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sabato 7 febbraio 2015

La Sesta Estinzione




Elizabeth Kolbert, esperta di riscaldamento climatico ed ecologista del Times, ci descrive nel suo libro “La Sesta Estinzione” la storia innaturale del nostro pianeta, in cui una specie infestante, con i suoi alti tassi di natalità che hanno portato all’esplosione più massiccia e senza precedenti di una sola specie, sta determinando l’estinzione di massa di moltissime altre specie viventi e sta devastando l’ambiente naturale della Terra in maniera irreversibile. Il grande Killer, la specie assassina, occorre prenderne atto, siamo noi proprio noi. Questa scimmia è fornita di capacità raziocinante ma risulta  incapace di capire dove la sta portando il suo modo di intendere il mondo come sua assoluta proprietà, come magazzino di merci a sua disposizione. Riporto una sintesi della tesi di fondo di questo libro che passa in rassegna in maniera particolareggiata e documentata la storia di molte estinzioni pregresse delle singole specie raffrontandole con quelle assai più drammatiche cui stiamo assistendo. Gran parte del dramma risiede nel fatto che la causa di tanta distruzione siamo noi stessi.

Un numero sempre maggiore di specie animali è in via di estinzione. Nell’epoca che stiamo vivendo – l’Antropocene-  stiamo assistendo ad una immensa catastrofe che supera le precedenti “Big Five” che hanno portato alla scomparsa di specie importanti come i dinosauri o il mastodonte americano o l’alca gigante o innumerevoli specie di piante. Ma quella che sta avvenendo ai nostri giorni rischia di cambiare per sempre l’aspetto, la storia  e il destino della Terra. Dalla distruzione della foresta amazzonica, ai cambiamenti irreversibili della cordigliera delle Ande, alla frammentazione della Grande Barriera Corallina, alla scomparsa di specie come le rane d’oro del centro america, al pipistrello bruno, agli orsi, alle foche, alle tante specie di uccelli in pericolo, a migliaia di specie marine, al triste destino dei rinoceronti e degli elefanti e delle tantissime specie a rischio nel continente africano, stiamo assistendo ad una estinzione di massa senza precedenti. Tutto questo nel silenzio generale, anzi mentre tutte le discussioni vertono sulle esigenze egoistiche  della specie Homo e sull’aumento continuo dei suoi consumi e della sua produzione. Tutti siamo preoccupati che nei prossimi anni non potremo cambiarci l’automobile come negli anni precedenti, o dovremo prendere un numero minore di aerei, o accontentarci di un tenore di vita meno dispendioso. Ci disinteressiamo invece completamente di quello che sta avvenendo alle specie viventi diverse da Homo che ci hanno accompagnato per milioni di anni.
Da dove nasce la grande catastrofe cui stiamo assistendo? Tutto comincia con la comparsa di una nuova specie animale, forse duecentomila anni fa. Come accade a tutte le specie molto giovani, la sua posizione è all’inizio piuttosto instabile. Ridotta numericamente, la sua presenza è limitata a una ristretta porzione dell’Africa orientale. Lentamente la popolazione di questa nuova specie  cresce. I membri di questa specie non sono dotati di particolare rapidità nei movimenti, né possiedono una grande forza o alti tassi di fertilità. E tuttavia sono pieni di risorse. Gradualmente si spingono verso nuove regioni con climi differenti, differenti predatori, differenti prede da cacciare. Sembra che nessuno dei classici limiti ambientali né la geografia possa scoraggiarne la migrazione. Nelle zone costiere raccolgono crostacei e molluschi, in quelle interne cacciano altri mammiferi. Si adattano in fretta a ogni luogo intervenendo fortemente e trasformando l’ambiente circostante. Quando si spostano verso l’Europa, entrano in contatto con creature particolarmente simili a loro (Neanderthal), ma più robuste e forse dotate di maggiore forza muscolare. Si incrociano con questa nuova popolazione e poi, in un modo o nell’altro, la sterminano. L’esito di questa vicenda si rivelerà esemplare. Man mano che la specie in questione amplia il suo raggio di azione, incrocia il cammino di altri animali, di dimensioni anche due, dieci, venti volte maggiori: enormi felini, orsi giganteschi, tartarughe grosse come elefanti, bradipi alti quasi cinque metri. Sono specie fisicamente più forti, e spesso molto più feroci. Ma non si riproducono con rapidità, e vengono spazzate via. Anche se è terrestre per natura, la nostra specie –alquanto ingegnosa- attraversa i mari. Raggiunge isole abitate da esemplari di particolari processi evolutivi: uccelli con grandi uova, ippopotami nani, scincidi giganti. Queste creature, abituate all’isolamento totale, sono male equipaggiate per far fronte ai nuovi arrivati o ai loro compagni di viaggio (la maggior parte delle volte, topi). Molte di loro, ancora una volta, soccombono. Il processo non si arresta; si protrae a singhiozzo per millenni, finché la specie in questione non si è diffusa praticamente in ogni angolo del pianeta. A questo punto, più o meno contemporaneamente, intervengono diversi fattori che permetteranno all’Homo sapiens, questo è il nome che la specie è giunta a darsi, di riprodursi con una frequenza senza precedenti. In un solo secolo la popolazione raddoppia; in seguito raddoppia ancora, e poi ancora una volta in qualche decennio. Intere foreste vengono abbattute. Gli esseri umani lo fanno di proposito, allo scopo di procurarsi il sostentamento. Trasportano organismi da un continente all’altro, alterano le terre, cacciano e distruggono animali, inquinano, bruciano, edificano, imprimendo così un nuovo aspetto alla biosfera terrestre. Introducono senza volerlo agenti patogeni e quando in un ambiente si presenta un agente patogeno del tutto nuovo è come se venisse introdotta una pistola in un duello col coltello.  Non avendo mai incontrato prima il fungo o il virus o il batterio, il nuovo ospite non possiede difese contro l’aggressione che sta per ricevere.Questo tipo di interazioni sono letali. Nell’ottocento il castagno americano fu distrutto dal fungo parassita Cryphonectria importato dal Giappone (qualcosa come 4 miliardi di alberi scomparvero). Molte popolazioni di animali furono annientate da virus o batteri.
Ma nell’ultimo secolo si sta per compiere una trasformazione  ancora più  insolita e radicale. Dopo aver scoperto riserve sotterranee di energia, gli uomini avviano un processo di consumo di idrocarburi che modifica la composizione dell’atmosfera. Questo, a sua volta, altera gli equilibri climatici e chimici degli oceani. Alcune specie animali e vegetali reagiscono spostandosi: superano montagne e mari e migrano verso i due poli. Ma un gran numero di queste –sulle prime centinaia di specie, poi migliaia, e in seguito forse milioni- si ritrovano abbandonate nel deserto.Il tasso di estinzione cresce vertiginosamente, e il modo in cui è strutturata la vita sul pianeta muta. Per sostenere il numero crescente di esemplari Homo la specie assassina che sta infestando il pianeta ricorre a fertilizzanti, estrae azoto dall’atmosfera per utilizzarlo chimicamente per produrre cibo, riempie di veleni e antiparassitari le terre emerse e le acque per aumentare la produzione di cibo, utilizza dosi massicce di anabolizzanti ed ormoni per aumentare la produzione di carne, depreda i mari di pesci e molluschi, li riempie di plastiche di scarto. I veleni immessi aumentano anche essi vertiginosamente la distruzione di specie animali e vegetali.
In passato le grandi estinzioni avevano visto la loro origine in una glaciazione, come nel caso dell’estinzione della fine dell’Ordoviciano; nel riscaldamento globale e i mutamenti della composizione chimica degli oceani per quella della fine del Permiano; l’impatto di un asteroide contro il nostro pianeta nelle battute finali del Cretaceo. L’estinzione attualmente in corso ha le sue nuove cause specifiche: non un asteroide o una imponente eruzione vulcanica, ma una specie infestante: l’essere umano. La modernità è la piena espressione di questa distruttività umana. Si tratta di una capacità forse inscindibile dalle caratteristiche che ci rendono umani: l’irrequietezza, la creatività, la capacità di collaborare e risolvere i problemi intervenendo attivamente sull’ambiente circostante. “Sotto molti aspetti il linguaggio umano  è come il codice genetico”, ha scritto il paleontologo britannico Michael Brenton. “L’informazione viene immagazzinata e trasmessa, con delle modifiche, di generazione in generazione”. E’ la comunicazione a tenere insieme la società e a permettere agli esseri umani di sfuggire all’evoluzione. Eppure queste capacità aggiunte all’estremo egoismo di specie che ci caratterizza come umani ci sta conducendo alla catastrofe. Saremo in grado di prenderne coscienza e di cambiare rotta (se si è ancora in tempo?). Proprio ora, in quel magnifico momento che è per noi il presente, ci troviamo a decidere quale percorso evolutivo rimarrà aperto e quale invece verrà sbarrato per sempre. Nessuna altra creatura si è mai trovata a gestire nulla di simile, e sarà, purtroppo, il lascito più duraturo della nostra specie. La Sesta Estinzione continuerà a determinare il corso della vita sul pianeta molto dopo che ciò che l’uomo ha scritto e dipinto e costruito sarà ridotto in polvere, quando magari i ratti giganti avranno –oppure no- ereditato il pianeta. 

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