“L’Utopia è semplice. La Realtà è complessa”.
Lo
sviluppo della tecnologia e il boom demografico stanno aumentando la
complessità della organizzazione materiale e tecnica del sistema uomo, e ciò determina una pressione sempre maggiore sul sistema natura. La
gestione di questa complessità sta divenendo un problema centrale per la
scienza e non solo: anche la politica deve cominciare a pensare in termini di
complessità. Pensiamo un attimo alle megalopoli, un aspetto di fondo
della società sovrappopolata contemporanea, una società –soprattutto in futuro-
sempre più urbana. Le megalopoli sono strutture organizzate adattative con
aspetti di enorme complessità come, ad esempio, le reti di elaborazione
e trasmissione delle informazioni e i media perennemente connessi, i sistemi di
produzione e distribuzione dell’energia necessari ad assicurare il
funzionamento giornaliero delle strutture di supporto per milioni di persone, i
sistemi sanitari con la gestione di macchinari e reti ospedaliere su vari
livelli, i trasporti metropolitani e tra metropoli diverse, ecc.
Quando
vediamo i grandi concentrati di grattacieli che costituiscono i centri
strategici (economici, politici, amministrativi, energetici) dei sistemi
megapolitani, siamo portati a sottovalutare la complessità insita in tali
megastrutture umane, complessità che deve essere continuamente mantenuta ed
implementata. Il Club di Roma studiò questo aspetto della modernità e diede
incarico nel 1970 a Jay Forrester , esperto in Dinamica dei Sistemi e
professore al MIT, di redigere uno studio sulla complessità e relativa fragilità
delle società umane caratterizzate da sovrappopolazione, alti consumi e alte
richieste energetiche. Forrester valutò la “difficile situazione del genere
umano” e la futuribile crisi globale a causa delle richieste di consumo sulla
capacità di carico della terra (delle relative fonti di risorse rinnovabili e
non rinnovabili e dei relativi dispersori per l'eliminazione delle sostanze
inquinanti) da parte della popolazione mondiale in crescita esponenziale. I
suoi studi portarono alla elaborazione di modelli di sviluppo, in particolare
il World3
sulla cui simulazione al computer fu basato il famoso Rapporto sui
limiti dello sviluppo (traduzione errata di "Rapporto sui
limiti della crescita"), commissionato al MIT dal Club di Roma e
pubblicato nel 1972.
Uno
dei problemi centrali nelle strategie di “rientro “ dall’eccesso demografico
dela specie umana è quello di assicurare una continuità di gestione e sviluppo
della complessità tecnologica in presenza di un calo demografico. Un problema
ancora più grave è la sostenibilità in termini di sistema di una riduzione dei
consumi, in particolare di quelli energetici. Una decrescita economica non è
solo un problema politico e culturale, si tratta di analizzare le dinamiche e
le retroazioni che possono portare a squilibri di sistema fino a collassi veri
e propri. La gestione di un calo demografico mondiale o dei consumi
e dei relativi prodotti interni delle principali nazioni sarà gravata da problemi di tenuta dei
sistemi economici e sociali con forti ricadute materiali sull'ambiente. Non si tratta banalmente di chi pagherà le
pensioni. Le società complesse composte da megalopoli, con scambi di grandi quantità di merci e di energia, con alti consumi
energetici e strutture stratificate in vari livelli funzionali, sono anche caratterizzate, come rilevò
Forrester nei suoi modelli, da elevata fragilità e tendenza al collasso in
situazioni critiche. Per assicurare il funzionamento di queste megacomplessità
si richiede la presenza di servizi finora assicurati dalla moderna società
tecnologica: sistemi intelligenti di computazione, sistemi a feed-back
semiautomatici, condivisione sincronica delle informazioni, apparati
industriali ed energetici flessibili ed efficienti in grado di far fronte ai cicli produttivi ed economici. Fino ad oggi abbiamo
assistito a delle fasi di crescita economica intervallate da periodi di crisi.
Questi aspetti erano però interni al sistema economico mondiale. Oggi per la
prima volta assistiamo ad una crisi in cui fattori extra-economici ed in
particolare fattori ambientali
planetari giocano un ruolo preminente.
Nella
nostra civiltà contemporanea molte intelligenze debbono essere al lavoro
contemporaneamente ed ininterrottamente e deve essere in atto una costante
elaborazione nei vari livelli organizzativi. Un rientro demografico o un
generale rimodellamento dei consumi, più o meno rapido, deve prevedere sistemi
di adattamento e gestione che assicurino continuità e mantenimento dei sistemi
con implementazione di funzioni, in
situazioni in cui i grandi numeri e le variabili in campo influenzano
l’evoluzione in maniera imprevedibile. Non disponiamo di sistemi informatici in grado di fare previsioni di sistema valide sui tempi lunghi. L'unica possibilità di mantenere in equilibrio la complessità è quella di un continuo progresso tecnologico. Paradossalmente la stessa
strategia di decrescita dei consumi e di riduzione e riqualificazione
energetica (comunque ottenuta) richiede reti di complessità e di elaborazione
tecnologica non minori, ma superiori rispetto alla situazione attuale, se non
si vuol precipitare l’umanità in uno stadio pre-industriale o addirittura di
medioevo tecnologico. Tutti coloro che propongono uno stop alla crescita della
tecnologia nel quadro di una decrescita delle società umane espongono
l’umanità ad alto rischio di collasso strutturale e disastro materiale,
politico, economico e culturale. Una società delle megalopoli
non può essere supportata da una economia fondata, ad esempio,
sull’agricoltura. Un sistema industriale sviluppato e una disponibilità energetica a prezzi sostenibili per i
principali attori internazionali sono condizioni irrinunciabili per una società delle megalopoli in cui è strategica la formazione e lo sviluppo tecnologico. Le questioni riguardanti le fonti energetiche del pianeta
per i prossimi 50 anni e le relative tecnologie sono il campo in cui si gioca la partita tra le utopie e
le strategie vincenti e costituiscono la base di fattibilità di ogni tentativo di rientro nei limiti della biosfera.
Moto un po' di missionariato tecnoteista.... ;)
RispondiEliminaVisto che sono un po' di fretta lancio qualche provocazione, poi tornerò.
La complessità è generata molto spesso per speculazione. (qui)
La complessità è una retroazione della complessità: perché fare una cosa in modo semplice quando la puoi fare in modo complicato? (qui)
La complessità è una conseguenza della non-filosofia: rinuncio alla respons-abilità personale e delego la "salvezza" alla struttura.
La complessità sovverte valori e percezione della realtà: I sistemi industriali e le megalopoli sono un drammatico problema e l'output di un sistema patologico. Come problemi devono essere contrastati e non alimentati.
La complessità tecnoteista e accrescitiva porta prima allo sradicamento di homo dalla terra e quindi allo sradicamente della terra da parte degli homo. Una volta gli homo difendevano campi e boschi da cui dipendevano direttamente per la sopravvivenza fisica, ora gli homo urbanizzati per difendere la GDO in cui recuperano cibo e altro, e dalla quale credono di dipendere, distruggono i campi e i boschi. (qui).
La complessità è una distopia, un incubo reale de qui e ora. Le persone perseguono sistematicamente la complessità patologica e necrofila (le megalopoli, ad esempio) ma quando si accorgono dell'incubo in cui vivono, tendono a tirare una "boccata di ossigeno" cercando, nel tempo libero e nella vacanza, il piacere e il beneficio della semplicità e della fantasmagoria estetica della Natura. In massa cercano di "artificializzare" e rendere complessi i sistemi naturali in cui vorrebbero ristorarsi portandone prima ad un rapido degrado poi all'annichilimento.
La complessità ha un costo in energia e risorse insostenibile, Essa nutre la credenza che sia necessaria una nuova complessità per risolvere i problemi derivanti dall'aumento di complessità precedente. In realtà il risultato complessivo è fallimentare e paradossale (qui).
...
Buongiorno agobit.
> Moto un po' di missionariato
Elimina-> Noto un po' di missionariato
> I sistemi industriali
-> I sistemi iperindustriali
Scusate per gli errori.
P.S.
Come complessità del tutto non necessaria e fastidiosa segnalo il captcha che dovrebbe prevenire lo spam automatico quasi sempre, in questi luoghi di nicchia, inesistente.
Se lo disabilitassi sarebbe una rottura in meno per i lettori.
Grazie.
<< Paradossalmente la stessa strategia di decrescita dei consumi e di riduzione e riqualificazione energetica (comunque ottenuta) richiede reti di complessità e di elaborazione tecnologica non minori, ma superiori rispetto alla situazione attuale, se non si vuol precipitare l’umanità in uno stadio pre-industriale o addirittura di medioevo tecnologico. >>
RispondiEliminaCaro Agobit, un post davvero molto interessante, pieno di considerazioni ineccepibili.
Purtroppo la maledizione dell'aumento della complessità è sempre lì in agguato e, come ha dimostrato Joseph Tainter nei suoi libri, è quella che, nel passato, ha sempre fatto crollare le civiltà.
Noi oggi abbiamo la possibilità di riscrivere la storia, provando, per la prima volta, a GESTIRE la decrescita senza ridurre la complessità tecnologica.
Un compito di spaventosa difficoltà. Ne saremo capaci ?
Perché non ridurre la complessità?
EliminaSe affermi così stai attribuendo un valore positivo ad essa.
E invece la complessità molto spesso non lo è, ovvero essa è nello spazio dei problemi, non in quello della soluzione.
Ridurre la complessità è spesso
molto più semplice di quanto si pensi. Richiede ingegno, un minimo di assertività personal, processi meno rozzi e sostanzialmente semplici.
Caro Uomo.in.cammino, se ti riferisci alla complessità organizzativa e burocratica, sono perfettamente d'accordo con te: è uno dei nemici da combattere e farlo potrebbe essere molto meno difficile di quanto sembra.
RispondiEliminaLa complessità tecnologica, invece, intesa come progresso, mi pare una cosa un po' diversa.
Meno facile (e forse anche meno desiderabile) da smantellare.
Concordo con Lumen sulla complessità nel senso indicato nel mio post. Non si tratta della complessità organizzativa in senso lato, cui forse accenna UnUic, ma di quello specifico modo d'essere delle società moderne in cui la tecnica è la cifra a cui tutto il resto fa riferimento, uomo compreso. La complessità è nata spontaneamente dal concorrere di numerosi fattori: lo sviluppo tecnico-scientifico, l'aumento delle conoscenze, la civiltà industriale, la nascita delle megalopoli, l'aumento esponenziale della popolazione, il collegamento telematico globale, l'informatica, ecc. La complessità ha un duplice aspetto: può facilitare la vita, renderla più comoda; ma l'altra faccia della medaglia è che finisce per dominare la vita dell'uomo fino a renderlo un parte di un meccanismo complesso cui risulta indissolubilmente legato. Inoltre rende le nostre società più fragili, esposte alle situazioni di crisi fino al collasso di sistema. Paradossalmente ci troviamo in una crisi peggiore di quelle che ci furono in Europa prima e dopo la I guerra mondiale o dopo la seconda GM. Essa è connessa ad una situazione senza uscita: i limiti dell'ambiente-Terra. E' una crisi strutturale. In questa situazione in cui le risorse si stanno esaurendo e assistiamo al riscaldamento globale, c'è anche il dato che la società moderna è al massimo della complessità. O si cambiano i parametri o la prospettiva del collasso di sistema sarà molto realistica.
RispondiEliminaQuote Lumen "Caro Uomo.in.cammino, se ti riferisci alla complessità organizzativa e burocratica, sono perfettamente d'accordo con te: è uno dei nemici da combattere e farlo potrebbe essere molto meno difficile di quanto sembra."
RispondiEliminaSarebbe facile per davvero, ma il guaio che purtroppo manca la volontà per farlo. La speculazione rilevata da uomo in cammino, poi, noto che si accompagna a braccetto con l'incontentabilità e l'insaziabilità tipica dell'essere umano. Quante volte, per parlare di esempi terra terra, non si vede sparire un prodotto (ben funzionante) dal mercato con la scusa banalissima di farne uscire uno (ovviamente più complicato del precedente) con una miglioria (spesso e ben volentieri puramente ipotetica), con tanto di spreco di risorse e magari nessun beneficio reale?