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mercoledì 30 maggio 2018

Umani troppi umani

"Questo ordine universale, che è lo stesso per tutti, non lo fece alcuno tra gli dei o tra gli uomini, ma sempre era, è e sarà fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo giusta misura" (Eraclito, frammento 22 B 30).
Dal tempo di Population Bomb non si vedeva un simile proliferare di libri sull'argomento. Anche i siti internet si stanno moltiplicando. Finalmente si comincia a parlare di sovrappopolazione anche nella cattolica, progressista e politically correct Italia. Non siamo più' marziani noi che ci battiamo contro l'eccesso demografico, e cominciano ad uscire libri ben documentati sul tema prima tabù. L'antropocentrismo e' ancora dominante, ma i dubbi cominciano a circolare e gli occhi si cominciano ad aprire . E' rimasto cieco solo chi non vuol vedere,e per ideologia rifiuta e nega l'evidenza. Eppure la grande crisi ecologica dovuta alla bomba demografica umana è davanti ai nostri occhi, con una evidenza devastante, ed invisibile solo a chi non vuol vedere per scelta consapevole (e colpevole). Giovani ricercatori, filosofi, demografi, biologi, studenti finalmente cominciano a trattare il tema, a compiere ricerche, a scrivere libri ad avviare blog, ad intervenire nei dibattiti di ecologia. Uno dei libri più interessanti e' il recentissimo "Umani troppi umani" scritto da Andrea Natan Feltrin, un giovane filosofo venticinquenne, dottorando di ricerca in Etica Ambientale all'università' di Santiago de Compostela. Viene affrontato il tema sovrappopolazione in maniera completa, partendo da Cantillon, Defoe e Malthus e mostrando come il pensiero ecologista debba molto ai primi che denunciarono il problema ma anche riportando il tema alle sue dimensioni più ampie della moderna presa di coscienza ecologica (quella vera). L'ecologia infatti o cambia e prende coscienza della realtà del tema sovrappopolazione, o sarà destinata alla marginalità del giardinaggio per elites culturali. Nel suo ampio escursus storico sull'idea di sovrappopolazione Natan Feltrin mette giustamente l'accento sul fondamentale libro The Population Bomb di P. Ehrlich, che nel 1968 denunciò in maniera chiara e circostanziata il problema che sarebbe divenuto il principale dell'umanità. Nel testo di Feltrin vengono mostrate la nuova visione e le nuove strade da seguire che il disastro ambientale ha portato al dibattito ecologico riguardo all'esplosione demografica di Homo. Oggi, a differenza del tempo di Malthus, non si tratta più di una semplice discrepanza quantitativa tra popolazione e cibo. Dalla matematica ci siamo spostati ad una visione globale della presenza umana sulla Terra. L'umanità si trova di fronte oggi alla più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. La presenza di tossici su tutta la terra, il riscaldamento climatico, la CO2, i particolati, la devastazione ambientale, il consumo di suoli, l'acidificazione degli oceani, la plastica, l'estinzione delle specie e la spaventosa riduzione della biodiversità,le megalopoli invivibili, la sparizione delle foreste, l'esaurimento delle risorse naturali ecc. ormai sono fenomeni che non possono più essere ignorati e nascosti dietro la demagogia del progresso continuo. Le civiltà che si sono estinte in passato avevano raggiunto elevati livelli di sviluppo ma non è bastato. La civiltà globale è la più complessa che sia mai esistita e anche la più specializzata.La biologia evolutiva insegna però che non è bene essere ultraspecializzati poiché, al mutare degli scenari, l'esito di un eccesso di specializzazione è l'incapacità di proporre modelli alternativi di adattamento.L'attuale big crisis è riconducibile, seppur non riducibile, alla population grouth. "La popolazione umana è in aumento e, anche se a molti benpensanti non piace ammetterlo, questo è un problema al quale non si potrà evitare di dare una risposta. Guardando il tasso di crescita demografica globale è vero che si noterà una riduzione dello stesso, da un picco del 2,08 % nel 1970 al 1,11 % nel 2017, ma non si deve dimenticare che se l'esponente è diminuito la base è, invece, aumentata. Per dirlo in altri termini l'aumento del 2,08 % di 3,682,487,700 è 71,998,600 ogni anno, mentre quello di 1,11 % di 7,515,284,160 è 82,620,880 l'anno. Un incremento tutt'altro che trascurabile! Questo fenomeno può essere descritto anche con il nome di crescita cumulativa, difatti dal 1700 al 2012, in media, il trend di crescita è stato dello 0,8 % annuo. Lo 0,8 % potrebbe sembrare quasi trascurabile eppure in 300 anni ha portato l'umanità da 600 milioni a più di 7 miliardi.Come ha scritto l'economista Thomas Picketty : "Se un ritmo del genere dovesse proseguire nei tre secoli a venire, la popolazione mondiale intorno al 2300 supererebbe i 70 miliardi". Un incubo ecologico che comporterebbe il collasso di Gaia". Nel penultimo capitolo si parla dell'eremocene,cioè della Sesta Estinzione cui l'uomo sta portando le forme viventi del pianeta, secondo la definizione di Wilson.Dello stesso tema tratta Conto alla rovescia di A. Weisman.Come afferma Wang Yukuan: "Sapete che mi chiedono quale differenza farebbe per la vita umana se un giorno non ci fossero più i panda o le tigri? Io rispondo che senza panda, poi senza tigri, verrà il turno dei pesci, spariranno anche loro. Poi i raccolti. Poi tutto. Poi le persone". (Citato in A. Weisman: Conto alla rovescia).Come spiega il genetista Marcello Buiatti, abbiamo con la tecnica costruito macchine che hanno traformato l'ambiente in qualcosa di artificiale. Alla fin abbiamo abbiamo assimilato a macchine - pianificabili e controllabili- anche gli esseri umani. Una realtà in cui tutto sarebbe controllato e funzionale all'uomo. Una utopia in cui non ci sarebbe né necessità né posto per la diversità nostra o degli altri esseri viventi: l'antropocentrismo si appresta ad eseguire il suo assolo in un mondo svuotato di natura e sovrappopolato (come già si vede nelle grandi megalopoli che stanno crescendo in ogni parte del pianeta). Così l'era dell'Antropocene rischia di lasciare il posto all'Eremocene.Ma come dice Wilson: "la natura allo stato selvatico è un diritto di nascita di chiunque nel mondo. Le milioni di specie che stiamo minacciando sono i nostri parenti filogenetici. La loro storia a lungo termine è la nostra storia a lungo termine". In Elementi di Ecologia T.M.Smith e R.L. Smith denunciano che " "la principale causa di estinzione è la distruzione degli habitat dovuta all'espansione della popolazione umana e alle attività ad essa collegate".
Nelle sue conclusioni Natan Feltrin nega che il problema della sovrappopolazione possa risolversi con il semplice sviluppo tecnologico in quanto la tecnica può ridurre temporaneamente l'impatto ma può avere effetti anche negativi e acceleranti verso l'insostenibilità. Il problema richiede, dice l'autore, innanzi tutto un cambiamento del paradigma etico sulla nostra presenza sulla Terra. Ridicolizza infatti coloro che credono che la questione si risolverà con i viaggi interplanetari portando l'umanità in eccesso su altri pianeti: "una specie che non è in grado di convivere in armonia con il proprio habitat potrà solo inutilmente colonizzare altri pianeti. La crescita infinita su un numero X di pianeti finiti è ugualmente un assurdo logico, ma incarna ancor più, un totale fallimento etologico, se si intende con etologia la disciplina che studia gli habitus di risposta di un organismo al suo contesto ecologico". Infine bisogna arrivare al nocciolo: affrontare il problema riproduzione. Molti ritengono che il tema attenga alla sfera privata. Oggi non è più così, e i cambiamenti dell'ambiente sono un richiamo a questa necessità etica: oggi figliare è un atto di responsabilità che implica un forte concetto di limite. L'etica riguarda ogni comportamento che possa includere una relazione con altri viventi così quello che un individuo fa del proprio corpo lo fa sempre in un Mondo e in una relazione con innumerevoli altri. Oggi il numero dei figli procreati non può più dirsi semplicemente questione di gusto o di interesse di famiglia. Se si comincia finalmente a condannare da un punto di vista etico un americano che scorazza con auto inquinanti, consuma carne (da allevamenti che consumano suolo ed emettono anidride), estrae e consuma petrolio, viaggia con aerei e inquina le città di particolato, dobbiamo ammettere che anche un uomo del terzo mondo che procrea 10 figli ha ugualmente una grave responsabilità verso il pianeta, le altre specie viventi minacciate, e verso la propria stessa specie. Ambedue, l'americano iperconsumatore e l'africano (o asiatico) prolificatore, sono due ecocriminali. Come dice Dawkins: "La contraccezione talvolta viene attaccata come fortemente innaturale. E' vero, è fortemente innaturale. Il problema è che lo Stato assistenziale è innaturale. Poiché noi umani non vogliamo tornare ai vecchi sistemi egoistici in cui i figli di famiglie troppo grandi venivano lasciati morire di fame, abbiamo abolito la famiglia come unità di autosufficienza economica, sostituendole lo Stato. Ma non si dovrebbe mai abusare del privilegio del mantenimento garantito dei bambini" (R. Dawkins: Il gene egoista pp. 231-232).La pianificazione familiare costituisce non solo una necessità storica, ma soprattutto una acquisizione culturale. Nel libro, conclude Natan Feltrin, non si propone un determinato cammino politico o una strategia economica, nessun modus vivendi universalmente valido. Bisogna però cominciare a guardare con occhi diversi il mondo, occhi in cui l'etica riguardi non solo gli interessi della nostra specie senza limiti, ma di tutta la varietà della vita e della natura.
Un piccolo commento conclusivo: il libro di Natan Feltrin e' un grande stimolo alle nostre posizioni. Un invito ad uscire dalla remissivita' e dalla subordinazione alle posizioni irrealistiche e sbagliate degli ecologisti mainstream. Un invito ad attaccare gli idoli e i feticci dell'antropocentrismo, della retorica dei diritti umani assoluti, dell'idolatria della umanità' in crescita con tutta la prosopopea della fertilità' e dei bimbi belli. Un invito a cominciare ad urlare ed incazzarsi, perché' in gioco non c'e' più una posizione politica o un interesse nazionale o economico. In gioco c'e la Terra ci sono i mari e le terre, le montagne e i fiumi, l'aria che respiriamo, l'acqua che ci da la vita. Ci sono i nostri compagni di vita, gli animali e le piante, i paesaggi e le foreste che sono la sostanza della nostra esistenza su questo pianeta. Un libro per finalmente gridare e far sentire la nostra presenza e la nostra passione contro la retorica della crescita umana.

21 commenti:

  1. Poiche' non sono un professore, ma un semplice medico, mi sento tranquillo sulla zattera...

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    1. Certo che il problema è che il conigliastro cpm 10 figli ti mette sotto.
      E' esattamente quello che è successo con l'invaditrice e razzista anti Cecile Kyenge.
      Una di (vado a memoria) 38 figli di una famiglia abbiente del Congo.
      Ovvio che con 38 figli da abbiente le probbailità di trasformarsi in pezzente sono molto alte.
      Come si risolve il problema? Scaricando la zootecnia umana prodotta su quei coglioni di italiani/europei e poi, compiuto il fatto, insultandoli e trombonandoli di essere meschini, razzisti, beceri, xenofascioleghisti e altre cretinate tentativi di insulto.

      La soluzione è di rimandare anche con la forza, le armi, questa marea di invasori ai loro genitori non so se pazzi, criminali o che altro che li usano come arma demografica contro di te, contro coloro che contengono le loro compulsioni riproduttive.

      Se devono invaderci e sottometterci, che almeno debbano faticare e penare.
      Se il prezzo fosse troppo altro, oltre a pigliare gli antibiotici prenderebbero anche la pillola.

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    2. Il punto è che se hanno ragione (e temo di si) coloro che proclamano le migrazioni senza precedenti essere pilotate da organizzazioni che operano dietro le quinte, gli africani e compagnia non sono altro se non mere pedine manipolate a piacimento da chi veramente detiene il potere. Prendersela con loro non significa altro se non fare proprio il gioco di chi sta dietro le quinte, che presentando a bella posta un rivale preconfezionato, continua ad agire tranquillamente indisturbato. Facendosi beffe sia di europei che africani e compagnia. E secondo un mio conoscente, dare a questi ultimi panem et circenses così non avranno mai velleità di ribellarsi a un sistema a caccia di schiavi.

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    3. Quando hai una pistola puntata addosso, il tuo primo problema è la pistola (che va neutralizzata subito), non chi la impugna.

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    4. E chi la impugna poco dopo se ne procurerà un'altra più efficace, ci potremmo scommettere senza uscire dalla scommessa perdenti

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    5. Visto che piace soffermarsi sull'immagine della pistola...

      Neutralizzata subito la pistola, si può passare immediatamente dopo alla mano che la impugna e a colui che c'è attaccato. Quando la pistola ha sparato, o anche mentre sta sparando, quella possibilità è preclusa.

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    6. Ricordo però che sia la mano o ancor più chi la impugna sta dietro le quinte e dunque non individuabile (non facilmente, neppure mediamente, almeno) e con un'ottima postazione per defilarsi e continuare a rendersi irriconoscibile.

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  2. Feltrin che dice, nel suo libro, della situazione corrente italiana (non di quella di chissà quale futuro) e dei possibili correttivi con applicazioni (e risultati) in tempi non dico brevi, ma brevissimi? Dà qualche indicazione o, almeno qualche opinione? Si limita anche solo a citare il caso particolare o rimane, come è consuetudine, su un livello così globale da risultare, nei fatti, concretamente inutile?

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    1. La questione centrale è quella che sottolinei: ridurre il tasso di natalità è necessario, soprattutto nei paesi del sud del mondo, ma A) no è sufficiente B) non può essere fatto solo con la carota ma anche con il bastone (non solo aiuti alle famiglie che accettanno dif ermarsi al primo figlio, ma possibilmente solo aiuti alla donna effettivamente sterilizzata dopo il primo figlio e soprattutto niente agli altri)....Tornando al punto A , limitare la produzione agricola mondiale incentivando le cultivar antiche a minor resa ma maggiore resilienza ambientale è un obbligo: noi ai trasporti intercontinentali did errate alimentari, si ad aiuti diretti, economici e militari, alle organizzazioni statali e private che tutelano le foreste residue.

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    2. Sì, ma qui da noi? Continuiamo a ragionare solo su quel che servirebbe fare a casa d'altri? Nel frattempo, magari, continuando a recitare il ruolo di quelli ospitali e tanto buonini? Davvero vogliamo continuare a fingere d'essere così scemi da non renderci conto che parlare in termini globali è una manovra per non fare niente di concretamente risolutivo a livello locale?

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  3. C'è un piccolo e non indifferente dettaglio.
    E' da Malthus che viene ripetuto che un pianeta finito non può sostenere una crescita esponenziale infinita.
    Quindi, se io fossi su quella zattera con il mio unico figlio, essendomi sgolato da anni, butterei giù tutti i figli eccetto uno degli altri e, nel caso abbia avuto occasione di sapere che anche i genitori sono figli successivi al primo e che io abbia "martellato" anche ai genitori di questi (i nonni) la necessità di contenere le loro compulsioni riproduttive, anche questi.

    Io ho problema con l'eccesso di conigliastri in questo mondo.

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  4. << i cambiamenti dell'ambiente sono un richiamo a questa necessità etica: oggi figliare è un atto di responsabilità che implica un forte concetto di limite. L'etica riguarda ogni comportamento che possa includere una relazione con altri viventi >>

    Caro Agobit, certo la soluzione dovrebbe essere etica, ma non dobbiamo fare troppo affidamento su di essa.
    L'etica è figlia della cultura e quando la cultura si scontra con il gene egoista (quello che ci spinge alla massima riproduzione), vince sempre lui.

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  5. Io non sono affatto un filantropo. Anzi, tenderei alla misantropia...

    > con le vostre teorie anti-speciste

    Qui falli proprio di logica.
    Perché la questione non è se buttare via tre persone per salvare tre cani e due gatti.
    L'antispecismo non c'entra una cippa, visto che stiamo parlando di essere umani in sovrannumero sulla zattera e non sono stati citati animali.

    A proposito di (ir)razionalità.

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  6. La rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state un disastro per la razza umana. Il continuo sviluppo della tecnologia peggiorerà la situazione. Essa sottometterà gli esseri umani a trattamenti sempre più abietti, infliggerà al mondo naturale danni sempre maggiori, porterà probabilmente a maggiore disgregazione sociale e sofferenza psicologica e a incrementare la sofferenza fisica nei paesi sviluppati.
    Il sistema tecnologico industriale può sopravvivere o crollare. Se sopravvive, potrebbe solo al costo di ridurre permanentemente gli esseri umani a prodotti costruiti, semplici ingranaggi della macchina sociale.

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  7. Articolo sicuramente interessante e apprezzabile, soprattutto nella parte in cui (in maniera equilibrata e non-ideologica) si imputa l'attuale degrado ambientale NON SOLO all'iper-consumismo occidentale (ormai sempre più spesso messo sotto accusa) MA ANCHE all'iper-fecondità afro-asiatica (tuttora molto spesso passata sotto silenzio)...

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  8. Grande uomo! perfettamente d'accordo con te!

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  9. Grandissimo agobit! nel frattempo io il 30 giugno sono al premio nazionale di filosofia, e sento che aria tira...Sto preparando un saggio anche su questi temi...

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  10. Il titolo di "umani troppi umami" ovviamente fa il verso ad umano troppo umano di Nietsche.

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  11. @ K

    << La rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state un disastro per la razza umana. >>

    Questo è vero, ma, purtroppo, solo col senno di poi.
    All'epoca, onestamente, chi poteva mai immaginare che quel metodo, così portatore di benessere e di ricchezza, si sarebbe trasformato in un disastro planetario ?

    Molto più vergognosa mi sembra la cecità attuale delle elites finanziarie ed industriali che, pur avendo tutti gli elementi di conoscenza necessari per tentare di intervenire, se ne infischiano altamente.
    Forse sono troppo avidi, o forse, essendo nati e cresciuti in questo sistema, non riescono a concepirne altri, ma le loro colpe, anche solo morali, sono notevoli.

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    1. In termini di salute e di qualità della vita, la civilizzazione ha costituito un disastro attenuato. S. Boyd Eaton, medico, ha argomentato in 'The Paleolitic Prescription' (1988) che le genti pre-agricole praticavano uno stile di vita generalmente salutare, e che cancro, malattie cardiache, ictus, diabete, enfisema, ipertensione e cirrosi — che, insieme, costituiscono il 75% della mortalità nelle nazioni industrializzate — sono provocate dal nostro stile di vita civilizzato. In termini di dieta ed esercizio, lo stile di vita pre-agricolo mostrava una netta superiorità rispetto a quello delle genti dedite all’agricoltura e civilizzate.
      Il tanto vantato incremento della longevità presso le popolazioni civilizzate non è tanto il risultato di medicinali meravigliosi, quanto semplicemente di una migliore igiene — un correttivo per le condizioni create dal sovraffollamento delle città; e dalla riduzione della mortalità infantile. È vero che molte vite sono state salvate dagli antibiotici moderni. Eppure proprio gli antibiotici sembrano responsabili dell’evoluzione di colonie di microrganismi resistenti, che chi si occupa di medicina teme ora possano produrre epidemie senza precedenti nel XXI secolo

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    2. La rivoluzione industriale è stata un disastro sin dall'inizio. Per prima cosa ha prodotto uno sfruttamento vergognoso della classe proletaria (appunto la cui prole anzichè un punto di forza diventò una gran debolezza, poichè non avendo risorse per mantenerla la si costringeva a lavorare 16 ore al giorno nelle fabbriche anzichè andare a scuola e portare avanti una vita anche se solo passabilmente ordinaria). E la vita della prole sembrava valere meno di quella di un animale domestico nelle tenute aristocratiche. Altro che vantaggi del "conigliastro"...

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