C’è una sempre maggiore distanza tra quello che
prevedono i demografi e quella che è la realtà dei fatti. Da alcune decine di
anni per l’Italia i demografi prevedono un inverno demografico con una
popolazione totale in caduta libera. Negli stessi anni la popolazione italiana
è aumentata, al contrario, da 45 milioni a 62 milioni. Se fossimo in un paese
serio cacceremmo via i demografi dalle loro cattedre universitarie e dai loro
istituti per manifesta incapacità. Per l’Europa non siamo messi molto meglio.
Da anni i demografi prevedono una continua diminuzione della popolazione (
l’ultimo studio pubblicato prevede un calo dagli attuali circa 780 milioni verso i 650-700 milioni nel 2050). Al contrario
la popolazione in Europa cresce costantemente da decine di anni e secondo
alcuni istituti, più oggettivi, si va verso il superamento della soglia degli
800 milioni nei prossimi anni. Che cosa determina questi errori grossolani dei
demografi?
Innanzitutto una banale dimenticanza. Secondo un rapporto Cnel pubblicato nel
2011 sono previste ondate immigratorie soltanto per quel che riguarda la
provenienza dall’Africa di circa due milioni di immigrati in Europa all’anno
fino al 2050 (due milioni all'anno!). Senza contare gli altri milioni previsti dall’Asia e da altri paesi
a forte emigrazione come il medio oriente. Ma pare che da questo orecchio i
demografi ufficiali non ci sentano: per loro semplicemente questi fenomeni
immigratori non esistono o sono irrilevanti. Tra l’altro le nuove popolazioni
portano nel loro bagaglio culturale l’alta prolificità e pertanto
contribuiscono al rialzo dei tassi di natalità del continente europeo; ma
anche questo dato i demografi ufficiali mettono nel
dimenticatoio. Un altro errore dei demografi –e qui forse c’è lo zampino di una
certa visione cattolica del problema- è quello di sottostimare i reali tassi di
natalità e il rapporto tra natalità e diminuzione della mortalità che porta la
popolazione a crescere pur in presenza di una natalità stazionaria o di poco in
salita. Allarmare la popolazione su un inverno demografico inesistente e
insitllare nelle persone la
preoccupazione su un probabile deficit di lavoratori per “pagare le pensioni”
porta acqua al mulino di preti e demagoghi delle culle piene. Di fatto, anche
facendo la tara del fenomeno immigratorio, assisteremmo in Italia ad una pur
lenta crescita della popolazione,
più lenta di quella reale di oggi, ma pur sempre di crescita si
tratterebbe. La realtà europea mostra poi l’evoluzione temporale della
demografia nel vecchio continente con tassi di natalità in forte crescita
–nonostante tutte le previsione dei demografi fino a ieri- in Francia (la popolazione francese è
passata da 42 milioni nel 1950 a 65 milioni oggi), in Inghilterra e persino in
germania (8,33 nascite/1000 di popolazione) , nonostante che i tassi di
occupazione delle donne tedesche siano superiori rispetto alla Francia. I
livelli di cementificazione e di scomparsa delle aree verdi conseguenti
all’aumento di popolazione residente
è ormai preoccupante specie intorno alle grandi città come Parigi,
Londra o Berlino. L’urbanizzazione delle aree rurali è ormai un dato di fatto in tutta Europa e i tassi di
inquinamento ambientale, nonostante tutte le politiche di repressione e
regolamentazione, sono altissimi. La Germania, tra i pianti dei demografi sul
declino demografico, è passata da
70 milioni di abitanti negli anni cinquanta agli attuali 83 milioni, di cui 15
milioni di origine immigratoria.
Avere un quadro chiaro sull’evoluzione demografica nei
paesi europei da parte dei demografi è purtroppo impresa impossibile e inutile.
Il pregiudizio sul calo della natalità e sul declino demografico è ormai
diventata una ideologia e da ogni parte si assiste al pianto greco sulla scarsa
prolificità delle donne europee. Tutto questo mentre assistiamo alla
devastazione delle nostre terre dovuta alla sovrappopolazione. Il mondo, come
dicono gli ultimi studi proprio di questi giorni, si avvia sempre più
velocemente ad un “global warming” che già pone problemi gravi per la sopravvivenza
di molte specie viventi, eppure i demografi pensano ad altro, come se l’eccesso
di popolazione mondiale non fosse alla base del fenomeno. Ma non ci sono solo i
danni ambientali. In Europa i
cambiamenti demografici riguardano
anche il mutamento culturale ed
economico. Lo stanziamento di milioni di nuovi cittadini appartenenti a culture
diverse porta a nuovi conflitti
tra popolazioni di diverse tradizioni, a contrasti religiosi, alle limitazioni
della libertà di espressione, a competizione per le risorse, al terrorismo, a guerre nelle
aree di provenienza. La crisi
economica è aggravata dal peso
sempre crescente di politiche assistenziali a fronte di una produzione sempre
meno capace di innovazione tecnologica e di competitività nei mercati. Come in
tutte le aree in cui le popolazioni sono in crescita, anche in Europa le
risorse economiche sono spostate dalla ricerca e l’innovazione verso
l’assistenza e il welfare dei nuovi e vecchi residenti. L’Italia importa
povertà ed esporta cervelli, ma la situazione europea non è molto migliore.