In
un interessante articolo su World Population Review scritto da T. Murphy si sostiene, con una ricostruzione dei
dati razionale e coerente, che la sovrappopolazione del pianeta sia
riconducibile alla disponibilità di petrolio e al surplus di energia e cibo che
il petrolio ha determinato soprattutto nell’ultimo secolo.
Il
consumo di petrolio, sostiene l’articolo, è in grado di spiegare tutti i
fenomeni che stanno accadendo nell’ecosistema: dal riscaldamento ambientale
(ogni 10000 W di energia prodotta dai combustibili fossili genera 22 tonnellate
di Co2 in atmosfera), all’esplosione demografica, all’invasione dei rifiuti,
alle megalopoli ecc.
Per
giustificare alcuni dati non coerenti, come ad esempio la bassa natalità in
certi paesi forti consumatori di idrocarburi, Murphy ricorre ad una spiegazione
logica: il mondo è una realtà complessa e interconnessa per cui le aree con
bassa natalità trovano compensazione in altre aree del pianeta attraverso lo
spostamento di cibo, materiali, informazioni e persone, determinandosi una
crescita generale della popolazione complessiva. Dove le nascite sono basse ciò
è dovuto non tanto a differenze economiche, quanto a caratteristiche culturali.
L’autore fa l’esempio di alcuni paesi arabi in cui l’economia è fiorente
(grazie al petrolio) ma i tassi di natalità sono altissimi. O di alcuni paesi
poveri o con economie stagnanti (ad esempio certi stati dell’est Europa) in cui
tuttavia i tassi di natalità sono bassi. Considerare quindi i tassi di natalità
in aree localizzate, si sostiene nell’articolo, potrebbe essere fuorviante, in
quanto ciò che conta è il quadro globale alla luce della disponibilità di
idrocarburi, in particolare di petrolio. Corollario di questa tesi è che una minore
disponibilità di petrolio o un suo minore utilizzo, comunque determinato
(politiche governative, scelta delle rinnovabili, ecc.) porterà con ogni probabilità ad una minore disponibilità di energia a basso prezzo, a minore quantità di
cibo. Ciò comporterà la necessità di cambiare radicalmente i nostri
atteggiamenti egoistici di specie e di dover ridurre i tassi di natalità pena
uno squilibrio tra energia disponibile e popolazione che può portare a
situazioni drammatiche. Stupisce come i verdi e i vari movimenti ecologisti
continuino ad ignorare il problema dei tassi di natalità eccessivi nel momento
in cui premono con forza sulla riduzione dei consumi energetici.
Il
lavoro della WPR è positivo perché sfata un mito: non è vero che le nazioni
ricche sono statiche; al netto di tutti i fenomeni (globalizzazione, produzione
lorda, immigrazione ecc.) le loro popolazioni sono in crescita. Dagli Stati
Uniti, alla Francia, alla Germania, al Quatar, all’ Italia medesima le
popolazioni e la densità demografica cresce. I tassi di crescita della
popolazione sono in funzione del tasso di consumo di energia primaria, afferma
l’articolo. Anche tutti i paesi con surplus di energia (esportatori) tendono ad
essere produttori anche di surplus demografici. Nel mondo reale l’energia in
eccesso tende a portare all’eccesso anche i tassi di natalità.
Quali sono i mezzi per diminuire la
natalità? Secondo Murphy particolarmente importante è la scolarità delle
giovani donne e l’educazione alla contraccezione. Estremamente deleteri sono
invece gli aiuti a pioggia in denaro e cibo a paesi arretrati o in via di
sviluppo in forte crescita demografica. Tali aiuti non costituiscono altro che
semplici spostamenti del surplus energetico e forniscono materia prima per
nuovi bambini rallentando allo stesso tempo un vero sviluppo locale. Sebbene
sia apparentemente un segno di simpatia universale e appartenendo come tale
alla natura umana, questo comportamento può diventare una delle forze che ci
lega ai binari della ferrovia che portano alla sovrappopolazione e
all’eventuale collasso, dice Murphy.
L’aumento
di consumo di petrolio di Cina e India è estremamente preoccupante in quanto,
nonostante tutti i tentativi di controllo demografico dei governi, condurrà ad
un aumento demografico di vaste proporzioni e, vista l’economia in espansione
di quei paesi, a tassi di inquinamento estremamente alti. Solo l’India aggiunge
15 milioni di persone e nuovi consumatori ogni anno, la Cina 6 milioni. La
Nigeria aggiunge ogni anno 4 milioni di consumatori. Gli Stati Uniti,
nonostante aggiungano “solo” tre milioni di consumatori ogni anno sono i più
affamati in termini energetici. Ma presto sarà la Cina a richiedere più
petajoule di energia ogni anno; le richieste complessive di Stati Uniti, Cina e
India, dove la crescita di popolazione sta guidando l’aumento globale della
domanda di risorse, condurranno ad accentuare il problema della scarsità
energetica per raggiungimento del picco delle risorse (i cui effetti già si
percepiscono nell’aumento del prezzo del petrolio e nella crisi economica
mondiale). Anche l’emissione di CO2 risente dell’aumento per la richiesta
dovuto all’effetto della crescita della popolazione, in funzione del numero di
persone aggiunte ogni anno. Qui il divario tra Stati Uniti e la coppia Cina /India
si riduce in quanto questi ultimi paesi usano in prevalenza fonti energetiche
sporche e tecnologie più arretrate.
In
definitiva l’articolo conclude che siamo nel bel mezzo di un esperimento non
pianificato su scala senza precedenti: 7 miliardi di persone e un mondo in cui
i consumi di idrocarburi stanno aumentando mentre le risorse energetiche sono
al picco o oltre. Purtroppo la popolazione non si ferma: il numero cresce alla
velocità di circa tre-quattro nuove persone (al netto dei decessi) al secondo. E’
una folle corsa verso il futuro. L’autore si domanda se, in presenza di un
prevedibile superamento del picco di produzione di idrocarburi (in particolare
del petrolio) sarà possibile prevedere una parallela discesa dei tassi di
natalità, secondo la teoria che vede nella disponibilità energetica la causa
della crescita. Ma la coincidenza tra curva di crescita dei consumi energetici
e popolazione non è detto che si mantenga sul lato della riduzione. Sostenere l’alimentazione e i consumi
di miliardi di persone sul pianeta su tempi lunghi è una sfida colossale che
non sappiamo come sarà risolta. Potrebbe essere la madre di tutte le sfide.
Bisognerà trovare il modo di riportare le curve di consumi energetici e di
popolazione entro limiti di tollerabilità ed in maniera coordinata così da
assicurare la possibilità di un rientro nei limiti senza eventi catastrofici.
A
commento dell’articolo posso solo aggiungere che personalmente diffido di
modelli troppo semplicistici che riconducono tutte le dinamiche delle società umane moderne ad un
elemento base in grado di spiegare tutto e modificando il quale è possibile
cambiare sostanzialmente quelle dinamiche. Ritenere il consumo di petrolio
l’unico fattore in grado di influenzare il futuro del mondo ed in particolare la
crescita demografica può condurre ad errori e sottovalutazioni. Quanto conta ad
esempio la tecnologia nel fenomeno del boom demografico? Per fare solo degli
esempi basta ricordare l’invenzione dei vaccini e degli antibiotici, i
fertilizzanti, la motorizzazione dell’agricoltura, gli spostamenti rapidi, i
nuovi mezzi di comunicazione telematica. Tutti questi fenomeni creano
connessioni e correlazioni che modificano il quadro demografico ben oltre la
semplice disponibilità energetica. Insieme al petrolio viaggiano notizie,
influenze culturali, modelli comportamentali e –come abbiamo visto negli ultimi
decenni- modelli di consumo. Nell'articolo del WPR si pone l'accento sulla produzione di petrolio con il rischio di dimenticare tutti gli altri fattori, spesso ugualmente o addirittura più rilevanti, in grado di influenzare le dinamiche demografiche. Nel considerare una strategia per il futuro che ci
risparmi il collasso ambientale e contrasti la sovrappopolazione dovremo tenere
presente questa complessità.