In un articolo su Finite World, lo statistico esperto di sistemi naturali Gail Tverberg si chiede il perché dell’esplosivo aumento della popolazione umana negli ultimi secoli. Basandosi su un lavoro di Craig Dilworth, analizza i fenomeni in atto nella nostra società sovrappopolata e indica i possibili rimedi. Le risposte di Tverberg, più o meno condivisibili, sono interessanti e offrono spunti di riflessione a chi, come noi, denuncia ogni giorno la vera malattia che sta portando a morte il pianeta Terra. Riporto la traduzione dell’articolo.
Ci sono sette miliardi di umani sulla Terra al giorno d’oggi. Ritenevo all’inizio che la ragione principale della recente esplosione della popolazione umana fossero i combustibili fossili che hanno creato le condizioni aumentando la disponibilità di cibo e di energia e quindi di prodotti come tecnologia e medicine. Ho trovato però in un lavoro sull’argomento di Craig Dilworth ulteriori spunti che mostrano come le disponibilità energetica sia solo una parte del problema e molto dipenda anche dai comportamenti ormai stereotipati, dai bisogni indotti, dalle comunicazioni e da chi le gestisce, dalle nuove credenze e dalle gerarchie del potere che si sono instaurate. Tutti i tipi di animali (presumibilmente uomo compreso) hanno istinti innati e comportamenti appresi che impediscono alla popolazione di salire senza limiti. Dilworth riferisce di un esperimento in cui due ratti di Norvegia sono stati messi in un recinto di 1000 metri quadrati e forniti di abbondante quantità di cibo e acqua per 28 mesi. Secondo i tassi di replicazione teoricamente possibili ci sarebbero potuti essere circa 50.000 esemplari alla fine dell’esperimento; secondo invece i limiti che si riscontrano in laboratorio (max un esemplare per 0,2 metri quadri) ci si potevano aspettare 5000 esemplari. Nella realtà risultò una popolazione di ratti sabilizzata a 200 esemplari. Molti dei meccanismi di controllo della crescita degli animali sono attivi anche nelle popolazioni umane. Dilworth riferisce che molte specie animali hanno un certo rapporto con il “territorio”, e ad esempio l’aggressività tra i gruppi è uno dei più antichi meccanismi per mantenere la popolazione verso il basso. Un altro meccanismo, di cui parla il sociologo Paul Buchheit della De Paul University, è quello gerarchico. Se viene meno il rapporto con il territorio, diviene importante ai fini del controllo della popolazione il meccanismo gerarchico. Nelle popolazioni animali se non c’è abbastanza per tutti, vengono concentrate le risorse disponibili nelle mani di quelli al vertice della piramide, emarginando quelli alla base della piramide. In caso di insufficienza della risorse la popolazione al fondo della piramide si riduce, lasciando intatta quella in alto. Questo è quello che ad esempio è accaduto anche nella popolazione americana durante la crisi economica. Dilworth nel suo libro sulla popolazione distingue negli animali due specie di popolazioni: Le specie selezionate secondo la tolleranza Krowding (K-selezionate), in cui i membri sono caratterizzati da grandi dimensioni, crescita lenta e riproduzione con poca prole e bassa mortalità, alte cure parentali. In questo tipo di popolazione le dimensioni sono costanti e la sua esistenza è messa facilmente in pericolo da nuove predazioni. La maggior parte dei mammiferi sono K-selezionati, come lo sono anche gli alberi. La specie R-selezionata: è caratterizzata invece da piccole dimensioni degli individui, crescita rapida e rapida riproduzione, vita breve (a volte meno di un anno), numerosa prole con alta mortalità, poca o nessuna cura parentale e la mancanza di territorialità. Le popolazioni di questo tipo crescono esponenzialmente con improvvisi arresti. Insetti e piante annuali sono tipiche specie R-selezionate. In base alla definizione delle due varietà di specie, gli esseri umani appartengono a quelle K-selezionate e dovrebbero avere una popolazione di dimensioni stabili, e la territorialità dovrebbe giocare un ruolo prevalente per tenere bassa la dimensione limitando il numero di coppie in via di replicazione. I territori scelti per istinto sono abbastanza grandi da garantire che le popolazioni non crescano di dimensioni in maniera tale da compromettere la loro base di risorse. Quindi, se la territorialità funziona correttamente, non c’è nessun problema di eccessivo sfruttamento di risorse e crisi conseguenti, in quanto il territorio prescelto dal maschio per il suo gruppo familiare è abbastanza grande da sfamare la famiglia, con molto cibo a disposizione. Ci sono due meccanismi al lavoro nelle specie K-selezionate: la disponibilità di cibo e territorio adeguato. In questo caso è la legge di Liebig che individua il tipo di territorio adeguato alle specie K-selezionate. Liebig aveva osservato che se per una coltura sono necessari vari tipi di input (quali fertilizzanti azotati, fertilizzanti fosforati e potassio ecc.), la resa delle colture sarebbe determinata dalla risorsa più scarsa, non dalla quantità totale delle risorse. Pertanto, ulteriori fertilizzanti azotati non possono sostituire tutti gli altri tipi di fertilizzanti necessari. Nel caso delle specie K-selezionate, come ad esempio i primati, ci sono due esigenze incomprimibili come cibo e territorio, ma solitamente il limite sul territorio è raggiunto prima. Ci sono un certo numero di meccanismi naturali per mantenere le popolazioni K-selezionate in equilibrio con il resto del sistema ecologico. Per esempio, una popolazione troppo alta rispetto al territorio disponibile tende a causare stress e porta alla violenza sia interna al gruppo che contro i gruppi confinanti. Il vincitore ottiene più territorio; i perdenti sono in genere uccisi. Può accadere che i neonati vengano uccisi, per mantenere la popolazione in linea con le risorse. Anche l’accoppiamento può essere limitato in base a comportamenti appresi o istinti. Inoltre una popolazione superiore a quella sostenibile tenderà ad attrarre predatori (nel caso degli esseri umani si tratta di germi e virus). Se la popolazione è troppo alta si farà più evidente il comportamento gerarchico. Gli individui socialmente ed economicamente favoriti otterranno una quota sproporzionata sul totale delle risorse, e ci saranno meno risorse per quelli più in basso nella gerarchia, contribuendo a ridurre le dimensioni della popolazione più rapidamente che se le risorse fossero distribuite più equamente. Quelli in alto che detengono più conoscenze e mezzi economici vengono risparmiati dalla crisi. Con gli animali sociali, l’altruismo diventa importante, perché le pulsioni istintuali che mantengono la popolazione sotto controllo debbono essere represse all’interno del gruppo familiare. Pertanto all’interno del territorio di una popolazione omogenea, gli istinti sociali tendono a sopraffare quelli sessuali di riproduzione e quelli di sopravvivenza più fondamentali. Gruppi della stessa specie spesso sono portati a condividere le risorse, ad occuparsi dei giovani e a proteggere gli individui feriti, a mantenere una assistenza adeguata agli anziani riservando loro risorse. Nella maggior parte dei casi, popolazioni con questi (ed altri) controlli ed equilibri tenderanno a rimanere in “equilibrio dinamico” con il resto dell’ecosistema. Le uniche eccezioni a questa regola sono le situazioni “pionieristiche”, quando entrambi cibo e territorio aumentano, o quando i predatori vengono rimossi. L’uso umano di energia immagazzinata (sia in legno che in combustibili fossili) è in un certo senso una di questi comportamenti pionieristici, perché ci ha permesso di ampliare la nostra alimentazione ed eliminare i predatori. Gli esseri umani sono diversi dalle altre specie in quanto la nostra intelligenza ci ha permesso di sostituire l’apprendimento ad alcuni comportamenti istintivi. Questa sostituzione dell’istinto con l’apprendimento, insieme con l’uso di energia esterna, sembra essere la causa fondamentale dell’eccesso di popolazione. Attualmente ci sono più di 7 miliardi di umani sulla terra; Colin McEvedy e Richard Jones nel loro Atlas of World Population History stimano che la popolazione umana avrebbe dovuto essere in un range tra i 70.000 e 1 milione di individui, se avesse avuto un comportamento comparabile con specie affini come i gorilla o le popolazioni di scimpanzè. Oggi chiaramente la popolazione umana supera di gran lunga questa quota prevista dal sistema ecologico naturale nel caso si fosse trattato di una tra le altre specie animali. La mia interpretazione della teoria di Dilworth può essere applicata alle società umane primitive. Dilworth afferma che in queste società esistevano controlli interni della popolazione ( tra cui l’aborto,l’infanticidio, l’astensione prolungata dai rapporti ecc.) ed erano diffusi universalmente tra i primitivi. Se nascevano gemelli, spesso uno veniva messo a morte. Se la madre non era in grado di prendersi cura di un figlio, questo veniva sacrificato. Questi controlli interni sono stati utili a mantenere un rapporto tra popolazione e risorse, ma ad un certo punto non sono più serviti. Una parte del problema era che nuovi territori erano a disposizione e si aggiungevano sempre nuovi prodotti alimentari, a causa dell’inventiva degli umani. Gli uomini primitivi hanno iniziato ad utilizzare il fuoco circa 125.000 anni fa, e sono emigrati dall’Africa e si stabilirono in nuove terre circa 90.000 anni fa. L’antico mito di Prometeo che ruba il fuoco agli dei rappresenta la memoria sublimata di questo cambiamento. Le religioni hanno svolto un ruolo importante nel promuovere l’altruismo all’interno dei propri gruppi. Esse hanno anche consentito di trasmettere tradizioni e mantenere la coesione interna tra i membri. Le religioni moderne però non hanno assicurato il controllo della popolazione, anzi il comando “siate fecondi e moltiplicatevi” va in contro tendenza. Quando i missionari sono stati inviati presso i gruppi primitivi che utilizzavano pratiche per il controllo della popolazione come l’infanticidio o i divieti rituali, hanno condannato i comportamenti volti al controllo della popolazione, di fatto aumentando la natalità. La pratica di migliorare l’assistenza sanitaria senza fornire contraccettivi gratuiti e insegnare la responsabilità demografica rispetto alle risorse naturali locali ha portato ad aumenti insostenibili della popolazione. L’ “istinto” di combattere i gruppi appartenenti ad altre religioni è utile dal punto di vista del controllo della popolazione, ma la maggior parte dei lettori di questo articolo non approverebbe questo metodo al fine di controllare la popolazione. Purtroppo questo è un comportamento parallelo a numerose specie animali che controllano con l’aggressività tra gruppi diversi le rispettive popolazioni.
Se il controllo della popolazione non arriva con altri mezzi, il ricorso al comportamento gerarchico può prendere il posto di altri modi per risolvere il problema. Questo comportamento ha assunto sempre più importanza da quando i cacciatori-raccoglitori si sono trasformati in popolazioni stanziali dedite all’agricoltura. Il comportamento gerarchico è aumentato di recente nelle società umane. Le cause immediate del fenomeno si possono così riassumere: Maggiore specializzazione con maggior complessità dei processi produttivi. I lavori al vertice della gerarchia sono molto ben retribuiti. Globalizzazione con offerte di lavoro nella parte inferiore della gerarchia con il ricorso alla manodopera straniera in competizione con l’autoctona e disponibilità di lavoratori con bassi salari. Più debito a disposizione. Il debito tende a trasferire i pagamenti di interessi legati alla popolazione della parte inferiore agli individui al vertice della gerarchia. I regimi fiscali che nei sistemi moderni favoriscono i ricchi e le aziende. In un suo libro recente l’economista Charles Murray analizza la formazione delle classi nell’America contemporanea constatando come essa sia diversa rispetto al passato. Le classi inferiori stanno perdendo molti dei sistemi attivi in passato per stabilizzare la posizione e mantenerla verso la parità: il matrimonio, opportunità di frequentare scuole con persone di tutte le classi, unirsi a gruppi religiosi ecc. Potrei anche notare come l’economia, la fede nella crescita economica come un sistema di salvezza per tutti, è diventata quasi una nuova religione che tende a nascondere tutti gli altri problemi come quelli ambientali o legati alla sovrappopolazione. Poiché quasi tutti credono in questa nuova religione del progresso economico indefinito, c’è poco bisogno di altri sistemi di credenze. Le influenze economiche però non sono una novità. Il commercio è iniziato molto presto, anche prima dei tempi di Abramo e di Isacco nel Vecchio Testamento. Questo tendeva ad abbattere le barriere tra i gruppi umani, riducendo l’effetto della territorialità e contribuendo alla crescita demografica. Lo spostamento rapido di risorse tipico del mondo moderno ha contribuito a togliere alla territorialità e alla disponibilità locale di risorse, il controllo sulla crescita della popolazione. Un’altra fonte di sistemi di credenze sono gli show televisivi. Questi rappresentano la vita familiare come un continuo consumare prodotti e acquistare merci, e inducono a credere che la cosa più importante nella vita sia avere più roba! Tutte queste nuove influenze sono in conflitto con i nostri comportamenti istintuali che tendono a farci stare con i nostri gruppi familiari, e a non vivere con comportamenti che si discostano troppo da quelli che abbiamo conosciuto in passato. Speranze per il futuro. Dilworth non vede molte speranze per uscire dalla nostra situazione attuale. Si è ormai innescato un circolo vizioso. Uno stile di vita particolare ad un certo punto cessa di fornire cibo sufficiente per una popolazione in crescita, e si sviluppano così nuovi approcci al problema che in genere non sono sempre miglioramenti effettivi del comportamento. Ad esempio lo sviluppo dell’agricoltura invece della caccia e raccolta, o l’applicazione di prodotti chimici ad uso di fertilizzanti invece di aspettare il corso dei cicli naturali dei prodotti. Si finisce così nel sostentare la crescita di più persone in un certo territorio che poi richiedono più prodotti i quali a loro volta sostentano ulteriore popolazione in un circolo vizioso.
Mi vengono im mente un paio di possibili sistemi per mitigare il nostro futuro apparentemente cupo e dare una possibile risposta alle nostre aspettative riguardo l’ambiente.
1. Intervento di una potenza superiore. Se una persona guarda come funziona l’insieme dei sistemi ecologici, non si può fare a meno di rilevare come l’intero sistema lavora in armonia e in equilibrio. Solo gli esseri umani rompono questo schema. Forse c’è una forza superiore che assicura questa funzione d’insieme e che forse darà una soluzione in un modo o nell’altro al problema Terra. Non si tratta solo di un fatto religioso. Può essere ad esempio che la tecnologia faccia parte di questo disegno e possa in futuro riportare tutto in equilibrio, come una specie di destino. Questa speranza può essere utile per alcuni individui. 2. Maggiore flessibilità delle nostre società e concentrarsi sul presente. Penso ad una lettera ricevuta da Derek che ha vissuto molto tempo in Kenya, da me pubblicata su The Oil Drum nel mese di aprile 2009. Descrive lì una vita molto diversa dalle nostre in occidente. In Kenya si vive abbastanza bene con poca energia, dando e restituendo valore a tante cose, anche quelle che da noi sarebbero disprezzate come roba di poco valore. Anche lì la sopravvivenza e la felicità sono possibili. Stranamente all’inizio la vita di un Masai ci può sembrare orribile, ma poi si vede che sono persone felici forse più di noi. In Kenya si usa l’elettricità solo quando è disponibile (non sempre). Ci sono molte interruzioni. Ci sono molti altri limiti ad una vita comoda, e questi limiti sono alla base delle decisioni che si prendono. Spesso si rinuncia ad affari se questi non sono possibili per le risorse. Non ci sono troppi alti e bassi di felicità e non si è granché infelici se le cose vanno male. La gente lì celebra ogni giorno in cui le cose vanno bene. Il 95% dei keniani è focalizzata sull’oggi, e pensa poco al futuro. Quando c’è la morte di qualcuno, anche un bambino, la situazione viene accettata dopo un periodo di lutto, senza rimanere depressi o impressionati. Le persone hanno una visione diversa delle cose. Siamo portati a investire nel futuro impegnandoci in lunghi studi e facendo grandi investimenti. Ma queste cose funzionano sempre meno. Forse abbiamo bisogno di una maggiore flessibilità e tornare ad alcuni approcci tradizionali. Se le cose non funzionano dobbiamo avere la capacità di modificarle. Ci vuole più altruismo nelle nostre società, dare più valore alle persone e meno alla produzione, e ciò significa anche un minor numero di umani considerati semplici consumatori verso una maggiore valorizzazione della singola persona nella sua specificità, magari con un numero di umani inferiore e con valori diversi e più genuini. Nella società di massa dei consumatori si stanno creando troppi gruppi emarginati che più aumenta la popolazione, più si isolano in se stessi.
Gail Tverberg (traduzione personale)