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martedì 5 aprile 2016

Sul referendum del 17 aprile

Riporto il seguente articolo di Dario Faccini su ASPO riguardo al prossimo referendum sulle trivellazioni al largo delle coste italiane. Lo trovo serio perché non si fa illusioni ridicole sulle cosidette rinnovabili. Per tutte le demagogie che riguardano il referendum mi sembra chiaro il messaggio: una vittoria del si non cambierà nulla. Si importerà solo un po' più di gas dal Mozambico e petrolio da qualche altra parte. Faccini fa un richiamo alla necessità, che ci riguarderà in ogni caso, di diminuire il tenore di vita e di cominciare a pensare che bisognerà rinunciare a molte comodità "occidentali" tra cui il livello della previdenza e della sanità, l'uso dell'auto e delle tecnologie, la vita comoda, le case riscaldate e i viaggi e tutto il resto. Tuttavia a Faccini, come a molti altri ambientalisti non viene in mente (non viene neanche preso in considerazione magari solo per escluderlo...) che il consumo totale è il prodotto tra il consumo procapite medio e il numero dei consumatori(popolazione globale del pianeta). Che quindi oltre a ridurre i consumi pro capite, visto che molti di questi consumi nei prossimi anni aumenteranno per molti paesi attualmente arretrati e in via di sviluppo, bisogna cominciare a pensare a ridurre il numero della popolazione globale, se si vuole realmente salvare il pianeta. E bisogna affermare con forza che se noi occidentali dobbiamo certamente ridurre i consumi non si può consentire ad abitanti dello stesso pianeta di continuare a sfornare otto o dieci o dodici figli per donna. A ciascuno la sua responsabilità.
Il lato oscuro del referendum
… anche questa volta stai scegliendo per ripulirti la coscienza, come un Ponzio Pilato qualunque. Not in My Back Yard.
Perché se fossi così preoccupato dell’ambiente … ti impegneresti perché il tuo paese avesse un partito ambientalista degno di questo nome. Perché nella tua città ci fossero servizi pubblici più efficienti. E non frantumeresti i cabbasisi perché il sindaco ha ampliato le zone a traffico limitato. …
Perché di mettere una croce siamo capaci tutti.
Di Dario Faccini
Sono parole scritte da Marco Cattaneo, direttore del mensile Le Scienze, rivolte a chi intende votare SI al referendum del 17 Aprile contro il prolungamento indefinito delle concessioni petrolifere entro le 12 miglia dalla costa. Sono parole dure, provocatorie, che hanno scatenato un vasto dibattito in rete. E voglio dire subito come la penso. Bravo Marco, ma devi avere il coraggio di dirla tutta. Perché così come hai scritto, sembra che la questione vera sia solo quella di essere un po’ più coerenti, più amici dell’ambiente, un poco più sobri, per evitare di importare poi dal Mozambico quel poco di produzione di gas che potremmo perdere in Italia con un SI al referendum. E invece sappiamo benissimo che non è questa la vera posta in gioco. A te che dirigi la principale rivista di divulgazione scientifica è chiarissima la scelta che abbiamo di fronte. Se non la dici fuori dai denti è solo per un motivo: perché è troppo rivoluzionaria e la maggior parte dei lettori, semplicemente, non potrebbero accettarla (e alcuni neppure capirla). GREENWASHING MENTALE Questo referendum è un piccolo passo sul lungo cammino che dovrà svincolarci dai combustibili fossili, su questo punto la pensiamo allo stesso modo. E sono anche d’accordo con te che le motivazioni più diffuse per votare il SI, seppur legittime, forse mancano il vero problema: si evidenzia l’inquinamento dei fondali, il rischio di sversamenti in mare (c’è in ballo anche un 9% di produzione petrolifera), gli affari per i petrolieri (e da qualche giorno anche della politica), le alternative possibili come le rinnovabili che hanno raggiunto il 40% della produzione elettrica, la sfida del Clima che non può essere combattuta solo a parole. Ecco partiamo proprio dal Clima. Le fonti fossili sono in declino? In Italia si, complice anche la bassa Crescita (si, ci vuole la “C” maiuscola), ma nel resto del mondo non è affatto così.
Nel resto del mondo, per i combustibili fossili, si vede al massimo un rallentamento dei consumi nel 2014, quasi certamente dovuto a cause economiche e metereologiche, non certo per la crescita delle nuove rinnovabili (in calo da un +16,5% a un +12%), che ancora forniscono solo il 2,45% dei consumi totali. Se le fonti fossili sono ancora in crescita, allora le emissioni climalteranti sono ancora in crescita. Si potrebbe obiettare che però ora la situazione potrebbe evolvere velocemente a favore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, spostando grandi finanziamenti nel settore green. In fin dei conti è questo il grande tema del cambiamento climatico: dobbiamo cambiare strada. Già ma chi? Il 20% della popolazione mondiale agiata (si, ci siamo anche noi)? Forse. Di sicuro per l’80% che aspira a raggiungere quel 20% non è possibile. Se quell’80% seguisse quei consigli che tu, Marco, hai dato nel tuo articolo (tenere basso il riscaldamento, comprare l’auto ibrida, tenere un po’ più spento lo smartphone) una volta che avesse raggiunto il nostro livello di benessere materiale, quei grafici che sono qui sopra schizzerebbero verso l’alto. E quell’80% non solo ha tutto il diritto di vivere come noi, ma si sta anche impegnando con tutte le sue forze per farlo, incoraggiato dal modello di Sviluppo che noi per primi gli abbiamo creato. Si chiama Crescita Materiale Globale. Che vuol dire avere più oggetti, spostarsi di più, mangiare meglio e più variato, avere case più grandi e un’infinità di servizi mangia-risorse tra cui rientrano anche l’istruzione, la sanità e la salvaguardia dell’ambiente (che è roba da ricchi, ricordiamocelo). Tutte cose che consumano energia, risorse, suolo, e producono perdita di biodiversità inquinamento e gas serra, non solo nella loro normale attività o funzionamento, ma anche prima, quando vengono prodotti e costruiti. Un’auto nuova, ancora prima di fare un pieno, ha già consumato per la sua produzione l’equivalente in petrolio che consumerà in varie decine di migliaia di km (attorno ai 20000kWh di energia grigia per le auto tradizionali) e le auto elettriche o ibride non fanno eccezione. Per un computer ancora imballato è stato già usato circa un barile equivalente di petrolio. Non c’è crescita delle rinnovabili e dell’efficienza energetica (la cosiddetta decarbonizzazione della società) che possa portare i poveri a livello dei ricchi mantenendo l’aumento della temperatura del clima sotto ai 1,5°C decisi alla COP 21 di Parigi. IL NEMICO DIETRO LE TRIVELLE Questa, come sappiamo entrambi, non è solo un’opinione di qualche complottista o scienziato un po’ estremista. Sono conclusioni scientifiche che vengono dagli anni ’70, quando ancora non si sapeva che i gas serra fossero una forma di inquinamento, ma si era già chiamato il problema con il suo vero nome: I Limiti della Crescita. Ed ora, che il Clima è entrato nell’agenda internazionale, gli studi che si basano su moderni modelli scientifici di previsione che considerano energia, clima e economia, giungono alle stesse identiche conclusioni. Il modello di Sviluppo basato sulla Crescita non può più essere seguito perché se continuassimo su questa strada: la necessaria riduzione nel consumo di combustibili fossili sarebbe solo parzialmente compensata da rinnovabili ed efficienza, producendo nei prossimi decenni carenze di energia e black out, incompatibili con la Crescita; se si provasse a mantenere la Crescita coprendo la quota di energia mancante ancora con le fonti fossili, l’esaurimento di quelle più pulite (Peak Oil and Gas) porterà ad utilizzarne di più sporche, come il Carbone, facendo allora comunque scoppiare la bomba climatica; L’unica via d’uscita viene indicata dagli stessi ricercatori: …i paesi più industrializzati dovrebbero ridurre, in media, il loro uso pro capite di energia almeno di quattro volte e diminuire il loro PIL procapite all’attuale livello medio globale Tradotto per noi italiani: l’indicatore che misura (molto male) la “ricchezza” di ciascuno di noi, dovrebbe più che dimezzarsi. In altro parole, in modo controllato dovremmo decrescere volontariamente ora per evitare di decrescere rapidamente nei prossimi decenni per le carenze di energia o per la bomba climatica. Quindi, Marco, il discorso che tu fai sul referendum lo condivido in pieno: …riguarda la necessità di assumersi la responsabilità di ciò che facciamo. Perché godere dei benefici senza assumersi i rischi è troppo comodo. Siamo noi stessi il vero problema, il vero nemico, dietro le “trivelle”. Ma i rischi maggiori non sono quelli dell’inquinamento che potremmo spostare dall’Italia al Mozambico come hai scritto. I rischi di una decrescita incontrollata sono la povertà, l’insicurezza alimentare, le guerre, la fine dei servizi essenziali come sanità ed istruzione. Grandi rischi per noi e persino moltiplicati per i paesi più poveri come il Mozambico. Votare SI al referendum per far progressivamente chiudere meno di 1/6 della produzione nazionale di idrocarburi non ci porta avanti di una virgola nella soluzione di questi problemi se non si diffonde anche la consapevolezza della portata delle sfide (anzi no usiamo la parola giusta), delle Crisi che abbiamo di fronte. Per questo dobbiamo dirlo con parole chiare. Le rinnovabili e l’efficienza da sole non bastano. Persino cambiare le singoli abitudini di consumo di ciascuno di noi non sarà sufficiente. Ci viene chiesto di ristrutturare le società ricche, come quella italiana, decidendo quali beni e servizi siano meritevoli di esistere, quali debbano essere condivisi e quali debbano essere abbandonati. Non è una cosa che si possa fare in 1 anno o in 10. E da qualche parte bisogna pur partire, per cui va benissimo tutto quanto hai scritto. Ma il vero fine è questo e dobbiamo iniziare a dirlo, perché l’abbiamo nascosto per troppo tempo. Anche se si aprono enormi problemi sociali come l’occupazione, la perdita di alcune tutele, la fine di alcune libertà di consumo, non possiamo tacere, perché l’alternativa è un baratro in cui potrebbe esserci tolto tutto. Quindi, quando andremo a votare al referendum del 17 aprile e usciremo dal seggio, guardiamoci attorno. Guardiamo le case, le auto parcheggiate, i vestiti che indossiamo e magari giriamoci per guardare anche la scuola da cui siamo appena usciti. E chiediamoci, quanto di tutto questo ci serve veramente per essere felici e realizzati, o a quanto potremmo invece ragionevolmente rinunciare. Perché a mettere una croce siamo capaci tutti, ma la scelta non si fermerà lì. La scelta ci sta venendo incontro e ci troverà. Anche se non andremo a votare.

5 commenti:

  1. Prima di impelagarsi per l'ennesima volta con la popolazione globale del pianeta per continuare a finire, come non può essere altrimenti, col non risolvere nulla, cominciassimo per una volta a occuparci della popolazione locale della provincia di ciascuno di noi per avere risultati immediati, certi, verificabili, riscontrabili da ciascuno. Il resto, a seguire.

    Anche questo è un modo affinché ciascuno veda e senta le proprie responsabilità e percepisca con chiarezza i limiti delle proprie possibilità, senza mettere ogni cosa in un calderone troppo vasto per poterci fare qualsiasi cosa senza i soliti intermediari (che sono poi quelli che finiscono invariabilmente per insabbiare tutto).

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  2. Il tasso di replicazione delle coppie italiane è di circa 1,21 ampiamente sufficiente ad assicurare una lenta decrescita in Italia. Eppure la popolazione italiana cresce ogni anno di circa 500 mila abitanti. Oggi in Italia siamo a 62 milioni, nel 2012 eravamo 60 milioni. Questa è la dimostrazione più evidente che sperare che politiche locali possano influenzare un fenomeno globale come l'esplosione demografica della specie Homo è una illusione. Quanto poi alla possibilità di creare barriere contro l'invasione di immigrati essa richiederebbe guerre, interventi militari di stabilizzazione (con migliaia di vittime) , politiche dispendiose di accordi con paesi limitrofi, revisione di trattati, la rimessa in discussione e forse la fine dell'europa, ecc. ecc. Per fare questo non ci sono né la volontà né la capacità politica, oltre che economica, necessarie.

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    1. No, l'invasione si potrebbe bloccare, e senza erigere muri, filo spinato, interventi militari, accordi coi paesi limitrofi ecc. ecc. E come, mi dirai. Esigendo il rispetto del diritto, della sovranità di ogni paese - che nota bene rivendica anche la Merkel, per es. per la Crimea, l'Ucraina ecc. Tutti a dire che la sovranità è una chimera, un ferrovecchio, eppure guai a occupare qualche centimetro quadrato di un territorio altrui. I confini esistono ancora, e per fortuna direi. Ma non c'è più la volontà di difenderli, anche se gli Italiani, forse la maggior parte, sono esterrefatti di dover subito un'invasione di barbari maleducati con telefonino che hanno la faccia tosta di lamentarsi del vitto, dell'alloggio e della modesta paghetta.
      Il diritto d'asilo non può signifcare dover subire l'invasione di milioni di disperati. Che cosa abbiamo a fare un esercito? Per interventi di polizia internazionale soltanto (in Iraq, Afghanistan, Libano, Libia, domani in Africa)?
      Principiis obsta. Il nostro peccato originale fu di accogliere quei 30'000 Albanesi su quel barcone, immortalati da Oliviero Toscani che sicuramente se lo fece pagare bene quel manifesto. Da allora è l'assalto alle nostre coste, con un governo imbelle o che esegue gli ordini della Trilaterale, del Vaticano e di altri poteri. Certo che la destabilizzazione dell'Italia e dell'Europa conviene al Vaticano. Non volete più credere nell'inferno? E allora godetevi i migranti.
      Io vivo da 58 anni in Svizzera e non posso votare nemmeno a livello comunale. La mia matrigna, italiana di origine ma nata a Zurigo nel 1926, dovette chiedere un'autorizzazione per comprarsi una casa negli Ottanta! Perché c'era una legge che limitava il diritto di acquistare immobili e terreni da parte di stranieri. C'erano regole da rispettare. Ora non ci sono più regole, o se ci sono non si rispettano più. I confini sono stati praticamente aboliti senza avere il coraggio di diro papale papale agli Italiani: si preferisce ricorrere a formule vuote come quella che non si possono erigere muri. Come se Mattarella e Napolitano non avessero eretto una muraglia cinese intorno alle lore case e ai loro conti bancari. O ti risulta che questi miserabili ospitino a casa loro, e non solo per un week end, qualche decina di disperati? Nessuna società può sussistere senza norme, senza una morale. Praticametne tutti gli Italiani pagano le tasse, anche se a volte o spesso malvolentieri, non rubano, non entrano in casa di altri ecc.
      L'invasione è voluta, la Merkel non parla più di popolo tedesco perché la parola popolo non è più politicamente corretta. Siamo tutti cittadini europei o del mondo o esseri umani, si deve praticare l'accoglienza, la generosità, l'altruismo - in attesa che ci freghino quel che resta sui nostri conti.

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    2. Grazie Sergio, mi hai risparmiato lo sforzo (peraltro inutile) di rispondere ad Agobit.

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  3. Articolo degno di menzione, ma effettivamente incompleto senza il saggio "cappello" aggiunto dal curatore del blog.

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