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sabato 14 marzo 2020

Epidemie e popolazione

Le popolazioni umane, come tutte le popolazioni animali, sono controllate dal rischio della crescita eccessiva rispetto all'ambiente che le ospita, mediante la fame (disponibilità di cibo), le malattie, la guerra (controllo intraspecifico) o la predazione (controllo interspecifico). La competizione per le risorse in un determinato territorio è stato da sempre l' aspetto di fondo. Questo e' cio' che per decine di migliaia di anni ha riguardato anche Homo sapiens. La tecnica contemporanea, che è alla base dell'economia e della cultura attuale, ha rotto gli argini di Homo: ciò ha determinato una crescita della popolazione senza limiti e la globalizzazione delle merci e delle persone, con l'abolizione di tutti i confini. Il tutto espresso a livello economico e politico con l'ideologia antropocentrica basata sulla crescita continua del Pil, un mantra di tutte le culture del pianeta. Ma, sebbene ideologicamente aboliti, i limiti continuano ad esistere nella realtà della natura e con essi la carenza di cibo, le guerre e le malattie. Quando Homo cerca di negarne l'esistenza con l'ideologia del globalismo, i limiti tornano comunque a presentarsi in modo più' o meno imprevisto: le ondate migratorie con i conflitti sociali e culturali che comportano, la lotta per le risorse come l'acqua o il petrolio, le guerre per il controllo delle terre o dei mari, la fame e le carestie, i disordini climatici, le malattie. La storia del coronavirus e' l'ennesima conferma della rottura di un equilibrio ecologico da parte della crescita eccessiva di Homo.
La nuova epidemia è grande campanello che suona l'allarme, l'ennesimo, per un pianeta in cui una sola specie, Homo, ha rotto tutti i limiti e sta distruggendo tutte le altre specie e l'ambiente che la ospita.
Come fa notare la nota infettivologa Ilaria Capua in una sua intervista al Corriere: "In un pianeta globalizzato, interconnesso ed interdipendente, è chiaro che i fenomeni epidemici possono sfuggire di mano. Abbiamo già avuto delle avvisaglie, dalla Sars ad Ebola fino alla pandemia influenzale del 2009 H1N1 «suina», quest’ultima forse la più vicina a quello che stiamo osservando oggi. Il precedente più interessante ed emblematico riguarda il virus del morbillo, che deriva dal virus della peste bovina, il quale si è avvicinato all’uomo quando Homo sapiens ha addomesticato il bovino". A differenza del Morbillo, che con la mobilità limitata e scarsa di tempi remoti ha richiesto migliaia di anni per diffondersi nelle popolazioni umane provocando epidemie ed endemie che durano tutt'ora, l'attuale epidemia da Covid-19 è divenuta pandemica nel giro di qualche mese. Covid-19 si è presentato in un mondo sovrappopolato in cui gli spostamenti da un punto all'altro del pianeta richiedono poche ore ed in cui le le megalopoli si espandono giornalmente distruggendo territorio ed ecosistemi, minacciando migliaia di specie animali e vegetali. Nel caso di Covid19 l'origine dell'epidemia è stata individuata in un mercato di animali di Wuhan. Prelevare animali selvatici dal loro ambiente naturale e indurre artificialmente un’elevata concentrazione di individui di diverse specie esotiche in uno spazio limitato crea le condizioni ideali per la trasmissione di zoonosi. "La differenza con i virus del passato, conosciuti o sconosciuti (quelli che circolavano nell’era pre-microbiologica) è la velocità della diffusione del contagio" dice la dottoressa Capua. In conclusione la virologa ci fa notare l'aspetto essenziale della nuova malattia epidemica: la rottura di un equilibrio tra zone silvestri e zone residenziali umane. "Stiamo assistendo a un fenomeno epocale, la fuoriuscita di un virus potenzialmente pandemico dal suo habitat silvestre (pipistrelli) e la sua diffusione globale che diventa un’onda inarrestabile, invade le nostre vite, le nostre case e i nostri affetti". L'equilibrio si è rotto per l'eccessiva crescita delle megalopoli e l'antropizzazione di tutti i territori e la conseguente distruzione delle zone silvestri abitate da popolazioni di animali fino a pochi anni fa rimaste indisturbate (o quasi) per migliaia o milioni di anni. La stessa cosa afferma Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica molecolare del CNR-IGM di Pavia, per spiegare la maggior frequenza delle epidemie negli ultimi decenni «I fattori coinvolti sono molteplici: cambiamenti climatici che modificano l’habitat dei vettori animali di questi virus, l’intrusione umana in un numero di ecosistemi vergini sempre maggiore, la sovrappopolazione, la frequenza e rapidità di spostamenti delle persone» L'abbattimento delle foreste fluviali, la rottura dell'isolamento di interi ambienti ed ecosistemi con strade aeroporti, sbancamenti di alture e colline, miniere, sventramenti di ambienti incontaminati anche a scopo di agricoltura e pascolo , ferrovie, insediamenti abitativi, commerciali e produttivi, pozzi di estrazione, discariche, la modificazione dell'ambiente e del modo di vivere degli animali dovuta all'espansione della popolazione umana e delle strutture a questa connesse, l'inquinamento delle falde acquifere, dell'aria e dei terreni, l'introduzione di specie estranee o animali domestici, lo spostamento forzoso di intere popolazioni animali, la modifica dell'alimentazione e tutti gli altri fenomeni indotti dall'espansione delle megalopoli e delle popolazioni di Homo, hanno rotto argini che da millenni separavano specie silvestri dalle altre specie animali e dalle popolazioni umane, favorendo salti di specie.
Un altro aspetto è la densità delle popolazioni in cui il virus può replicarsi: gli allevamenti intensivi e la trasformazione in cibo o la coabitazione stretta con specie allogene costituisce uno dei meccanismi essenziali con cui i virus attivano la loro contagiosità ed aumentano la virulenza. E' dimostrato che nuove opportunità di replicazione in gruppi di popolazione sempre più numerosi favorisce mutazioni nel genoma che amplificano la virulenza e il potenziale patogeno. Le stesse popolazioni umane in forte crescita con convivenze in spazi limitati di milioni di individui hanno innescato la bomba epidemica favorendo il facile diffondersi di specie virali e batteriche particolarmente patogene e virulente. La natura da milioni di anni utilizza virus e batteri per conservare l'equilibrio degli ecosistemi viventi. La rottura di questo equilibrio da parte di Homo si paga a caro prezzo. Le stesse terapie mediche, in queste condizioni, hanno facilitato l'apparire di specie particolarmente diffusive e resistenti a farmaci antibiotici e antivirali. La resistenza sempre maggiore alle terapie della Tbc, dei ceppi batterici, della malaria e dei nuovi virus è un esempio degli effetti delle popolazioni numerose ed in continua mobilità e delle modifiche ambientali da noi prodotte.
L’uomo rischia ora di tramutarsi in un virus che fa ammalare la sua stessa casa. Se non addirittura se stesso. L’aumento delle epidemie è un effetto della sovrappopolazione e del nostro impatto sulla biodiversità.

16 commenti:

  1. I cinesi ora ipotizzano che sia stato un soldato Usa il paziente zero a Wuhan. Anzi lanciano accuse agli yankee. Se fosse davvero così ( https://ilcomizio.it/esteri/39-esteri/1729/coronavirus-ora-la-cina-contrattacca-forse-il-paziente-zero-e-un-soldato-americano-dal-ministero-degli-esteri-la-prova-che-scagiona-Wuhan ), ovviamente l'ipotesi dell'origine dei mercati animali a Wuhan cade.
    E comunque il senso del post rimane fin troppo attuale.

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  2. Non credo che l'identificazione del paziente zero sia poi così importante.
    Queste epidemie nascono per motivi sostanzialmente casuali e la ricerca del colpevole mi pare abbastanza fn a se stesso.
    Il problema vero è che abbiamo creato un mondo talmente sovrappopolato ed interconnesso che questo tipo di epidemie potrebbe diventare se non ordinario, quanto meno ricorrente.
    Quindi, mi sembra molto meglio concentrarci sulle cure e la profilassi, che non sulla fonte del focolaio.

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  3. Come scrivevo le epidemie non sono affatto mancate nei secoli scorsi, quando le condizioni ecologiche del pianeta erano buone, solo che abbiamo spostato la coperta corta.
    In altre parole la crisi e il collasso ecologico NON sono la causa del corona virus.
    Il problema è che ora siamo n volte più stipati. Il problema nella pandemia del corona virus è che abbiamo aumentato le interdipendenze, la mobilità, la sovrappopolazione e questo ha annullato, nel bilancio, la possibilità di contrastarlo che la globalizzazione potrebbe offrire e standard salutari di vita migliori.

    Faccio presente, su un piano semiotico, che gli esseri umani da un paio di secoli sottraggono l'ossigeno alla biosfera per associarlo al carbonio negli ossidi di carbonio rifiuto del metabolismo antropico e questa reagisce con un virus che attacca i polmoni, nel sottrarre agli esseri umani l'aria per vivere.

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  4. Stando così le cose non possiamo che rassegnarci. Non è che sia catastrofista, apocalittico ecc. ecc. Ma è ormai evidente che non c'è più niente da fare. Si sopravviverà forse, qualcuno sopravvivrà, ma in che condizioni e a che prezzo possiamo immaginarcelo. Questa stranissima nuova epidemia è un'avvisaglia di ciò che ci attende. L'Italia e altre regioni del mondo sono mezzo paralizzate benché il virus non sembri così micidiale (si può addirittura guarire in un paio di settimane, non mi sembra la peste bubbonica). Mi sa tanto di qualche prova generale in vista di ben altre epidemie, più indotte che naturali (ah, ecco un altro complottista).
    Verdi e comunisti, ma anche religiosi vari, continuano a dire che non è la demografia il problema, quella della sovrappopolazione o della bomba demografica è una balla di nazisti: c'è da mangiare per tutti. Venti o trenta miliardi di umanoidi che mangiano e cagano, che visione esaltante. E come si ricicla la merda, coi depuratori? E come funzionano i depuratori? Con le pale eoliche e il fotovoltaico? O un giorno con la fusione, il sogno di Agobit? Ma più energia significherebbe anche più consumi di ogni genere! Se si potessero sparare sulla Luna o su Marte o fuori del sistema solare i fanatici della crescita.
    Sarebbe ora, ma temo sia troppo tardi, di dire chiaramente che senza un deciso calo della natalità nel terzo mondo ogni discorso è inutile. Ma passi subito per nazifascista, colonialista, uomo bianco schifoso. E i primi a gratificarti di questi epiteti non sono i negri, ma le anime belle nostrane, i cattocomunisti, quelli del sol dell'avvenire.
    Disse Einstein: "Se scomparissero le api l'umanità sarebbe finita." E' quasi primavera ma di uccelli nemmeno l'ombra. Come birdwatcher sono frustrato. Ma già, mancano gli insetti, dicono che ce n'è il 30% in meno. L'importante è la crescita, tutti la vogliono, Mattarella, Conte, il papa, i sindacati, i Verdi, i liberali, i comunisti. Nel Duemila circolavano nel mondo ca. 550 milioni di veicoli, adesso - appena vent'anni dopo - ne circolano oltre un miliardo che diventeranno due miliardi nel 2025. Adesso c'è crisi nel settore auto ed è tutto un pianto, si vendono meno auto, oddìo che tragedia.
    Ma com'è che tanti personaggi noti o famosi - Merkel, Macron, Teresa May - non hanno figli? Si potrebbero prendere ad esempio. Anche Bergoglio non ha figli (forse, non lo sappiamo, che bello se ne saltasso fuori uno adesso, la Chiesa finalmente chiuderebbe per sempre).

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  5. Mi è capitato sotto gli occhi un testo che avevo archiviato nel 2017 e che mi sembra di aver copiato da questo blog. Mi sembra un testo di Agobit. Secondo me vale la pena rileggerlo. Non c'è bisogno di commenti, non c'è niente da aggiungere e commentare. Io comunque lo sottoscrivo.

    LA NEGAZIONE

    Quale è il problema dell'Italia? Le culle vuote.

    Il Papa e la Lorenzin chiedono più neonati, Renzi dona i bonus alle mamme incinte.

    Qual'è il problema dell'Europa? Aumentare il Pil e consumi con più nascite e immigrati.

    Il problema dell'Africa? Più nascite, più popolazione e abbattere le foreste per creare agricoltura e allevamento.

    Molti dittatori africani lo dicono apertamente: aumentare le nascite aumenta emigrazione e rimesse.

    Il Papa benedice l'accoglienza e la fertilità delle coppie. La Chiesa proibisce la contraccezione.

    Trump condanna l'aborto e incentiva le nascite.

    La Cina chiude con il figlio unico: si può tornare a crescere.

    I paesi islamici fanno politica di potenza con i tassi di natalità. "L'Islam vincerà con gli uteri delle nostre donne" è lo slogan degli Imam.

    Tutto il mondo è in un delirio demografico: crescere crescere crescere.

    E il pianeta muore. Per troppa antropizzazione. Ormai l'uomo è il cancro della Terra e sta uccidendo la natura.

    Sebbene tutti se ne accorgano, nessuno denuncia apertamente la spaventosa trasformazione del pianeta. La considerano un dato di fatto, una conseguenza naturale dello sviluppo della civiltà. Le città crescono a dismisura e si avviano a divenire megalopoli. In oriente, ma anche in Europa, nelle Americhe, in Africa, le grandi città si avviano ai dieci milioni, alcune ai venti milioni di abitanti. Pechino con i centri metropolitani periferici si sta avviando ad un mostruoso record: 100 milioni di abitanti. In Italia la pianura padana da Torino all'Emilia passando per Milano, è completamente antropizzata come una unica futura megalopoli, mettendo in crisi l'agricoltura e con tassi di inquinamento ambientali che possono competere con quelli di New Deli.

    Le foreste dell'Asia e dell'Africa stanno facendo la fine che fecero le foreste europee. Presto le savane africane saranno terreni arati e pascoli o periferie di città con strade e tanto cemento. Spariranno l'Elefante e gli altri animali selvaggi, ormai confinati nelle riserve. Ma queste possono solo rallentare l'estinzione, la condanna di tante specie è già scritta nei tassi di natalità di Homo. Sparizione degli animali autoctoni, ferrovie e strade, cemento e infrastrutture sono il futuro prossimo di un continente che passerà da uno a quattro miliardi entro questo secolo. Nessuno si accorge (o finge di non accorgersi) che le imponenti migrazioni in atto sono solo la conseguenza di questa esplosione demografica e che tutta la geopolitica sarà sovvertita nel giro di pochi decenni. L'Europa sarà sempre meno legata alla sua storia e diventerà periferica rispetto alla potenza demografica africana e asiatica. Ma non si tratta della sopraffazione di una cultura sull'altra, perché sia la cultura di chi riceve che quella da cui partono i migranti verranno azzerate in favore della nuova cultura globale dei produttori-consumatori basata sulla produzione e sul consumo di massa. Una non-cultura senza valori e senza radici che uniforma il mondo.

    (continua)

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  6. (continuazione)

    La necessità di nutrire presto dieci miliardi di umani dovrà fare i conti con la riduzione dei terreni agricoli fertili e la scarsità delle fonti idriche e il riscaldamento del clima. Il ricorso ai fertilizzanti chimici e al cibo fatto con gli insetti non basterà a compensare la crescita demografica. Di fronte al disastro planetario c'è un silenzio assordante delle forze politiche e dei media. Nei talk show si discute delle più varie sciocchezze e si chiude gli occhi di fronte al problema dei problemi. C'è una paurosa negazione dell'esplosione demografica di Homo. Ma non è solo negazione della realtà, è anche delirio: il linguaggio del politicamente corretto vuole che ci si stracci le vesti per le culle vuote e si invochino misure per aumentare le nascite. Gli intellettuali tacciono, ma di questo non c'è da stupirsi, trattandosi di una classe di codini che seguono pedissequamente le imposizioni del potere e dell'ideologia dominante. Purtroppo, e questo è molto più grave, tacciono anche gli scienziati, legati come sono ai finanziamenti e alle carriere. C'è poi una remora interiore che deriva da una cultura secolare antropocentrica. Ma c'è anche una repressione del pensiero libero e responsabile da parte di poteri che tendono a criminalizzare chi non segue il pensiero unico antropocentrico dei diritti assoluti di Homo. La Chiesa e i preti spiccano ai primi posti in questa negazione del problema: per loro non si possono tollerare limiti alla crescita umana. Forse per loro è sopravvivenza, visto che prosperano con la miseria dei popoli, ma per il pianeta è il disastro. La grande finanza e il capitale spinge per i diritti umani ma non certo per filantropismo: più umani, più consumatori più affari più mercato più crescita più soldi. Solo pochi vedono il medio evo prossimo venturo di cui parlava già il club di Roma negli anni 70.

    I Verdi volgono lo sguardo altrove, anche loro, anzi soprattutto loro negano il problema. Parlano di ridurre i consumi, ma non vedono da dove origina la catastrofe. Malati di ideologie considerano la distruzione dell'occidente un traguardo da raggiungere per un pianeta più giusto. Un pianeta morto sarà certamente privo di intollerabili diseguaglianze. La cecità di questi verdi è angosciante e a volte anche ridicola. Criticano la produzione industriale e il concetto di crescita economica ma non si rendono conto che la produzione industriale è figlia dell'esplosione demografica degli ultimi due secoli. Non si rendono conto che la crescita dell'inquinamento, della quantità di rifiuti, dei tossici e dei veleni, dell'anidride atmosferica è inevitabile portato della crescita della popolazione. Ancorati ai vecchi schemi marxisti e antropocentrici non vedono che la sovrappopolazione non è un banale fatto di numeri e di spazi (questo è quello che credono i mentecatti). Non è una misura della densità demografica. La sovrappopolazione è un concetto che riguarda il significato profondo della presenza della vita sul pianeta Terra: esprime la riduzione dell'uomo ad un essere vuoto senza più un rapporto con la natura da cui è nato e da cui trae senso, fino a farne una malattia che uccide tutta la vita terrestre. Un uomo ridotto a massa di nove o dieci miliardi di individui è una follia distruttiva e assassina verso le altre specie viventi. È una massificazione che azzera ogni cultura: una massificazione che riguarda in primo luogo lo spirito, e poi anche la materia che compone la natura; quella natura che è la sostanza preziosa da preservare in questo piccolo frammento di universo.

    P. S. Mi scuso se è un vecchio testo di Agobit. Ma le cose non sono affatto cambiate e repetita juvant.

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  7. Ultime notizie dalla Siria

    Qualcuno si chiedeva con che coraggio si potessero ancora mettere al mondo così tanti bambini in un paese disastrato come la Siria. Ed ecco ora alcune interessanti cifre.
    Nei nove anni di guerra sono nati in Siria 4,8 milioni di bambini. Un altro milione di bambini siriani sono nati nei paesi in cui si sono rifugiati i genitori. Fa in tutto 5,8 milioni.
    Apprendo da Wikipedia che la popolazione siriana è di 18,5 mln di abitanti (stima 2019). Non so quanti il paese ne contasse prima della guerra e se in questa cifra sono compresi i 4,8 milioni di nuovi nati da allora, probabile. Certo che sono cifre, come dire, sconcertanti, forse terrificanti. Televideo, da cui ho appreso la notizia, fa notare che quel milione di bambini siriani nati all'estero affronta ora il secondo decennio di vita in un mondo ancora in guerra, devastato, senza prospettive.

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  8. Eppure, non riesco a non pensare che se i nativi americani si fossero globalizzati prima sarebbero entrati in contatto prima con le malattie degli europei, si sarebbero immunizzati e forse si sarebbero risparmiati uno sterminio (quando arrivarono le malattie europee, in alcuni gruppi pare che la mortalità arrivasse al 90%, e i pochi superstiti avevano il morale troppo distrutto per riprendersi).
    Asiatici e africani, che avevano malattie endemiche loro, e che erano stati in contatto con gli europei, non hanno fatto la stessa finite degli indigeni di quasi tutte le Americhe - hanno risposto a malattie con malattie, e in genere sono sopravvissuti e ora hanno stati indipendenti abitati da loro stessi e non dai discendenti dei coloni.
    Per quanto io sia enormemente d'accordo con la critica alla sovrappopolazione, mi sembra che il suo legame con le epidemie sia quantomeno complesso.

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  9. Scusa, ma che significa: "se i nativi americani si fossero globalizzati prima sarebbero entrati in contatto prima con le malattie degli europei, si sarebbero immunizzati e forse si sarebbero risparmiati uno sterminio" ???????
    Come avrebbero dovuto o potuto globalizzarsi, con le canoe? Significa poi che la globalizzazione fa bene alla salute perché ci immunizza o rafforza il nostro sistema immunitario? Allora sotto con la globalizzazione?

    Un giornalista ha scritto oggi che la risposta alla nuova epidemia deve essere ancora più globalizzazione, più scambio di merci e libera circolazione delle persone, saremo tutti più ricchi. Ormai siamo al delirio.

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    1. Ma sono io che mi esprimo davvero male, che vengo sempre fraintesa?
      Quando si dice "se fosse successo A, allora sarebbe successo B", non significa che A o B siano positivi. Significa solo che uno è o potrebbe essere la conseguenza dell'altro.
      E comunque, raramente (o mai) nella realtà la scelta è solo tra due opposti. Se ci si apre troppo, ci si espone. Se ci si chiude totalmente, il rischio è di non avere idea di cosa sta arrivando, e farsi trovare completamente impreparati.
      Siamo un po' troppo presi dal distribuire colpe e dare giudizi di valore. Anch'io ho miei valori molto saldi, ma non mi aspetto che la storia umana li segua. Prendo atto di ciò che è successo e cerco di trarne delle conclusioni.

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  10. Marcello Veneziani: Il pericolo di una dittatura sanitaria

    http://www.marcelloveneziani.com/articoli/il-pericolo-di-una-dittatura-sanitaria/

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  11. "...sovrappopolazione, mi sembra che il suo legame con le epidemie sia quantomeno complesso.”


    Le nuove epidemie sono molto più veloci delle vecchie. Le vecchie si producevano in seguito a viaggi e contatti tra popolazioni geograficamente diverse della stessa specie Homo, proliferando in condizioni di sovraffollamento (concentrazioni di molti individui in spazi ridotti, il che può avvenire anche con numeri assoluti di popolazione medi o piccoli) ed in carenza di regole di igiene elementari. Le nuove sono effetto diretto di rottura di barriere tra specie diverse per distruzioni di ambienti silvestri, e di rapida diffusione per forte mobilità e un'alta densità demografica dei recipienti (territori antropizzati e megalopoli). Stiamo assistendo ad un cambiamento di fondo delle epidemie.Ciò che le caratterizza non è più il sovraffollamento in carenza di igiene, è caratteristico delle nuove epidemie la distruzione degli ambienti naturali rimasti da parte di una specie umana in crescita in un territorio sempre più antropizzato.



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    1. Direi rapida diffusione per forte mobilità. Il fatto che la popolazione sia diventata alcuni ordini di grandezza (2) superiore a quella del medioevo delle pestilenze e che essa abbia una mobilita' semplicemente non esistente nel medioevo, ha annullato i progressi nelle condizioni di vita (alimentazione, salubrita', etc. .)
      Come scrivevo sopra, le epidemie catastrofiche NON mancarono certo nei secoli scorsi quando le condizioni ecologiche del pianeta erano ancora buone e le aree silvestri, selvatiche ancora ampie.

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  12. Legami tra invasione umani di ambienti selvatici, squilibri negli ecosistemi, ed epidemie: https://www.theguardian.com/environment/2020/mar/18/tip-of-the-iceberg-is-our-destruction-of-nature-responsible-for-covid-19-aoe

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  13. Rapporto ONU sull'approviggionamento idrico

    Nel suo rapporto annuale l'UNESCO prospetta, a causa dei mutamenti climatici, una minore disponibilità di acqua nonché un peggioramento della qualità.
    2,2 miliardi di persone non hanno accesso a fonti sicure di acqua potabile. Oltre la metà della popolazione mondiale non dispone di impianti sanitari adeguati.
    Il settore agrario, uno dei maggiori consumatori di acqua, dovrà cambiare sistemi di irrigazione.

    Non un accenno al problema numero uno: la crescita della popolazione mondiale ovvero dei consumatori di acqua. Aumentano i consumatori e si riduce la disponibilità di acqua potabile. Come faremo?

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