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lunedì 21 maggio 2012

QUELL’ANTROPOCENTRICO DI HEGEL




Hegel ha estremizzato la metafisica del soggetto, introdotta da Cartesio e da Kant. Nella sua tesi fondamentale: “ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale” esprime in maniera paradigmatica l’essenza dell’antropocentrismo. La mente dell’uomo, inteso come il soggetto che pensa, è la misura di tutte le cose e di riflesso l’uomo è il signore assoluto dell’universo. Anzi l’universo non esisterebbe senza l’uomo che lo comprende. Se non vi è coscienza (dell’uomo) la cosa non esiste. E, dice Hegel, l’Assoluto è proprio la congiunzione tra soggetto e oggetto, l’appropriazione del mondo da parte dell’uomo e del suo pensiero raziocinante. Le cose, la natura, l’universo intero in sé non hanno alcun valore, ma lo acquistano quando soggetti all’intervento dl pensiero e dell’azione trasformante dell’uomo. La ragione, tramite il pensiero dialettico, è in continuo progresso, quindi il mondo stesso è in continua trasformazione, in un perenne divenire, un progresso che conduce verso l’affermazione dello spirito assoluto. Il processo dialettico è alla base sia del pensiero umano che della storia. Ogni tesi trova la sua antitesi a un livello più alto. La nuova sintesi si ripresenta come tesi e trova una nuova antitesi e così via. Questa filosofia del divenire in progresso si basa sull’affermazione della ragione e della scienza. Si tratta di un processo storico in cui l’unico agente è l’uomo: la natura non è creatrice, non fa progressi. Solo il divenire umano è creatore, ed esso si esprime come storia. L’uomo è il principio attraverso il quale la ragione del mondo arriva alla coscienza di sé. Il mondo è un semplice sfondo all’azione dell’uomo, in cui l’uomo stabilisce le proprie leggi e  diviene l’artefice  della storia, di un continuo superamento. Alla base di questo pensiero c’è la famosa dialettica tra padrone e servo, l’uomo è l’unico padrone intorno a cui tutte il resto gira. L’incarnazione di questo Spirito umano che domina il mondo è lo Stato. Dice Hegel che lo Stato è la realtà dell’idea morale, è lo spirito morale in quanto volere, “è l’idea morale sostanziale che pensa mediante se stessa e sa e realizza quel che sa in quanto sapere”.  Questa idea delirante di uno Stato che realizza la volontà dell’uomo e che “si diffonde nel mondo, conferendogli forma e organizzazione” è alla base delle degenerazioni totalitarie dello stato moderno e dell’idea devastante di una progressiva antropizzazione del pianeta come espressione di pura volontà di potenza della specie umana attraverso il prodotto della sua attività raziocinante, cioè la tecnica. Nietzsche con la morte di dio e il mito del superuomo è la naturale evoluzione della metafisica hegeliana. Come è  ovvio lo strapotere dell’uomo, divenuto il nuovo dio mortale depositario di tutti i diritti e negatore di ogni altra realtà al di fuori della sua volontà, non può che condurre al nichilismo assoluto, alla distruzione di ogni valore naturale, ad un pianeta annichilito da sette miliardi di umani in preda ad una iperattività senza limiti. Anche i marxisti sono intrisi di hegelismo e vedono nello stato l'incarnazione dell'idea morale che impone l'eguaglianza.
Kirkegaard per primo fece notare l’assurdità di tutto il sistema hegeliano. Hegel è assolutamente inattaccabile all’interno della sua teoria, ma fa notare Kirkegaard che la teoria non ha validità alcuna perché basata su un’idea astratta dell’uomo. Essa dimentica l’esistenza concreta, l’uomo concreto che vive nella natura, che condivide il mondo con gli altri animali e gli altri esseri viventi. I concetti della metafisica hegeliana operano nel vuoto, non si confrontano con il singolo uomo e la sua vita concreta, all’interno di un mondo limitato nelle risorse e nella natura. Hegel è alla base del delirio antropocentrico che ancora guida il mondo e che lo sta portando alla distruzione

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