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domenica 26 luglio 2020
Il prefetto del suolo
Come un cancro si estende ogni giorno la cementificazione del suolo verde. Le attività di otto miliardi di umani trasformano in cemento e strutture artificiali porzioni di territorio naturale in ogni parte del globo. Solo in Italia con edifici, strutture industriali e di servizio, strade, aeroporti, porti e tutte le altre artificialità, vengono cancellati circa 16 ettari di prezioso suolo verde ogni giorno (dati ISPRA). Uno dei danni principali della cementificazione e' costituito dalla impermeabilizzazione dei suoli, con gravi ripercussioni sulle falde e sulla salubrita' dei luoghi. Anche le azioni di ripristino non restituiscono, il più' delle volte, l'originaria permeabilità dei suoli. In maniera stupida e, spesso antieconomica, ma in modo da produrre forti speculazioni e persino affari illeciti, non si ristruttura il già costruito, ma si lascia il vecchio alla rovina e si distrugge altro suolo vergine per sempre nuova cementificazione. Le nuove periferie si caratterizzano così per la coesistenza di squallidi casermoni di cemento e miseri tuguri dove popolazioni eterogenee vivono una vita di stenti e senza prospettive. Ogni aspetto gradevole dell’esistenza è cancellato , anche nell’estetica e nel paesaggio, con un imperante e diffuso squallore, spesso origine di degrado morale oltre che estetico.
La perdita dei valori tradizionali di una società è, più di quanto comunemente si creda, una perdita dell’aspetto esteriore, una perdita di bellezza. Se vediamo i vecchi centri storici di città medioevali in Europa, non possiamo che apprezzare la presenza di una misura e un equilibrio tra necessità ed arte, tra utilità e bellezza. Con le contemporanee periferie sovrappopolate tutto questo si è perso, insieme ai valori di spiritualità ed etica a cui quelle antiche perle di architettura davano espressione. Il degrado urbano delle megalopoli è anche degrado di cultura e incapacità di produrre arte da parte di un popolo senza più appartenenza e sradicato. Una società in cui contano i grandi numeri, la massa e non le individualità, ed in cui è rimasto come unico valore la quantità di consumi non può che sfociare nella realtà attuale: il disastro ecologico.
È urgente oggi salvare il suolo verde. Questa è l’ultima possibilità di conservare ancora un rapporto tra uomo e natura, tra homo e tutte le altre specie. È necessaria una legislazione rigorosa che impedisca la crescita cancerosa del cemento. Per questo bisogna ricorrere ad un ruolo nuovo dello stato, ad un ritorno dello stato. Insieme alle leggi di protezione del suolo e del paesaggio è di importanza fondamentale dare poteri allo stato, ad esempio con la creazione della figura del prefetto del suolo. Su base regionale o provinciale questo magistrato in rappresentanza dello stato ( con poteri più estesi dell’attuale prefetto) dovrebbe valutare ogni progetto edilizio, ogni nuova costruzione, ogni licenza da parte dei poteri locali, impedendo nuovo consumo di suolo e subordinando alla propria approvazione ogni nuova iniziativa che abbia impatto sul territorio di competenza.
La possibilità di una corruzione non dovrebbe ostacolare la nuova magistratura. A parte i consueti controlli da parte dei magistrati ordinari, potrebbe essere di aiuto una legislazione del regime dei suoli che introduca alcune novità: la non proprietà del suolo da parte dei privati, e la transizione attraverso lo stato delle compravendite. Al posto della proprietà del suolo andrebbe introdotta la concessione a termine, come avviene in Inghilterra, con la possibilità da parte dello stato di rientrare nel pieno possesso ogni volta che l’interesse della comunità lo richiede. Ogni soggetto che detiene un diritto sul suolo può, secondo la nuova legislazione, vendere il proprio diritto e non il suolo , allo stato che, nel caso può rivenderlo al nuovo soggetto interessato, assicurando l’interesse pubblico e impedendo speculazioni private. Il prefetto del suolo avrebbe anche il potere di ripristino immediato del verde con l'abbattimento dei fabbricati, contribuendo a por fine all'abusivismo.
Nel frattempo, ogni ora, ogni minuto viene cancellato suolo verde. Nuove leggi e nuovi poteri dello stato sono necessari ma non sufficienti. Ogni nuova legislazione e ogni ruolo innovativo dello stato è comunque subordinato allo stop della crescita demografica esplosiva. Senza questa, il risparmio di ciò che resta del suolo verde è destinata a fallire.
domenica 19 luglio 2020
L'impatto dell'uomo dipende dal numero
Antico borgo contadino in cui un numero limitato di persone insiste su un territorio in parte agricolo in parte a verde naturale. Il rapporto tra uomo e natura e' sostanzialmente conservato.
L'eccesso numerico della popolazione crea le condizioni per mostruosità' di cemento che implicano allevamenti intensivi di umani non umani.
La antropizzazione massiccia del pianeta ha oggi un nome: megalopoli. Le megalopoli sono un coacervo di tecnologia e di sovraffollamento da allevamento intensivo, in cui si manifesta una alienazione della condizione umana che in passato e' stata individuata con nomi diversi come civiltà' industriale, società' moderna, capitalismo, ma che oggi puo' essere definita tout court "società' della sovrappopolazione". La sovrappopolazione si organizza in megastrutture che consentono di ottimizzare la vita e i consumi in spazi limitati con economie di scala. In questi luoghi di massima antropizzazione si realizzano le condizioni per assicurare l'esistenza materiale e culturale di milioni di umani con produzione e consumi di massa, ed energia ottimizzata per numeri giganteschi che non hanno precedenti nella storia planetaria. Tutto ciò che resta dell'ambiente naturale , delle campagne e delle aree montane non urbanizzate, si configura come servizio e supporto delle zone di antropizzazione intensiva. Sono anch’esse aree urbane a bassa densità, pure appendici delle megalopoli. Le stesse coste marine, sulla spinta del turismo di massa, hanno perso ogni significato naturalistico per trasformarsi in parco giochi tipo Walt Disney.
Che cosa ha determinato questa trasformazione del mondo? Perché ancora qualche secolo fa le città erano più’ piccole, le campagne conservavano un rapporto naturale tra presenza umana e paesaggio, i borghi agricoli avevano una funzione, mentre in poco più di due secoli tutto è finito , dando luogo a una crescita cancerosa della cementificazione e delle strutture artificiali in cui vivono stipati e in modo innaturale milioni di homo?
Tutto è cambiato con l’esplosione demografica della specie H.Sapiens che ha portato ad una violenta antropizzazione e alla concentrazione di grandi masse umane nelle nuove aree urbane. La tecnica ha consentito lo sviluppo dell’organizzazione artificiale e l’energia necessaria all'urbanizzazione. La produzione industriale di massa e il petrolio hanno guidato il processo soprattutto nell’ultimo secolo, portando al superamento di tutti i limiti e al letterale soffocamento della biosfera. Tecnica e sovrappopolazione si sono rafforzate a vicenda accelerando il processo in modo esponenziale. La scomparsa delle grandi foreste, l'estinzione delle specie diverse da homo, l'esaurimento delle risorse, la plastificazione dei mari, la carbonizzazione atmosferica e il riscaldamento globale sono gli effetti finali di un mondo in cui cemento e homo non hanno più' limiti.
Insieme al nuovo tipo di agglomerati umani si è venuta estraniando la vecchia civiltà contadina basata su popolazioni assai meno numerose e su economie pre industriali prevalentemente agricole, in cui l'inquinamento dovuto all'attivita' umana rimaneva limitata e la situazione reversibile.
L'urbanizzazione di grandi masse sta portando anche cambiamenti politici. Lo stato nazionale scompare, i confini perdono di significato, il motore economico divengono le megalopoli che portano ad una nuova organizzazione del potere politico. I governi divengono sopranazionali, la finanza e l'industria si globalizza, le masse umane e le merci si spostano in modo globale portando alla crescita delle aree urbanizzate (dalle bidonville nei paesi arretrati alle periferie delle grandi città' occidentali)e a nuove forme di potere, in cui la democrazia assume nuovi significati e nuove forme centralizzate e autoritarie.
Senza un eccesso di natalità' e una libera circolazione di merci e popolazione non e' possibile l'esistenza e lo sviluppo delle megalopoli. La civiltà' megapolitana non sarebbe possibile se, ad esempio, il numero delle nascite dovesse calare e portare ad una riduzione stabile della popolazione mondiale sotto dei livelli di soglia, che molti individuano in due miliardi.
E' chiaro che una decrescita della popolazione tocca interessi profondi, da quelli politici, a quelli della grande finanza e delle imprese.
La cittadinanza mondiale e i nuovi diritti del consumatore sono la risposta dei poteri globalizzati al pericolo del calo demografico. L'arma ideologica della nuova finanza è lo spettro del deserto demografico: lo spettro delle culle vuote. Un mondo con meno consumatori, meno spostamenti e meno traffici e' il principale pericolo per il grande capitale. Le grandi potenze politiche premono per un mercato globale. La finanza e l'industria acquisiscono il controllo dei mezzi di informazione e dei social network che possono influenzare la pubblica opinione. I poteri globali premono sia a livello politico che di informazione con messaggi più' o meno espliciti e forme di pubblicità' per mantenere alta la natalita' e liberi gli spostamenti globali.
Secondo il potere non esiste un problema demografico. La sovrappopolazione sarebbe una Fake news.
I messaggi tranquillizzanti abbondano. Persino da parte di esponenti dell'area ecologista.
Ad esempio uno scienziato norvegese, Jørgen Randers, autore tra l’altro di un libro intitolato The Limits to Growth, afferma che la popolazione mondiale non raggiungerà nemmeno i 9 miliardi di persone ma si assesterà sugli 8 miliardi o poco più nel 2040 per poi cominciare a diminuire. Lo scienziato è certo che a rallentare la popolazione sarà anche l’urbanizzazione selvaggia nei paesi in via di sviluppo e un aumento mai visto prima dei bassifondi urbani: “In una baraccopoli urbana, non ha senso avere una famiglia numerosa”. Sulla stessa onda sono i messaggi degli esperti OMS. Ma quale e' la realtà'?
Il rientro demografico e' stato annunciato già' molte volte negli ultimi decenni. Ma non si e' mai realizzato. Nelle grandi megalopoli e nei loro periferie sovrappopolate, come avviene ad esempio al Cairo In Egitto o a Mumbai (India) o a Kinshasha in Congo, i tassi di aumento della popolazione non solo non sono diminuiti, ma sono aumentati rispetto alle aree rurali dei rispettivi paesi. Le megalopoli sono strutture che funzionano da attrattori, la natalità delle campagne e’ mantenuta alta dalla presenza dei grandi centri urbani che con redditi medi più elevati e le facility tecnologiche, condizionano le aspettative che sono alla base della scelta delle famiglie di figliare. Così come da attrattori, questa volta a livello globale, funzionano le nazioni con redditi elevati e con sistemi politici basati sui cosiddetti diritti umani (in realtà' diritti del consumatore), che contribuiscono ad incentivare le nascite in paesi poveri senza risorse adeguate. Per ogni milione di umani che migrano vi sono 80 milioni di nuovi nati sul pianeta ogni anno. Questo contribuisce a mantenere la situazione di arretratezza economica dei paesi di origine e porta al degrado ambientale globale.
Invertire la rotta.
E' possibile modificare le condizioni che hanno portato al disastro attuale? Tornare ad un rapporto equilibrato tra presenza di homo con le altre specie e con l'ambiente naturale? E, al tempo stesso, salvaguardare un livello di tecnologia che consenta economie poco inquinanti e una esistenza umana inserita nel contesto naturale?
A differenza di quel che affermano alcuni movimenti ecologici attuali, come l'ecologia profonda o i fautori della decrescita felice, non ritengo possibile un regresso o anche solo uno stop tecnologico. Quello su cui è necessario intervenire e' il fattore P, cioè' il numero della popolazione. Fermare la popolazione ferma la crescita megapolitana. Ogni intervento sulla tecnologia, senza un adeguata riduzione del numero della popolazione, rischia di portare indietro l'orologio della storia portando a situazioni di crisi sociale e ambientale senza precedenti: una società' sovrappopolata con un basso livello di innovazione tecnologica.
Se ad esempio vogliamo fermare l'immissione di carbonio in atmosfera, e' chiaro che ciò' sara' possibile solo con lo sviluppo tecnologico di nuove forme di energia (compresa quella da rinnovabili che richiede importanti progressi nella tecnologia e nella ricerca, con investimenti adeguati). Ogni transizione, sia essa economica o demografica, presuppone l'utilizzo di tecnologie che, in gran parte, sono ancora da sviluppare.
Il discorso politico e quello sulle nuove energie qui rimane aperto.Nuove organizzazioni dello stato e nuove decisioni politiche si impongono. Così' come nuove energie con basso impatto sull'ambiente.
Ma ogni risposta non puo' che partire dalla demografia. Senza la riduzione della popolazione nulla e' possibile.
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