modo efficace per generare instabilità politica, sociale ed economica in tutto il mondo! 
I dati provenienti da indagini demografiche effettuate in tutto il mondo evidenziano che il non-uso della pianificazione familiare NON è primariamente dovuto a mancanza di accesso a servizi di contraccezione. Piuttosto, le principali ragioni che la gente adduce per motivare il mancato uso della pianificazione familiare sono il desiderio di avere più figli, la paura per gli effetti secondari dei contraccettivi, l’opposizione, reale o percepita, dei maschi, le proibizioni religiose e la convinzione che non si abbia il diritto morale di determinare il numero dei figli e l’intervallo tra le gravidanze.
Questi problemi culturali e di informazione possono essere affrontati soltanto attraverso strategie comunicative tali da far cambiare le norme sociali, strategie come quelle portate avanti dal Population Media Center (PMC).

I costi in sofferenza umana che derivano da gravidanze non pianificate ed eccessive sono impressionanti:

- 600.000 donne e ragazze in tutto il mondo muoiono ogni anno di gravidanza e di parto - un numero pari alla somma delle perdite umane degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale, nella seconda guerra mondiale,  nella guerra di Corea e in quella del Vietnam. La maggior parte di queste donne sono adolescenti o ventenni, forzate dalle loro società ad avere figli in giovane età e con una frequenza di gran lunga eccessiva.
- 140.000 donne muoiono ogni anno di emorragia durante il parto. È tragico che molte di loro muoiano pur essendo vicine a strutture sanitarie, perché i loro parenti non permettono loro di essere curate da medici di sesso maschile.
- 75.000 donne muoiono ogni anno nel tentativo di interrompere le loro gravidanze. Le Nazioni Unite stimano che, in tutto il mondo, 50.000 donne e ragazze (vale a dire 18,3 milioni l´anno) tentano ogni giorno di abortire da sole. Molte di quelle che sopravvivono soffrono poi di dolori disabilitanti per tutta la vita.
- Approssimativamente 100.000 donne muoiono ogni anno di infezione e altre 40.000 muoiono nell’agonia di doglie prolungate. E questi sono solo i casi di morte. Le statistiche dell’UNICEF mostrano che per ogni donna che muore, 30 sopravvivono con orribili lesioni e disabilità. In tutto sono 17 milioni di donne ogni anno.
A tutto ciò si aggiunga il peso devastante di gravidanze e parti ripetuti e si avrà un quadro globale della sofferenza femminile, che impone una risposta globale.
Ciò che suscita maggiore indignazione è che queste morti e queste tragiche lesioni sarebbero quasi interamente prevenibili. Eppure, il mondo sviluppato nel suo insieme non è riuscito neppure ad avvicinarsi al mantenimento degli impegni presi alla Conferenza del Cairo relativamente all’assistenza alla popolazione. Il mondo in via di sviluppo è così affamato di capitali, a causa dell’alto tasso di crescita della sua popolazione, che è spesso estremamente difficile destinare una qualche frazione dei bilanci governativi alla cura della salute riproduttiva. Sia i paesi sviluppati sia quelli in via di sviluppo dovrebbero triplicare i loro contributi per avvicinarsi a quanto si sono impegnati a fare al Cairo. La vita di miliardi di persone del mondo in via di sviluppo viene resa sempre più disperata dalla loro esclusione dall’accesso a informazioni e servizi di pianificazione familiare, che pure vorrebbero e dei quali avrebbero estremo bisogno. 
Un’analisi costi-benefici di diverse strategie utilizzate per affrontare la crescita della popolazione, effettuata da Sundquist, mostra che la strategia più efficace e più umana è quella che consiste nel fornire informazione, motivazione e servizi medici di pianificazione familiare in grado di  prevenire quest’orrendo tributo di sofferenza  umana e contemporaneamente di fare  uno “sconto  demografico” sulla richiesta di infrastrutture a governi che stentano ad adeguarsi  alle necessità di popolazioni in crescita.
È proprio nel campo dell’informazione e della motivazione che si verifica la maggiore carenza a livello globale.  E, appunto, le strategie comunicative dirette a far cambiare i comportamenti, usate dal Population Media Center, hanno dimostrato di essere di gran lunga il mezzo più efficace, considerando il rapporto costi-benefici, per ridurre le nascite. Allo stesso tempo, queste strategie consentono di estendere la libertà di scelta e i diritti delle donne e delle ragazze, molto al di là del loro attuale destino di precoci e ripetute gravidanze.
Il soddisfacimento dell’intero fabbisogno d´informazione e servizi di pianificazione familiare, ad un costo di soli 15,2 miliardi di dollari l’anno, esteso per molti decenni, potrebbe far maturare un beneficio a lungo termine, per il mondo in via di sviluppo, di oltre mille miliardi di dollari l’anno, attraverso la riduzione della  necessità di nuove infrastrutture.
Il Population Media Center si serve di sceneggiati a puntate a carattere ricreativo/educativo, diretti ad aiutare le persone a capire l’importanza di una paternità e maternità responsabile, dei diritti delle donne, dell’educazione delle ragazze e della comunicazione tra marito e moglie riguardo al futuro della loro famiglia. I fondatori del Population Media Center sono stati leader per decenni nel campo della demografia e hanno creato un genere molto efficace di serial di intrattenimento educativo. Il PMC sta mettendo in pratica, in sette paesi, progetti a lungo termine di soap opera dirette a cambiamenti comportamentali, e sta lavorando a nuovi progetti in altri otto paesi. 

(Dal sito: www.rientrodolce.org)

lunedì 2 aprile 2012

DUBBI SEMPRE MAGGIORI PER L'ECAT DI ROSSI



Si infittiscono le notizie su una cattiva gestione da parte di Rossi di tutta la storia sul suo Ecat, macchina che dovrebbe assicurare la fusione fredda tra nuclei di nichel e di idrogeno. Determinante è stato quanto ha fatto sapere negli ultimi tempi il dipartimento di sorveglianza sui materiali e sugli apparecchi nucleari degli Stati Uniti. Nel documento vengono riportate le dichiarazioni di Rossi al suddetto dipartimento, secondo le quali NON sarebbe in produzione alcun apparecchio che preveda reazioni nucleari (di qualunque tipo, anche LENR) sul territorio degli Stati Uniti. Sono inoltre emerse ulteriori errori commessi da Rossi nel sistema di misurazione delle temperature prodotte, con termocoppie e sensori mal posizionati, in maniera da rendere non validabile la serie di temperature misurate. Infine il giornalista Mats Lewan ha riferito e documentato fotograficamente dei tentativi poco chiari di Rossi di intervenire "a richiesta" sulla produzione di vapore da parte della sua macchina, come è possibile vedere a questo indirizzo.
I tempi della produzione dell' Ecat si stanno ulteriormente allungando, senza giustificazione delle cause del ritardo, complice una certa superficialità di Rossi che aveva annunciato grandi fabbriche di grandi numeri di ecat. Ma il fatto che di tali fabbriche non ci sia alcuna traccia in America o in altre parti del mondo non fa ben sperare. Rossi inoltre ha sempre rifiutato di far testare il suo apparecchio con sistemi di rilevazione delle temperature più precisi rispetto al semplice flusso di vapore, soggetto a troppe variabili. Intanto anche a Bologna, nella cui Università erano previsti test scientifici sull'apparecchio di Rossi, tutto tace e tutto è fermo. La bilancia sul fenomeno ecat insomma pende pericolosamente verso la Bufala...