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venerdì 24 novembre 2017

Scenari demografici e sovrappopolazione

Riporto il seguente articolo di Jacopo Simonetta, uno dei pochi ambientalisti che si occupa di sovrappopolazione. Riguarda uno studio della National Accademy of Sciences americana sulle tendenze demografiche e il degrado ambientale e climatico. Molto interessanti sono alcune risultanze di proiezioni matematiche su quanto inciderebbe la politica del figlio unico - se immediatamente applicata- sulla dinamica demografica globale della specie Homo. Ugualmente interessante il risultato sull'influenza che avrebbero catastrofi che implicherebbero qualche miliardo di vittime, come guerre nucleari o megadisastri ambientali, sulla demografia. A quanto sembra, secondo i modelli matematici riportati, questi eventi avrebbero un basso impatto e sarebbero presto annullati dalla tendenza demografica a ristabilire le condizioni di crescita. Personalmente diffido sempre di questi studi fatti da statistici con impostazione tecnico-matematica su una materia che secondo me non risponde ai consueti modelli con cui si costruiscono le curve demografiche. In parte questi limiti sono riconosciuti dagli stessi studiosi: loro stessi dicono infatti di riferirsi alla terra come ad un unico ambiente globale senza distinzioni locali. Questo porta a sottostimare le differenze demografiche tra zona e zona e tra popolazioni di diverse culture ed economie. Inoltre queste stime non tengono conto di fattori precipuamente umani che non sono comparabili con la crescita demografica di popolazioni animali. Non e' un caso che tutti gli studi demografici nell'ultimo secolo abbiamo sbagliato nel sottostimare la esplosione demografica della specie Homo e che gli esperti dell'Onu, per fare l'esempio più lampante, siano stati costretti a continue correzioni delle loro curve di crescita. Esse infatti vedevano sempre una transizione demografica che nella realtà' non c'e' mai stata e che hanno continuamente rimandata fino all'ultima previsione che ha spostato la transizione a dopo il 2150. Nel frattempo l'esplosione demografica di Homo continua indisturbata in un mondo che si sta avviando verso un degrado ambientale irreversibile.Un altro limite dello studio riportato da Simonetta e' nel fatto che gli esperti della Accademy non considerano le epocali migrazioni che stanno cambiando il mondo contemporaneo. Le migrazioni hanno un impatto enorme sulla crescita globale della popolazione, pur essendo fenomeni legati a situazioni economiche e realta' geografiche particolari. Le migrazioni infatti non sono semplici spostamenti di individui: esse implicano fenomeni economici, psicologici e sociali complessi che portano ad aumentare la crescita demografica sia dei luoghi di partenza sia nelle realta' di arrivo. Infatti nel luogo di partenza, dove senza la migrazione dei giovani entrerebbero in gioco fattori di risorse locali a limitare la natalità', la migrazione rende irrilevante la carenza di cibo e di risorse locali ed anzi genera aspettative economiche e nuove disponibilità' di risorse per le rimesse degli emigrati e gli scambi conseguenti. Questo contribuisce all'aumento dei tassi di natalità' in zone di sottosviluppo. Allo stesso tempo nei paesi di arrivo i migranti portano con se le culture di provenienza (fortemente nataliste) e problemi identitari che favoriscono la natalità' nelle enclave sociali di appartenenza. Il risultato e' una crescita esponenziale globale della popolazione sia nei luoghi di partenza che nei luoghi di arrivo. Tutto questo in un mondo che vede depauperare ogni giorno la biodiversità' con la scomparsa di migliaia di specie e dell'ambiente che le sosteneva (come sta avvenendo in Africa). Gli esperti americani raccomandano di affidarsi, in attesa di politiche sulla natalità' di la da venire e che oggi sono completamente trascurate e i cui effetti comunque si avrebbero solo dopo decine e decine di anni, alla limitazione dei consumi. Ma anche questo e' un azzardo. In primo luogo per la difficoltà' di realizzare politiche in grado di ridurre in maniera efficace i consumi generali di una popolazione globale in crescita esponenziale. Senza contare la impossibilita' di eliminare la corsa allo sviluppo di paesi che fino ad oggi hanno vissuto nel sottosviluppo ed aspirano allo stile di vita occidentale. In secondo luogo non si conoscono quali conseguenze economiche e tecnologiche potranno derivare da una minore disponibilità' di risorse conseguenti alla riduzione dei consumi su scala planetaria. Una decrescita economica e un arretramento tecnologico potrebbero infatti portare ad un aggravamento del problema ambientale e climatico, piuttosto che ad una soluzione. Nessuno degli esperti demografi che parlano di transizione demografica hanno fino ad ora dato risposte adeguate.
PILLOLE DEMOGRAFICHE 4 – LA BOMBA DEMOGRAFICA È SCOPPIATA, E ORA? 23 NOVEMBRE 2017 JACOPO SIMONETTA
di Jacopo Simonetta
Nelle pillole scorse abbiamo dato un sommario sguardo alla teoria della transizione demografica e ad un paio di casi reali, non molto in linea con essa. Prima di proseguire questa carrellata con alcuni altri esempi, propongo una pausa di riflessione per discutere un interessante articolo recentemente apparso sull’autorevole rivista “Proceedings of the National Accademy of Sciences of the United States of America” (abbreviato PNAS) dal titolo “La riduzione della popolazione umana non è un rimedio rapido per i problemi ambientali“. Raccomandando a chiunque di leggere l’originale, tirerò per prima cosa le somme di questo lavoro, per poi fare cenno a cosa manca. Lacune peraltro dichiarate e spiegate nell’articolo stesso.
Quello che dice l’articolo si compone di tre parti. Nella prima gli autori hanno testato mediante dei modelli matematici quali effetti demografici avrebbero riduzioni nel tasso globale di natalità, ferme restando le altre condizioni (tasso di incremento della aspettativa di vita media e saldo migratorio zero – ovviamente visto che si tratta di proiezioni a livello globale). Il risultato era abbastanza scontato: riduzioni anche estreme, tipo un solo figlio per donna come media mondiale, avrebbero effetti trascurabili nell’immediato e modesti nel giro di decenni; mentre diventerebbero molto importanti dopo una settantina di anni. Nella fig. 1 si riassumono gli scenari delineati, come si vede solo lo scenario 4 (declino della natalità ad un solo figlio per donna a partire dal 2045 e aspettativa di vita media costante sui valori del 2013) comporterebbe un sensibile rallentamento della crescita in tempi brevi e una riduzione della popolazione a 4 miliardi di persone al 2100. In compenso, proiettando i risultati su tempi appena più lunghi (2130) si vedrebbero risultati abbastanza sconvolgenti.
Una seconda serie di prove ha testato l’effetto che avrebbero catastrofi bibliche, in grado di spazzare via miliardi di persone nel giro di pochi anni. Ebbene, qualcuno sarà sorpreso, ma il risultato è che avrebbero un impatto trascurabile. Perfino un ipotetica pandemia che sterminasse 2 miliardi di persone non ridurrebbe gran che la popolazione sui tempi lunghi. Una catastrofe da 6 miliardi di morti nel 2040 significherebbe comunque oltre 5 miliardi di persone nel 2100. Ovviamente nell’ipotesi che, nel frattempo, i parametri di natalità e mortalità restassero quelli attuali. Il risultato è teorico, ma attendibile. Per citare un solo caso, il XX secolo è stato quello che ha visto la maggiore crescita demografica della storia della nostra specie, ad onta di un’infinità di guerre fra cui le due più terribili di sempre, epidemie carestie assortite, nonché Hitler, Stalin, Mao e vari loro imitatori.
Infine, gli autori hanno ripartito il mondo in 14 regioni dal comportamento demografico relativamente omogeneo ed hanno confrontato questa ripartizione con la distribuzione delle zone in cui si trovano i massimi livelli di biodiversità a livello globale. Ne è risultato un quadro abbastanza fosco, con la situazione peggiore di tutte in Africa; continente in cui l’altissima crescita demografica sta comportando una distruzione particolarmente rapida di biodiversità
Nelle conclusioni, si afferma quindi che occorre assolutamente rilanciare a tutti i livelli le politiche di controllo e riduzione delle nascite, ma che questo sarà inutile se, contemporaneamente, non si ridurranno drasticamente i consumi pro-capite che, negli ultimi decenni, sono invece aumentati ben più rapidamente della popolazione. Una conclusione corretta, ma incompleta.
Quello che non dice
Per quanto riguarda la prima parte del lavoro, la principale lacuna, peraltro dichiarata, è il tasso di mortalità. Gli autori hanno cioè indagato gli effetti sia di una catastrofe biblica che di modeste variazioni nella natalità e nella mortalità infantile. Ma non le conseguenze di un incremento di uno o due punti percentuali nella mortalità degli adulti. In altre parole, si è dato per scontato che l’attuale tendenza all’incremento dell’aspettativa di vita prosegua secondo la tendenza attuale; oppure che si stabilizzi. Ma non si è presa in considerazione l’ipotesi di una sua riduzione sul lungo periodo. Come se l’aspettativa di vita fosse indipendente dall’evolvere delle condizioni economiche, ambientali e sociali. Dunque, invece di immaginare pestilenze globali e guerre nucleari, proviamo semplicemente ad ipotizzare che quella “stagnazione secolare” di cui parla l’FMI gradualmente coinvolga tutte le principali economie del mondo. Significherebbe il diffondersi e moltiplicarsi di situazioni analoghe a quelle già viste nell’ex URSS (v. pillola prossima ventura) durante gli anni ’90 o, attualmente, in parecchi paesi anche occidentali; pur senza arrivare alla gravità di situazioni come quella attuale in Venezuela. Aggiungiamoci crisi umanitarie analoghe a quelle attualmente in corso, ma in un contesto di minori disponibilità di intervento da parte della comunità internazionale; poi una riduzione dei servizi sanitari gratuiti e l’effetto cumulativo dell’inquinamento. Non appare fantascientifico ipotizzare un incremento del tasso di mortalità di 2-3 punti percentuali che, associato al proseguimento dell’attuale riduzione della natalità, comporterebbe il dimezzamento della popolazione in molto meno di un secolo. E senza neppure scomodare il 4 cavalieri dell’Apocalisse.
Una seconda osservazione riguarda l’analisi relativa alle possibili grandi calamità. Che, di solito, catastrofi repentine non abbiano impatti demografici duraturi è un fatto storicamente confermato. Anzi, a seguito di guerre ed epidemie, spesso si verificano significativi rimbalzi di natalità (v. il caso cinese pillola 2). Tuttavia, sia gli esempi storici che i modelli matematici, riguardano popolazioni in crescita, colpite da momentanee catastrofi. Dal momento che la natalità è fortemente influenzata da fattori sociali e psicologici (oltre che economici ed ambientali), non possiamo sapere che effetto avrebbe una calamità biblica su di una popolazione che è già in contrazione per altre cause. La gente potrebbe infatti reagire in modo tradizionale, con un ritorno di natalità, ma potrebbe anche reagire in altro modo. Tanto più che la morte di miliardi di persone, specie se in paesi industrializzati e specie se per causa bellica, si accompagnerebbe ad un tracollo irreversibile dell’economia globale. Cosa che contribuirebbe a mantenere elevata la mortalità e (forse) a mantenere bassa la natalità anche ad emergenza finita.
Infine, per quanto riguarda la dinamica regionale, lo studio pubblicato su PNAS dichiaratamente trascura l’effetto delle migrazioni in quanto dipendente soprattutto da fattori politici e militari del tutto imprevedibili. Il che è vero, ma le migrazioni rappresentano il fattore demografico determinante nel mondo attuale e prossimo venturo. Trascurarle significa girare largo da una mina politica, ma anche dal nocciolo della questione.
Lacuna eguale e contraria
Può essere interessante confrontare i risultati dello studio in questione con il blasonatissimo “Limiti della Crescita” (LdS). Malgrado la veneranda età, questo rimane infatti ancora lo studio più completo disponibile, proprio perché centrato sull’interazione tra fattori economici, ambientali e demografici. Inoltre, caso raro, le sue anticipazioni sono state finora sostanzialmente confermate dai fatti. Eppure contiene un errore strutturale analogo, ma contrario, a quello dell’articolo sul PNAS. Nel modello Word3 (cuore dello studio LdS) fu infatti incorporata la teoria della “Transizione demografica” che prevede, in caso di crescita economica, un calo sia della natalità che della mortalità cosicché la popolazione dapprima cresce e poi si stabilizza. Viceversa, in caso di crisi economica grave e persistente, prevede un aumento di entrambe, sia pure con un prevalere della mortalità, cosicché la popolazione diminuisce lentamente. Sulla base di ciò, LdS propone uno scenario base con l’inizio di una irreversibile contrazione economica fra il 2020 ed il 2030 circa, seguita da un picco demografico circa 10 anni più tardi, cui dovrebbe seguire una lenta decrescita. Oggi sappiamo però che, almeno in molti casi, ad un peggioramento delle condizioni economiche e sociali fa riscontro sia un aumento della mortalità, sia un calo della natalità (v. ad esempio la Russia anni ’90). Anzi, almeno in alcuni casi documentati (fra cui l’Italia) il calo della natalità si verifica già a livelli di crisi troppo lievi per provocare aumenti sensibili della mortalità. Tornando quindi allo scenario BAU di Word3 (fig.4), sarebbe quindi perfettamente plausibile ipotizzare un calo della popolazione molto più rapido di quello indicato dalle curve, almeno in vaste regioni della Terra. Personalmente, anzi, ritengo che questo sia lo scenario più probabile, anche se non azzardo profezie.
Tirando le somme
La bomba demografica ci sta scoppiando sotto il naso proprio ora ed ha appena cominciato a farci male. Il “meglio” deve arrivare ed arriverà. Su di una cosa gli autori dell’articolo sul PNAS hanno perfettamente ragione: non ne usciremo alla svelta. Qualunque scenario minimamente realistico indica oltre il secolo venturo un possibile ritorno entro densità umane forse sostenibili. Sempre che, nel frattempo, clima e biosfera non siano collassati perché, se ciò accadesse, l’estinzione della nostra specie potrebbe anche verificarsi. Probabilmente, un’ipotetica ecatombe nucleare o d’altro genere non avrebbe effetti demografici duraturi, anzi potrebbe provocare un riflusso di natalità. La popolazione non tenderà a stabilizzarsi, bensì a diminuire, ma non in modo omogeneo. Ciò, unitamente agli altri fattori (climatici, ambientali, politici ecc.), renderà la questione delle migrazioni uno dei temi su cui si giocherà la sopravvivenza delle società. Quello che stiamo vedendo oggi non è che il “lieve vento” che precede la tempesta. Che cosa ha senso fare?
Soprattutto evitare il “benaltrismo”. Cioè lo scarica barile fra chi vuole fare una cosa e chi un’altra: se vogliamo sperare di controllare almeno in parte ciò che accadrà nei prossimi decenni, sono molte le cose che dovremo fare contemporaneamente.
Secondo me, le principali emergenze sono salvare il salvabile del clima e della biosfera, in modo che il pianeta sia ancora abitabile fra un secolo o due. Dunque ogni forma di riduzione volontaria della natalità ha perfettamente senso ed i molti paesi è prioritario, ma darà dei risultati tangibili fra decenni e non possiamo permetterci di aspettare senza far altro.
Un secondo ordine di cose urgenti da fare riguarda quindi la riduzione dei finanziamenti alla vecchiaia per aumentare quelli alla gioventù. In tutto il mondo occidentale e non solo, i vecchi possiedono la quasi totalità del capitale e la maggior parte dei redditi, oltre che beneficiare della principale fetta dei finanziamenti pubblici (sanità, pensioni, sgravi e sconti vari, ecc.). Aveva senso quando i vecchi erano mediamente più poveri dei giovani, non ora che è il contrario. Non dico che bisognerebbe uccidere qualcuno, dico solo che una società che si dissangua per prolungare di qualche mese la vita di un vecchio, anziché investire per preparare e far lavorare un giovane non intende durare a lungo. Poi ci sono una serie di provvedimenti che potrebbero rallentare il peggioramento del clima ed il collasso della Biosfera a partire da subito. In estrema sintesi, ridurre i consumi, ridurre i consumi e ridurre i consumi. Quindi tutta una serie di interventi attivi per conservare la biodiversità, i suoli e l’acqua. Infine, altro punto dolente: garantire entro i limiti del possibile la sicurezza delle proprie frontiere. Il che non significa sigillarle (non sarebbe neppure possibile), ma significa avere un sostanziale controllo sui flussi in entrata ed in uscita. Ma significa anche essere in grado di dissuadere i potenziali aggressori in un mondo in cui le guerre regionali si moltiplicano e si ricomincia a temere perfino una guerra globale. Tutte cose che richiederebbero un drastico cambio di rotta non solo alla politica, ma soprattutto al nostro modo di pensare. Per ora non pare che ne abbiamo.

17 commenti:

  1. << Le migrazioni hanno un impatto enorme sulla crescita globale della popolazione (...) esse implicano fenomeni economici, psicologici e sociali complessi che portano ad aumentare la crescita demografica sia dei luoghi di partenza sia nelle realta' di arrivo. >>

    Caro Agobit, purtroppo sono d'accordo con te.
    In pratica, si verifica una sorta di effetto moltiplicatore, di cui non sentivamo proprio la mancanza...

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    1. Le frontiere, anche quelle marine, si possono sigillare eccome; il peak everyhting porta frattura da stress nelle ipocrisie presunte democratiche degli apparati statali. Quanto al tasso di mortalità si sottovaluta ad esempio il già previsto crollo del rapporto rischio/beneficio degli antibiotici, che difficilmente sarà lineare e progressivo ma esponenziale. Si sottovaluta secondo me anche la diminuzione delle rese agricole da effetto serra. Saluti. PS: ho assistito incredulo ad un servizio dopo il tg di un nuovo farmaco efficace nell'ammorbidire gli effetti di alcune distrofie genetiche; si è passati all'uso clinico. Dulcis in fundo si parla di un costo di 200000 euri all'anno per paziente. Un parente stretto che è farmacista ospedaliero e somministra altri farmaci molto costosi non ne sà niente, ma sà ad esempio che non è stato rifinanziato il farmaco per l'epatite c (che a differenza di sopra cura davvero la malattia e che costa circa 30000-40000 euri una tantum) per cui erano stati spesi, (secondo me molto giustamente e molto insufficientemente) 65 milioni l'anno scorso...Ma gli organi politici che hanno dato il via libera al passaggio sui medi di tali notizie si renderanno conto che "cà nisciuno è fesso "ed otterranno solo le proteste di chi non potrà avere il farmaco e di chi ritiene di non aver ricevuto cure adeguate per altre patologie curabili con una frazione del prezioso farmaco per le distrofia muscolare?

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    2. Il farmaco cui accennavo prima ( che fra l'altro non cura la distrofia ma ne attenua la gravità) https://en.wikipedia.org/wiki/Eteplirsen

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  2. L'importante è parlare sempre di qualche "domani" e di qualche "altrove", al fine di non dover cominciare a fare qualcosa qui ed ora, magari in prima persona.

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  3. Sulla scienza medica sarò lapidario: è cosa del passato. Cosa può fare la scienza medica? Curare un braccio rotto. Lenire dissenterie e stipsi. Curare denti forati. Cose del genere. Oltre, ci sono speculazioni e giochetti da "apprendista stregone". Però assai più crudeli.

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  4. Articolo intellettualmente onesto, tutt'altro che superficiale e in larga parte condivisibile (come in genere quelli realizzati da Sim.): questo studio della National Academy of Science, sebbene utile, sembra in effetti prestare il fianco a più di una critica...

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  5. quote:"In tutto il mondo occidentale e non solo, i vecchi possiedono la quasi totalità del capitale e la maggior parte dei redditi"

    ...ma...quali vecchi? oramai c'è vecchio e vecchio. ricordatevi in che paese vivete (visto che non ci vivo più da un pezzo, per mia fortuna). ma secondo voi i vip e gli amici degli amici, che poi sono gli UNICI vecchi che detengono il capitale, ci rinunceranno? dimezzeranno i loro lauti stipendi? è ancora l'Italia, dove raccomandazioni e privilegi agli amici degli amici è un marchio di fabbrica. togliere quel poco al vecchio della porta accanto a che fare, magari per mantenere i privilegi dei papponi? c'è il vecchio misero pensionato al quale è diagnosticato un principio di alzheimer e ha pure i figli o i nipoti disoccupati a carico, che GIA' non può accedere all'assistenza perchè considerato troppo "ricco" per i parametri ISEE. e se un anziano con 1000 euro di pensione (e familiari a carico) è ricco...vabbè. ho da poco finito di leggere la brutta esperienza di un uomo che la mamma è (o era) costretta a campare perchè nonostante il darsi da fare non c'era verso di trovare lavoro (e come? se sei laureato sei troppo qualificato, se hai solo la terza media sei un'ignorante, se hai il diploma, ecco, magari te la cavi, di questi tempi, pur precario e saltuario, ma evidentemente non era il caso di quello lì -e come lui una bella lista di disoccupati lunga quanto la Divina Commedia, magari a dispetto dell'aver distribuito più di 300 curriculum-). mamma ammalata di alzheimer, non può accedere agli aiuti per il motivo di cui sopra. se dovrà pagare per intero l'ospizio, il figlio sa che andrà a vivere in mezzo a una strada. investire sui giovani? certo, specie se sono figli di amici e degli amici degli amici. l'Italia non è il paese della meritocrazia. per il resto leggo che a Torino la fila per un posto al dormitorio pubblico cresce. quello che si dovrebbe fare è innanzi tutto dire addio alla globalizzazione (figuriamoci se lo faranno, troppi interessi dietro le quinte) che non fa altro che danni. certo che quando esistevano gli Stati sovrani c'erano meno paturnie e migrazioni trascurabilissime (nessuno Stato monarchico si sarebbe sognato di portarsi a casa a tutti i costi centinaia o migliaia di sudditi altrui)

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    1. R ma quali vecchi? Da iscritto all'ordine dei medici ad esempio i medici in pensione prendono parecchio di più degli strutturati(col bubbone tanto della libera professione che dell'intra-moenia secondo me sia illegittimi per chi è strutturato sia accellerante il collasso del pubblico) In Itaia poi chiunque abbia lavorato nel pubblico prende pensioni enormemente più alte di chi ha lavorato nel privato considerando i contributi versati, e sena neppure entrare nella diatriba, fra l'altro giustissima, dei contributi che sarebbero solo figurati per chi ha lavorato nel pubblico.Tanto per dirne una sugli italioti.

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    2. "In tutto il mondo occidentale e non solo, i vecchi possiedono la quasi totalità del capitale"

      In qualsiasi mondo possibile i vecchi detengono quasi tutto il capitale e i giovani quasi niente, dato che il capitale si accumula durante la vita.
      Si puo' tentare di correggere questo fatto solo eliminando per legge la proprieta' privata. Auguri!

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    3. Fra, appunto dicevo c'è vecchio e vecchio (lo so che a volte i miei post sono lunghi e il tempo purtroppo manca, ma da una lettura veloce che ho distinto lo vedi), ma non c'è neanche paragone con il medico in pensione con lo stipendio da capogiro di un vecchissimo VIP che non c'è e non ci sarà mai verso di cacciare dalla poltrona/set televisivo e simili. E QUESTI ULTIMI quando che rinunceranno ai loro privilegi? Ma i TG sono una opzione? E i vecchi che per tutta la vita furono artigiani? E muratori? E piccoli commercianti al dettaglio (sempre più rovinati da crisi e conseguente Equitalia?)? E' una questione di numeri e questi ultimi vecchi fanno maggioranza numerica. Chi credi che andrebbe a colpire una eventuale riforma? Sarà che i VIP rinunceranno ai privilegi in favore del pensionato a 300 euro al mese? Solo se si va a vivere su Marte. Ove regna il clientelismo c'è poco e nulla da fare, oramai lo sanno anche le pietre

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    4. quote: "Si puo' tentare di correggere questo fatto solo eliminando per legge la proprieta' privata. "

      E infatti il marxismo ci ha provato (tra l'altro pure fraintendendo a bella posta la vera ideologia di Marx) e i risultati li conosciamo fin troppo bene...

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    5. in Corea del Nord la proprietà privata è inesistente. ogni cittadino nordcoreano non è considerato proprietario -letteralmente!- nemmeno dei vestiti che indossa. ogni cittadino sin dalla nascita ha diritto ad un tetto sulla testa, vestiti, cibo e istruzione per un periodo 11 anni di scuola obbligatoria (ecco perchè la Corea del Nord ha il primato mondiale di cittadini alfabetizzati e il minor tasso di analfabetismo immaginabile -solo i più anziani che vissero durante i regimi precedenti, pochi, sono davvero abalfabeti-). ma, ma, ma...quante restrizioni! nessuno può avere neppure una bicicletta se "non se la merita" (leggere "considerato amico del regime", il che è tutto tranne che facile e comporta l'aberrazione di dover prestare il culto al "caro presidente" che "protegge i cittadini dai cattivi americani"). non si può avere contatti con il mondo esterno, pena la fucilazione. insomma, l'eliminazione della proprietà privata purtroppo ha raggiunto in Corea del Nord risultati piuttosto tignosi.

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    6. ""In tutto il mondo occidentale e non solo, i vecchi possiedono la quasi totalità del capitale"
      In qualsiasi mondo possibile i vecchi detengono quasi tutto il capitale e i giovani quasi niente, dato che il capitale si accumula durante la vita.
      Si puo' tentare di correggere questo fatto solo eliminando per legge la proprieta' privata. Auguri!"

      In realta' c'e' un'alternativa alla poverta' iniziale dei giovani, praticata per millenni, ed e' l'ereditarieta', piu' o meno completa, del capitale ereditato dai loro vecchi. Ma non credo sia il genere di soluzione preferita dagli indignati verso la maggiore capitalizzazione dei vecchi rispetto ai giovani.
      A suo tempo i fondatori degli Usa credettero che per eliminare le dinastie ereditarie bastasse imporre la suddivisione del patrimonio ereditario in parti uguali fra i figli, quindi eliminarono il diritto di primogenitura. Poi arrivarono le varie tasse di successione, fino ad oggi in cui hanno perso del tutto il significato originario, e servono solo a rimpinguare le casse superindebitate degli stati ormai insaziabili.

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  6. l'Inghilterra ha fatto bene a buttarsi fuori e tornare all'"ovile", il che è già un bel passo avanti (e con la sterlina a livelli ben più alti dell'euro non credo proprio rischi il collasso), figuriamoci se l'italia seguirà mai il buon esempio

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  7. il "per mia fortuna", comunque, tanto per amor di chiarezza, non significa mancanza di dispiacere per quel che sta avvenendo in Italia, nè per la lontanaza degli amici che ci vivono

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  8. Dalla lettura radiofonica dei giornali di stamattina domenica, sento che sulla stampa ci dovrebbe essere un ampio articolo su demografia e guerra

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