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venerdì 20 settembre 2019

La sovrappopolazione raddoppia il traffico aereo

Viene segnalato sul Corriere che il traffico aereo è divenuto uno dei principali emettitori di carbonio in atmosfera, quindi un elemento essenziale nel cambiamento climatico in atto.
"Gli aerei stanno inquinando di più e più velocemente (del 70%) di quanto previsto dalle Nazioni Unite. Uno studio dell’organizzazione indipendente International Council on Clean Transportation — la stessa che ha svelato il «dieselgate» della Volkswagen — in quattordici pagine lancia durissime accuse sull’aviazione commerciale mettendo in dubbio l’impegno delle organizzazioni internazionali di categoria. Dal 2013 al 2018, calcolano i tre autori, l’anidride carbonica rilasciata in aria dai velivoli di ogni tipo (regional, a corridoio singolo o doppio, per passeggeri o cargo) è cresciuta del 32%, fino a triplicare entro il 2050.  L’anno passato i 39 milioni di voli analizzati (dei quali 38 milioni operati per trasportare le persone) hanno emesso nel complesso 918 milioni di tonnellate di diossido di carbonio, «pari al 2,4% del totale della CO2 prodotta nel mondo, un dato del 70% più alto delle attuali proiezioni di Icao(l’agenzia Onu per l’aviazione civile,ndr)», sostengono gli esperti"
Secondo quanto riferisce il numero uno della Iata Alexandre de Juniac, nonostante le industrie che producono aerei si siano impegnate nello sviluppo di aerei sempre più leggeri ed efficienti e con emissioni di carbonio più basse, il traffico aereo è destinato a crescere seguendo l'aumento della popolazione che nelle varie parti del mondo utilizza gli aerei sia per i viaggi che per il traffico delle merci. Molti fondi sono stati destinati alla ricerca sui bio-carburanti, ma le richieste di traffico aereo sono in costante aumento. Il tutto deve fare i conti, infatti, con le previsioni di crescita che, secondo l’ultimo dossier di Airbus, vede gli aerei in circolazione più che raddoppiare entro il 2038 toccando quota 47.680. Se si tiene conto che i 918 milioni di tonnellate di diossido di carbonio dell'anno scorso vedranno nel prossimo decennio il raddoppio delle emissioni e si raggiungeranno i due miliardi di tonnellate, per triplicarsi poi entro il 2050, si può capire l'allarme suscitato negli stessi ambienti che avevano stimato cifre inferiori per il passato. Quando gli esperti ufficiali calcolano le curve di aumento del traffico e delle emissioni, infatti, sottostimano regolarmente l'impatto dell'aumento costante della popolazione mondiale. Regolarmente quindi le emissioni calcolate sono inferiori ai dati reali, come è avvenuto con il traffico aereo. Se teniamo presente che in seguito alla dinamica demografica, ogni anno si aggiungono 100 milioni di persone in più alla popolazione mondiale, si può capire come i vari tentativi delle industrie e dei governi per abbassare le emissioni siano destinati al fallimento. Inoltre è da tenere presente che i motori aerei non si prestano, almeno allo stato della ricerca tecnologica, alla propulsione elettrica. E questo dato, insieme al fallimento delle rinnovabili per quanto riguarda la soddisfazione delle richieste di energia (tra l'altro essendo l'energia da rinnovabili ancora incomparabilmente più costosa rispetto a quella degli idrocarburi), apre prospettive tragiche riguardo al controllo del riscaldamento atmosferico dovuto al carbonio emesso.
L'aumento inevitabile del traffico aereo sommato all'effetto dell'aumento della popolazione mondiale, non può che portare a nuovi rapidi incrementi delle emissioni mondiali di anidride. Nonostante tutti i fallimenti delle varie conferenze sul clima e sulle disposizioni internazionali per combattere le emissioni di carbonio, ancora non si sente parlare - nel campo dei movimenti ecologisti- di un controllo delle nascite per porre un freno al riscaldamento globale. L'argomento rimane tabù, al di là di ogni logica, e continua a prevalere l'ideologia del politicamente corretto. La cecità di Trump, che continua a negare l'esistenza del riscaldamento atmosferico fa così il paio con la cecità degli ecologisti mainstream, che continuano a negare l'effetto demografico e l'importanza del controllo della popolazione mondiale per cercare di fermare il riscaldamento del clima e salvare il pianeta.

16 commenti:

  1. I voli low cost hanno cambiato il mondo.
    In peggio, purtroppo.

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  2. Anche l'automobile. E il motore a scoppio.

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  3. ... e la medicina "fantasiosa" ... e l'elaborazione elettronica dei dati ... e l'agricoltura intensiva ... e ... e ...

    La verità è che ci muoviamo troppo in fretta, senza ponderare gli effetti delle nostre azioni. Del resto, quando lo scopo delle "menti pensanti" è cambiare il BMW il più spesso possibile (è ovviamente un'immagine simbolica), cosa vogliamo aspettarci?

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  4. > nonostante le industrie che producono aerei si siano impegnate nello sviluppo di aerei sempre più leggeri ed efficienti
    > e con emissioni di carbonio più basse, il traffico aereo è destinato a crescere seguendo l'aumento della popolazione

    Pensate che sia qualcosa di nuovo? di sorprendente?
    Tiriamo fuori dalla naftalina il noto paradosso di Jevons.

    In poche parole: aumenti l'efficienza, diminuisce il prezzo, aumentano i consumi

    https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Jevons

    Non riguarda solo il consumo di risorse fisiche: ci sono altri paradossi / principi assai vicini, come il principio di induzione del traffico (in questo caso la risorsa e' la transitabilita').

    Da un punto di vista ecologico le risorse dovrebbero costare il piu' possibile in modo che il consumo diminuisca e non aumenti. Esattamente il contrario di cio' che propone ogni sistema democratico demagogico ovvero ogni demagogia democratica.

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  5. Correttamente, si pone enfasi sulla questione demografica relativa ai paesi del Terzo Mondo. Vi sono ecologisti che riducono il tutto alla mera demografia, omettendo di menzionare il consumismo sfrenato ed incosciente che impera nei paesi a capitalismo avanzato. Se gli abitanti del Terzo Mondo debbono astenersi dalla pratica nefasta ed autolesionista della eccessiva riproduzione, allo stesso modo gli abitanti dei paesi ricchi (per non dire opulenti) debbono accettare di perseguire una notevole riduzione dei consumi e di rinunziare a molte delle varie "comodità" giornaliere.
    Greta ha totalmente ragione quando stigmatizza l'abuso che si fa di mezzi piuttosto inquinanti quali sono aerei, tir, navi da crociera, autoveicoli vari.
    Io neppure possiedo un'automobile, e me ne faccio vanto.
    Il traffico aereo aumenta, sì, ma non a causa del Terzo Mondo, bensì per via della domanda proveniente dai paesi ricchi che hanno giovato della globalizzazione. Il traffico aereo aumenta a causa del turismo di massa, che provoca movimenti non ecosostenibili sul lungo periodo. Sono occidentali e cinesi che animano tale forma massiccia e nociva di turismo.

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    1. In realtà sono tutti quelli che possono permetterselo, non solo "occidentali e Cinesi".
      Sono comunque d'accordo sull'opportunità di ridimensionare certe pratiche economiche/commerciali, anche se non le annovero per forza con la "opulenza", né credo che sia per forza di cose necessario "rinunziare a molte delle comodità giornaliere". Diciamo che se non ci fossero certe "spinte" (veri e propri lavaggi del cervello) si potrebbe recuperare una cultura della sobrietà, laddove sobrietà non significa certo miseria! E dovrebbe essere accettabile che ciascuno scelga il tipo di sobrietà più adatto a se stesso e alla propria situazione famigliare, abitativa, lavorativa. Invece, con la scusa di un presunto "ecologismo", sento troppo spesso parlare di pratiche che definirei "derive autoritarie". In gran parte immotivate e inefficaci in un'ottica genuinamente ecologista.

      Prima di occuparci della questione demografica del "terzo mondo", poi, dovremmo pensare alla nostra questione demografica e, intervenendo in modo tenacemente restrittivo sull'immigrazione, fare in modo che la riduzione spontanea della natalità porti i suoi frutti ecologicamente benefici.

      Analogamente, sarebbe bene che la si smettesse di insistere sui drammi ecologici altrui (ad esempio, sul destino dell'Amazzonia) e si cominciasse a FARE CONCRETAMENTE quel che serve per trovare una soluzione a quelli nostrani (ad esempio, le mire "espansionistiche" della conurbazione milanese sulla Lomellina e aree affini). Sempre che le preoccupazioni in merito all'ecologia siano quel che ci viene raccontato, del che mi permetto di dubitare (in sostanza, sono PRETESTI per far accettare provvedimenti che con l'ecologia non hanno nulla a che spartire).

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    2. In realtà sono tutti quelli che possono permetterselo, non solo "occidentali e Cinesi".
      Infatti!!
      Buona parte degli alloctoni che i razzisti anti della sinistra massmigrazionista si ostinano a im/deportare a decine di milioni (gia' sette in Europa!) una volta qui si dimostrano ferocemente consumisti.
      Il razzismo anti di questi pazzi fanatici invasati consiste pure nel baloccarsi la mente con la credenza che questi invasori siano meglio, piu' funky, piu' colorati, piu' robusti (per ottenere degli schiavi ugualizzati agli invasi, in effetti, potrebbe essere comodo), piu' sobri, piu' ecologici e altre fandonie razziste del genere.

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    3. Concordo con questi interventi. La deriva autoritaria si nasconde nel globalismo uniformato al pensiero unico dei gruppi dominanti (soprattutto finanziari ma anche politici). Lo Stato ha senso se è legato ad un territorio ed una cultura, di cui incarna l'ispirazione storica propiettata al presente e al futuro. Uno stato locale non è incompatibile con strutture sovrastatali internazionali che abbiano obiettivi specifici, in particolare ecologici. Ma è solo lo stato locale che deve sviluppare applicare leggi e regolamenti che proteggano l'unicità del territorio e della cultura che lo abita rispetto alla uniformizzazione tecno-finanziaria globale.

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  6. Il turismo di massa è una conseguenza dannosa e molesta del benessere economico generale. Tale benessere è piuttosto diffuso in Europa, America settentrionale, Cina, Giappone, Australia, ecc. Insomma, sovente è la classe media che viaggia, cioè inquina, in aereo. Nei paesi del Terzo Mondo, la classe media è praticamente ridotta all'osso. Tanti abitanti dei paesi benestanti incentivano e ricevono il turismo di massa; al contrario, gli abitanti dei paesi del Terzo Mondo lo subiscono e basta, senza far schizzare in alto la domanda.
    Per quanto riguarda una eventuale "deriva" autoritaria verde, scrivo che se da te sarebbe malveduta, da parte mia sarebbe assolutamente auspicabile. Semplicemente perché, allo stato attuale, troppi esseri umani non vogliono vivere in modo ecologicamente armonico, empatico e rispettabile, dunque si presenta la necessità di fare emergere un potere politico-giuridico cinico, piuttosto forte, che sappia indirizzare la società, adoperando anche metodi giocoforza severi, a vivere basandosi su una economia di sussistenza.
    Non comprendo affatto per quale motivo non ci si dovrebbe focalizzare sul destino della foresta amazzonica. Trattasi di una problematica gravissima, che riguarda la distruzione della Natura, la morte di tanti animali, le minacce verso le popolazioni autoctone del luogo. L'Amazzonia, checché ne dica quel demente di Bolsonaro, non appartiene ai brasiliani. In verità, non dovrebbe appartenere proprio a nessuna popolazione specifica. Però, se proprio deve "appartenere" a qualcuno, allora ritengo che non sarebbe errato farla vigilare dagli autoctoni, che rappresentano un bastione di resistenza della ecosostenibiltà nei confronti dell'avanzamento della civiltà becera e dell'urbanesimo alienante. Molto meglio vivere con gli aborigeni anziché nelle città brasiliane, che sono dei cessi. Dunque, non posso che provare disprezzo assoluto ed ostilità anche nei confronti dei nostrani posti sovraffollati ed ultracementificati quali sono l'area milanese, la Brianza, quella cloaca della provincia di Napoli.
    Concludo questo commento affermando la mia contrarietà anche, tra le altre tante cose, alla immigrazione di massa. Essendo un ecologista radicale, non posso che disaprovvarre fermamente i movimenti migratori massicci che mirano paesi geograficamente ben poco ampi. Io propongo il bioregionalismo: un'areale naturale che ospiti una specifica popolazione culturalmente omogenea. Ma sarebbe difficilissimo applicare tale filosofia in un paese drammaticamente eterogeneo come l'Italia.

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    1. Sabatino, non vorrei sembrare "aggressivo", però direi che il tuo commento soffre di una certa inclinazione al "terzomondismo", inclinazione invero molto diffusa in chi è solito coltivare immotivati sensi di colpa (a meno che tu sia un iperconsumista incallito grazie a chissà quale fortuna accumulata in chissà quale modo).

      Quest'estate ho assistito allo sbarco nel porto di La Spezia di una di quelle schifose città galleggianti della Costa Crociere. A scendere in massa erano persone visibilmente più benestanti non già della media degli Spezzini, bensì visibilmente più benestanti degli Spezzini benestanti. Altrettanto visibilmente erano in massima (molto massima) parte persone provenienti da qualche parte dell'India o zone limitrove.

      Il Nord Africa e il Medio Oriente ostentano quantità di personaggi con "sostanze" difficili da valutare per noi "persone normali".

      Stesso discorso per molte Nazioni dell'Africa centro-meridionale, dove gli straricchi non sono per niente assenti e non sono certo pallidini.

      L'America Meridionale la mettiamo alla pari di Nord Africa e Medio Oriente, che anche lì gli straricchi si sprecano.

      Di cosa parliamo, dunque?

      Ancora: chi dovrebbe gestire la "deriva autoritaria verde"? gli stessi ai quali ho appena fatto riferimento? come puoi anche solo lontanamente credere alla buona fede di quelle mignatte?

      Con che faccia i "soliti noti" instillano metodicamente sensi di colpa negli "sfigati" nostrani, fintanto che esiste anche un solo "fratello miliardario" nelle Nazioni che in malafede vengono definite "povere"? Chi deve aiutare chi? Finiamola con i luoghi comuni, che faranno presa su alcuni, non certo su di me. L'impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale (cit.).

      L'Amazzonia è CERTO un'area che merita tutele, ma non spetta a noi occuparcene. Noi dobbiamo occuparci (per esempio) di salvaguardare la Lomellina, o l'Astigiano, o le Langhe, o le vallate dell'entroterra genovese, o... (vai avanti tu, che senz'altro hai una quantità di altri luoghi "anonimi" ma per niente irrilevanti da indicare)
      Tutelare non significa tassare, significa imporre condotte efficaci ai fini di un risultato, e imporle a prescindere dalla disponibilità o meno di denaro per far fronte a dei costi (in altre parole: se vuoi togliere il diesel di vent'anni da sotto al sedere dell'ex impiegato del comune ormai ottantenne, DEVI fare lo stesso con il Ferrari, con la pilotina più o meno "impegnativa" e magari con l'aereo o l'elicottero dello straricco o dello strapotente, nonché con il panfilo del magnate russo che ogni estate viene a impestare con i suoi fumi euro -2 il mare di fronte a Forte dei Marmi (non è una citazione casuale). Sarebbero da mettere in discussione anche i millemila turisti cacatori che intasano le fognature delle città italiane e, conseguentemente, appestano i fiumi che scorrono nelle campagne. Giustamente, come osservi, se la cosa vale per il turista che "passa e va", deve valere ancor di più per chi si impone (e/o viene imposto) come stanziale.

      C'è poi la questione dell'articolo costituzionale che promuove il sostegno alle famiglie numerose...

      L'elenco si potrebbe allungare, e NESSUNO dei suoi punti si affronta con l'imposizione di costi, perché chi ha "disponibilità" dei costi se ne può infischiare allegramente.

      Non vedremo mai mettere in atto provvedimenti ecologicamente significativi, perché in realtà quello dell'ecologia è il PRETESTO del momento, usato dai soliti noti per far passare la loro linea (sempre la stessa fin dalla notte dei tempi) nell'attesa di escogitarne un altro. Non caschiamoci, dai.

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    2. Un paio di esempi "operaTTivi" che siano realmente ecologisti: 1) imporre un freno netto in campo pubblicitario, per smettere di "gonfiare" letteralmente la testa alle persone rendendole eterne insoddisfatte di quel che hanno; 2) imporre alle aziende di immettere alla ventita esclusivamente apparecchi di comprovata e GARANTITA durabilità e riparabilità (ovviamente al giusto prezzo, che non può che essere maggiorato in virtù della maggiore qualità); 3) imporre alle aziende una lotta alla produzione di rifiuti ALL'ORIGINE (la raccolta differenziata e il riciclo sono una buona cosa, ma ancora migliore è la mancata CREAZIONE del rifiuto); 4) implementare una qualche sorta di "anagrafe geografica dell'impiegato", per cui a parità di qualifiche il "datore di lavoro" DEVE assumere la persona che risiede fisicamente più vicino al luogo di lavoro (quante persone conosco che vanno quotidianamente da A a B, mentre altrettanti vanno da B ad A per svolgere la stessa mansione!); 5) rivalutare il concetto, ecologicamente importantissimo, di "lavoro fisso", con opportuni divieti e opportune imposizione normative mirate a ridurre al minimo indispensabile la mobilità; 6) rivalutare il massimo ordine nella composizione degli orari lavorativi, sempre con le stesse finalità (tenere le persone il più possibile nello stesso posto per la maggior parte del loro tempo); 7) detassare le classiche botteghe di paese, affinché possano praticare prezzi simili a quelli della grande distribuzione in un regime di prezzi controllati (pensate a quanta gente in meno sulle strade, a quanti potrebbero addirittura fare a meno di disporre di un mezzo di trasporto proprio, se avessere un "emporio" a un paio di centinaia di metri da casa anche nei paesini); 8) decentrare funzioni e servizi pubblici, ad esempio per quel che riguarda scuole e strutture sanitarie, sempre con lo scopo di TENERE LE PERSONE NEI PRESSI DI CASA PROPRIA.

      Ma, dice, e l'economia? Eh. Decidere: economia o ecologia? La botte piena o la moglie ubriaca? Sicuramente gli "sfigati" (noi, che siamo la maggioranza degli Italiani) trarrebbero VANTAGGIO da provvedimenti di questo genere e il costo, per quanto presente, diverrebbe impercettibile in quanto bilanciato da un miglioramento della qualità della vita.

      Ritengo che questo genere di provvedimenti genererebbe un INDOTTO virtuoso che andrebbe oltre i risultati immediati, una specie di "effetti domino" di arretramento dell'impatto antropico al quale siamo ormai abituati. Ovviamente il mio elenco è parziale e impreciso quanto può esserlo uno buttato lì di getto. Prendetelo per quel che è.

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  7. Concordo con quasi tutto quello che scrivi. Ci sono due punti su cui insisto: se non si interrompe (e inverte) l'esplosione demografica umana non ci potrà' essere alcun cambiamento in senso ecologico, compresa la lotta sul clima. Il recente riconoscimento da parte dell'Onu dell'errore compiuto sulla transizione demografica e la previsione di undici miliardi per la popolazione mondiale entro la fine del secolo, significano che ogni tentativo riguardante la lotta al cambiamento climatico e' destinata al fallimento: con una dinamica demografica di questo tipo nessuna energia senza carbonio potrà' essere sufficiente, come si illudono i movimenti giovanili di questi giorni e i verdi mainstream (assai ingenui su questo campo). Il secondo punto e' il problema tecnologico. Per quanto auspicabile sia la contrazione dei consumi (su cui tutti concordiamo), il rischio e' che la riduzione della crescita economica porti ad una riduzione sugli investimenti in tecnologia e ricerca per l'innovazione tecnologica. Un mondo sempre più' sovrappopolato e privo di nuove tecnologie e' il modo migliore per avviarsi verso un mondo realmente insostenibile e destinato a scenari da incubo.

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    1. Fermo restando che il consumismo e la crescita demografica possono essere arrestati soltanto da un regime verde, la crescita economica è qualcosa di pesantemente nocivo per tutta la salute della Terra. Va condannata, senza se e senza me. Un determinato progresso tecnologico, ai fini della salvaguardia ecologica, può esistere anche in un regime ove l'economia sia sottomessa alle decisioni di Stato.

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  8. Un sondaggio amarissimo, per Greta Thunberg. Già, perché gli italiani sono ambientalisti soltanto a parole. È quanto emerge dalla rivelazione firmata da Antonio Noto e pubblicato su Il Giorno di domenica 29 settembre. Tutti in piazza, soprattutto gli studenti, la maggior parte riconosce l'emergenza climatica ma nessuno ha intenzione di fare nulla. Si parte da un dato: secondo il 63% del campione la questione ambientale è sì un'emergenza. Ma è quando si chiede allo stesso campione se è disposto a fare sacrifici le risposte, per Greta, sono una metaforica mazzata. Il 77% "confessa" di usare plastica monouso; il 64% afferma di non voler ridurre saponi e detersivi; il 59% non ha intenzione di ridurre l'uso dell'automobile; il 58% non intende sacrificare l'aria condizionata; infine solo il 53% afferma di fare sempre la raccolta differenziata. Italiani ambientalisti solo a parole. E una indiretta conferma arriva anche dal fatto che il 58% del campione interpellato da Noto ha un parere "positivo" su Greta, solo i 27% dice di averne uno "negativo". Già, ma dalle parole ai fatti...

    https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13509136/greta-thunberg-sondaggio-antonio-noto-abitudini-italiani-ambientalisti-solo-parole.html

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    1. Anche gli italiani abusano, e non poco, della loro libertà. Per garantire un futuro quantomeno decente alla Terra: molte meno libertà, molte più responsabilità. Un salubre ed austero ordine ecologista rimpiazzi l'odierna anarchia del caos umanocentrico.

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