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mercoledì 25 novembre 2015

Il genocidio silenzioso

Le specie appartenenti all’ordine dei primati sono ormai tutte in via di estinzione. A parte la specie Homo sapiens ovviamente, che è la causa della estinzione delle altre specie. Ovunque sulla Terra diminuiscono le foreste che consentono ai primati di vivere nel loro ambiente naturale. Quello che sta avvenendo ai gorilla, uno dei nostri parenti più prossimi, è uno dei tanti esempi di prossima estinzione. Le due specie oggi esistenti di gorilla vivono ormai ridotte a poche decine di migliaia in Africa equatoriale, separate da circa 900 km di foresta del Bacino del Congo: si tratta del gorilla occidentale e del gorilla orientale. Ricoprono un ruolo cruciale nella biodiversità locale, spostandosi attraverso grandi territori e aiutando, per esempio, la diffusione e germinazione degli alberi da frutto di cui si nutrono. La pressione antropica ne sta profondamente alterando l’habitat. Intere foreste vengono abbattute per installarvi coltivazioni destinate ad alimentare la crescente popolazione umana in esplosiva crescita demografica. Strade e cementificazione erodono il territorio vergine e lo rendono sempre più inadatto alla sopravvivenza delle specie locali. Ogni anno perdiamo circa 700.000 ettari di foreste a causa della deforestazione e del taglio illegale di alberi. Una superficie enorme, che corrisponde a tre volte il Belgio, viene distrutta, sottraendo così anche spazi ed habitat a moltissime specie animali, tra cui quella dei gorilla. Ma non c’è solo questo purtroppo. Il commercio di “bushmeat” (carne da animali selvatici), che avviene in tutta l’Africa occidentale e centrale, è oggi la più grave minaccia per i gorilla. La carne di gorilla, di scimpanzé, di antilope e di molti altri animali è infatti un cibo ricercato nei mercati clandestini di molti paesi, e viene venduto a prezzi da capogiro. Uguale sorte monaccia gli scimpanzè africani, un’altra specie che ci è molto vicina geneticamente. Continua la caccia e l’uccisione degli elefanti allo scopo di alimentare il commercio di avorio, ufficialmente illegale ma di fatto consentito per il reddito che produce. Quello che avviene nel Borneo, Sumatra, Indonesia e Malesia non è meno grave. Qui il genocidio sta avvenendo ad una velocità e su una scala sconcertante e vergognosa. Di oranghi sono ormai rimaste poche decine di migliaia di esemplari nelle foreste pluviali di quei paesi. Nel silenzio di tutto il mondo, sia dei governi che dei media, viene distrutto giornalmente con avidità ed efficienza uno degli habitat naturali più importanti per la biodiversità e per la sopravvivenza di molte specie in pericolo di estinzione. Nella più assoluta indifferenza il genocidio degli oranghi sta raggiungendo la sua conclusione. Tutto questo a causa dell’olio di palma, un ingrediente presente in prodotti di uso quotidiano come grissini, merendine, shampoo, dentifricio e cioccolato. Dietro l’uso di questo olio, che secondo alcuni sarebbe addirittura tossico e dannoso alla salute, c’è la speculazione: viene usato perché a buon mercato e molto conveniente. L’altra causa, quella determinante, è l’enorme richiesta mondiale di prodotti alimentari a basso costo in seguito alla crescita demografica esplosiva ed ininterrotta della specie Homo che infesta il pianeta. Al fine di spianare la strada per le piantagioni di palma da olio, immense distese di foreste pluviali incontaminate vengono distrutte, gli animali come gli oranghi e altre specie locali uccisi, catturati con trappole, venduti, lasciati senza il loro ambiente naturale e avviati all’estinzione. Le grandi aziende interessate non si preoccupano minimamente del problema e anzi incoraggiano i lavoratori locali impegnati nella deforestazione ad approfittare delle risorse naturali per aumentare i guadagni. Se la deforestazione continua a questo ritmo, oltre alla estinzione degli oranghi e di tante altre specie, avremo la distruzione pressoché completa della foresta pluviale in quell’area del pianeta (si calcola che al ritmo attuale di deforestazione venga raggiunta nel 2035). Tutto questo provocherà conseguenze estreme al nostro clima a causa del rilascio di anidride carbonica nell'atmosfera non più assorbita dal polmone verde di quelle foreste, una volta immense. Le organizzazioni ecologiste invitano a boicottare i prodotti contenenti olio di palma, e non posso che appoggiare questa iniziativa. Ma se non interveniamo all’origine del problema, cioè sulla esplosione demografica della nostra specie, ho l’impressione che la crescente richiesta di prodotti alimentari a basso costo impedirà la riuscita della campagna volta a salvare i primati e le altre specie in pericolo e con essi la foresta pluviale rimasta. Per lo stesso motivo sarà difficile in Africa arrestare il genocidio dei primati e delle altre specie in estinzione come gli elefanti se non si intraprenderà una seria politica di controllo della natalità in quei paesi e di riduzione della pressione antropica sulle ultime riserve verdi rimaste.

11 commenti:

  1. Che dire? Niente. Che cosa possiamo fare? Niente. Dobbiamo rassegnarci. Non possiamo fermare uno tsunami con le nude mani o con i nostri sentimenti. Noto però in rete una accresciuta sensibilità verso il mondo animale che mi piace. "Verrà il giorno in cui uccidere un animale sarà considerato alla stessa stregua di un omicidio." (Leonardo) Forse non tutto è perduto. Com'era quel detto? Il pessimismo della ragione, l'ottismismo della volontà - o qualcosa del genere. Diaz detesta i catastrofisti. Il pezzo di oggi è l'ennesima inutile geremiade o può servire a qualcosa?

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  2. Articolo da far leggere a quegli ambientalisti/animalisti "politically correct" e terzomondisti che (purtroppo in vasta compagnia) ostinatamente ignorano il ruolo centrale dell'esplosione demografica umana negli attuali gravi squilibri ecologici (oltre che in quelli economico-sociali)...

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  3. Personalmente sono più colpito dai lavori per il terzo valico, giusto per citare uno tra i tanti disastri nostrani che passano allegramente sulle nostre teste e sulle nostre vite. Non so, non saranno primati, ma vogliamo provare a vedere se vi riesce di andare da quelle parti e trovare ancora qualcuna di quelle salamandre che fino a solo vent'anni fa ci si potevano vedere ovunque in ogni giornata di pioggia o anche solo di nebbia?

    Ovviamente, sono colpito anche, ed assai più che dagli eventi africani, dal continuo ed esplosivo aumento della popolazione sul nostro territorio, in particolare su determinate aree ormai abbondantemente oltre i limiti d'un collasso che si riverbera all'intorno anche in aree apparentemente non toccate dal fenomeno. Eppure, i numerosi finti ambientalisti tinti di verde che fanno capo ad associazioni "prestigiose" dai nomi "blasonati" a suon di panda, aironi e altri animali trasformati in amuleti, fingono di non vedere le cose come stanno e continuano a farneticare in merito a fantasiose soluzioni globbali (quella molesta doppia "b" è intenzionale). Ma mi facciano il piacere... ipocriti.

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    1. La nostra e' una repubblica fondata sul lavoro e sul debito, la continua crescita economica e' assolutamente necessaria anche solo per evitare l'implosione del sistema nel suo complesso, e d'altro lato l'indebitamento e' deliberatamente usato come strumento per costringere la gente alla crescita economica, dando come unica alternativa il fallimento. (l'avete mai sentita di "aver vissuto sopra le vostre possibilita'?" ma noi chi, l'ho decisa io la spesa pubblica e il debito conseguente, o invece chi ipocritamente, e delinquenzialmente, mi accusa?)
      Ovviamente in un contesto di oggettiva decrescita, un sistema cosi' fondato non puo' che collassare, essendo tenuto a fare l'impossibile (e' impossibile ripagare un debito gravato di interesse in un contesto di decrescita).

      Il collasso della popolazione di anfibi e' stato un fenomeno globale probabilmente dovuto a qualche avversita' microbiologica, cosi' come e' accaduto e sta accadendo per le api.

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    2. No, nella specifica nicchia della quale ti sto parlando (tra l'altro, in gran parte un parco naturale) il collasso degli anfibi è assai più probabilmente collegato agli interventi di "valorizzazione territoriale" ovvero, nello specifico, la ristrutturazione dei numerosi cascinali e rustici abbandonati distribuiti sul territorio. Ora ciascuno di quei cascinali e rustici dispone di bagni e docce con scarichi che graziosamente defluiscono nei rigagnoli ove albergavano gli anfibi (e non solo: sono scomparsi anche parecchi insetti, di quelli che si usano abitualmente quali "indicatori biologici" per la qualità delle acque). Sottolineo che la ristrutturazione e l'apertura al pubblico (pagante) di quegli edifici è in un congruo numero di casi ascrivibile a enti pubblici, tra i quali le Regioni Piemonte e Liguria -- li chiamano "strutture ricettive", aggiungendo di quando in quando "per la riqualificazione".

      Ovviamente hanno un peso notevole anche le precipitazioni contaminate per via della presenza a pochi chilometri in linea d'aria dell'orrida conurbazione genovese, e sappiamo tutti (credo) quanto siano sensibili gli anfibi alle alterazioni dell'acidità del loro ambiente.

      Anche nel caso delle api, siamo davvero certi che le "avversità microbiologiche" non siano indotte da altri danni ambientali provocati, in ultima analisi e tanto per cambiare, da un eccesso locale di pressione antropica? E davvero abbiamo il coraggio d'affermare con certezza che il portare avanti e indietro per il globo merci e persone non ha contribuito ("contribuito" giusto per voler lasciare una scappatoia) a veicolare qualche agente biologico forestiero? Tipo la vespetta che sta provocando l'ennesima strage di castagni e, di conseguenza, di tutti quegli animali che sul castagno basano la propria catena alimentare di supporto?

      Poi preoccupiamoci pure per l'Africa, va', che fa più figo e soprattutto, essendo taaaaanto lontana, non richiede un impegno diretto.

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    3. Certo, ma una cosa non esclude l'altra, e' normale per le popolazioni, comprese api e anfibi, subire dei temporanei e ciclici, anche drastici, ridimensionamenti, per poi eventualmente recuperare, o sparire. La specie attuale d'uomo subi', pare, attorno a 70.000 anni fa, una quasi estinzione in seguito alla quale rimasero poche centinaia se non decine di individui.

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  4. Audietur altera pars: una visione decisamente ottimista dello stato del pianeta e del nostro futuro:

    http://www.ilfoglio.it/economia/2015/11/27/c-da-essere-ottimisti-anche-sulla-diseguaglianza-lo-dice-la-storia___1-v-135455-rubriche_c178.htm

    P.S. La mia non è una provocazione. Non si può negare che dei progressi ci siano stati. Certo bisogna chiedersi a che prezzo sono avvenuti e avvengono e se la cosa può continuare all'infinito. Personalmente ne dubito.

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  5. Occhio con la campagna contro l'olio di palma, la palma da olio se non erro e' la pianta piu' produttiva in termini di olio (controllate non sono sicuro): vuol dire necessita' di meno superficie coltivata per ottenere lo stesso prodotto, e quindi meno impatto globale, non di piu', e piu' spazio per la riforestazione e la wilderness. La stessa cosa vale per l'aumentata efficienza delle pratiche agricole "sane" e sostenibili: il miglioramento delle sementi ad esempio a volte porta all'abbandono di terre marginali in quanto non piu' necessarie alla coltivazione, non in quanto devastate: terre che tornano a far parte del patrimonio naturale, con grande rabbia delle amministrazioni pubbliche affamate di gettito fiscale che esigono che ogni centimetro venga messo a profitto anche quando non serve. Quello e' il nemico principale!

    Che a causa del miglioramento dell'efficienza delle pratiche agricole aumenti l'antropizzazione e quindi indirettamente il futuro impatto globale e' un altro discorso, di cui non si possono incolpare le pratiche agricole stesse. E' che viene fatto un regalo a gente che non lo merita.

    Inoltre, pare che la campagna marcatamente denigratoria nei confronti dell'olio di palma, condotta col tipico gran battage propagandistico dei professionisti del marketing, sia stata scatenata ad arte da paesi come la francia che producono olii in concorrenza con esso, tipo quello di colza, e gli ecologisti da carta patinata come al loro solito, gia' adusi alla macchietta dell'"utile idiota", ci sono cascati con tutte e due i piedi. QUindi meglio non diffondere ulteriormente la possibile bufala "alla moda" prima di ulteriori approfondimenti.

    http://exposed-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/07/02/expolio-di-palma/

    I commenti del competente agronomo Guidorzi sono raccomandati e piu' interessanti di solito degli articoli stessi. DI solito parla di piu' di agricoltura chi non ne sa assolutamente nulla, e ne capisce ancor meno.

    Per quanto riguarda l'intervento di Sergio sulle disuguaglianze, trovate qui al link indicato un interessantissimo articolo che, oltre a sfatare il diffusissimo luogo comune dell'aumento della disuguaglianza mondiale, che pare proprio essere totalmente falso se riferito agli ultimi due decenni di grande sviluppo dell'ex-terzo mondo, fra l'altro spiega l'indice di Gini fornendo ragguagli sulla personalita' equivoca dell'autore e i suoi moventi originari.

    http://leganerd.com/2015/11/19/ricchezza-poverta-lindice-gini/

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    1. Dunque si possono rispedire al mittente tutti quelli che vengono qui sostenendo che al loro Paese si vivrebbe tanto, ma tanto male? E' una buona notizia, che fa strame di tanta parte della propaganda a sostegno dell'obbligo d'accoglienza. Quando si comincia a sigillare le frontiere e a accompagnarci qualche centinaio di migliaia di persone all'anno (il ritmo al quale continuano ad arrivare gli ulteriori "ospiti" che si aggiungono ai milioni già presenti sul nostro territorio)? Fissiamo una data?

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  6. E' davvero un gemocidio silenzioso!
    Ultimamente si sono tenuti sia la conferenza sul clima (!!!) che il viaggio del Papa in Africa...
    Che voi sappiate, qualcuno ha parlato anche della sovrappopolazione umana, oppure come al solito hanno sottolineato solo l'importanza delle energie alternative , del consumare meno, del non sprecare e del distribuire equamente le risorse ?
    (Mentre invece possiamo continuare ad aumentare oltre gli 8 miliardi)

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