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mercoledì 5 giugno 2013

LESTER BROWN: LA SOVRAPPOPOLAZIONE MINACCIA LA NOSTRA LIBERTA'



La sovrappopolazione non è solo un semplice dato numerico. La sovrappopolazione non sta solo profondamente alterando il pianeta sia sotto l’aspetto ambientale, dei sistemi fisici come il clima, la composizione dell’atmosfera, lo stato delle acque e del territorio.  La sovrappopolazione sta alterando profondamente il pianeta anche sotto l’aspetto geo-politico,  economico e delle nostre libertà . Molti processi in atto vedono alla base l'effetto determinato dalla sovrappopolazione della Terra anche sotto l’aspetto sociale e politico. La pressione antropica di sette miliardi di umani è enorme su tutti gli aspetti della nostra vita: ad esempio le modifiche riguardanti l'alimentazione, la fruizione delle bellezze naturali, la mobilità,  il sistema sanitario, quello pensionistico, l’accentramento della popolazione nelle città, gli aspetti culturali.  Lo sviluppo globale e uniforme di infrastrutture e di modelli sociali e culturali su tutto il pianeta sarebbero incomprensibili senza considerare l’aspetto sovrappopolazione. La disumanizzazione dell’conomia, la creazione di gigantesche bolle finanziarie staccate dalla realtà produttiva,   la globalizzazione dell’economia senza più radici nei luoghi e nelle singole nazioni, sono tutti effetti di una massa di individui enormemente più grande rispetto a quella esistente ancora pochi decenni fa di uno o due miliardi di persone, che permetteva la differenziazione di modelli produttivi e sociali nei singoli territori e nelle diverse zone del pianeta. Oggi una merce deve essere progettata e prodotta non per soddisfare le esigenze di alcuni milioni di individui, ma di miliardi. Una moda, una tendenza culturale misura il suo successo su numeri enormemente grandi e attraverso la comunicazione informatizzata deve essere diffusa ed accettata in tutto il pianeta, senza confini nazionali o locali. Questo fenomeno sta interessando campi sempre più ampi della vita economica e culturale, ed anche politica e sociale. Nel mondo sovrappopolato non c’è solo la cappa chimica dello smog e della CO2, c’è anche una cappa culturale e sociale. Gli obblighi legislativi imposti ai singoli paesi da organizzazioni politiche o economiche (pubbliche e private) internazionali sono un esempio della pressione antropica globalizzata.  Dietro la falsa multiformità virtuale, c’è una spaventosa uniformizzazione del mondo. Oltre la retorica della varietà multiculturale c’è la realtà di una cultura globale che  spiana e rende sempre più uniforme il mondo grazie alla tecnologia, al controllo centralizzato dell'economia,  e alla massa umana sempre più grande e interconnessa.

Di questo aspetto di uniformizzazione è parte determinante la diminuzione ad una velocità impressionante delle riserve di risorse e di bellezza fornite dalla natura, parallelamente all’esplosione demografica e alla conseguente produzione industriale di beni e servizi per una massa di individui sempre maggiore. Di questo tema parlava già nel 1974 un grande studioso di scienze naturali ed esperto di sovrappopolazione, Lester R. Brown, in un testo famoso e divenuto un classico e un antesignano delle denunce sul fenomeno sovrappopolazione e dei pericoli per il pianeta ad esso connessi: “I Limiti della Popolazione Mondiale”.
Scriveva Brown nel 1974:

“Rispetto al 1960, nel 1970 la popolazione globale è cresciuta di 700 milioni e per ciascuno di noi vi era circa un quinto in meno di acqua dolce, di riserve minerali, di terra coltivabile, di riserve di combustibile fossile, di spazio vitale, di capacità di assorbimento dei rifiuti, di proteine provenienti dal mare e di zone ricreative naturali. L’importanza di questa drammatica diminuzione di beni naturali, che continua con un ritmo che non accenna a diminuire durante gli anni Settanta (ed ancor più oggi, ndr),  trascende la semplice aritmetica della  diminuzione in sé stessa. Questa trasformazione del rapporto tra l’uomo e il sistema naturale finito entro cui egli vive non è soltanto un fenomeno ecologico, ma ha profonde conseguenze economiche, politiche e sociali che cominciamo appena ora (1974) a percepire. Oggi si avverte una situazione in cui la crescita demografica comincia a influire sotto vari aspetti sui nostri modi di vita, riducendo le scelte aperte all’individuo…Via via che ci avviciniamo ai limiti delle risorse della Terra, appare sempre più necessario regolare la crescita esponenziale dell’attività umana. L’aumento della popolazione comincia a controbilanciare l’effetto dello sviluppo economico, il quale, per definizione, tende ad aumentare le scelte di cui l’individuo può disporre. Tali scelte comprendono le attività che costituiscono la nostra vita quotidiana, ivi compreso quello che mangiamo, il sito dove viviamo e i luoghi in cui ci rechiamo…Il pericolo sempre maggiore è che la nostra attuale astensione da qualsiasi forma di azione urgente sul fronte demografico crei per il futuro una necessità ancora più forte di intervenire nelle attività umane in modo limitativo. Allorché i sistemi politici, sociali ed economici cercheranno di far fronte alle conseguenze della pressione demografica, non vi sarà altra scelta che quella di limitare sempre più le libertà individuali. E’ oggi che dobbiamo fare lo sforzo di comprendere più a fondo le alternative che abbiamo davanti: dovremo scegliere tra un mondo con un numero sempre maggiore di esseri umani, in cui le comunità saranno obbligate ad adottare misure indesiderabili, e un mondo meno popolato in cui le comunità saranno in grado di conservare una maggiore libertà nel determinare i modi di vita e le strutture sociali…Alcune delle alternative implicheranno conflitti tra governi locali e nazionali, tra interessi nazionali e internazionali. Ad esempio, è bene che la terra dell’Africa orientale che è oggi adibita a riserve naturalistiche sia conservata, oppure la si deve gradualmente utilizzare per la produzione di alimenti, in modo da soddisfare il fabbisogno delle popolazioni in continua crescita dei paesi in cui sono situate tali riserve? Può darsi che gli abitanti del Delaware decidano che la costruzione di altre raffinerie di petrolio non sia nell’interesse del loro stato. Il governo nazionale di Washington potrà forse decidere che  è nell’interesse nazionale di usare la costa del Delaware per costruire altre raffinerie di petrolio. Le risorse d’acqua nelle grandi pianure dell’America settentrionale possono essere usate o per scopi agricoli, come avviene oggi, o per la gassificazione del carbone e per ripristinare le zone in cui sono stati eseguiti lavori estrattivi. Poiché esse non possono essere sfruttate illimitatamente in vista di questi due scopi, una scelta è inevitabile ( la stesa problematica la abbiamo oggi in Italia sulle coste della Sicilia  circa l’estrazione  di petrolio, ndr).  Se gli esseri umani nel mondo saranno più numerosi, ciò significherà che vi saranno meno specie di vita animale nelle aree selvagge. Il conflitto sarà essenzialmente fra chi preferisce conservare più specie selvagge possibili, e chi pensa al mantenimento adeguato di un numero maggiore di individui umani. Una delle scelte più difficili che si dovranno compiere a livello nazionale è la misura in cui si dovrà sacrificare l’individuo a vantaggio della società. In quale misura i governi sono moralmente giustificati quando ricorrono a disincentivi economici come la limitazione del numero dei figli per i quali sono concesse deduzioni nelle imposte sul reddito, o tessere di razionamento? Fino a che punto l’interesse della società nel suo complesso può prevalere sull’interesse degli individui, giustificando sanzioni individuali? (basti pensare oggi il fenomeno immigratorio –effetto della sovrappopolazione in vaste aree del pianeta- e ai conseguenti controlli e le sanzioni alla libera circolazione delle persone, ndr)...
La crescita demografica non è l’unico fattore che fa salire la domanda di risorse. L’aspirazione dell’umanità a livelli più elevati di consumo appare universale (di lì a poco sarebbe crollata l’Unione sovietica e i paesi socialisti, ndr), e non sappiamo quali saranno i rispettivi ruoli di queste due forze in futuro; sappiamo però che più saranno le risorse occorrenti per soddisfare i maggiori bisogni dovuti alla crescita demografica, meno saranno quelli disponibili per elevare i livelli di consumo pro capite, la qualità della vita, gli investimenti su tecnologie a minor impatto ambientale. Se analizziamo le attuali pressioni ecologiche e sociali e la scarsità delle risorse, anche il semplice raddoppio della popolazione mondiale, in assenza di qualsiasi aumento dei consumi pro capite, diventa una prospettiva terrificante, alla luce delle tensioni sociali e dei potenziali conflitti politici che probabilmente lo accompagnerebbero. Analogamente, un raddoppio dei livelli mondiali  di consumo pro-capite, che porterebbe il mondo solo a una frazione del livello nordamericano, imporrebbe un grave sforzo alle risorse della Terra, anche nell’ipotesi che non vi sia un ulteriore aumento della popolazione  …In pratica  tutti i più seri problemi dell’umanità si aggraveranno e le loro soluzioni risulteranno più difficili se la popolazione seguiterà ad aumentare…Cercando una relazione più armoniosa con la natura, la società globale che sta nascendo dovrà formulare una nuova etica nel campo della procreazione. Per gran parte del tempo in cui l’uomo è esistito, è stato necessario avere un elevato numero di figli per assicurare la sopravvivenza della specie, a causa degli alti tassi di mortalità infantile. Oggi che i tassi di natalità minacciano proprio i sistemi di sostentamento da cui dipende la vita dell’uomo, questi deve abbandonare la vecchia etica del “crescete e moltiplicatevi” sostituendola con un’etica volta a stabilizzare la popolazione. La nuova etica deve considerare socialmente uguali uomini e donne, e la maternità non deve essere più una funzione assunta in modo automatico, ma una scelta che una donna può fare o non fare, secondo la coscienza personale. Un altro fattore centrale dell’etica attuale è l’importanza quasi esclusiva data alla produzione e all’acquisto delle ricchezze come fini a sé stesse. Sottoprodotto di migliaia di anni di privazioni materiali, tale preoccupazione deve lasciare il posto a una maggiore importanza data alla distribuzione dei beni e alla partecipazione di tutti…L’importanza data ad un benessere eccessivo non deve trovare più posto in un ecosistema già sottoposto a gravi tensioni con gli attuali livelli di attività economica. "
(Lester R. Brown: I Limiti della Popolazione Mondiale. Una strategia per contenere la crescita demografica. 1974 Biblioteca dell’Est- Mondadori. Pag. 160-170, 213). 

4 commenti:

  1. << Un altro fattore centrale dell’etica attuale è l’importanza quasi esclusiva data alla produzione e all’acquisto delle ricchezze come fini a sé stesse. Sottoprodotto di migliaia di anni di privazioni materiali, tale preoccupazione deve lasciare il posto a una maggiore importanza data alla distribuzione dei beni e alla partecipazione di tutti >>

    Caro Agobit, questo mi sembra molto difficile da ottenere.
    L'accumulazione ossessiva non è solo figlia della priovazione atavica, ma anche (forse soprattutto) della spinta alla primazia del gene egoista.
    Sarà dura mitigare la nostra bulimia da possesso.

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  2. Caro Lumen, si forse è meglio intervenire direttamente sulla demografia, diminuendo così il numero dei "competitors" sia a livello di individui che di geni egoisti. Ma il testo di L. Brown da te sottolineato appartiene alla metà degli anni 70, anni in cui si credeva molto alla "redistribuzione" in un senso un poco utopistico.

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  3. Sto leggendo in questi giorni uno dei testi più recenti di Lester Brown, ovvero PIANO B 4.0, ed anche in questo caso ho trovato (forse giustamente) un pizzico di ottimismo di troppo nelle sue pagine.
    Ma è una lettura davvero molto interessante.
    Si tratta di uno di quei libri che TUTTI dovrebbero leggere, a partire dai c.d. opinion-maker, per non parlare dei nostri poveri politici.

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  4. Seguo il tuo consiglio e ho già ordinato il libro

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