Tutta
la vicenda iniziata con la famosa conferenza stampa di Fleishman e Pons a Salt Lake City nello Utah nel lontano
1989 ha aperto uno spaccato all’interno della Scienza che permette di
inquadrarne meglio il significato. Gli uomini sono da alcuni decenni sotto il potere sconfinato della scienza e il
significato stesso della civiltà si identifica oggi con la tecnica. Ma come
procede la scienza? Quali procedimenti possono essere definiti scientifici e
quali no? E’ corretto che la scienza si occupi di fenomeni quali la cosidetta
fusione fredda, o questi debbono essere catalogati come sciamanesimo o inganno?
Oggi
che la religione ha perso importanza nella società contemporanea (a parte
alcune aree del pianeta in cui la religione si identifica con interessi
politici), le uniche verità ammesse sono quelle della scienza. Dice Hayek che
ogni gruppo umano che si ritiene possessore di verità fondamentali si
autocostituisce in potere e ogni potere, a sua volta, si autocostituisce in
burocrazia. Anche la verità scientifica, come quella religiosa, ha la tendenza
a divenire ideologia e da un paio di secoli gli scienziati fanno parte di
lobbies di potere. Le ideologie, cacciate con difficoltà dalla porta della
politica, rientrano dalla finestra della scienza.
In
fisica oggi domina il modello standard e ogni modifica al modello deve
rientrare in parametri che i fisici mainstream stabiliscono in maniera rigorosa
e che solo loro possono dichiarare ammissibili. Chi propone modelli diversi
secondo parametri non ammessi dalle lobbies universitarie e di ricerca che
dispongono di fondi economici e potere politico, può appartenere solo a tre
categorie: quella dello sciamano, o dell’incapace o infine del truffatore.
Habermas
smontando dal punto di vista teoretico ogni fondamento metafisico della
scienza, ha introdotto l’ipotesi che la scienza non sia altro che un sistema di
verifica di proposizioni ed enunciati all’interno di comunità dei ricercatori
ed esperti. Secondo Habermas la verità non ha come oggetto i contenuti
materiali della conoscenza, bensì le loro
condizioni formali di garanzia e convalida: in pratica la verità diventa
l’opinione ultima della comunità di ricercatori. Ma gli eventi accaduti intorno
alla fusione fredda dimostrano che le cosidette comunità di ricercatori possono
essere divergenti e con opinioni assai diverse da una comunità all’altra. Se
poi alcune, quelle cosiddette ufficiali e accademiche, si autocostituiscono in
“chiese” e in centri di potere è ovvio che anche la verità scientifica diventa,
come in politica, l’opinione dei più forti. Sulla tendenza delle comunità di
scienziati ad arrogarsi il monopolio della verità –come nei conflitti
religiosi- non ci possono essere dubbi, basta considerare l’ostilità anche solo
ad aprire ogni discussione sui fenomeni connessi alle LENR da parte dei fisici
accademici, di cui l’ultimo episodio del divieto di concedere i locali a scienziati che si
occupano del settore per discutere di Lenr all’Università di Roma è
paradigmatico delle censure che anche gli uomini di scienza sanno applicare.
Due
filosofi della scienza hanno dato un contributo decisivo all’apertura del mondo
della scienza alle discussioni e alla variabilità delle idee, in
contrapposizione alla rigidità e alla chiusura della scienza ideologicizzata e
“accademica”: Karl Popper e Paul Feyerabend.
KARL
POPPER
Karl
Popper è stato il filosofo della scienza che ha criticato questa tendenza di
fondo del potere scientifico ad irrigidire le proprie teorie e a farne dei totem
inattaccabili. Il fatto che le teorie vengano discusse all’interno di comunità
di scienziati per cercarne ulteriore validazione non è giudicato sufficiente
dal filosofo. Spesso le comunità scientifiche sono autoreferenziali e tendono a
rafforzare le teorie senza sottoporle ad una critica stringente e quindi
tendono a rafforzare anche gli errori che spesso sono in quelle teorie. Popper
ha studiato un metodo che cerca di porre rimedio all’eccessiva rigidità delle
teorie scientifiche, e a questo scopo parte dalla seguente considerazione: se
una teoria non è influenzabile dall’osservazione empirica, allora NON E’
empiricamente valida. Ma guardando
al modo in cui procede la scienza Popper conclude che l’osservazione da sola
non basta. L’osservazione SENZA FORMULAZIONE DI IPOTESI non è possibile e anzi
non esiste, e quindi la conoscenza non comincia con l’osservazione. Basarsi
solo sull’osservazione infatti conduce all’INDUZIONE che è fonte di errori e di teorie non valide. Ogni
osservazione presuppone un lavoro preliminare del pensiero che ponga le basi
per una validità empirica. Dice il
filosofo che la conoscenza avviene per congetture e confutazioni, e le
congetture non sono altro che ipotesi formulate all’interno di un sapere già
strutturato nel pensiero. Ma affinché le ipotesi possano essere validate si
devono sottoporre al pensiero critico il quale richiede che si debba cercare di
confutarle. Le caratteristiche della confutazione devono anzi far parte
strutturale della formulazione stessa delle ipotesi: se uno propone una nuova
teoria deve stabilire anche le circostanze che la renderebbero falsa, e deve
quindi esporre la teoria stessa apertamente alla verifica puntuale di queste
circostanze. Popper dunque propone come criterio di scientificità di una teoria
la sua FALSIFICABILITA’, cioè che essa ammetta circostanze che ne comportano la confutazione. Se una teoria
non è falsificabile, ipso facto non può essere definita “scientifica”. Che una
teoria non sia scientifica, si badi bene, non vuol dire che sia inutile. Ad
esempio la teoria atomica per lungo tempo è stata non falsificabile e quindi si
potrebbe dire che è stata pre-scientifica, e tuttavia è stata una teoria utile. La scienza cerca nella natura
uniformità e presuppone che queste uniformità esistano. Solo le uniformità
consentono le previsioni e la verifica delle previsioni consente il controllo
delle ipotesi. Le previsioni però, come detto, non sono induzioni e debbono
essere falsificabili. Ma chi ci dice che la natura sia effettivamente uniforme?
Anche il concetto di uniformità e le uniformità che si ritengono
dimostrate debbono essere
falsificabili. La scienza, conclude Popper, si può definire affidabile solo nel
senso che non abbiamo un metodo più affidabile. L’affidabilità assoluta non
esiste e la scienza non è affidabile in maniera assoluta.
Quindi
ogni prosopopea e ogni sicurezza eccessiva di chi si ritiene depositario di
verità scientifiche non è ammissibile, e la sicumera senza se e senza ma che
manifesta chi si occupa di scienza non è un buon segno. E’ un pessimo indizio,
invece, dello stato in cui versa la scienza contemporanea. Come ha detto il
Professor Hagelstein
durante
l’esposizione dei risultati dei suoi esperimenti al Mit sulle LENR, non è
comprensibile tutta questa ostilità preconcetta agli studi sulla Fusione
Fredda, ostilità che si è manifestata da subito già nel 1989, subito dopo
l’annuncio di Fleishmann e Pons. Si può capire che all’inizio l’ostilità fosse
legata all’errore terminologico di Fleishmann che parlò –senza adeguati sostegni
sperimentali- di “fusione” nucleare. Ma l’assoluta indisponibilità della
scienza ufficiale a considerare con mente aperta l’ipotesi di lavoro e le
verifiche sperimentali ha confermato che gli scienziati “ortodossi” si sono
irrigiditi in teorie che consentono solo autoconferme ed escludono ogni ipotesi
che vada contro l’ideologia scientifica sostenuta dal potere accademico.
PAUL
FEYERABEND
Ma
la vicenda della cosiddetta fusione fredda, al di là della sua conferma
empirica o della sua falsità, viene illuminata dal pensiero controcorrente di
un grande della filosofia della scienza: Paul Feyerabend. Nei suoi scritti si
trovano una passione ed un’energia ineguagliata da altri filosofi della
scienza. Riporto alcune osservazioni del filosofo tratte da una intervista a
Vittorio Hosle. Egli contesta alla
radice che esista una regola metodologica per fare scienza, e si definisce un
anarchico epistemologico. Nel suo libro più famoso, “Contro il Metodo”, nega che
la scienza colga verità assolute e nega anche differenze sostanziali tra
scienza e mito. Anzi, nella scienza, afferma, c’è molto di mitologico. Si parla
di scienza senza saperne un gran ché, in particolare da parte dei filosofi
della scienza. La scienza vuol cogliere regole in una realtà complessa, ma in
realtà non possiede un metodo definito. Costruisce regole artificiali e poi
pretende di definirle come scienza. L’idea che nella scienza si trovi un
concentrato di verità è un’idea dei filosofi. La teoria dei quanti spiega
alcuni fenomeni ma non abbiamo idea di quello che c’è nell’insieme. Ciò che
crea difficoltà, dice Feyerabend, è la nozione stessa di verità. Non è come
stare davanti ad un giudice, dove bisogna dire tutta la verità. Ad esempio la
teoria dei quanti e la teoria della relatività di Einstein sono in conflitto
tra loro. Eppure tutte e due spiegano dei fenomeni e appartengono a ciò che
definiamo scienza. Ciononostante sono in conflitto tra loro e inconciliabili.
Che possiamo dire allora della verità? Che ha carattere matematico? Ma affermare
che la verità ha carattere matematico è una teoria scientifica? Se uno
scienziato, ad esempio, introduce
concetti qualitativi, subito i
matematici lo assalgono per trasformare le sue teorie in formule matematiche.
Assegnare numeri a parametri qualitativi può essere non confutabile. Poincaré cercò di introdurre concetti
qualitativi nella scienza. Ma metodologie in conflitto producono tautologie.
Konrad Lorenz ha un approccio completamente diverso: seguiva ad esempio delle
anatre per i campi facendo osservazioni occasionali di loro comportamenti. Che
criterio scientifico ha Lorenz?
Uno
dei risultati della teoria dei quanti è che non è possibile stabilire una
posizione ben definita di una particella. Nella teoria della relatività è
assunto che la posizione di una
particella è invece perfettamente determinabile. Ambedue sono considerate
teorie scientifiche. Questo dimostra che la scienza è una chimera. Che
significa che una teoria è veritiera? Che possiede la verità? E’ possibile un
discorso della scienza sulla verità? Una teoria è veritiera se scopre una
uniformità nella natura? Oppure se dimostra coerenza con le teorie precedenti?
Tutto ciò non ha senso.
Feyerabend
attacca a testa bassa la regola della coerenza delle teorie: "La
condizione della coerenza, la quale richiede che le nuove ipotesi siano in
accordo con teorie accettate, è irragionevole, in quanto preserva la teoria
anteriore, non la teoria migliore". Egli sottolinea che l'insistere sul
requisito che le nuove teorie siano coerenti con le vecchie fornisce un
irragionevole vantaggio alle teorie più vecchie. Il punto essenziale è, nel suo
pensiero, che la compatibilità con una defunta teoria precedente non rende una
nuova teoria più valida né più vera delle teorie rivali sullo stesso argomento.
In altre parole, se si deve scegliere tra due teorie che abbiano lo stesso
potere esplicativo, scegliere quella che è compatibile con una teoria più
anziana, precedentemente falsificata, è una scelta estetica più che razionale.
Oggi
abbiamo bisogno di dedicare tutti
gli sforzi possibili per rivedere il nostro discorso sulla scienza. Siamo
assediati dai rifiuti prodotti dalla scienza. E’ con la scienza che il mondo è
arrivato al punto di non ritorno e la civiltà si sta avvitando su se stessa. Il
mondo soffoca per i rifiuti. Per toglierli abbiamo bisogno degli scienziati che
li hanno prodotti. Non è possibile ripulire il mondo rinunciando alla scienza.
Il mito in passato ha rischiato di portare il mondo alla distruzione. Ma la
teoria scientifica può essere oppressiva come il mito. Ci sono diversi tipi di
mito come ci sono diversi tipi di scienza. C’è stata un’epoca in cui discutere
di scienza era discutere di sistemi scientifici, discutere di affermazioni
chiare e dimostrate, e mettere ordine nella scienza era mettere ordine in
queste affermazioni. Tutto in maniera aperta, chiara e verificabile tra i vari
operatori. Ma oggi la scienza è molto cambiata. Fare esperimenti oggi spesso richiede impianti industriali
molto complessi e costosi, e gli operatori devono accettare compromessi (non
c’è denaro sufficiente) e cambiare approccio. Si parla di “conoscenza testata”
e il ricercatore ha a che fare con strumenti come un pilota di auto da corsa o di areoplani. Il livello
sperimentale oggi costituisce un’area a se e il passaggio tra il livello
sperimentale e il livello teorico include molti elementi diversi, temi
arbitrari, aspetti discutibili. Si procede spesso per approssimazioni. La
scienza è frantumata in scienze diverse, scienze teoriche, scienze degli
esperimenti, scienziati che operano su alcuni o su più versanti. A volte è necessario un accordo
“politico” tra diversi “partiti” in cui uno cede un po’ di qua e un po’ di là e
si arriva a qualcosa di pubblicabile. Quanto afferma Feyerabend è facilmente
verificabile oggi con le cosiddette energie rinnovabili, con l’influenza
politica che le sostiene, con i compromessi che si rendono necessari. Per non
parlare del nucleare, in cui la verità scientifica è variabile da paese a
paese. Continua Feyerabend
portando l’esempio di Newton il quale concepiva la scienza in una ben strana
maniera. Constatando infatti in base a calcoli che le orbite di Giove e Saturno tendevano con il tempo a
divaricare e, al contrario, che le misure osservazionali concludevano per una
costanza delle orbite, il grande scienziato affermò, con tutta serietà, che Dio
interveniva periodicamente a rimettere a posto le cose raddrizzando le orbite
dei due pianeti. E’ la famosa teoria del “dito di Dio” che interviene a
correggere le imperfezioni del mondo. Ma le difformità della scienza non
riguardano solo l’epoca di Newton. Quando fu formulata la teoria meccanica
ondulatoria nella fisica quantistica si credette che le particelle avessero
natura ondulatoria. Questo era in contraddizione non solo con la teoria
matriciale della fisica dei quanti di Heisenberg e Borg, ma anche con la teoria
di Einstein della relatività. Erwin Schrodinger che aveva formulato la teoria
ondulatoria non ritrattò e decise di lavorare con la vecchia teoria, ottenendo
risultati migliori. Dunque, dice Feyerabend, confutare una teoria a volte è
conveniente. La falsificazione delle teorie si dimostra utile per fer
progredire le conoscenze, ma Popper sbagliò a considerarla come UNICA e che
servisse sempre quella, assolutizzandola. La falsificazione è uno strumento, ma
ne servono altri. Molte delle regole, apparentemente ben congegnate, trovate
dai ricercatori, non si adattano ai casi reali. A volte succede che le teorie GOFFE corrispondono meglio ai
fatti e alle previsioni rispetto a quelle ELEGANTI. Alcuni, analizzando una
teoria dicono che si tratta di una BRUTTA teoria, e spesso scelgono quella che
loro ritengono giusta in base a preferenze personali. In questi casi le scelte avvengono con criteri estetici. La conoscenza del medico è molto più dispersa rispetto a
quella del biologo molecolare. Questo ha conoscenze più precise, ma non si può
dire quale conoscenza è migliore:
sotto certi aspetti è meglio quella dell’uno, ma sotto altri aspetti è
meglio quella dell’altro. Per vincere i Nobel spesso va bene quella del biologo
molecolare, ma per curare la persona spesso è meglio quella dispersa e
probabilistica del medico. Inoltre i criteri delle teorie sono spesso in
contraddizione tra loro. Vediamo
ad esempio, afferma Feyerabend, il criterio della corrispondenza (tra teoria e
fatti) e il criterio della coerenza (tra teorie considerate valide). La teoria migliore, saremmo portati a
pensare, è quella che soddisfa ambedue. Ci sono scienziati che non condividono
nessuno dei due criteri. Se uno crede che ci sia un dio che ha creato
l’universo per l’uomo e le sue esigenze, allora la verità è evidente nelle cose
che accadono, si tratta quindi di una visione empirista. Se invece si è
agnostici e si pensa che l’universo è una beffa di un dio distante e
indifferente, allora l’uomo non può conoscere la verità. In questo universo è
inutile cercare la coerenza. Ma se non vi è una coerenza di insieme, a volte vi
sono soluzioni conoscitive per aspetti limitati. Quindi taluni ricercatori potrebbero ottenere successi senza
avere basi metafisiche generali ( a questo riguardo Feyerabend è
stato profetico sul caso delle Lenr).
Molti parlano di istinto, istinto del grande scienziato. Ma a volte
grandi scienziati a forza di usare l’istinto sono andati a sbattere nel nulla
scientifico. Così Einstein che ha
cercato di formulare una teoria del campo unificato senza avere successo.
Newton è stato certamente un grande scienziato, ha ricercato nella fisica,
nella astronomia, nell’alchimia. Eppure avanzò la teoria del dito di Dio.
Secondo il grande scienziato Dio era un padre che si prende cura delle creature
e agisce continuamente nel mondo. Ciò non era vero per Liebnitz che credeva a
un dio a volte distratto o che non sapeva bene cosa volere, sebbene animato da
saggezza e bontà. Galileo è un grande scienziato ma fece ipotesi sbagliate.
Credeva che con la dimostrazione si stabilisce la verità di una teoria, che con
la dialettica si possano cercare accordi tra argomentazioni diverse. Ma
riteneva utile anche la retorica che sfrutta le debolezze dell’avversario.
Copernico fu abbandonato nel momento in cui le sue teorie furono accettate.
Come Galileo, a volte è con la retorica che il grande scienziato porta avanti
le sue teorie. Tycho Brahe, che negò la realtà delle sfere celesti, non esiste
per Galileo. Egli rimane ancora nel sistema geocentrico, e Galileo lo irrideva.
Era una mossa retorica, Galileo rifiutava qualsiasi autorità extra-scientifica.
Ma Tycho Brahe fu fondamentale per preparare la scienza successiva e il tentativo
di avere una buona convivenza con il programma teologico dell’epoca rientrava
in un sano realismo. Feyerabend non accetta la pseudo serietà della vita
accademica. E’ assolutamente necessaria oggi una netta separazione tra scienza
e stato. Nelle scuole pubbliche finanziate dallo stato non deve essere
insegnata la religione (solo nelle private). La ricerca deve essere finanziata e insegnata da canali
diversi, non dal solo stato che finanzia per i propri scopi, né solo dai baroni
accademici che assegnano denaro a progetti scientifici “buoni” solo perché
porta denaro agli staff loro afferenti. Non bisogna lasciare il monopolio della
ricerca allo stato o ai grandi poteri. Gli scienziati migliori sono quelli
aperti e consapevoli delle alternative ( come quelli del Mit di Boston, non
come quelli della Sapienza di Roma…mi viene da aggiungere). Conclude Feyerabend che nella scienza
qualsiasi cosa può andar bene, è meglio una molteplicità delle teorie contro
uno stupido DOGMATISMO, causa di una assoluta MEDIOCRITA’.
PAUL FEYERABEND
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