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mercoledì 23 settembre 2015

Il destino demografico dell'Europa (e dell'Italia)

Questa mappa mostra le variazioni medie annue nella popolazione di ciascuno dei comuni di 43 paesi europei: i Comuni in blu hanno perso popolazione, mentre quelle in rosso hanno l'hanno vista aumentare. L'intensità del colore è proporzionale a quello del cambiamento demografico: è più intenso in quelle aree in cui la variazione è superiore al 2% all'anno. I dati si riferiscono al periodo tra il 2001 e il 2011, l'ultimo disponibile. Sono stati raccolti e sviluppati dai ricercatori BBSR (Bundesinstitut für Bau-, Stadt- und Raumforschung), ente pubblico tedesco che si occupa di studi urbani e geografici. Regioni europee la cui popolazione ha registrato la maggiore crescita sono le isole britanniche, Francia e Spagna mediterranea. Quelli in cui la popolazione è diminuita di più sono i Balcani (ma bisogna considerare che mezza Romania si è trasferita in Italia) , la parte nord-occidentale della penisola iberica e gran parte dei paesi che si affacciano sul Mar Baltico. All'interno dello stesso stato, le tendenze possono variare da regione a regione. Per esempio, in tutta l'Europa nord-occidentale si vede una forte crescita nelle principali città. L'attuale situazione demografica nell'UE-27 conferma la tendenza verso una continua crescita ininterrotta dal 1960. La popolazione dell'UE-27 è cresciuta di 4,1 per 1 000 abitanti nel 2008, per effetto di una crescita naturale (cfr: Fonti e disponibilità dei dati) di 1,2 per 1 000 abitanti e di un saldo migratorio[1] di 2,9 per 1 000 abitanti. Nonostante un aumento della popolazione complessiva dell'UE-27 nel 2008, la distribuzione della variazione mostra una tendenza a concentrarsi nelle maggiori aree urbane. Senza il fenomeno immigratorio,ad eccezione della Francia, dell'Inghilterra e dell'Irlanda in cui la popolazione tenderebbe a crescere lievemente, tutte le altre aree andrebbero incontro ad un tasso di sostituzione o ad un lieve regresso della popolazione (complessivamente circa 100 mila abitanti in meno per anno considerando tutta l'area dei paesi UE).L'incremento demografico è invece attualmente positivo sia per i fenomeni immigratori che per i tassi complessivi di natalità che, considerando la differenza tra nuovi nati e nuovi arrivati e il numero dei morti, portano il tasso complessivo annuo di crescita della popolazione europea al 4,2 per 1000 ( secondo dati che riguardano l'anno 2008 si sono avuti due milioni e cento mila abitanti in più nell'Europa dei 27, di cui 1.500.000 per l'immigrazione e 600.000 per la natalità autoctona -anche essa in gran parte legata a popolazione di ex immigrati). Dati più recenti mostrano un aumento complessivo del numero annuale degli immigrati e una minore crescita dei nati autoctoni. Se notiamo le aree particolareggiate della carta europea redatta dal BBSR (ricordo che si riferisce al 2011 e non vi è ancora considerata l'accelerazione del fenomeno immigratorio degli ultimi anni) notiamo come a crescere complessivamente con una forte antropizzazione di tutto il territorio siano soprattutto la Francia, l'Irlanda e vaste zone della Spagna, il nord e il centro dell'Italia, il sud della Svezia, l'Inghilterra e la Scozia, l'area dell'ex Germania occidentale, le aree cittadine della Polonia.Tutte le grande aree urbane crescono fortemente. Fuori della UE è notevole la crescita in alcune aree della Turchia (grandi città). Crescono in maniera diffusa anche le popolazioni di Olanda e Belgio. La popolazione Italiana in assenza del fenomeno migratorio avrebbe potuto registrare un lieve calo di circa 60.000 unità per anno dal 2003 in poi. A causa della immigrazione regolare (quella illegale sfugge ad una quantificazione precisa e quindi non è compresa), il saldo demografico di crescita è consistito in circa 570.000 unità ogni anno, sempre a partire dal 2003. In sostanza, ogni due anni occorre trovare posto sul nostro già sovraffollato territorio (202 abitanti /kmq nel censimento 2012) per una nuova città delle dimensioni di Torino. Gli interessi della grande industria, dei gruppi finanziari e delle Banche (proprietarie di quasi tutti i giornali italiani) tendono ad identificare questa crescita come un fattore positivo per l'economia e una opportunità per il nostro paese. E' ovvio anche l'interesse dei costruttori, dei cementificatori, dei palazzinari e delle imprese che realizzano le infrastrutture sul nostro già martoriato e urbanizzato territorio, a vedere nella crescita della popolazione un ulteriore vantaggio e possibilità di affari (oltre che di corruzione). Sui media viene generata ad arte l'impressione che non esista alcun dissenso in merito, e che il destino del nostro paese e dell'Europa, dei paesaggi e della natura, del verde rimasto, dei suoli e delle acque di tutto il continente sia inesorabilmente segnato: teatro di una massiccia urbanizzazione, di una trasformazione in una unica infrastruttura che colleghi tra loro le aree delle megalopoli in un fitto intrecciarsi di asfalto, cemento, tubazioni, condotte, capannoni e tralicci. Areoporti, porti, stazioni, ferrovie e immense discariche di rifiuti, insieme a rigassificatori, centrali elettriche a idrocarburi, zone industriali e aree coperte da pannelli solari o colline rivestite di torri eoliche, secondo questi fautori della crescita demografica, completerebbero magnificamente il quadro paesaggistico della nuova Europa e dell'ex Bel Paese. Ultime arrivate, tanto per addolcire il panorama marino dalle nostre coste, le piattaforme di trivellazione per l'estrazione di gas e petrolio nelle coste e nei mari di Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, magari ricorrendo al fracking per aumentare la resa. Tutto questo viene fatto passare come sviluppo, come normale progresso economico e sociale, rabbonendo la popolazione con le solite giaculatorie sul fare più figli, sull'accoglienza illimitata, sulla desertificazione impellente e sullo spauracchio delle culle vuote. (Con l'occasione di questo articolo ringrazio tutti i lettori per le 200.000 visualizzazioni che il blog ha raggiunto dal primo post nel 2009)

2 commenti:

  1. Il quadro che descrivi è lì da vedere. Il fatto che non abbia nulla di naturale e spontaneo pure, con l'atteggiamento mistificatorio delle dirigenze a fare da cartina al tornasole. Un macello. le bestie non finiscono al macello per caso, ma perché rende tanto all'allevatore quanto al macellaio e, in fin dei conti, anche all'acquirente. Finiscono al macello perché costoro ce le portano. Noi, se non si fosse capito, siamo la mandria.

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  2. A cominciare dall'ambito demografico, 'la crescita per la crescita' è quella delle cellule tumorali e/o dei pensieri negativi nella depressione & in disturbi psichiatrici affini... Tuttavia, le società (post)industriali contemporanee sembrano non poterne fare a meno, pena l'immediato declino... Eppure in determinate circostanze/ogni tanto è opportuno (per non dire necessario) fermarsi a riflettere & porre dei limiti da non valicare: come farlo nella maniera più "soft" possibile?

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