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sabato 22 agosto 2015

Stephen Emmott: 10 miliardi




Volete sapere come la penso?  Penso che siamo fottuti “. A parlare così non è uno qualunque. E’ Stephen Emmott uno scienziato titolare della cattedra di Scienze Computazionali a Cambridge, esperto di scienze naturali e modelli di sistemi biologici complessi. Nel 2013 è uscito il suo libro: “10 miliardi “ in cui denuncia la minaccia che sta distruggendo la Terra ma di cui nessuno parla: l’esplosione demografica della specie Homo. Emmott è pessimista, anche perché nessuno si preoccupa seriamente del problema, le poche iniziative delle organizzazioni internazionali sono fallite, e ormai la situazione è troppo degradata per sperare che si riesca a salvare il pianeta. Ma non si può bollare semplicemente come catastrofista, Emmott infatti parla con i dati scientifici che possediamo, con i numeri che la situazione attuale ci pone di fronte. Anzi, proprio per evitare l’accusa di catastrofismo, si attiene alla visione in parte ottimistica dei dati dell’Onu sui tassi di fertilità: la previsione dei dieci miliardi per questo secolo si basa su tassi di fertilità che gli esperti Onu sperano si possano ottenere nei prossimi decenni. Essi sono inferiori agli attuali  che se rimanessero tali vedrebbero la popolazione mondiale schizzare a 28 miliardi, un dato che equivarrebbe alla fine della vita sul pianeta Terra.  Il suo è un grido di angoscia che vuole svegliare questa umanità cieca e sorda che sta divorando la Terra senza mostrare un minimo barlume di comprensione del problema. Davanti ai nostri occhi si consuma la fine della biosfera senza che  nessuno intervenga per fare le cose necessarie. Al contrario in tutti i media e in tutte le parti politiche (compresi i falsi ecologisti!)  prevale la retorica del “fare figli è bello” e che “oddio ci stiamo spopolando”. Una suprema stupidità per una fine, a questo punto, giusta e meritata.  Riporto di seguito un breve sunto del libro.

“ Noi umani siamo emersi come specie circa 200.000 anni fa. Per i tempi geologici, ciò è davvero incredibilmente recente.
 Solo 10.000 anni fa, c'erano un milione di noi. Nel 1800, solo poco più di 200 anni fa, eravamo 1 miliardo. Nel 1960, 50 anni fa, eravamo 3 miliardi. Ora siamo più di 7 miliardi. Nel 2050, i vostri figli, o i figli dei vostri figli, vivranno su un pianeta con almeno 9 miliardi di altre persone. A un certo punto verso la fine del secolo, ci saranno almeno 10 miliardi di esseri umani. Probabilmente di più. Siamo giunti dove ci troviamo ora attraverso diverse civiltà – e società – che hanno “dato forma” agli eventi, tra le più importanti: la rivoluzione agricola, la rivoluzione scientifica, la rivoluzione industriale e – in Occidente – la rivoluzione dell'assistenza sanitaria pubblica. Nel 1980, c'erano 4 miliardi di noi sul pianeta. Solo 10 anni dopo, eravamo 5 miliardi. Da questo punto si sono cominciate a vedere le conseguenze della nostra crescita. Non ultima  quella sull'acqua. Il nostro fabbisogno d'acqua – non solo l'acqua che beviamo, ma l'acqua di cui abbiamo bisogno per la produzione di cibo e per fare tutte le cose che stiamo consumando – sta andando alle stelle. Ma all'acqua sta cominciando ad accadere qualcosa. Nel 1984, i giornalisti hanno scritto dall'Etiopia di una carestia di proporzioni bibliche causata da siccità diffuse. Molte aree del medio oriente e dell’Africa stanno sperimentando crisi di siccità. Siccità inusuale, e alluvioni inusuali, stanno aumentando ovunque: Australia, Asia, USA, Europa. L'acqua, una risorsa vitale che pensavamo fosse abbondante, ora è improvvisamente divenuta potenzialmente scarsa.
Prendiamo un aspetto importante, per quanto poco conosciuto, dell'aumento dell'uso di acqua: “l'acqua nascosta”. L'acqua nascosta è l'acqua usata per produrre le cose che consumiamo ma delle quale non pensiamo possano contenere acqua. Tali cose comprendono pollo, manzo, cotone, automobili, cioccolato e telefoni cellulari. Per esempio: ci vogliono circa 3000 litri d'acqua per produrre un hamburger. Nel 2012, sono stati consumati circa 5 miliardi di hamburger solo nel Regno Unito. Sono 15 trilioni di litri di acqua, in hamburger. Solo nel Regno Unito. Qualcosa come 14 miliardi di hamburger sono stati consumati negli Stati Uniti nel 2012. Sono circa 42 trilioni di litri d'acqua. Per produrre hamburger negli Stati uniti. In un anno. Per produrre un pollo ci voglio circa 9.000 litri d'acqua. Nel solo Regno Unito abbiamo consumato circa un miliardo di polli nel 2012. Per produrre un chilogrammo di cioccolato ci vogliono circa 27.000 litri d'acqua.
Un’altra conseguenza della sovrappopolazione umana e della attività antropica sono i cambiamenti climatici.
I dieci anni più caldi mai registrati sono stati dopo il 1998. Sentiamo il termine “clima” ogni giorno, quindi vale la pena pensare a cosa intendiamo veramente con esso. Ovviamente, “clima” non equivale a tempo meteorologico, Il clima è uno dei sistemi di supporto vitali della Terra, che determina se noi esseri umani possiamo o no vivere su questo pianeta. E' generato da quattro componenti: l'atmosfera (l'aria che respiriamo), l'idrosfera (l'acqua del pianeta), la criosfera (le calotte glaciali e i ghiacciai), la biosfera (le piante e gli animali del pianeta). Ormai, le nostre attività hanno iniziato a modificare ognuna di queste componenti.

La richiesta di terreno per il cibo  raddoppierà – come minimo – nel 2050 e triplicherà per la fine di questo secolo. Ciò significa che la pressione per radere al suolo (per l'uso umano) molte delle foreste pluviali che rimangono si intensificherà ad ogni decennio, perché questo è pressoché l'unico terreno disponibile rimasto per espandere l'agricoltura su scala mondiale, specialmente in certe aree. A meno che la Siberia non si scongeli prima che finiamo di deforestare. Nel 2050, è probabile che 1 miliardo di ettari di terreno saranno deforestati per soddisfare la domanda di cibo in aumento da parte di una popolazione in aumento. E' un'area più grande degli Stati Uniti. E ad accompagnare questo ci saranno 3 gigatonnellate all'anno di ulteriori emissioni di CO2.
La Siberia, liberandosi dai ghiacci, trasformerebbe la Russia in una notevole forza economica e politica in questo secolo, per via delle sue risorse minerali, agricole ed energetiche appena scoperte. Ciò sarebbe accompagnato inevitabilmente dal fatto che ampi depositi di metano – attualmente intrappolati sotto il Permafrost siberiano della tundra – vengano liberati, accelerando ulteriormente il problema climatico.
Nel frattempo, altri 3 miliardi di persone avranno bisogno di un posto in cui vivere. Nel 2050, il 70% di noi vivrà nelle città. Sotto i nostri occhi sta avvenendo una crescita esponenziale della popolazione di molte città che si trasformano in megalopoli, spesso invivibili con una qualità della vita bassa. Questo secolo vedrà la rapida espansione territoriale delle città, così come la nascita di città completamente nuove che non esistono ancora. Vale la pena di menzionare il fatto che delle 19 città brasiliane che hanno raddoppiato la loro popolazione nei decenni passati, 10 sono in Amazzonia. Tutte queste useranno più territorio.

Attualmente non abbiamo nessun mezzo conosciuto per riuscire a sfamare 10 miliardi di noi al ritmo di consumo attuale e con l'attuale sistema industriale. Infatti, solo per sfamare noi stessi nei prossimi 40 anni avremo bisogno di produrre più cibo di tutta la produzione agricola degli ultimi 10.000 anni messa insieme. Tuttavia, la produttività alimentare è sulla via del declino, probabilmente in modo netto, durante i prossimi decenni a causa di: cambiamento climatico, degrado e desertificazione del suolo – entrambi i quali stanno aumentando rapidamente in molte parti del mondo – e stress idrico. Per la fine del secolo, vaste aree del pianeta non avranno più acqua utilizzabile. Inoltre l’uso massiccio dei fertilizzanti chimici, necessari per aumentare il rendimento della terra, sta inaridendo il terreno, inquinando le acque, asfissiando la vita di fiumi, laghi, acque costiere con un generale impoverimento di ossigeno.

Allo stesso tempo, il settore delle spedizioni e quello aereo sono proiettate verso una espansione rapida  ogni anno, anno dopo anno, intorno al pianeta, trasportando più persone  e più  cose che vogliamo consumare. Questo ci causerà enormi problemi in termini di emissioni di CO2, più utilizzo di idrocarburi, e più inquinamento da estrazione e lavorazione di tutta questa roba. Ma pensate a questo. Nel trasportare noi stessi e le nostre cose per tutto il pianeta, noi stiamo creando anche una rete molto efficiente per la diffusione di malattie potenzialmente catastrofiche. C'è stata una pandemia globale solo 95 anni fa – la Spagnola, che ora si stima abbia ucciso fino a 100 milioni di persone. E questo prima che una delle nostre innovazioni più discutibili – le linee aeree low cost – fossero inventate. La combinazione di milioni di persone che viaggiano in tutto il mondo ogni giorno e di altri milioni di persone che vivono in prossimità estrema a maiali e pollame o di animali selvaggi che finora erano vissuti in aree spopolate come avviene in Africa e in Asia –   rendendo più probabile il salto di specie dei virus ( come avvenuto per l’HIV, per il virus Lebola, e per fortuna parzialmente con la SARS)– significa che stiamo aumentando, significativamente, la probabilità di una nuova pandemia globale. Quindi non c'è da stupirsi che gli epidemiologi siano sempre più d'accordo sul fatto che una nuova pandemia ora sia una questione di “quando” e non di “se”.
Per il problema dell’energia la situazione è già ora delle più difficili. Per soddisfare la domanda attesa, dovremo almeno triplicare – come minimo – la produzione di energia per la fine del secolo. Per soddisfare tale domanda, dovremo costruire, approssimativamente, qualcosa come: 1.800 delle dighe più grandi al mondo, o 23.000 centrali nucleari, 14 milioni di pale eoliche, 36 miliardi di pannelli solari o continuare prevalentemente con le riserve petrolio, carbone e gas – e costruire le 36.000 nuove centrali a idrocarburi di cui   avremo bisogno. Le nostre riserve di petrolio, carbone e gas da sole valgono trilioni di dollari. I Governi e le grandi aziende di petrolio, carbone e gas – alcune delle più influenti multinazionali della Terra – decideranno davvero di lasciare i soldi sottoterra, mentre la domanda di energia aumenta senza sosta? Ne dubito.
Nel frattempo, il problema climatico emergente si trova su una scala completamente diversa. Il problema è che potremmo essere diretti verso un certo numero di “punti di non ritorno” nel sistema climatico globale. C'è l'obbiettivo globale politicamente condiviso - guidato dal Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) – di limitare l'aumento della temperatura media globale a +2°C. Il fondamento logico di questo obbiettivo è che un aumento al di sopra dei 2°C porta a rischi significativi di cambiamento climatico catastrofico che porterebbero quasi certamente a “punti di non ritorno” planetari, causati da eventi come la fusione della piattaforma di ghiaccio della Groenlandia, il rilascio dei depositi di metano ghiacciato dalla tundra artica, o il degrado dell'Amazzonia. Di fatto, i primi due stanno già avvenendo ora, al di sotto della soglia dei +2°C.
Nei decenni lungo il tragitto che stiamo seguendo , saremo testimoni di estremi eventi atmosferici senza precedenti, incendi, alluvioni, ondate di calore, perdita di raccolti e foreste, stress idrico e aumento del livello del mare con inondazione di aree costiere.
I paesi più “fortunati”, come il Regno Unito, gli Stati Uniti e gran parte dell'Europa, potrebbero divenire simili a paesi militarizzati, con pesanti controlli in difesa dei confini al fine di evitare l'ingresso di milioni di persone, persone che si stanno muovendo perché il loro paese non è più abitabile, o vi sono riserve di  acqua insufficienti per il cibo o che sta vivendo dei conflitti per le risorse sempre più scarse. Queste persone saranno “migranti climatici”. Il termine “migranti climatici” è un termine al quale ci dovremo abituare sempre di più, insieme a quello di migranti per eccesso di nascite in aree con poche risorse. Infatti, chiunque pensi che l'emergente stato globale delle cose non abbia un grande potenziale per un futuro conflitto civile e internazionale illude sé stesso. Non è una coincidenza che quasi ogni conferenza scientifica alla quale vado sul cambiamento climatico, ora abbia un nuovo tipo di partecipante: i militari. In ogni modo la guardiamo, un pianeta di 10 miliardi si presenta come un incubo. Quali sono, quindi, le nostre opzioni?
La sola soluzione che ci rimane è quella di cambiare comportamento, radicalmente e globalmente, ad ogni livello. In breve, abbiamo urgentemente bisogno di consumare meno. Molto meno. Radicalmente di meno. E dobbiamo conservare di più. Molto di più. Per ottenere un tale cambiamento radicale nel comportamento, avremmo bisogno anche di un'azione governativa radicale. Ma per quanto riguarda questo tipo di cambiamento, attualmente i politici sono parte del problema, non parte della soluzione, perché le decisioni che devono essere prese per attuare un significativo cambiamento di comportamento dei cittadini rendono inevitabilmente i politici molto impopolari e loro ne sono del tutto consapevoli.
Quindi, ciò per cui hanno invece optato i politici è una diplomazia fallimentare. Per esempio: il UNFCCC (UN Framework Convention on Climate Change), il cui lavoro è stato per 20 anni di ottenere la stabilizzazione dei gas serra nell'atmosfera: fallito. Il UNCCD (UN Convention to Combat Desertification), il cui lavoro è stato per 20 anni quello di fermare il degrado dei terreni e la desertificazione: fallito. Il CBD (Convention on Biological Diversity), il cui lavoro è stato per 20 anni quello di ridurre il ritmo di perdita della biodiversità: fallito. Questi sono solo tre esempi di iniziative globali fallite da parte del principale organismo politico internazionale. L'elenco è tristemente lungo.
E che dire degli affari? Nel 2008, un gruppo di economisti e scienziati molto rispettati guidati da Pavan Sukhdev, allora un economista anziano della Deutsche Bank, ha condotto un'autorevole analisi economica del valore della biodiversità.
Sukhdev ha poi dichiarato: “Le regole del commercio devono essere urgentemente cambiate, in maniera che  le multinazionali competano sulla base dell'innovazione, della conservazione delle risorse e la soddisfazione delle richieste delle diverse parti in causa, piuttosto che, come ora avviene, sulla base di chi è più efficace nell'influenzare le regole governative, evitando tasse e ottenendo sussidi per attività dannose per massimizzare il ritorno per gli azionisti”. Penso che ciò potrà accadere? No.
 E per quanto riguarda noi?
I cambiamenti nel comportamento che ci vengono richiesti sono così fondamentali che nessuno vuole metterli in pratica. Quali sono? Noi dobbiamo consumare meno. Molto meno. Meno cibo, meno energia, meno cose. Questo è sicuro. Ma non abbiamo ancora trovato una chiave politica che possa portarci a questo risultato. Inoltre i paesi che stanno ottenendo sviluppo attualmente non ne vogliono sapere di cambiare parametri. E quelli già sviluppati stanno cercando di aumentare il Pil anche per soddisfare le popolazioni affluenti con le migrazioni, e non ne vogliono sapere di ridurre i loro consumi.
Ma anche se fossimo in grado di ridurre di molto i consumi, tutto questo non può bastare a salvare il pianeta se continueremo con l’attuale esplosione demografica. La specie Homo con la propria crescita incontrollata sta cambiando irreversibilmente e in maniera autodistruttiva il proprio ambiente e l’ecosistema complessivo del pianeta. La peggior cosa che possiamo continuare a fare – globalmente – è quella di avere figli al ritmo attuale. Se l'attuale ritmo globale di riproduzione continua, per la fine del secolo non ci saranno 10 miliardi di esseri umani ma molti di più. Secondo le stime  delle Nazioni unite, la popolazione dello Zambia è prevista in aumento del 941% per la fine del secolo.

La popolazione della Nigeria in crescita del 349%, fono a 730 milioni di persone.
L'Afghanistan del 242%.
La Repubblica democratica del Congo del 213%.
Il Gambia del 242%.
Il Guatemala del 369%.
L'Iraq del 344%.
Il Kenya del 284%.
La Liberia del 300%.
Il Malawi del 741%.
Il Mali del 408%.
Il Niger del 766%.
La Somalia del 663%.
L'Uganda del 396%.
Lo Yemen del 299%.

Persino la popolazione degli Stati Uniti è prevista in crescita del 54% per il 2100, da 315 milioni nel 2012 a 478 milioni. Voglio solo sottolineare che se l'attuale ritmo globale di riproduzione continua, per la fine del secolo non ci saranno 10 miliardi di persone, ce ne saranno 28 miliardi.
Solo un idiota negherebbe che c'è un limite al numero di persone che la Terra può sostenere. La domanda é, sono 7 miliardi (la nostra popolazione attuale), 10 miliardi o 28 miliardi? Penso che abbiamo già superato quel limite. Di gran lunga.

La scienza è essenzialmente scetticismo organizzato. Io passo la mia vita cercare di provare che il mio lavoro sia sbagliato o a cercare spiegazioni alternative ai miei risultati. E' chiamata condizione popperiana della falsificabilità. Spero di sbagliarmi. Ma la scienza va in una direzione che dice che non mi sto sbagliando. Possiamo a ragione chiamare la situazione un'emergenza senza precedenti. Abbiamo urgentemente bisogno di fare – e intendo fare realmente – qualcosa di radicale per evitare la catastrofe globale. Ma non credo che lo faremo. Penso che siamo fottuti. Ho chiesto ad alcuni dei più razionali e brillanti scienziati che conosca – uno scienziato che lavora in questo campo, uno giovane e uno del mio laboratorio – se ci fosse stata una sola cosa che doveva fare per la situazione che abbiamo di fronte, quale sarebbe stata? Uno di loro sapete come ha replicato? “Insegnare a mio figlio come usare una pistola”

(Stephen  Emmott: Dieci Miliardi. Feltrinelli serie bianca)

20 commenti:

  1. << Ho chiesto ad alcuni dei più razionali e brillanti scienziati che conosca (...) se ci fosse stata una sola cosa che doveva fare per la situazione che abbiamo di fronte, quale sarebbe stata? Uno di loro sapete come ha replicato? “Insegnare a mio figlio come usare una pistola””

    Temo che non sarà sufficiente neppure una pistola.
    La difesa privata ha un senso solo in una società comunque funzionante, e quella prossima ventura (diciamo tra 20-30 anni) potrebbe non esserlo più.
    Al massimo un'arma potrebbe servire per suicidarsi, quando le circostanze saranno talmente tragiche da non lasciare più nessuna via di scampo.
    Scusate il pessimismo cosmico, ma basta aprire un qualunque telegiornale per rendersi conto che su questa strada siamo già incamminati, praticamente nell'ignavia generale.

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    1. "Penso che abbiamo già superato quel limite. Di gran lunga." Questa è una frase sensata.
      "[...] quella prossima ventura (diciamo tra 20-30 anni) potrebbe non esserlo più". Questa è una frase con una formulazione da evitare, anche perché la società "nostrana" (benché considerata tra le "privilegiate") ha già mandato al macero gran parte della propria "funzionalità".
      Il concetto della pistola andrebbe rivisto subito su scala nazionale. Avete idea di cosa significhi "difesa dei confini"? E' la versione in stile nazionale dell'usare la pistola che già abbiamo e che ci costa una fortuna. Le nostre dirigenze (in senso lato), al contrario, ci stanno scavandoora una fossa molto profonda usando come piccone e badile i moti migratori in ingresso. [1]
      Per il futuro servono interventi? Certo. Ma gli interventi servono già ora e, nel nostro caso, riguardano per prima cosa l'interruzione della fonte di danno più consistente: l'immigrazione (attenzione, non extracomunitaria, di massa, eccessiva, incontrollata o chissà che altro, no, l'immigrazione in ogni sua manifestazione). Sono più che disposto a rivedere i miei "consumi" (già abbondantemente rivisti, in verità), accertato che nessuno possa avere "consumi" elevati, ma solo in cambio dell'espulsione immediata dei milioni di forestieri [3] che affollano e degradano il luogo ove vivo.
      E' una posizione scorretta? Eh, perché è corretto quello che le dirigenze ci stanno caricando sul groppone? Mica stiamo parlando di cosette, nè!

      [1] tra l'altro, usando i costosissimi mezzi predisposti alla difesa del territorio proprio per danneggiare gravemente il territorio e la cittadinanza che quei mezzi li paga
      [2] il che sottintende che anche i capoccioni devono scendere col culo per terra allo stesso livello del mio, senza scappatoie
      [3] attenzione: non tutti i forestieri sono "stranieri"; l'immigrazione non fa danni all'ambiente solo quando arriva dall'estero

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  2. L'immagine dei pesci nella boccia è fantastica nella sua espressività immediata. Centro!

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  3. << gli interventi servono già ora e, nel nostro caso, riguardano per prima cosa l'interruzione della fonte di danno più consistente: l'immigrazione (attenzione, non extracomunitaria, di massa, eccessiva, incontrollata o chissà che altro, no, l'immigrazione in ogni sua manifestazione). >>

    Quoto in toto MrKey: sono d'accordissimo con lui !
    I nostri governanti dovrebbero essere processati per "alto tradimento" e "intelligenza col nemico".

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    1. Lumen, nota la cura certosina e pelosa con la quale perfino Salvini (che vuol dare di sé l'immagine di paladino a difesa dall'immigrazione ma che tale non è) stia molto attento ad affiancare sempre il termine immigrazione con qualche qualificativo restrittivo che gli lasci aperto lo spiraglio per fare gli "opportuni" dietro-front nel momento d'un'eventuale resa dei conti. Se non ci hai ancora fatto caso, presta attenzione, non ti sfuggirà.

      Cito Salvini perché al momento è quello che impersona il ruolo del "poliziotto fermo e risoluto" (oh, già!), ma la stessa carta se la giocano anche tanti altri, uno più doppio e truffaldino dell'altro. Hai usato la parola giusta per descriverli: traditori, che meriterebbero d'essere trattati come prevedevano gli "antichi" codici militari. Questi ci portano alla rovina giusto per potersi permettere l'ennesimo BMW, l'ennesima vacanzina chissà dove o l'ennesima picia d'alto bordo. Oppure hanno una "rivoltella" puntata alla testa della quale noi cittadini "comuni" non sappiamo nulla e fanno quel che fanno per comprensibilissimo terrore dell'aguzzino di turno (e ce ne sono diversi).

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  4. Al di là del suo finale tendenzialmente "noir", il saggio di Emmott costituisce un salutare e quindi prezioso (sebbene inquietante) 'sasso lanciato nello stagno' della diffusa indifferenza (quando non attiva collaborazione) di matrice economico-politico-religiosa & mass-mediatica rig.do al disastroso fenomeno contemporaneo dell'esplosione demografica umana globale (in particolare afro-asiatica)...

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  5. Comunque, per quanto riguarda l'agricoltura, e' meglio ascoltare questo, che almeno e' del mestiere e sa di cosa parla (sia il video che le diapositive relative sono molto interessanti, me li sono segnati, e' molto raro trovare informazioni concrete e reali su quest'argomento):
    http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=16855
    Gli ambientalisti spesso credono che tornare a metodi tradizionali salverebbe il mondo. Magari, non si torna indietro.

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    1. Tornare a metodi tradizionali in quattro gatti, sì, funzionerebbe alla grande. E' il gigantismo che fa i danni maggiori, e tra i lettori di questo sito lo sappiamo bene. Il baloccarsi con complicazioni su complicazioni agevola il gigantismo (ne è, direi, un frutto) e ne permette il peggioramento.

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  6. Mi chiedo se la crisi ormai strutturale dell'Occidente e quella inaspettata della Cina siano collegate alla insostenibilità ecologica della pressione antropica sul pianeta, alla incapacità del pianeta di sopportare un aumento ulteriore della produzione, all'esaurimento delle risorse ed un aumento anch'esso insostenibile dei consumi energetici.

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    1. No.
      Noi tendiamo a ricondurre i problemi della Crisi mondiale, sempre a un problema di risorse, invece c'è un problema opposto.
      C'è troppa produzione (offerta) che non trova compratori (domanda).
      Con il prezzo del petrolio a brezzi bassissimi (anche se temporaneamente), all'economia mondiale non manca l'energia, anzi ne ha anche troppa!
      Il problema è che si sta creando una differenza incolmabile tra 1% della popolazione ricchissima, e il 99% che ha poco (e quindi, la domanda di beni, è bassa).

      Non parlano di sovrappopolazione proprio per questo motivo, perché loro vogliono più persone che comprino i loro beni.

      Come si finirà il passaggio all'Industria di 4a generazione (al 99% automatizzata, con solo qualche persona come supervisore); il crollo dell'economia mondiale sarà irrefrenabile, se non si cambia il sistema capitalistico liberista.

      Il problema delle risorse arriverà soltando dopo.

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    2. Ottimo commento, Alessando: sono d'accordo con te.
      In effetti, al momento, si tratta ancora di una crisi di sovra-produzione, ed il problema delle risorse arriverà dopo.
      Ma non manca molto.

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    3. La cosa divertentissima e' che, nel mentre l'efficienza della produzione aumenta al punto tale che la maggior parte dei lavori e' fittizia e serve solo a creare il pretesto per dare un reddito e un'occupazione alla maggior parte delle persone, c'e' chi di fronte alla crisi dice che dobbiamo tornare alla lettera della costituzione nella sua celebrazione del lavoro inteso come valore primario quando non assoluto...

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    4. Sottintendevo che sono gli anticapitalisti.

      La confusione regna sovrana...

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    5. Il lavoro è una meta risorsa utile per accaparrarsi la metametarisorsa, il denaro, che non è altro che una rappresentazione simbolica di (fittizie) risorse reali: spazio, energia, beni, servizi.

      > 1% della popolazione ricchissima, e il 99% che ha poco
      Dal punto di vista ecologico questo è un bene,nel senso che l'impronta ecologica dell' 1% di riccastri, per quanto essi si sforzino di dissipare, consumare, scialare, è fisicamenrte superiormente limitata: un iperricco non può guidare contemporaneamente 86000 veicoli, non può farsi 235607 docce al giorno, per quanto possa avere una abitazione vasta essa occuperà una infinitesima parte rispetto alla superficie ex-biotica, ex-verde occupata da 108415 non-così ricchi, , anche supposto che acquisti 20 paia di scarpe lussuose al giorno (e ciò non succede, ovviamente, dopo alcuni giorni il/la riccastr* si romperebbe i maroni/le ovaie) sono comunque molto meno delle scarpe necessarie per 306510 persone (supponendo una durata di un paio di scarpe di 6 anni, sono ca. 140 calzature al giorno).

      Proprio oggi ho pubblicato una pagina che ho preparato in un tempo forse troppo lungo, in cui ho cercato di divulgare un altro punto di vista, quello di Gunnar Heinsohn, sul bubbone giovanile (youth bulge) sempre e comunque un problema di crescita demografica (di maschi), come causa di violenza, disordini, crimini di massa, etc.

      Tra le altre cose ringrazio Lumen che, a suo tempo, mi mise, con un suo commento qui dentro, a conoscenza di questa teoria/legge etologica elaborata da Heinsohn.

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    6. UnUomoInCammino: "l'impronta ecologica dell' 1% di riccastri, per quanto essi si sforzino di dissipare, consumare, scialare, è fisicamenrte superiormente limitata"

      Lo sò, perché l'ho calcolata.
      Guarda il consumo totale dei Paesi più ricchi (che consumano più barili di petrolio pro-capite).
      http://www.sviluppoerisorse.eu/dati/primaria/ProCapiteFasce.aspx

      Dal punto di vista pro-capite, consumano tantissimo;
      ma in valore assoluto, i loro consumi quasi neanche appaiono nel grafico.

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    7. Nel grafico che ti ho linkato, fa pure un calcolo (puoi cambiare i valori).

      Se si garantisse a tutti gli uomini del mondo, un tenore di vita medio almeno uguale a quello di un Egiziano (1,1 tep/anno) i consumi aumenterebbero del 20%.

      Questo significa che:
      - Che con il 20% di energia, si può dare una vita decente a tutta la popolazione mondiale;

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    8. Ecco il collegamento attivo

      http://www.sviluppoerisorse.eu/dati/primaria/ProCapiteFasce.aspx

      > Dal punto di vista pro-capite
      Il pro-capite è un'astrazione morale ovvero antropocentrica che non ha alcuna rilevanza in ecologia dove sono i valori assoluti che contano.

      Ad esempio, il fatto che 50 ettari di terreno biotico, con capacità fotosintetica, vengano distrutti ovvero cementificati/catramificati. etc.
      o - per una delirante, pacchiana, magione hollywoodiana per una famiglia di neoriccastri di tre persone
      o - per realizzare una villettopoli per 32708 persone

      non cambia (quasi) assolutamente nulla in termini di
      o - danni per la falda in termini di diminuita capacità di ricaricamento
      o - diminuzione della capacità di quel bosco/campo di assorbire CO2 e altri rifiuti del metabolismo umano ed economico
      o - abbassamento della capacita di regolazione in meglio del microclima locale
      o - sterminio della flora e fauna che vive su quei 50 ha
      o - ...


      Diciamo che - ma è ancora un livello antopocentrico - la ricchezza è antiecologica come modello per la massa: ci sono centinaia di milioni di stupidi homo il cui anelito non è altro che essere famosi e (iper)ricchi (ovvero, come osservava Zygmunt Bauman,, mentalmente miserabili, visto che la maggior parte di questi (iper)riccastri ha questa nevorsi compulsiva della scarsità, del "non ho denari / beni a sufficienza" non posso fare altro / devo assolutamente aumentarli e passare la vita ad aumentarli perché sono "insufficienti").

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    9. > per quanto essi si sforzino di dissipare, consumare, scialare, è fisicamenrte superiormente limitata: un iperricco non può [...]

      Qui una correzione dei calcoli.

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  7. Arriva postuma perché non pubblicizzata e anzi passata sotto silenzio dai principali media -ma non importa- la dichiarazione di Sir Peter Scott. fonfatore del WWF, la quale si unisce ad altre, queste più attuali, di importanti personaggi del mondo ecologista i quali riconoscono finalmente la preminenza del problema sovrappopolazione come causa e fondamento di tutti gli altri riguardanti il degrado dell'ambiente, la cementificazione, la perdita di sempre più specie animali e vegetali. E' il caso di sottolineare che ogni giorno molte altre specie corrono attualmente il rischio di estinzione (in quanto ridotte a pochi esemplari) per l'eccessiva espansione della specie Homo. Riporto la dichiarazione di Peter Scott, segnalata da Luca Pardi:
    Sir Peter Scott, fondatore del wwf (vissuto 1909-1989): " sai, quando abbiamo istituito il wwf, il nostro obiettivo era quello di salvare le specie in pericolo di estinzione. Ma abbiamo fallito completamente; non siamo riusciti a salvarne una sola. Se solo avessimo messo tutto quel denaro in preservativi, avremmo fatto qualcosa di buono."

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  8. Ho citato questa pagina. Vorrei mettere un sorriso ma non c'è proprio un cazzo da sorridere.

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