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sabato 5 dicembre 2020

L'era delle catastrofi

Eravamo tutti in attesa della catastrofe climatica dovuta al riscaldamento globale, e invece la catastrofe è arrivata dalla biologia. Un virus aggressivo e mortale ha saltato dalla sua specie ospite al più vasto serbatoio biologico disponibile: gli otto miliardi di umani. Sono passati cento anni dalla precedente catastrofe biologica della spagnola. Nell'ultimo secolo c'erano state anche altri eventi catastrofici: due conflitti mondiali avevano devastato l'umanità producendo milioni di morti e la distruzione di intere nazioni. Nel dopoguerra seguì un periodo di ottimismo e di speranza: sembrava che guerre, epidemie e carestie potessero essere controllate dallo sviluppo economico. Ma si trattava di speranze basate su un modello sbagliato: il modello antropocentrico che vedeva nell'uomo e nella sua riproduzione illimitata il fine ultimo dello sviluppo. L'assurdità del modello antropocentrico è sempre più evidente nella cronaca contemporanea. Sempre nuovi pericoli si affacciano con il generale inquinamento chimico, la modificazione fisica dell'atmosfera, l'accumulo dei rifiuti, l'esaurimento delle risorse, la distruzione delle riserve naturali. Quest'ultimo fenomeno comporta il prodursi di sempre più frequenti pericoli biologici dovuti alla devastazione degli ambienti originari di vita di altre specie e alla antropizzazione di territori vergini in passato riservato a tante varietà di specie animali e vegetali. L'esaurirsi delle risorse tra cui l'acqua e quelle energetiche sono rischi sempre più concreti.
Con il crescere della popolazione e del livello tecnico-industriale si assiste inoltre ad una distorsione della presenza antropica che non ha precedenti. In passato le popolazioni umane occupavano diffusamente il territorio, con campagne coltivate e aree destinate al pascolo, piccoli borghi abitati e con centri cittadini medio-piccoli. Oggi la crescita della popolazione umana si struttura su megacentri fortemente antropizzati, le megalopoli, che si estendono sui territori come un cancro consumando suolo verde e producendo tossici, fumi, inquinamemto chimico e rifiuti. Questi megacentri sono anche sistemi di consumo massificato e di produzione che distorcono la crescita economica imponendo una continua crescita del PIL, pena il collasso dell'intero sistema. Nessuna decrescita è possibile in presenza di uno sviluppo basato sulle megalopoli. L'epoca che si apre, anzi che si è aperta da più di un secolo, è dunque un'era di catastrofi annunciate e realizzate e destinate ad aumentare di frequenza e gravità se non si riuscirà a fermare la crescita esplosiva della popolazione degli Homo. Questa, anziché essere controllata come auspicavano alcuni timidi tentativi del passato (vedi Cina e India), non è ancora percepita come merita e il pericolo è tuttora generalmente sottovalutato. Al contrario il processo di antropizzazione del pianeta è favorito dai processi migratori incontrollati che hanno rotto quell'equilibrio prima rappresentato dalla pressione tra crescita demografica e disponibilità limitata delle risorse locali. Anche questo sistema di controllo con il feedback tra popolazione e risorse è crollato con la diffusione antropica globalizzata.Le migrazioni di massa hanno contribuito a mantenere alti i tassi di natalità rompendo il rapporto tra popolazione e luogo di residenza. L'alta natalità è semplicemente bilanciata dalla forte migrazione, come era avvenuto nel nostro paese nella prima metà del '900.
Le epidemie hanno sempre costituito un sistema di controllo delle popolazioni locali: ad una crescita eccessiva di una specie in un determinato territorio seguiva infatti il diffondersi di malattie diffusive che tendevano a ridurre la natalità e ad aumentare la mortalità. Come esempi possiamo ricordare la peste che si diffuse in Europa intorno alla metà del XIV secolo, conseguenza della forte crescita demografica dei due secoli precedenti e dell'aumento degli scambi commerciali e umani. O le gravi epidemie di vaiolo che afflissero l'Europa nel XVII e XVIII secolo in coincidenza con la crescita demografica e il crescente fenomeno dell'inurbamento. Lo sviluppo tecnologico, il miglioramento dei trasporti, della produzione agricola e industriale, hanno tuttavia rotto ogni schema di omeostasi delle popolazione in rapporto ai luoghi e alle risorse. Così i tre pilasti dell'omeostasi biologica ambientale: la fame, le guerre e le epidemie, sono venuti meno negli ultimi due secoli con il diffondersi della industrializzazione e della tecnica.
Il meccanismo di autocorrezione e omeostatasi terrestre che tende ad assicurare la presenza della diversità biologica e il funzionamento dei sistemi naturali, non è venuto meno, ma si è semplicemente trasformato producendo effetti riequilibranti su scala globale. Il riscaldamento climatico e il Covid 19 sono due esempi di questa nuova era che è cominciata un secolo fa e che si prepara ad agire con altri eventi catastrofici su scala globale. Ciò che colpisce è la sordità e la cecità degli esperti e delle organizzazioni sia statali che internazionali. Nessuno sembra rendersi conto dell'origine del pericolo. Tutti vanno a proporre rimedi agli effetti finali: riduzione del consumo di idrocarburi, sistema di smaltimento differenziato dei rifiuti, minore utilizzo di plastiche ed altri inquinanti ecc. Ma nessuno si pone il problema di come tutti i fenomeni cui assistiamo abbiano origine dalla crescita mostruosa della popolazione umana e dal sistema di vita centrato sul prodotto di quella crescita: il sistema delle megalopoli e dei consumi di massa.

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