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mercoledì 17 dicembre 2014

I Verdi e il problema demografico




Nel suo ultimo libro Contro (la) natura Chicco Testa conferma, sotto certi aspetti, di appartenere alla cultura dell’ambientalismo classico (è stato presidente di Legambiente). Lo fa esplicitamente quando afferma che la popolazione eccessiva umana sulla Terra non costituisce un problema  per l’ambiente del pianeta.
Afferma Testa riferendosi all’esplosione demografica: il suo incredibile incremento non ha determinato nessuna catastrofe alimentare né carenze drammatiche di alcuna materia prima. Esistono, è vero, circa un miliardo di persone denutrite e morti per carestie e fenomeni climatici estremi. Ma nonostante ciò il nostro pianeta si è dimostrato in grado di sfamare in modo sufficiente più di sei miliardi di persone. Testa critica le logiche neo-malthusiane in quanto sostiene che non è la consistenza complessiva della popolazione a determinare il suo impatto ambientale, ma la ricchezza e cioè la produzione e i consumi di quella data popolazione. Un miliardo di persone con centomila euro di Pil pro-capite consuma più o meno le stesse risorse di dieci miliardi di persone con diecimila euro di Pil pro capite. L’impatto complessivo non dipende quindi dalla popolazione, ma dall’nsieme mondiale delle attività economiche e dal loro grado di efficienza, inteso come input di materia prima più energia e output economico. Non sono quindi, secondo Testa e i verdi mainstream, le sterminate popolazioni asiatiche o africane (e i loro tassi di natalità elevatissimi) le responsabili dell’impatto maggiore sulle risorse del pianeta. Bensì il livello di consumo pro capite dei cittadini occidentali molte volte superiore a quello del terzo mondo.

E’ il Pil di un determinato territorio e non i numeri della sua popolazione che misurano l’impatto ambientale. Testa fa l’esempio degli Stati Uniti che è al primo posto per i consumi individuali e il consumo energetico e quindi hanno un impatto massimo sull’inquinamento e sulle emissioni di CO2, rispetto ad esempio all’India che con una popolazione quattro volte maggiore ed  un prodotto interno assai più basso e consumi energetici di circa tre volte minori dovrebbe in teoria inquinare molto meno. Testa e i verdi tuttavia non dicono che l'India ed altri paesi asiatici hanno rapidamente bruciato le tappe, e mentre gli Usa tendono a ridurre lievemente i livelli di emissioni, quelli di India e Asia stanno crescendo vertiginosamente (oggi l'India è il quarto inquinatore mondiale dopo Cina, Usa, ed Europa).
E' vero che i consumi individuali influiscono pesantemente sulle emissioni di CO2 ed altri inquinanti, ma ignorare completamente il fattore popolazione è un grave mistificazione che porta completamente fuori rotta le posizioni degli ambientalisti. In questi calcoli i verdi fanno due errori logici che rende sbagliato il loro ragionamento. Il primo errore è quello di considerare i dati sulla situazione statica del momento e di appiattire tutte le dinamiche economiche e demografiche al momento attuale. Se guardiamo ai consumi del miliardo di cinesi di trenta anni fa notiamo che sia il Prodotto interno lordo che il consumo energetico erano infinitamente al di sotto di quello degli Stati Uniti. Se guardiamo alla Cina trent’anni dopo e vediamo quello che accade oggi notiamo che il miliardo e mezzo di cinesi ha moltiplicato per decine di volte i consumi individuali tanto che sia il Pil che il consumo di energia supera quello americano. Oggi la Cina inquina di più degli Stati Uniti ed è il primo paese al mondo per emissioni nocive. Così sarà in futuro dell’India, e per l'Africa.  Anche perché in questo processo di spostamento verso l’alto dei consumi e del Pil viene a mancare il know-how tecnologico che contraddistingue i paesi con tecnologia avanzata ed economicamente stabili  come Stati Uniti ed Europa.  Il secondo errore,che deriva dal primo, è che secondo i verdi i tassi di natalità non influenzano il degrado ambientale in quanto si riflettono semplicemente sui numeri   della  popolazione e non sui numeri della produzione e del consumo. I tassi di natalità, a differenza di quello che pensano i verdi, influiscono invece pesantemente sul degrado ambientale in quanto sono in prospettiva in grado di aumentare fortemente i consumi senza peraltro migliorarne la qualità con la stessa velocità. Da un lato maggiore natalità significa incremento di futuri consumatori-produttori nel senso che la situazione va interpretata non staticamente ma dinamicamente. Venti anni sono un ciclo breve per l’ambiente, ed in venti anni un esercito di neonati diviene un esercito di consumatori-inquinatori. Nel giro di trenta anni la Cina è passata da un miliardo a un miliardo e mezzo di abitanti. Un miliardo e mezzo di consumatori consuma    un terzo in più di una popolazione di un miliardo di individui. Ma come abbiamo visto il Pil e i consumi sono anche essi dati dinamici che tendono ad aumentare più o meno rapidamente nel tempo, pertanto il tasso di inquinamento ambientale di una data nazione sarà aumentato in maniera esponenziale dopo dieci o venti anni anni, sia per l’incremento del numero di individui, sia per l’incremento dei consumi per ciascun individuo. In un mondo globalizzato non è possibile tenere separati i prodotti e i consumi dai potenziali consumatori con  confini politici. La conoscenza via web, la pubblicità, la mobilità di persone e  merci rende il mercato di produttori e consumatori molto più mobile  e diffuso di decenni fa. Un tasso di natalità alto farà pertanto aumentare esponenzialmente il prodotto tra numero di consumatori e livello in crescita dei consumi, in funzione di un terzo moltiplicatore che è il fattore tempo.  Il Pil segue la crescita della popolazione, e questo fenomeno avviene ormai stabilmente da molti decenni, da quando le conoscenze e la tecnologia si sono rapidamente globalizzate. Il secondo motivo che porta i tassi di natalità ad incidere pesantemente sull’ambiente è anche questo dinamico: quando il numero della popolazione cresce senza che crescano le risorse naturali, economiche e agricole del territorio, si produce il fenomeno migratorio. I popoli oggi si spostano verso i luoghi dove abbondano risorse e consumi. La globalizzazione dei mercati e la perdita di significato politico delle frontiere ha portato le persone a spostarsi di fatto liberamente seguendo le merci e le risorse e superando gli impedimenti politici. La perdita di potere della politica a favore delle dirigenze finanziarie ha guidato questo fenomeno fino a dare l’impronta definitiva alla nostra epoca, che è quella delle migrazioni di massa. Ciò porta i calcoli fatti dai verdi sul basso tasso di inquinamento delle popolazioni dei paesi poveri ad essere del tutto falsi e basati su presupposti inesistenti e sbagliati. I nuovi nati, una volta divenuti più o meno adulti, ma a volte anche prima,  si spostano nelle aree del pianeta dove sono i consumi, le risorse e le merci,  portando i tassi di inquinamento a pareggiarsi o comunque ad avvicinarsi a quelli delle popolazioni dei paesi più ricchi. Allo stesso tempo gli spostamenti di risorse dai paesi ricchi alle aree povere senza che vengano prese adeguate misure di controllo della natalità  ed educazione sessuale (i cosiddetti aiuti a pioggia molto criticati dagli stessi popoli del terzo mondo) , porta a mantenere alti i tassi di natalità assicurando un falso benessere che riguarda esclusivamente il supporto vitale di primo livello. Infatti le risorse paracadutate dall’alto in territori privi di risorse, di un tessuto produttivo  e di tecnologie agricole, vengono spese , stanto così le cose, esclusivamente per incrementare le aspettative a breve termine dei genitori per i figli, migliorarne l'alimentazione e le cure,  mentre la situazione ambientale, economica e sociale  rimane di strema povertà ed arretratezza, ed  incapace di supportare la crescita demografica in modo da permettere una vita dignitosa e sostenibile per l’ambiente ad un numero sempre più grande di individui. “Ogni nascita nei paesi poveri, con i tassi attuali di mobilità delle popolazioni e delle merci, significa maggiore inquinamento globale secondo parametri di consumi che non sono più locali ma globali”. L’equazione di Ehrlich è pertanto pienamente valida e non esistono più distinzioni statiche tra tassi di natalità ed impatto ambientale nelle diverse aree economiche del pianeta. 

4 commenti:

  1. Fermo restando che l'ambientalismo che non tiene conto del fattore numerico della popolazione non è ambientalismo ma è qualcos'altro, nell'articolo ho colto diverse contraddizioni non risolte anche nelle critiche. Avendo appurato che non serve a nulla, mi astengo dal partire con un pippolotto esplicativo fine a se stesso, però le contraddizioni lì sono e lì rimangono.

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  2. << “Ogni nascita nei paesi poveri, con i tassi attuali di mobilità delle popolazioni e delle merci, significa maggiore inquinamento globale secondo parametri di consumi che non sono più locali ma globali”. >>

    Una considerazione purtroppo ineccepibile e troppo spesso ignorata.

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  3. È veramente singolare come i Verdi addirittura neghino il concetto di sovrappopolazione. Lo abbiamo constatato anche in occasione della nostra recente iniziativa in Svizzera (Ecopop). Il problema, l'unico vero problema per loro è la riduzione dell'impronta ecologica. Ora l'impronta media di un abitante della Svizzera è di 4-5 terre (ahimè anche la mia, nonostante ritenga di vivere modestamente). I nostri valorosi e volenterosi Verdi si propongono di ridurre questa benedetta impronta a 1 terra - e non solo a livello nazionale ma mondiale. Come ciò sia possibile, e in tempi non troppo lunghi, cioè prima del collasso finale, è un altro mistero. In teoria ciò significherebbe che agli attuali sette miliardi e ai prossimi dodici miliardi venga attribuita una quota di beni naturali e prodotti uguale per tutti (il comunismo perfetto). E se la popolazione continuasse a crescere questa quota dovrebbe ulteriormente e inevitabilmente ridursi. Dunque la popolazione in Svizzera può tranquillamente continuare a crescere se si avrà l'accortezza di sfruttare meglio le aree edificabili (non escludendo i grattacieli di cui la Confederazione è oggi povera), riducendo le pretese abitative (meno metri quadrati a persona), la mobilità, il consumo, aumentando l'efficienza dei prodotti tecnologici ecc. ecc. Insomma, parlare di sovrappopolazione per i Verdi è un tabù come per la Chiesa cattolica (e forse anche per il Chicco ex ambientalista).
    La probabile spiegazione di questo atteggiamento demenziale è da ricercare nella collocazione politica dei Verdi. Che nacquero come una costola della sinistra e sono stati quasi ovunque e sempre di sinistra. E per la sinistra la questione demografica non è mai esistita o è stata considerata con diffidenza (forse è una questione borghese e reazionaria). Ormai nemmeno i più incalliti sviluppisti possono negare che la questione ecologica è importante, anzi fondamentale. Ma questa evidenza fa a pugni con la vocazione crescentista degli sviluppisti, tra cui ormai c'è anche la sinistra (che deve per forza promettere miglioramenti ai propri elettori, cioè crescita).
    Come finirà? Quasi sicuramente con una grossa crisi. Quella di questi anni non sarà niente a confronto. Ma per favore che non si parli di sovrappopolazione. Chi tira fuori quest'argomento è un fascista (la Verde tedesca Jutta Dittfurth parla di ecofascismo a proposito di quanti pongono l'uomo e la natura sullo stesso piano).

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    1. Adesso capisco perchè i Verdi siano scomparsi dalla scena politica. Vogliono farci vivere come sardine in una scatola con poca acqua per lavarsi e per lavare le verdure, farci soffrire la fame, rinunciare a ogni spazio vitale e dividere una stanza in sei.

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