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martedì 26 luglio 2022
Riscaldamento: non solo l'uomo
Riporto questo articolo di Monica Panetto dell'Università di Padova sulla posizione critica del professor Scafetta della Duke University,sulle posizioni dell'IPCC a proposito del riscaldamento climatico. Rispetto alla divulgazione ormai totale dei media sulla causa antropica come causa unica e principale del riscaldamento, ritengo utile valutare le posizioni che offrono prospettive diverse. Le lobby che sostengono le cause antropiche, guarda caso ridotte alla sola emissione di carbonio da idrocarburi, sono sospette, tanto più sospette quanto più rifiutano ogni discussione e criminalizzano chi la pensa diversamente. In particolare queste lobby, supportate dai verdi ormai politicamente schierati a favore dei paesi in via di sviluppo e contro l'occidente, negano e silenziano ogni discorso sulla pressione eccessiva sul pianeta di otto miliardi di Homo, e riportano ogni problema ad una unica causa: il sistema del libero mercato e e dei consumi di idrocarburi, invocando una redistribuzione delle risorse che non prevede la "pace demografica" da parte dei paesi emergenti. Il sistema capitalistico, pronto ad adeguarsi al nuovo credo, si sta rapidamente trasformando per assicurare i nuovi prodotti e i nuovi consumi necessari alla economia senza carbonio. Allo stesso tempo le nuove potenze economiche emergenti: Cina, India e presto l'Africa, premono sullo sfruttamento di ogni tipo di energia, dal carbone al nucleare, dal gas al petrolio per assumere il ruolo che fu dell'occidente. La Cina, principale produttore delle cosiddette rinnovabili, e altri paesi asiatici vendono il prodotto a Europa e Usa, utilizzandolo solo marginalmente in casa propria (vista la scarsa efficienza e gli alti costi). Gli stessi paesi emergenti utilizzano il boom demografico come strategia di questo nuovo ruolo, mentre l'occidente affonda e con esso il pianeta, ridotto a discarica di Homo.
"RISCALDAMENTO GLOBALE: L'UOMO COLPEVOLE SOLO A META'"
Secondo l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) le emissioni globali di gas serra sono in aumento a un ritmo doppio rispetto a dieci anni fa e la temperatura media continua a crescere rispetto ai livelli pre-industriali. In tutto questo l’uomo avrebbe causato più del 90% del riscaldamento globale sin dal 1900 e praticamente il 100% dal 1970. Da qui tutta una serie di politiche di intervento che vanno dalla riduzione delle emissioni di gas serra ad azioni di riforestazione, dal ricorso alle energie rinnovabili a una gestione più sostenibile delle città. Eppure, a fronte di questa situazione, c’è chi sostiene che gli scenari di previsione dell’Ipcc non siano del tutto corretti perché basati su modelli climatici che considerano solo in minima parte le variabili naturali accanto al contributo antropico. Di conseguenza anche le responsabilità attribuite all’uomo sarebbero state sovrastimate. A esserne convinto è Nicola Scafetta, docente alla Duke University in North Carolina, che ha esposto i suoi studi nei giorni scorsi a Padova.
“Il clima è influenzato certamente dal fattore antropico, ma anche da fattori naturali che possono essere interni alla terra, come nel caso dei vulcani, e astronomici. La critica che io muovo all’Ipcc è di non sapere modellare bene la componente astronomica del clima. I modelli dell’Ipcc parlano solo di irradianza solare che, tra l’altro, si ritiene dia un contributo esiguo ai cambiamenti climatici e ignorano altri aspetti”. Il sole, ad esempio, non emette solo luce, ma anche un forte campo magnetico. Questo influenza i raggi cosmici che a loro volta incidono sulla nuvolosità e quindi sulla quantità di luce che raggiunge la superficie terrestre con conseguenti ripercussioni anche sul clima. E non vengono presi in considerazione nemmeno gli effetti lunari: accanto alle maree giornaliere esistono infatti cicli molto più lunghi che influiscono sugli oceani e sul trasferimento di calore dall’equatore ai poli. Producendo anche in questo caso cambiamenti climatici.
Scafetta aggiunge che i modelli dell’Ipcc si basano dal 2001 su una ricostruzione della temperatura globale degli ultimi 1000 anni, conosciuta come hockey stick, elaborata da Michael E. Mann nel 1998 su cui tuttavia sono stati avanzati dei dubbi. Secondo lo studio, il pianeta sarebbe stato caratterizzato da una temperatura costante prima del 1900 e successivamente da un riscaldamento anomalo. Il risultato tuttavia è in contrasto con quanto sostenuto da storici e geologi, secondo i quali i primi secoli del millennio dovevano essere piuttosto caldi, al contrario dei secoli dal 1400 al 1800, ritenuti invece molto freddi e conosciuti come la “piccola era glaciale”. In effetti già dal 2004-2005 l’hockey stick comincia a essere criticato. Tra gli altri Anders Moberg e Fredrik Charpentier Ljungqvist propongono ricostruzioni alternative del clima. E anche Scafetta dà il proprio contributo.
“Negli ultimi 400.000 anni – spiega – si sono alternati sul nostro pianeta periodi caldi e periodi freddi di cui i modelli dell’Ipcc non riescono a dare conto”. E continua: “Se la temperatura presenta cicli periodici naturali, l’unica spiegazione ragionevole è che il sistema climatico sia modulato da cicli astronomici”. Le oscillazioni naturali del clima sarebbero dunque sincronizzate con oscillazioni astronomiche, cioè con oscillazioni del sistema solare indotte dal movimento dei pianeti. Sole, luna e pianeti sono caratterizzati da numerosi cicli a diverse scale temporali: di 11 e 12 anni quelli del sole e di 18,6 e 8,85 anni i cicli maggiori della luna. Giove ha un periodo orbitale di circa 12 anni e Saturno di 30 anni cui se ne aggiungono altri tre: i dieci anni dell’opposizione dei due pianeti, i 20 della congiunzione e i 60 anni necessari per essere allineati con la Terra attorno al sole. Scafetta avrebbe individuato, ad esempio, una corrispondenza ciclica di 60 anni nei periodi 1880-1940 e 1940-2000, durante i quali le temperature hanno dimostrato un andamento simile. Consentendo anche di fare previsioni per il futuro.
Gli studi del docente della Duke University aprono dunque scenari differenti rispetto a quelli proposti dall’Ipcc. “Secondo i miei calcoli l’uomo contribuisce al riscaldamento globale per circa il 50% e non per il 100% come vorrebbe l’Ipcc. L’altra metà può essere attribuita a oscillazioni astronomiche”. E continua: “Se non si è in grado di modellare la componente del clima condizionata dai fenomeni astronomici, non si può nemmeno quantificare con esattezza la componente antropica”. Anche le previsioni relative alla temperatura per il prossimo secolo si discostano da quanto sostenuto finora. Sembra infatti che fino agli anni 2030-2040 si assisterà a una stasi o addirittura a un raffreddamento.
“I modelli dell’Ipcc stanno fallendo – argomenta Scafetta – Anche se la quantità di anidride carbonica è aumentata molto, dal 2000 la temperatura è rimasta costante. E sebbene l’Ipcc lo riconosca e ammetta che i modelli climatici utilizzati stanno presentando dei problemi, utilizza poi quegli stessi modelli per le previsioni climatiche del ventunesimo secolo”.
Monica Panetto
mercoledì 6 luglio 2022
La bufala riscaldamento
(La recente conferenza di unificazione tra sinistra e verdi)
Mi convinco sempre di più che la storia del riscaldamento climatico sia una colossale bufala dietro cui ci sono interessi costituiti potenti. Troppo potente il bombardamento mediatico sulla gente, troppo uniforme il messaggio, troppo violenta la espulsione dal contesto civile di chi pone dei dubbi. L'allineamento dei governi al fideismo sul global warming è impressionante, pressoché totale, ma i comportamenti poi sono molto differenti dai declami. La Cina è il primo produttore al mondo di rinnovabili, ma sono anche il primo consumatore al mondo di carbone e petrolio. Anche sul merito del riscaldamento non ci sono certezze. I dati che vengono diffusi sono per lo più manipolazioni, come dimostra in numerose pubblicazioni e convegni il geologo e metereologo Prestininzi dell'Università di Roma, con i suoi studi sulla rilevazione delle temperature degli ultimi secoli o come afferma il più importante climatologo italiano a livello internazionale, Franco Prodi: “Nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell'uomo ed il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato ". Le oscillazioni del clima ci sono sempre state, Carlo Rubbia in un noto discorso al Senato ricordò quelle degli ultimi duemila anni, con punte di caldo ben più corpose di quelle attuali. Questo non significa che le emissioni di carbonio e l'inquinamento da combustibili non esista, esiste e contribuisce alla irrespirabilità dell'aria e al degrado chimico dei suoli e delle acque. Ma ogni discorso sul contenimento delle emissioni è inficiato dall'oblio e dal silenziamento del fattore popolazione, vero tabù dei movimenti verdi. Se il riscaldamento fosse una vera emergenza, il problema popolazione dovrebbe essere al primo posto. Eppure nessuno ne parla: né i governi, né le istituzioni, né gli studiosi del problema che accettano acriticamente il cambiamento climatico,, né tantomeno i movimenti politici che si richiamano alla difesa ambientale.
La storia del riscaldamento globale del resto è un ottimo argomento per permettere ai verdi di sopravvivere e di contare politicamente a livello mondiale, ma sono loro stessi a non crederci, per lo meno nei termini catastrofici che strombazzano su tutti i media. Se ci credessero veramente, la loro battaglia anticonsumista e per una economia della redistribuzione basate solo sulle rinnovabili, verrebbe messa in secondo ordine rispetto al primo fattore all'origine del disastro ambientale: la sovrappopolazione umana del pianeta terra. L'equazione di Ehrlich I = PxAxT mette al primo posto nell'Impatto sull'ambiente la popolazione umana. Ehrlich è molto chiaro al proposito: "L'immissione in atmosfera dei principali gas serra, anidride carbonica e metano, che possono modificare il clima e rovinare la produzione agricola, non è facile da correggere. La concentrazione atmosferica di questi gas è strettamente legata alle dimensioni della popolazione. Conseguentemente, non c'è nessun metodo pratico per ottenere la necessaria riduzione dell'emissione di questi gas senza un controllo demografico " (P. e A. Ehrlich: Un pianeta non basta 1991, pag.61).
Dunque i verdi tacciono sul fattore principale della immissione di gas serra, metre spingono l'acceleratore sul cambiamento politico ed economico: socialismo, carbon tax solo contro i paesi occidentali, redistribuzione a favore dei paesi emergenti e stop ai consumi dei paesi occidentali. Non si accenna minimamente ai tassi di natalità di alcuni paesi dell'Africa o dell'oriente, i quali determinano un accrescimento medio dei consumatori ed emettitori di carbonio sul pianeta di circa 90 milioni ogni anno. Chi è nato negli anni 50 del novecento è nato in un altro pianeta: allora c'erano due miliardi di umani, oggi ce ne sono otto. Tutto questo nel volgere di una sola generazione: una esplosione demografica mostruosa che non si era mai vista per nessuna altra specie sulla terra. Una esplosione che è la causa della scomparsa di migliaia di specie viventi ogni anno con perdita della biodiversità e di interi ambienti naturali. Ciascuno dei nuovi nati della specie Homo cerca benessere e consumi e tutti i discorsi alla Greta servono solo a punire gli occidentali del passato sviluppo. Anzi i movimenti tipo Friday for Future chiedono a gran voce che cinesi, indiani ed africani si allineino ai consumi dei paesi ricchi (o ex ricchi) e che vengano abolite le differenze economiche e sociali su tutto il pianeta. Il risultato pratico di tutto questo si può leggere consultando i grafici delle emissioni di carbonio in atmosfera: nonostante le varie conferenze basate sul nulla (COP nelle varie declinazioni geografiche- Kyoto, Parigi ecc.- e numeriche)e i pareri dei soloni dell'Onu, le emissioni crescono senza mai deflettere, conferenza dopo conferenza.
Cina, India, Pakistan, Africa, ecc. accelerano sui consumi ricorrendo al carbone, petrolio, nucleare ecc. e tutto quello che assicura energia a basso costo, badando al proprio tornaconto e profittando dello stallo occidentale. Nessuno dei paesi in questione adotta più politiche di contenimento demografico, complici gli interessi politici e le politiche di potenza regionale o globale. In questo scenario i verdi vengono a dirci che il futuro del pianeta dipende dallo stop ai consumi in Europa e in Usa (paesi in rapido declino economico, la fine di un mondo dove tra l'altro sono situati i paesi con regime democratico e liberale), ed alla adozione - ma solo da parte occidentale- di energie costose e poco efficienti come le pale eoliche o i pannelli solari. Sul primo fattore di Ehrilch, la popolazione planetaria, silenzio assoluto e chi osa soltanto accennarvi è condannato all'inferno politico, al rigetto morale e all'isolamento dal contesto "civile"del pensiero unico politically correct. Chi accenna al problema è attaccato e deriso, i dati scientifici pubblicati su riviste rigorose considerati carta straccia se non allineati alla nuova ideologia del cocomero verde. L'Antropocentrismo è verde, il pianeta può divenire immensa discarica e cimitero di tutte le altre specie viventi purché si pensi ai diritti di una sola specie: Homo. L'importante è l'uomo verde e progressista, il cocomero verde fuori e rosso dentro, come mostrato al termine della recente conferenza di unione politica tra sinistra e verdi.
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