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sabato 29 novembre 2014

1914




"C'è la sensazione che stia per succedere qualcosa; quello che non si riesce a prevedere è quando. Forse godremo di altri anni di pace, ma è altrettanto possibile che dalla sera alla mattina succeda una catastrofe" (Carl von Lang, inizio 1914)

Il libro dello storico Max Hastings è un grande affresco sull'Europa di cento anni fa e soprattutto sul primo anno della Grande Guerra. Vi sono descritte in maniera avvincente le condizioni che portarono allo scoppio del conflitto che mise fine alla Belle Epoque, e le grandi battaglie del primo anno di guerra, gli scontri in campo aperto e nelle città con gli spostamenti e le manovre dei corpi di armata, spesso con particolari di singoli episodi che ci fanno capire la portata e la drammaticità di quello scontro epocale. Fu un conflitto che nacque quasi in sordina, nella incredulità generale. Nessuno credeva che sarebbe scoppiata una guerra e le classi dirigenti dell'epoca erano come "sonnambuli" che ballavano sull'orlo del precipizio secondo la bella definizione del romanzo di Clark sullo stesso argomento. Dopo l'inizio della guerra, tutti pensavano che sarebbe durata solo qualche mese, e che la questione si sarebbe risolta in poche battaglie. Così, di sottovalutazione in sottovalutazione, si consumò la più grande carneficina della storia con un numero di vittime senza precedenti.

Mi sono spesso chiesto perché quella guerra fu tanto importante per le sorti dell'occidente, e perché in fondo il nostro declino come europei è cominciato da allora. In quei campi di battaglia si posero le condizioni per la successiva deriva autoritaria del ventesimo secolo, e il grande conflitto della seconda guerra mondiale. Fu lo storico Nolte che parlò di Conflitto civile europeo 1914-1945. Quale furono dunque le motivazioni recondite che portarono alla guerra tra gli Imperi Centrali e le potenze alleate, al di là delle motivazioni contingenti? Perché è ovvio che l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando e lo scontro per il dominio sui balcani tra Austria e Russia furono solo il grilletto che fece confliggere motivazioni e interessi ben più profondi e sostanziali. Tra questi certamente la nuova potenza tedesca dopo la riunificazione e la cultura militarista prussiana giocarono un ruolo, insieme all'instabilità "multiculturale" e "multietnica" dell'antico Impero Austro-Ungarico. Ma ci furono anche altre condizioni che riguardano da un lato la composizione demografica con la gran massa di giovani nati tra la guerra Franco Prussiana del 1870 e il primo decennio del '900. Solo la Germania era passata da 40 milioni di fine ottocento ai 65 milioni del 1914.Tutti quei giovani erano intrisi dello spirito nazionalistico che aveva visto le grandi nazioni europee impegnate nelle conquiste coloniali e nello sviluppo industriale e tecnologico guidati da una cieca fede nel progresso e nella scienza. Dall'altro ci fu la spensieratezza sconfinante nell'incoscienza derivante da quel quarantennio che aveva preceduto la guerra: un quarantennio  di relativa pace e di crescita di una società borghese che aveva dimenticato i sacrifici delle guerre ottocentesche e i loro  costi umani.  Soprattutto vi fu una sottovalutazione culturale dell'enorme potenziale tecnologico delle nuove armi come le mitragliatrici e i cannoni a lunga gittata, gli aerei e i nuovi mezzi di telecomunicazione.

C'è un episodio descritto nel libro di Hastings che rende in maniera plastica questa incomprensione del potere della tecnologia in un mondo che era in profondo cambiamento e in cui tutti i valori del passato venivano posti in questione. Si tratta dell'attacco che gli esotici cavalleggeri del generale  Jean Francois Sordet -appartenenti alla avanguardia della Quinta armata francese- portarono contro le truppe tedesche della Quarta armata germanica vicino Liegi. Erano dragoni e lancieri agghindati con elmi e corazze scintillanti, con pennacchi colorati di crine di cavallo,  e provvisti di un armamento antiquato e poco efficiente: sciabole e carabine modello 1890,a carica anteriore, poco più efficaci di una pistola. Cercarono di caricare le truppe nemiche come in una battaglia dell'ottocento e si ritrovarono invece sotto un micidiale fuoco tecnologico e letale della fanteria tedesca, armata con efficienti mitragliatrici Maxim , bombe a mano, cannoni, e ricognizione aerea. Le truppe tedesche avevano i nuovi moderni fucili a carica posteriore, più potenti e rapidi. Anche la cura dei cavalli dei francesi era di altri tempi: sovraccarichi con un peso di 120 chili ciascuno, denutriti, maleodoranti per le piaghe da sella non medicate, crollarono a terra a decine. Ma non fu il solo episodio. I tedeschi schierati in difesa dell'Alsazia guardarono meravigliati i primi soldati francesi che si trovarono davanti, vestiti con le stesse lunghe giubbe blu, i pantaloni rossi e i chepì degli uomini che i loro padri arruolati nell'esercito prussiano avevano incontrato e sconfitto nel 1870. Uno dei soldati del Kaiser scrisse in una lettera a casa: "Sembrano usciti da un libro illustrato". Joffre, il comandante in capo dell'esercito francese,  e i suoi ufficiali erano stati avvisati che utilizzare quelle uniformi sgargianti sarebbe stata una follia, ma erano convinti che in battaglia contasse ancora il coraggio e lo spirito di corpo. Purtroppo per loro tutto era cambiato con la tecnologia che aveva pressoché azzerato i vecchi valori in battaglia.  Solo in seguito, dopo gli evidenti massacri,  ordinarono le "divise da campo" grigie e comode per il movimento dei soldati. Ma anche i soldati tedeschi non se la passavano molto meglio. Le tattiche  che i generali del Kaiser usavano erano ancora legate alla avanzata in gruppi schierati e compatti della fanteria e all'appoggio della cavalleria; anche queste tattiche erano inefficienti e suicide in presenza di armi moderne come presto si sarebbe dimostrato nelle prime grandi battaglie del 1914. Il generale Moltke, capo di Stato maggiore, non credeva ancora molto alle nuove armi automatiche e si affidava ancora alle cariche con i fucili e all'arma bianca. Le conseguenze furono drammatiche anche per i tedeschi come presto impararono davanti alle micidiali mitragliatrici Vickers degli inglesi e Hotchkiss dei francesi. Inoltre la dirigenza militare sia germanica che austriaca era palesemente inadeguata e legata a vecchie idee del militarismo prussiano, con il rigido codice dell'onore e delle regole sul campo di battaglia. Nessuna delle classi dirigenti politiche europee in quel 1914  si rese conto dell'enorme potenziale della tecnica moderna e di quanto il mondo fosse cambiato dal 1870.


Dice Gadamer riferendo sul travaglio culturale di quegli anni: "La fede nel progresso propria di una società borghese rammollita da un lungo periodo di pace, una società il cui ottimismo culturale aveva dominato l'età liberale, crollò nelle temperie di una guerra che alla fine risultò essere completamente diversa da tutte le precedenti. Non furono infatti il valore dei singoli o il genio militare a decidere degli eventi bellici, ma la competizione fra le industrie pesanti delle singole nazioni belligeranti. Gli orrori delle "battaglie di materiali", nelle quali fu devastata la natura innocente, campi e foreste, villaggi e città, alla fine non lasciarono spazio, per l'uomo in trincea e nel rifugio, a nessun altro pensiero se non a quello cui allora diede voce Carl Zuckmayer: "Un giorno, quando tutto sarà finito". Le proporzioni di questo folle avvenimento superarono le capacità di comprensione della gioventù di allora. Sospinti nella battaglia con l'entusiasmo di un idealismo pronto al sacrificio, i giovani si accorsero ovunque che le antiche forme della rispettabilità cavalleresca, sebbene crudele e sanguinaria, non trovavano più alcuno spazio. Ciò che rimaneva era un evento insensato e irreale - e al tempo stesso fondato sull'irrealtà della sovraeccitazione nazionalistica, che era riuscita a sbaragliare anche l'Internazionale del movimento operaio. Non c'era quindi da meravigliarsi che in quegli anni le menti più significative si domandassero: cosa c'è di falso in questa fede nella scienza, in questa fede nell'umanizzazione e nell'incivilimento del mondo; cosa c'è di falso nella fede nel presunto sviluppo della società verso il progresso e la libertà?"
Come dirà Cioran, a proposito della Francia degli anni successivi ma in realtà di tutta la civiltà europea, si prefigurava un destino di paesi che ormai si sono spesi molto, troppo, e si avviano a una fine dove le emozioni si tempereranno fino a scomparire, verso un avvenire spirituale del continente composto da un miscuglio irrisolto di universalismo e scetticismo: "L'impero dissolve le ideologie. Al loro posto appariranno dubbi infinitamente raffinati". Mai profezia fu più esatta.


Qual'è dunque il significato di quel che avvenne in quegli anni e perché le vicende del 1914-1918 ebbero enorme rilevanza per i destini dell'Europa e dell'Occidente? Che cosa era accaduto per portare verso questi esiti sanguinari e autodistruttivi la civiltà che aveva visto l'affermazione dell'illuminismo e della fede nel progresso?
La risposta è che oltre le vicende politiche contingenti, il motivo sottostante quelle vicende era il nuovo ruolo che la tecnica stava assumendo nel mondo e la capacità di regolare i profondi cambiamenti in atto nella società moderna. La gestione della potenza tecnologica richiedeva nuove idee e nuove responsabilità che l'umanità non era pronta ad affrontare  per la mancanza di una riflessione adeguata su quanto stava accadendo.  Le vecchie classi dirigenti non si rivelarono all'altezza della società della tecnica. E furono spazzate via insieme al Reich e all'Impero Austro-Ungarico. La borghesia non si sarebbe più ripresa da una crisi culturale che l'avrebbe corrosa dalle fondamenta. L'illusione di una scorciatoia politica secondo la visione della lotta di classe si sarebbe rivelata un vicolo cieco. Le nuove potenze dominanti si sarebbero spostate lontano dall'Europa, ma anche lì la politica avrebbe perso di significato verso un nichilistico strapotere della finanza e dei mercati basato su un consumismo vuoto di senso fino all'odierno collasso ambientale. 

27 commenti:

  1. Un piccolo ma significativo dettaglio: nella prima guerra mondiale fece la sua prima apparizione un'arma mai vista prima, devastante, incredibile: il carro armato ...

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  2. A corollario può interessare questo sconvolgente articolo pubblicato dalla
    Neue Zürcher Zeitung, il quotidiano di Zurigo.

    IL PELLEGRINAGGIO AI LUOGHI DELLA RIMEMBRANZAdi Heinrich Maetzke

    Neue Zürcher Zeitung (aprile 2009)


    Nella battaglia della Somme cadde oltre un milione di soldati. La più sanguinosa battaglia della storia.
    Il 1° luglio 1916, alle 7 e mezzo, con l'esplosione della mina ebbe inizio l'assalto assurdo e inutile alle linee tedesche. Dopo due anni di guerra di posizione e cinque mesi dopo il macello di Verdun il comandante supremo delle truppe britanniche, il generale Douglas Haig, credette di poter sfondare le linee tedesche. Il primo giorno caddero 20'000 soldati britannici, 8'000 dei quali nella prima mezz'ora. La Gran Bretagna non si è ancora ripresa fino ad oggi dallo shock. A questo terribile inizio fecero seguito altri quattro mesi e mezzo altrettanto spaventosi durante i quali i britannici persero centinaia di migliaia di uomini per avanzare al massimo di qualche chilometro, ma il più delle volte solo di qualche metro. Allorché il generale Haig comandò la fine delle ostilità a metà novembre si contarono 400'000 vittime tra i britannici, 200'000 fra i francesi e 600'000 fra i tedeschi: dilaniati, dissanguati, dispersi. La più sanguinosa battaglia della storia.
    Per i britannici, i canadesi, gli australiani, i neozelandesi e i sudafricani la Somme rappresenta ciò che Verdun è per i francesi e i tedeschi. Per questo ancor oggi arrivano in Piccardia i discendenti di veterani e caduti per un pellegrinaggio ai campi di battaglia, una visita ai cimiteri molto ben curati, ai monumenti che informano e rendono pensosi. Su una piccola croce posta sulla base di un monumento che ricorda la fine del reggimento del Galles nei pressi di Mametz si legge: "Vi pensiamo sempre. Con affetto Matthew, pronipote." A un tiro di sasso sorge il boschetto conquistato dai gallesi dopo otto giorni di stragi. Il cane da caccia di un vicino, racconta la guida, rifiuta di inoltrarsi lì dentro.
    [...]
    Perché? La domanda accompagna ad ogni passo i turisti pellegrini. "Per salvare la libertà", risponde a Longueval una targa apposta al monumento per i caduti sudafricani. Ci crede sempre meno gente. Soprattutto gli australiani tendono a considerare, a distanza di novant'anni, non soltanto la battaglia della Somme, ma tutta la guerra come un'inutile strage. Nemmeno il museo franco-inglese-tedesco, che descrive così bene in tre lingue come la guerra segnò e cambiò le società dei tre paesi, dà una risposta - né la vuol dare.
    Ma una risposta sorge visitando i campi di battaglia - e dal solo numero dei cimiteri, delle tombe, dei caduti e dispersi. Nell'Europa dell'anteguerra vivevano molte persone, molte di più di quante potesse nutrirne il continente. Troppi non avevano prospettive, la pressione demografica era la forza che portò all'estensione dell'impero britannico e il vero motore della rivoluzione industriale. Ma questa non poteva tenere il passo con l'incremento demografico e la valvola di sfogo dell'emigrazione si chiuse parzialmente: nel 1890 gli Usa considerarono conclusa la colonizzazione del far west. Caprivi, il cancelliere del Regno e successore di Bismarck, dichiarò al Reichstag: "O esportiamo macchine o esportiamo uomini: questo è il dilemma." Prima della guerra, su 67 milioni di tedeschi, 46 avevano 30 anni o meno. In Inghilterra regnava una sensibile disoccupazione.
    (continua)

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    1. (continuazione)

      La pressione demografica

      Il nuovo secolo e l'era dell'anteguerra fu un'epoca di grandi aspettative - e di diffusa miseria. Nei sacrari della Somme il visitatore può leggere storie di grande povertà, di 15enni inglesi che si arruolavano volontari per poter mandare la paga militare ai fratelli per permettere loro di superare l'inverno. Non è che i popoli si fecero guerra per capriccio. Ma quando milioni di uomini in misere condizioni e senza prospettive decidono di mettersi in cammino, senza sapere dove andare, ragione e moderazione si smarriscono. Fu il caso nell'agosto del 1914.
      Un secolo dopo questa spiegazione non può consolare il pellegrino ai luoghi della memoria sulla Somme: anzi, non può che incutere terrore. Perché ad appena tre ore di volo in direzione sud-est, sull'altra sponda del Mediterraneo, una pressione demografica di inimmaginabili dimensioni rende instabile e inquieta tutta la regione medio-orientale, anzi l'intero mondo islamico. 40 anni fa il più popoloso paese arabo, l'Egitto, contava appena 30 milioni di abitanti: oggi sono quasi 80 milioni e saranno 130 nel 2050. Un egiziano su due ha meno di 20 anni. Nei territori palestinesi il tasso di natalità è di 6 bambini per donna. Quasi il 50 per cento degli abitanti di Gaza e della Cisgiordania ha meno di 15 anni - milioni di giovani senza lavoro, formazione, prospettive. La popolazione palestinese potrebbe aumentare entro il 2050 dagli attuali 3,6 milioni a oltre 11 milioni. Prendiamo l'Iran: nel 1943, all'epoca della conferenza di Teheran, la capitale persiana contava 400'000 abitanti: oggi sono 12 milioni. Nel 1970 l'Iran contava 30 milioni di abitanti, oggi sono 68 milioni. Il 30 per cento degli iraniani hanno meno di 15 anni. Ogni anno 800'000 mila nuovi giovani cercano occupazione - in un mercato del lavoro già saturo.
      La pressione demografica nel Medio Oriente supera ogni immaginazione: l'Europa non ha mai visto niente di simile. E i popoli del Medio Oriente devono affrontare la situazione in condizioni più difficili di quelle con cui si vide confrontata l'Europa 100 anni fa. L'emigrazione non è che un rigagnolo e non apporta sollievo, macchine da esportare non ne hanno. Hanno solo petrolio, gas ed alcuni prodotti agricoli. Ci vuole davvero un grande ottimismo per sperare che il mondo islamico - sotto la spinta tettonica della pressione demografica - possa oggi risolvere meglio e in modo più pacifico i problemi che dovette affrontare l'Europa 100 anni fa.

      (Trad. di Sergio Pastore)

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    2. E' la teoria del "bubbone giovanile" (youth bulge) di Gunnar Heinsohn.

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  3. Sono rarissimi*, nelle nostre scuole** che conosco così bene, gli insegnanti che propongono la storia con questo taglio. La storia scolastica, per quel che ricordo e per quel che vedo, era ai miei tempi e rimane oggi una ridicola elaborazione mitologica atta a condizionare le menti in crescita secondo obiettivi che non voglio indagare (per timore di quel che potrei scoprire).

    * Il termine "rarissimi" è prudenziale; in effetti non conosco personalmente nessun insegnante che possa confutare le mie affermazioni. Solo la futile speranza che la mia esperienza giocoforza limitata possa implicare l'esistenza, in qualche luogo, di situazioni diverse mi spinge a usare l'espressione: "sono rarissimi [...] gli insegnanti [...]". Dovrei con ogni probabilità usare un più realistico "non esistono [,,,] insegnanti [...]".

    ** Il riferimento è alle scuole di base, fino alla secondaria di II grado (comunemente nota come "scuola superiore").

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  4. Caro Sergio, ti ringrazio per il bell'articolo, molto interessante, di Maetzke. In esso ci sono i dati demografici che possono contribuire a spiegare lo scoppio della Grande Guerra, e ci sono i dati demografici del mondo arabo che sono in grado di spiegare molto dei conflitti in atto e in preparazione. Purtroppo, senza illusioni, quei conflitti finiranno per interessare anche la molle Europa avviata al suo lento ma inesorabile declino. Ma non è tutto. Oltre il mondo arabo, si prepara e anzi è in atto una tragedia di proporzioni più vaste: l'esplosione demografica africana cui finora nessuno cerca di porre rimedio, men che meno le varie organizzazioni collegate all'Onu o all'Europa o, ancora meno, alla Chiesa cattolica. Una esplosione che per adesso ci ha regalato nuove epidemie, povertà e migrazioni epocali, ma che rischia di portare nei prossimi anni decine di milioni di migranti sulle coste prospicienti il nostro paese di "sonnambuli" esattamente 100 anni dopo il tragico 1914.

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    1. "Ma non è tutto. Oltre il mondo arabo, si prepara e anzi è in atto una tragedia di proporzioni più vaste: l'esplosione demografica africana cui finora nessuno cerca di porre rimedio, ..."

      Dici bene, basti pensare che l'Africa è passata dai 200 milioni del dopoguerra all'attuale miliardo e si prevedono 4 miliardi per fine secolo. Una cosa semplicemente spaventosa, terrificante. E i Verdi ci hanno dato dato del colonialista perché la nostra iniziativa prevedeva anche un modesto contributo per la promozione della pianificazione familiare VOLONTARIA nei paesi in via di sviluppo (detto fra di noi, io sarei per la pianificazione obbligatoria, altro che storie). E dove li metti 4 miliardi di Africani? Il filosofo Severino scriveva che si può ricorrere all'atomica per fermarli, ma sono sicuro che il papa si opporrà a questa soluzione benché la morale cattolica riconosca la legittima difesa. Ma si sa che l'eccesso di legittima difesa è reato, vedi i negozianti che invece di farsi ammazzare sparano per primi. Sarà l'Umwertung aller Werte cara a Nietzsche? (lo stravolgimento di tutti i valori).

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  5. Cari amici, il bellissimo articolo tradotto da Sergio mi convince ancora di più che dietro alla gran parte delle tragedie umane c'è una pressione demografica eccessiva.
    E' un constatazione per certi versi consolante, perchè ci consente di monitorare la situazione in anticipo e - in teoria - intervenire per tempo.
    Ma è anche una constatazione molto triste, perchè resta troppo spesso inascoltata e, soprattutto, sembra non sfiorare (per ignoranza o per viltà) chi, stando nelle stanze dei bottoni, potrebbe fare qualcosa.

    Oggi in Svizzera, come sapete, si vota per regolare l'immigrazione.
    Sarà un voto importante per tutta l'europa.
    Auguriamoci una buona partecipazione popolare e, soprattutto, un esito vincente o comunque positivo.

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    1. Caro Lumen,

      purtroppo è andata peggio delle peggiori previsioni: appena un 26% circa ha accolto la nostra iniziativa. Proprio non me l'aspettavo un simile risultato. Una vittoria pareva addirittura possibile. E la conclusione è un po' amara: della sovrappopolazione non interessa una beata mazza a nessuno. Al papa e ai politici men che meno, e al popolo bue e mazziato nemmeno. Voglia di dire: fuck you, silly people. Ma ci siamo di mezzo anche noi.
      Comunque non ammainiamo bandiera. La lotta continua. Hanno voglia a pompare centinaia di miliardi di euro per far ripartire l'economia. Non ci sono gli imprenditori e centinaia di milioni di disperati bussano alle nostre porte. Anzi non bussano, sono decisi a entrare senza il nostro permesso, sfonderanno anche le porte se ci opponiamo. Cominciassero a sfondare quelle del Vaticano e dell'altra teppaglia che ci governa. Buffone di un papa che chiede un "lavoro dignitoso" per ogni famiglia senza specificare in che cosa consista il lavoro dignitoso e chi lo debba assicurare. Magari la Madonna di Medjugorie?

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    2. Caro Sergio, non vederla così nera. Guarda che sul tema della sovrappopolazione la sensibilità della gente è stata sempre estremamente bassa. Uscire dall'ottica antropocentrica per entrare in quella del rapporto equilibrato con la natura è molto difficile per una persona che fin dall'asilo è stata abituata al concetto che umano è bello e tutto il resto fa schifo e ne puoi fare quello che ti pare. Non parliamo poi della religione. Secondo la religione, qualunque religione, tutto il "creato" è stato fatto in funzione dell'uomo, figlio di dio e dominatore del cosmo, per essere utilizzato dall'uomo ( e poi gettato in discarica...). Voi, mi par di capire, avete impostato il referendum, non tanto sul contrasto all'immigrazione (in questo caso avrebbe ottenuto molti più voti) quanto sul contrasto alla sovrappopolazione, tema molto più ostico per i palati antropocentrici oggi assolutamente prevalenti. Ad esempio l'interessante proposta di destinare il 10 % degli aiuti al controllo demografico, molto razionale in quanto contrasterebbe in maniera "strutturale" le immigrazioni massiccie perché andrebbe alla radice del fenomeno, non è stata recepita perché il cittadino medio non è culturalmente preparato ai temi demografici. Qui c'è un campo intero su cui lavorare in futuro. Quindi a me sembra che il 26 % di si sul problema sovrappopolazione non sia affatto un cattivo risultato, vista la scarsa sensibilità e la diffusa ignoranza sul tema...

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    3. "Uscire dall'ottica antropocentrica per entrare in quella del rapporto equilibrato con la natura è molto difficile per una persona che fin dall'asilo ..."

      Ma da quest'ottica molti, almeno dalle nostre parti, sono usciti ormai da tempo. I Verdi vi hanno contribuito, specie in Francia e nei paesi germanofoni (meno in Italia, dove sono addirittura usciti di scena). Purtroppo anche i Verdi sono ormai rossi nei detti paesi, votano persino a sinistra dei rossi classici per i quali il problema demografico non è mai esistito. I Verdi puntano ormai sull'impronta ecologica sganciata dal numero di abitanti, per loro ininfluente, e ti fanno passare per fascista e nazista se insisti che conta anche il numero. E siamo in una parte del mondo abbastanza evoluta, che i problemi ambientali dovrebbe conoscerli. E se non ora quando? Perciò sono piuttosto pessimista, in questo momento poi addirittura depresso, col morale sotto le scarpe. Ormai è pressoché certo che non si farà nulla contro l'esplosione demografica, negata addirittura dai Verdi. Quindi buonanottte, possiamo anche suicidarci o pensare ad altro, goderci quel poco che ci resta e après-nous le déluge. Non ci ripetono giorno e notte che il problema è uno solo: la crescita! I grandi distributori elvetici hanno messo in guardia gli elettori che senza una forte immigrazione i loro affari non andranno più così bene. Quindi sotto col cemento e tutto il resto. Non la vedo troppo nera, è nerissima e senza speranza.

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    4. Viva la Cina! Non puoi fare quanti figli vuoi e metterli a carico degli altri visto che ormai tutto è dovuto. È tutto un parlare di diritti, di doveri nessuno parla. Basta, mi sono rotto.

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    5. 26% è un risultato doppiamente strabiliante.
      Strabiliante perché in questa cultura natalista-crescitista-antropocentrica, arrivare ad oltre un quarto della popolazione che è consapevole del problema è un risultato grandissimo, impensabile fino a qualche anno fa.
      Strabiliante perché ancora una volta si dimostra uno dei cinque fattori di collasso osservati da Jared Diamond, ovvero gli anacronismi culturali e della morale. La velocità di aggravamento del sistema è talmente alta e cresce esponenzialmente con il numero di Homo che è molto più rapida della presa di coscienza delle masse. Masse che, peraltro, che sulla formazione (imprinting) natalista di tipo bioevolutivo, sono ulteriormente potenziate e sostenute in questa tendenza necrofila, distruttrice, tumorale, dalla propaganda religiosa ed economicista.

      La Cina è l'unico stato che ha realizzato una politica ecologica e di giustizia che almeno all'inizio era un figlio a donna. Però è di moda parlarne male. Ovviamente, visto che la giustizia è del tutto incompatibile con il presunto diritto assai storto di fare figli e scaricarne le conseguenze sugli altri così caro a masse sterminate di homo, a il_bobbolo.

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    6. "26% è un risultato doppiamente strabiliante."

      No, deprimente. Intanto si tratta del 26% dei votanti e non della popolazione. E la partecipazione è stata stavolta piuttosto bassa (46%, di poco superiore alla media). Ma il fatto è che l'ultimo sondaggio ufficiale e filogovernativo ci vedeva in risalita dal 35% al 39% e si poteva addirittura sperare nel colpaccio. Difatti io ho sperato fino alle 12 di ieri, poi la doccia fredda con i primi risultati. Ma il risultato finale è veramente deprimente, sono ancora sotto shock. Passare da un sogno a una simile disfatta è dura da digerire. Ci sono alcune spiegazioni di questo inatteso e catastrofico risultato, ma le spiegazioni ormai non servono molto, la sconfitta è netta e definitiva. Perché di un'altra iniziativa simile non si potrà più parlare per almeno dieci anni e fra dieci anni la situazione sarà irreversibilmente degradata, la Svizzera in cui siamo cresciuti non esisterà più.
      Peccato.

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    7. >Ma il risultato finale è veramente deprimente, sono ancora sotto shock. Passare da un sogno a una simile >disfatta è dura da digerire. Ci sono alcune spiegazioni di questo inatteso e catastrofico risultato, ma le >spiegazioni ormai non servono molto, la sconfitta è netta e definitiva.

      Ma come anticipavi tu il risultato era scontato fin dall'inizio. Piuttosto, al di là delle irrazionali e strumentali accuse di xenofobia e razzismo, sono interessato a capire quali sono state le argomentazioni degli oppositori alla mozione. Hai dei link a risorse o articoli che le analizzano da condividere?

      Infine se ti può essere di pur magra consolazione, l'iniziativa ha posto il problema demografico al centro del dibattito pubblico, e quindi se non potrà salvare la Svizzera almeno avrà influenza sulle coscienze e sulle politiche in Svizzera e non solo.

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    8. "Ma come anticipavi tu il risultato era scontato fin dall'inizio."

      Nient'affatto, il risultato non era scontato, anzi il governo (e anche l'UE) temevano l'approvazione dell'iniziativa che avrebbe avuto fortissime ripercussioni all'interno e forse anche all'estero. Non saprei indicarti dei link in cui vengano spiegate le ragioni degli avversari (a parte uno in lingua tedesca in cui si esprimono favorevoli e contrari - se ti interessa vado a cercarlo). In sostanza direi che la nostra iniziativa era «anti-crescita» (demografica ed economica) e la crescita è ormai il dogma dell'intero spettro politico, destra e sinistra. In più direi c'è l'istintiva avversione di tutti ad abbordare un tema delicato come la sovrappopolazione e quindi la sessualità (quest'ultimo punto è ovviamente capitale per la Chiesa). L'argomento è tabù, come volevasi dimostrare. La crescita economica è il mantra delle istituzioni e la crescita economica continua ed esponenziale necessita della crescita demografica (per quanto assurda e distruttiva sia una crescita esponenziale). Ricordo che crescita non è sinonimo di sviluppo. Lo sviluppo va benissimo, la crescita solo fino a un certo punto.

      "Infine se ti può essere di pur magra consolazione, l'iniziativa ha posto il problema demografico al centro del dibattito pubblico ...."

      A parte la magra consolazione, invero magra, ti sbagli: il problema demografico, mondiale più che elvetico, non è stato dibattuto come io speravo (e nemmeno quello della crescita illimitata in un pianeta finito). Si è parlato quasi sempre di situazioni incresciose, di affitti alle stelle, treni gremiti e cose del genere, anche di "stress da eccesso di popolazione" (Dichtestress) che è diventato addirittura una barzelletta. Insomma, non si è andati al fondo del problema. E quindi la nostra iniziativa, che ci è costata tanti soldi, tempo e impegno, non avrà purtroppo la minima influenza sulle coscienze e sulle politiche in Svizzera e altrove. Dobbiamo rassegnarci.
      Ieri Lumen mi ha detto: è come voler fermare uno tsunami (la crescita demografica) con le nostre nude mani, impossibile. Rende bene l'idea. Aggiungeva: solo la natura può porre rimedio. Probabile purtroppo. Noi non abbiamo la saggezza dei Cinesi, popolo pragmatico e pochissimo religioso, che affronta il problema demografico senza paraocchi, con buon senso. Siamo troppi? Non va bene, ci vuole il figlio unico. La politica del figlio unico comporta ora anche dei problemi? Bisogna rettificarla.

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    9. @ Stefano Sabatini

      Se sai il tedesco trovi una ricca scelta di articoli pro e contro l'iniziativa in questo sito:

      http://www.infosperber.ch/Dossier/Pro-und-Contra

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    10. In italiano c'e' questo, che Sergio e' meglio non legga (dice di citare Zantonelli di Repubblica, ma l'originale e' molto diverso e piu' corretto):

      http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/pi-preservativi-meno-immigrati-svizzera-si-vota-referendum-89714.htm

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    11. Perché sarebbe meglio che non lo legga? Letto e trovato tutto sommato corretto, abbastanza informativo, anche se superficiale e se l'autore evidentemente non ama la Svizzera e ancor meno gli estremisti, terroristi, razzisti, nazisti, fascisti di Ecopop. Lo dicessero almeno apertamente che in tempi di globalizzazione le frontiere sono ormai superate (soprattutto dalla finanza) e che la libera circolazione è un diritto umano, universale, per cui gli Africani (oggi un miliardo, quattro miliardi a fine secolo) hanno benissimo il diritto di trasferirsi dove vogliono, anche in Europa e in Italia. Ma non hanno il coraggio di dirlo, ed è strano che nascano nuovi Stati (con frontiere ed eserciti) e ci si scanni ancora per qualche chilometro quadrato (ora tra Ucraina e Russia). Le frontiere esistono ancora anche se danno fastidio ai Monti e Draghi e all'ex sinistra dei lavoratori.
      Le anime belle comincino a prendersi una dozzina di richiedenti asilo in casa propria: sarebbe anche un fonte di entrata perché lo Stato paga tot a migrante.

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    12. Non siamo su Fb e quindi non posso mettere "mi piace", ma è come se l'avessi fatto. Sul 26 % poi continuo a dire che si tratta di un risultato buono. Io che mi occupo da anni dell'argomento ti posso assicurare che 10 anni fa avreste preso l'1 % o uno zero virgola. Se in passato si accennava alla sovrappopolazione si veniva presi per fautori di chissà quale sterminio o, al meglio, per matti. Non c'era alcuna cultura riguardo il controllo delle nascite al fine di assicurare un equilibrio demografico e una salvaguardia ambientale. I passi compiuti sono stati molti, grazie soprattutto ai primi ecologisti americani e qualche coraggioso europeo. Poi ha trionfato il politically correct dei verdi occupati soprattutto a distruggere ideologicamente, secondo i vecchi schemi ereditati dai marxisti (che non a caso confluirono in massa nel movimento), Ma a trionfare e a togliere al movimento ecologista ogni vera capacità di incidere sui temi ambientali fu sempre l'ideologia antropocentrica nella sua nuova versione terzomondista e pauperista. Oggi non c'è traccia di resipiscenza e la loro insistenza sui temi della decrescita limitata all'economia e rigorosamente vietata sulla demografia è patetica. In primo luogo perché inapplicabile. In secondo perché, se applicata, disastrosa. Una esplosione demografica non supportata da economia e tecnologia porterebbe il pianeta terra a spaventosi conflitti e al rapido collasso. Altro che 1914!

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    13. Però la mia impressione è che stiamo andando tranquillamente e fatalisticamente verso i 10 - 12,5 miliardi di fine secolo e che anzi i governi si stiano preparando per questo inevitabile destino. Si dice che la popolazione prima o poi si stabilizzerà, ma non si dice a che livello.
      Ma ha senso prendersela se non possiamo fare niente? Tanto vale lasciar perdere, anche se dispiace e ci amareggia.

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    14. Segnalo, sulla questione del referendum elvetico proposto da Ecopop anche questa pagina di Michele Brunati.

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    15. Grazie della segnalazione: un articolo veramente intelligente, non ho letto niente di meglio finora. Lo consiglio a tutti, anche per capire un po' la Svizzera.

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  6. Certamente, ma le tensioni economico-politiche tra blocchi diversi ci sono comunque sempre.
    Solo che a volte rimangono a livello di guerra sottorranea (diciamo fredda) e a volte esplodono in conflitti più devastanti.
    In questo secondo caso, la pressione demografica potrebbe proprio rappresentare la miccia decisiva.

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  7. Suquesto molto ha scritto Carl Schmitt che nel suo "Nomos della Terra" identifica negli Imperi Centrali i difensori dello "Jus publicum Europaeum" inteso come codice normativo delle potenze terrestri basato sui confini e sui controlli territoriali. Nelle potenze angloamericane Schmitt vede il trionfante nomos basato sulle libertà commerciali e sul dominio marinaro. Allo stesso tempo lo scontro del 1914 su un altro piano è tra la tradizione metafisica classica (modernamente germanica) basata sul pensiero razionale così come evoluto da Kant a Hegel nella sua incarnazione nello Stato moderno regolatore di ogni aspetto della vita, e la filosofia del pragmatismo e dell'utilitarismo e dell'empirismo scientifico della nuova (per i tempi) potenza egemone anglo-americana.

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  8. E' abbastanza tautologico che gli avversari dell'egemonia siano quelli che non ce l'hanno.
    Le germania piuttosto e', delle grandi potenze europee, quella che invece di acquisire per ultima lo scettro di superpotenza mondiale succedendo alle altre (inghilterra, francia, spagna, italia eccetera) , con le due ultime guerre mondiali ha prodotto la distruzione d'europa come superpotenza, e sulla faccenda sembre insistere con teutonica ostinazione.

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  9. ULTIME NOTIZIE SU ETTORE MAJORANA E LA SUA SCOPERTA CHE RIVOLUZIONERÀ LO SVILUPPO ECONOMICO

    L'articolo è di un noto personaggio, Antonio Zichichi, di cui non mettiamo in dubbio la serietà "nel suo campo" (la fisica):

    http://www.ilgiornale.it/news/cultura/ecco-particella-majorana-che-fa-volare-gratis-lenergia-1073744.html

    P.S. Ai non addetti ai lavori come il sottoscritto Majorana è noto unicamente per il libretto pubblicato da Leonardo Sciascia negli anni Settanta e in cui adombra una vicenda forse suggestiva ma più probabilmente campata in aria: che Majorana, resosi conto delle implicazioni della fisica, abbia voluto abbandonare la ricerca e ritirarsi in qualche convento (insomma: Majorana contro l'atomica). Majorana, anche a parere di Zichichi un genio, non fu mai più ritrovato. In realtà la verità sembra più banale. Era un tipo ombroso, probabilmente poco equilibrato: salì a bordo del Postale Palermo-Napoli e non fu più visto. Quasi sicuramente si suicidò buttandosi in mare. Data l'importanza del personaggio sono fiorite varie leggende, come quella di Sciascia che ha voluto creare un "personaggio esemplare e emblematico". Sciascia fu irriso da gente del mestiere, tra cui mi sembra Boncinelli. Ne nacque ovviamente un battibecco che non risolse la questione, tuttora aperta.
    Ma il rasoio di Ockam fa propendere la soluzione del giallo per la più semplice: il suicidio.
    Può suscitare interesse il favore che il "genio" Majorana riservò al nazismo durante un suo soggiorno in Germania: finalmente qualcuno metteva in riga gli ebrei un po' troppo invadenti in quel paese! Ma uno non è un genio 24 ore su 24.

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