Nel suo libro "Un viaggio in Italia" , ristampato quest'anno da Einaudi, Ceronetti ci descrive la devastazione del nostro paese cementificato e sovrappopolato. Lo fa da par suo, da maestro della parola, mostrandoci cosa sono stati capaci di fare al bellissimo paesaggio italiano (oggi in gran parte deturpato) gli esemplari di Homo che l'hanno abitato, specialmente negli ultimi decenni. Sul tema della sovrappopolazione Ceronetti ha scritto altri saggi che ci mostrano la violenza antropocentrica e la mancanza di un'etica rispettosa dell'ambiente e della natura che è alla base dell'esplosione demografica della specie umana. Riporto il brano seguente tratto da "La carta è stanca" nell'edizione Adelphi del 2000.
"Ma perché li fanno? Perché con tanta impudenza e
leggerezza li gettano in queste fornaci? Non si può pensare ai catini
frignanti, agli squittenti garbugli delle cliniche materne, senza
commiserazione e spavento. Nessuna pietà per chi nasce. La compassione per
l’infanzia, se ce ne fosse, sarebbe una pillola formidabile.
Non vedono che sulla terra non c’è più posto?
E che la città umana, avviluppata dalle suppurazioni del
mondo minerale come da un mortale catarro, è ormai un luogo di supplizio per i
corpi più fragili?
E non mancano trombe intrepide che ci incoraggiano a
sempre più eccedere, come il professor Colin Clark, autore di The myth of
over-population, venuto di recente in Italia dall’emisfero australe su invito
papistico per illustrare i meravigliosi effetti di una strabocchevole
popolazione mondiale. Veniva da Bombay il professore, e là non aveva visto,
sentito, annusato niente! Non capisco questi cattolici superpopolazionisti, non
capisco una Chiesa pro-banchetto cieco, frenetico, della vita. Il loro massimo
dottore, Agostino, aborriva il crescete-moltiplicatevi: comando precristico
che, dopo Cristo, diventa anticristico. Questa Chiesa fanaticamente
popolazionista ha l’ideologia demografica di tutti i vecchi imperialismi, antimalthusiani
come anticattolici: oppure quali mai binari la guidano? Sant’Agostino ebbe un
figlio solo; il professor Colin Clark, nove. Da chi viene l’esempio migliore?
Neppure nei loro opachi termini contabili i nostri
partiti politici osano dire certe umili verità, come l’impossibilità di dare a
tutti, sotto la valanga demografica, una scuola e un lavoro decenti. Non osano
dire che, aumentando insieme popolazione e consumi, la rovina dell’ambiente è
sicura. Miserande elites senza un pensiero, senza un’idea morale, senza una
partecipazione nella gravità, tengono spregevolmente il potere.
E che cosa faranno, le nazioni meglio organizzate,
dotate di ogni tipo d’arma, fino al fischio ultrasonico, dei continenti in
esplosione demografica, quando il male diventasse estremo?...
Lasciamo la gente che non può capire e che è abbandonata
dall’inerzia della legge alla sua prolificità senza legge. Entra, nelle teste
istruite, il pudore di fare aumentare, mentre sta già paurosamente crescendo,
la popolazione mondiale? Non ne fate una questione di soldi, il problema è
morale. I mezzi disponibili non c’entrano: bisogna dirsi che è una vergogna
accrescere, sapendo quanto sia mala la vita, il dolore del mondo. Qui va
sentito il dovere sociale! Non sono le religioni e le dottrine a insegnarlo, è
il senso dell’umano, la compassione umana, la verità irresistibile del dolore.
Se hai già un figlio, perché ne vuoi due? Se ne hai due, perché quattro? Oh
provveditori di carne viva alle fornaci del dolore! Lavatevi gli occhi, vedete
le condizioni di vita che si preparano a tutti in un mondo sovrappopolato,
ascoltate il lamento degli ergastoli urbani, là fuori, straripanti di folla
pigiata, di odio, di malattia e di solitudine, sentite l’odore di polpetta al
plutonio nelle cucine del diavolo, e capirete che avete quest’obbligo assoluto:
di non sentirvi affatto liberi di fare quel che volete in fatto di
procreazione. Se vi ritenete liberi, solo perché forniti di mezzi adeguati, di
procreare un mucchio di figli ben nutriti di spazio (conta più lo spazio del
pane), mangiatori di spazio, restringitori di spazio, non consideratevi
mentalmente superiori al moltiplicatore tarato di prole, che la rovescia per
incuria e miseria nei blefotrofi, nei riformatori e negli ospedali.
Già nascono malvolentieri. Quasi sempre, bisogna dargli
una spinta. L’espulsione naturale, a tempo, senza interventi, è sempre più
rara. Ci vuole la siringa per convincerli. Il cesareo è un rubinetto sempre
aperto. Appena nati, sono subito masse. Li cacciano in un gabbione dove
imparano lo strepito collettivo, e di là passeranno in altre gabbie, in piazze,
casamenti, quartieri, aule, uffici, ascensori, autobus, prigioni, corsie,
cimiteri che straripano: vivranno come incapsulati in un incubo oppiofagico di
De Quincey, dentro un mare di facce umane, la loro vita di spine.
Li amassero veramente, ma hanno l’aria di esserne
perpetuamente stufi. Per levarseli dai piedi, i padrimadri sono maestri di
sottigliezze. Bambini trattati in modo giusto, rispettati e guidati, non
mutilati spiritualmente, non traditi, non visti con gli occhi di un manuale,
non nutriti in modi insensati, ne vedo pochi. Da notare l’incapacità completa
degli adulti di farli divertire, di stare con loro a un gioco. L’adulto moderno
soffre d’impotenza ludica incurabile, e la morfina televisiva data ai bambini è
un frutto di questa buia impotenza. Il teleschermo è un orco, che se li mangia
un pezzo alla volta. Orfani di ogni correzione, li invade la paura…L’anarchia
familiare è uno dei grandi terrori infantili.
Quasi sempre, la coppia scopre che non li voleva. La
moglie inchioderebbe volentieri il padre dei suoi figli, che vaga oppresso
dalla paternità, a una croce, se ce ne fosse una pronta, in cucina. Sufficit
una domus. Ma vale la pena l’indagare
alcuni dei motivi per cui si procrea, quando non c’è la scusa della
cecità e dell’abbrutimento, oltre il limite di Sant’Agostino. Uno dei motivi
più fradici è la crisi di coppia. Hanno già due figli, il terzo è incaricato di
risolvere i loro problemini. Le loro risse coniugali m’interessano poco, ma che
per colpa loro ci sia un uomo in più mi sconforta. Questa sarebbe la famosa
procreazione cosciente!
Poi ci sono i consigli degli esperti! Psicologi,
ginecologi…”Faccia un altro figlio, signora, non perda tempo!”. Allora, per
guarir di un’orticaria, ci giochiamo la testa di un uomo. La piccola nevrosi
della madre sarà curata a prezzo della nevrosi incurabile del figlio. Un uomo
entrerà nel dolore per ravvivare un ormone, spianare un foruncolo, eliminare un
prurito. Non so quanti sospiravano l’istituzione del divorzio per fare subito
un figlio all’amante diventata moglie, eppure ne avevano già tre o quattro
della moglie precedente. E c’è chi, pur rischiando di avere figli sub-normali,
porta ugualmente alla tempia della matrice la canna della sua dannata pistola,
e preme il grilletto per vedere se nel tamburo è rimasto un colpo…
Quanta pena, nelle pitture, fanno i figliuolini pallidi,
consunti dalle emottisi, coperti di ermellini, medaglieri, trapunte, cuscini,
gorgiere, panoplie e piumaggi, dei monarchi assoluti e anche di quelli un po’
costituzionali! Li facevano nascere a grandi colpi di magie nere, decapitando
medici e astrologhi, all’unico scopo di assicurare una successione a un trono
senza gioia, e per consolarli di essere nati li soffocavano di delizie,
cavallini, belle balie, automi musicali, ombre cinesi, acrobati, gelati al
limone, gobbetta,cani. I principino malinconici si addormentavano abbracciando
il teschio del nano che li aveva fatti ridere qualche volta. Nati per ragioni
dinastiche, obbrobrio! L’uomo si è sempre riprodotto per scopi futili.
C’è un gran male, molto elogiato, dell’industria medica
di questi tempi: un concentrarsi di violenza ai danni della sterilità naturale.
Nei profeti biblici, la sterile che partorisce è un segno messianico, ma quel
che vediamo tura gli alleluia. Povere forzate del parto (un’ex sterile, di
questi giorni, ne aveva in corpo otto, che la stavano divorando), sottoposte a
trattamenti tenebrosi, a crudeli umiliazioni, a inseminazioni di fantasia, a
gravidanze in un tubo! I laboratori preparano grandi crimini in questo campo, a
prezzo di vite viventi e di anime indifese; perciò bisogna difendere il corpo,
non darlo all’esperimento; non cedere alle pressioni ignobili dell’ambiente,
rifiutare il miracolo clinico, portare la propria sterilità naturale come un
dono fatto alla terra troppo popolata, troppo carica e malata d’uomo.
Levi-Strauss parla di certi Indios brasiliani che, pur
essendo pochi, preferiscono adottare che riprodursi, e questa esemplare
saggezza di primitivi mi piace che incastri con un pezzo di sapienza greca; il
filosofo Democrito raccomandava calorosamente adottate! E non era un
pessimista: la tradizione l’ha tramandato ridente."
(Guido Cernetti: La Carta è stanca. Adelphi, 2000. Pag.
107-113).