"C'è la sensazione che stia per succedere qualcosa; quello che non si riesce a prevedere è quando. Forse godremo di altri anni di pace, ma è altrettanto possibile che dalla sera alla mattina succeda una catastrofe" (Carl von Lang, inizio 1914)
Il libro dello storico Max Hastings è un grande affresco sull'Europa di cento anni fa e soprattutto sul primo anno della Grande Guerra. Vi sono descritte in maniera avvincente le condizioni che portarono allo scoppio del conflitto che mise fine alla Belle Epoque, e le grandi battaglie del primo anno di guerra, gli scontri in campo aperto e nelle città con gli spostamenti e le manovre dei corpi di armata, spesso con particolari di singoli episodi che ci fanno capire la portata e la drammaticità di quello scontro epocale. Fu un conflitto che nacque quasi in sordina, nella incredulità generale. Nessuno credeva che sarebbe scoppiata una guerra e le classi dirigenti dell'epoca erano come "sonnambuli" che ballavano sull'orlo del precipizio secondo la bella definizione del romanzo di Clark sullo stesso argomento. Dopo l'inizio della guerra, tutti pensavano che sarebbe durata solo qualche mese, e che la questione si sarebbe risolta in poche battaglie. Così, di sottovalutazione in sottovalutazione, si consumò la più grande carneficina della storia con un numero di vittime senza precedenti.
Mi sono spesso chiesto perché quella guerra fu tanto importante per le sorti dell'occidente, e perché in fondo il nostro declino come europei è cominciato da allora. In quei campi di battaglia si posero le condizioni per la successiva deriva autoritaria del ventesimo secolo, e il grande conflitto della seconda guerra mondiale. Fu lo storico Nolte che parlò di Conflitto civile europeo 1914-1945. Quale furono dunque le motivazioni recondite che portarono alla guerra tra gli Imperi Centrali e le potenze alleate, al di là delle motivazioni contingenti? Perché è ovvio che l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando e lo scontro per il dominio sui balcani tra Austria e Russia furono solo il grilletto che fece confliggere motivazioni e interessi ben più profondi e sostanziali. Tra questi certamente la nuova potenza tedesca dopo la riunificazione e la cultura militarista prussiana giocarono un ruolo, insieme all'instabilità "multiculturale" e "multietnica" dell'antico Impero Austro-Ungarico. Ma ci furono anche altre condizioni che riguardano da un lato la composizione demografica con la gran massa di giovani nati tra la guerra Franco Prussiana del 1870 e il primo decennio del '900. Solo la Germania era passata da 40 milioni di fine ottocento ai 65 milioni del 1914.Tutti quei giovani erano intrisi dello spirito nazionalistico che aveva visto le grandi nazioni europee impegnate nelle conquiste coloniali e nello sviluppo industriale e tecnologico guidati da una cieca fede nel progresso e nella scienza. Dall'altro ci fu la spensieratezza sconfinante nell'incoscienza derivante da quel quarantennio che aveva preceduto la guerra: un quarantennio di relativa pace e di crescita di una società borghese che aveva dimenticato i sacrifici delle guerre ottocentesche e i loro costi umani. Soprattutto vi fu una sottovalutazione culturale dell'enorme potenziale tecnologico delle nuove armi come le mitragliatrici e i cannoni a lunga gittata, gli aerei e i nuovi mezzi di telecomunicazione.
C'è un episodio descritto nel libro di Hastings che rende in maniera plastica questa incomprensione del potere della tecnologia in un mondo che era in profondo cambiamento e in cui tutti i valori del passato venivano posti in questione. Si tratta dell'attacco che gli esotici cavalleggeri del generale Jean Francois Sordet -appartenenti alla avanguardia della Quinta armata francese- portarono contro le truppe tedesche della Quarta armata germanica vicino Liegi. Erano dragoni e lancieri agghindati con elmi e corazze scintillanti, con pennacchi colorati di crine di cavallo, e provvisti di un armamento antiquato e poco efficiente: sciabole e carabine modello 1890,a carica anteriore, poco più efficaci di una pistola. Cercarono di caricare le truppe nemiche come in una battaglia dell'ottocento e si ritrovarono invece sotto un micidiale fuoco tecnologico e letale della fanteria tedesca, armata con efficienti mitragliatrici Maxim , bombe a mano, cannoni, e ricognizione aerea. Le truppe tedesche avevano i nuovi moderni fucili a carica posteriore, più potenti e rapidi. Anche la cura dei cavalli dei francesi era di altri tempi: sovraccarichi con un peso di 120 chili ciascuno, denutriti, maleodoranti per le piaghe da sella non medicate, crollarono a terra a decine. Ma non fu il solo episodio. I tedeschi schierati in difesa dell'Alsazia guardarono meravigliati i primi soldati francesi che si trovarono davanti, vestiti con le stesse lunghe giubbe blu, i pantaloni rossi e i chepì degli uomini che i loro padri arruolati nell'esercito prussiano avevano incontrato e sconfitto nel 1870. Uno dei soldati del Kaiser scrisse in una lettera a casa: "Sembrano usciti da un libro illustrato". Joffre, il comandante in capo dell'esercito francese, e i suoi ufficiali erano stati avvisati che utilizzare quelle uniformi sgargianti sarebbe stata una follia, ma erano convinti che in battaglia contasse ancora il coraggio e lo spirito di corpo. Purtroppo per loro tutto era cambiato con la tecnologia che aveva pressoché azzerato i vecchi valori in battaglia. Solo in seguito, dopo gli evidenti massacri, ordinarono le "divise da campo" grigie e comode per il movimento dei soldati. Ma anche i soldati tedeschi non se la passavano molto meglio. Le tattiche che i generali del Kaiser usavano erano ancora legate alla avanzata in gruppi schierati e compatti della fanteria e all'appoggio della cavalleria; anche queste tattiche erano inefficienti e suicide in presenza di armi moderne come presto si sarebbe dimostrato nelle prime grandi battaglie del 1914. Il generale Moltke, capo di Stato maggiore, non credeva ancora molto alle nuove armi automatiche e si affidava ancora alle cariche con i fucili e all'arma bianca. Le conseguenze furono drammatiche anche per i tedeschi come presto impararono davanti alle micidiali mitragliatrici Vickers degli inglesi e Hotchkiss dei francesi. Inoltre la dirigenza militare sia germanica che austriaca era palesemente inadeguata e legata a vecchie idee del militarismo prussiano, con il rigido codice dell'onore e delle regole sul campo di battaglia. Nessuna delle classi dirigenti politiche europee in quel 1914 si rese conto dell'enorme potenziale della tecnica moderna e di quanto il mondo fosse cambiato dal 1870.
Dice Gadamer riferendo sul travaglio culturale di quegli anni: "La fede nel progresso propria di una società borghese rammollita da un lungo periodo di pace, una società il cui ottimismo culturale aveva dominato l'età liberale, crollò nelle temperie di una guerra che alla fine risultò essere completamente diversa da tutte le precedenti. Non furono infatti il valore dei singoli o il genio militare a decidere degli eventi bellici, ma la competizione fra le industrie pesanti delle singole nazioni belligeranti. Gli orrori delle "battaglie di materiali", nelle quali fu devastata la natura innocente, campi e foreste, villaggi e città, alla fine non lasciarono spazio, per l'uomo in trincea e nel rifugio, a nessun altro pensiero se non a quello cui allora diede voce Carl Zuckmayer: "Un giorno, quando tutto sarà finito". Le proporzioni di questo folle avvenimento superarono le capacità di comprensione della gioventù di allora. Sospinti nella battaglia con l'entusiasmo di un idealismo pronto al sacrificio, i giovani si accorsero ovunque che le antiche forme della rispettabilità cavalleresca, sebbene crudele e sanguinaria, non trovavano più alcuno spazio. Ciò che rimaneva era un evento insensato e irreale - e al tempo stesso fondato sull'irrealtà della sovraeccitazione nazionalistica, che era riuscita a sbaragliare anche l'Internazionale del movimento operaio. Non c'era quindi da meravigliarsi che in quegli anni le menti più significative si domandassero: cosa c'è di falso in questa fede nella scienza, in questa fede nell'umanizzazione e nell'incivilimento del mondo; cosa c'è di falso nella fede nel presunto sviluppo della società verso il progresso e la libertà?"
Come dirà Cioran, a proposito della Francia degli anni successivi ma in realtà di tutta la civiltà europea, si prefigurava un destino di paesi che ormai si sono spesi molto, troppo, e si avviano a una fine dove le emozioni si tempereranno fino a scomparire, verso un avvenire spirituale del continente composto da un miscuglio irrisolto di universalismo e scetticismo: "L'impero dissolve le ideologie. Al loro posto appariranno dubbi infinitamente raffinati". Mai profezia fu più esatta.
Qual'è dunque il significato di quel che avvenne in quegli anni e perché le vicende del 1914-1918 ebbero enorme rilevanza per i destini dell'Europa e dell'Occidente? Che cosa era accaduto per portare verso questi esiti sanguinari e autodistruttivi la civiltà che aveva visto l'affermazione dell'illuminismo e della fede nel progresso?
La risposta è che oltre le vicende politiche contingenti, il motivo sottostante quelle vicende era il nuovo ruolo che la tecnica stava assumendo nel mondo e la capacità di regolare i profondi cambiamenti in atto nella società moderna. La gestione della potenza tecnologica richiedeva nuove idee e nuove responsabilità che l'umanità non era pronta ad affrontare per la mancanza di una riflessione adeguata su quanto stava accadendo. Le vecchie classi dirigenti non si rivelarono all'altezza della società della tecnica. E furono spazzate via insieme al Reich e all'Impero Austro-Ungarico. La borghesia non si sarebbe più ripresa da una crisi culturale che l'avrebbe corrosa dalle fondamenta. L'illusione di una scorciatoia politica secondo la visione della lotta di classe si sarebbe rivelata un vicolo cieco. Le nuove potenze dominanti si sarebbero spostate lontano dall'Europa, ma anche lì la politica avrebbe perso di significato verso un nichilistico strapotere della finanza e dei mercati basato su un consumismo vuoto di senso fino all'odierno collasso ambientale.