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lunedì 31 marzo 2014

Quello che ci insegna la caduta dell’Impero Romano




Il declino economico e culturale dell’Occidente  ha riportato l’interesse degli studiosi sul crollo dell’Impero Romano, in cerca di analogie e strategie di rientro. Perché cadde l’Impero Romano? Le ipotesi sono molteplici, alcune addirittura fantasiose come quella che vedeva una delle cause nel ritardo mentale dei romani procurato dall’uso massiccio del piombo nelle tubature dell’acqua, nei recipienti di stoccaggio del vino ecc.
Quelle più in voga tra gli studiosi sono però tre: quella della crisi culturale, quella della crisi economica,  e quella della decadenza militare. La prima, propugnata da  Gibbon nel suo monumentale “Storia della decadenza e caduta dell’Impero Romano”, vede nel diffondersi del cristianesimo la causa del venir meno di quella identità romana che era stata alla base dell’espansione militare e del dominio culturale della civiltà di Roma. La crisi economica vede nell’esaurimento delle risorse auree e di argento e nella conseguente crisi della moneta romana (il “soldus” con cui venivano pagate le truppe – da cui il nome soldati dato ai legionari cittadini romani – e con cui venivano assicurati i pagamenti delle merci e delle spezie di importazione) la causa del venir meno della qualità e della consistenza numerica dell’esercito romano, ridotto ad una preponderanza di truppe auxiliae ( arruolati tra i popoli alleati e assoggettati) con una minore motivazione e preparazione al combattimento. Secondo questa ipotesi la crisi delle importazioni in seguito alla minor moneta disponibile   determinava un minor afflusso di grano, di cibi e di prodotti (una specie di crisi energetica come quella petrolifera odierna, visto che allora l’energia si identificava con i prodotti agricoli)  con una conseguente minore efficienza delle strutture difensive delle città romane.
Lo storico inglese Peter Heather nel suo recente “La caduta dell’Impero Romano – Una nuova storia” (Garzanti)  riporta le nuove ipotesi avanzate in seguito a studi archeologici recenti basati sui nuovi ritrovamenti di materiali, su nuove documentazioni di testi,  e sulle  nuove tecniche come la ricognizione aerea delle aree occupate da insediamenti antichi.
Le nuove ipotesi sono sorprendenti e per certi versi ci riportano a situazioni e dinamiche che riguardano molto da vicino la crisi epocale che l’Occidente si trova ad affrontare al giorno d’oggi. E’ addirittura possibile una comparazione tra la crisi strutturale dell’Impero romano del IV-V secolo d.C. e quella dell’Occidente industrializzato del XXI secolo. In base ai recenti ritrovamenti e alle nuove rilevazioni sul territorio, Heather contesta le tre ipotesi più in voga dichiarandone la falsità:

Prima ipotesi. L’Impero romano d’occidente è caduto per la debolezza dell’esercito dovuto alla minore qualità combattente, minore disponibilità di mezzi  e minore  consistenza numerica.

Nulla di più falso. L’’esercito romano dei secoli III-IV e gran parte del V era un esercito forte, ben addestrato, fornito di tutte le migliori risorse della tecnologia bellica di quei tempi. Le truppe si suddividevano in truppe di campo, quelle per le battaglie strategiche campali, e in truppe di confine (meno numerose ed addestrate, destinate al controllo dei confini nei periodi di pace o per crisi limitate). Dal punto di vista numerico, a parte limitati periodi temporali, il numero complessivo delle truppe fu sempre alto e sufficiente alle necessità strategiche e tattiche. A Treviri stanziava il grosso delle truppe dedicate al controllo del confine orientale, e tra legionari e ausiliari il numero di soldati era in genere vicino ai 350.000 con punte temporanee di 500.000. A differenza di quello che si riteneva in passato il  numero di truppe si è mantenuto sempre alto fino al V secolo a partire da quando fu stabilito e fortificato il confine sul Reno, subito dopo la disfatta di Teutoburgo con il massacro delle legioni al comando di Quintilio Varo. Anzi la stretta convivenza dei legionari e dei funzionari con le popolazioni locali, durata circa cinque secoli, con frequenti scambi commerciali e sociali, ha contribuito alla formazione linguistica  e culturale delle popolazioni germaniche ed ha influenzato l’organizzazione politica degli stati tedeschi fino all'epoca moderna (ad esempio la mentalità precisa e “militare” dello stato prussiano).

Seconda ipotesi. Il cristianesimo ha indebolito lo spirito romano.

Al contrario di quel che afferma Gibbon, il cristianesimo sembra aver ricompattato il consenso politico intorno all’Imperatore e all’autorità romana. Con la religione cistiana si rinnovò anzi quello che fin dai tempi di Augusto l’imperialismo romano sosteneva: che fosse stato il cielo ad affidare a Roma il compito di conquistare e civilizzare il mondo intero. Gli antichi dei dell’Olimpo furono sostituiti dal Dio dei cristiani, e la miglior condizione possibile per il genere umano divenne quella della conversione e della salvezza cristiana. In pratica l’apparato di potere rimase invariato, cambiò solo la nomenclatura. Analogamente gli imperatori, pur rinunciando alla divinizzazione, mantennero un legame privilegiato con il divino anche nella propaganda cristiano-romana, che dipingeva ogni singolo sovrano come scelto direttamente da Dio per reggere l’ambito terreno del suo cosmo assieme a lui e in suo nome. La potenza dell’esercito romano sotto i successori di Costantino non fu per nulla sminuita dal nuovo credo. La volontà di combattimento dei legionari era anzi esaltata dal ruolo di difensori della nuova civiltà cristiana, come emerge dai numerosi testi scritti, dalle epigrafi, dai monumenti funerari rinvenuti. L’affermarsi della religione cristiana, con la creazione conseguente di una nuova e più estesa burocrazia, dimostra in realtà che il centro dell’Impero non aveva perso la sua capacità di vincolare le elite locali e le misure di cristianizzazione non furono imposte ma recepite gradualmente.

Terza ipotesi. La crisi economica e monetaria ha indebolito lo stato romano.

Una delle scoperte archeologiche più sorprendenti è il ritrovamento (specie negli scavi eseguiti nel dopoguerra e negli ultimi decenni) di numerosi oggetti d’oro e di argento, di manufatti e di opere di alta capacità tecnica e artigianale tra i resti di villaggi romani dell’europa centrale ed orientale, così come in Asia minore e nel nord dell’Africa, risalenti al IV-V secolo. Sembra   che l’Impero d'occidente negli ultimi due secoli abbia subito, specie nelle regioni vicine alla frontiera con le popolazioni barbariche, un vero e proprio boom economico , poiché l’economia locale era sovrastimolata dalla presenza, poco lontano, di migliaia di soldati romani con le tasche piene di soldi e da forti scambi commerciali con le popolazioni locali. Gli stati vassalli, cioè, tendevano a diventare più ricchi che non il resto della Germania lontano dai confini dell’impero, attirando perciò stesso incursioni e razzie che poi si spingevano verso il territorio romano. Le rilevazioni aeree sono concordi nel mostrare in questo periodo un generale ampliamento dei centri abitati e delle strade di collegamento, indizio sicuro di espansione economica e commerciale, di una maggiore disponibilità di cibo, di benessere.

Ma se le cause della caduta non sono né militari, né religiose né economiche, per quale motivo l’Impero crollò improvvisamente alla metà del V secolo? La risposta di Peter Heather è semplice e documentata: l’Impero cadde in seguito alle invasioni dei popoli barbarici, tra cui fondamentale fu quella degli Unni cominciata nel del IV secolo e che spinse davanti a se  popolazioni germaniche più prossime ai confini dell’Impero. Per secoli il confine romano-germanico si era retto in un equilibrio instabile in cui alle invasioni di gruppi limitati di germani si erano alternati periodi di scambi economici e di convivenza. Nel IV secolo questo equilibrio si era definitivamente rotto per l’irrompere degli Unni. Per più di dieci anni, dal 441 al 453, la storia d’Europa fu dominata da campagne militari di un ordine di grandezza mai visto prima. Lo orde pagane di Attila infuriarono su tutta Europa, spazzando via come fuscelli gli imperatori romani che ebbero l’ardire di pararglisi davanti. Nel decennio successivo al 440 le attività predatorie ai danni dell’impero avevano generato un flusso crescente di ricchezza dal mondo romano a quello unno.

Gli Unni avevano compreso che dal depredare e terrorizzare i goti e altre popolazioni germaniche  si potevano ricavare un certo numero di schiavi, qualche oncia d’argento e alcune quantità limitate di  cibi.  Ma se le stesse attività erano messe in atto vis-a-vis con l’impero romano, l’oro cominciava ad affluire con una certa abbondanza, dapprima a centinaia di libbre l’anno, poi addirittura nell’ordine di  migliaia di libbre, rivoluzionando il sistema economico-politico. A contatto con l’impero romano il nomadismo degli Unni, basato sull’allevamento di vari animali e di cavalli, divenne predatorio, una strategia di sopravvivenza che non avrebbe potuto funzionare nella steppa sconfinata, dove gli utili potenziali della guerra erano infinitamente minori. La relativa crescita demografica delle popolazioni unne li aveva spinti verso occidente alla ricerca di terre più ricche da depredare. Crescita relativa in quanto come numeri assoluti non era enorme, ma riferita alla agricoltura primitiva (non conoscevano i fertilizzanti e l'aratura in profondità)   e alla economia basata sul nomadismo, era comunque una crescita eccessiva rispetto alle risorse locali disponibili (le aride stesse dell’Asia). Nel loro vasto movimento verso occidente essi trascinarono (in parte per spinta violenta, in parte per effimere alleanze) i popoli germanici che si trovavano ad ovest come i goti, gli ostrogoti, gli svevi,  gli alamanni, gli sciri. Ad Attila non interessava la conquista di territori ma l’annessione di popolazioni e soprattutto dei loro beni. Questi spostamenti di numerose popolazioni, spinte dal movimento degli Unni verso occidente, portarono a numerosi pesanti conflitti e al crollo del sistema di contenimento che l’impero avera instaurato nel corso di secoli sulla frontiera orientale. L’impero unno sarebbe crollato presto (gran parte delle popolazioni unne  si stanziarono nell’odierna Ungheria), ma ormai l’impero romano era minato dalle fondamenta, distrutti i principali presidi militari, sconvolte e interrotte le comunicazioni, devastate le campagne e gran parte dei centri abitati, rovinata l’agricoltura. Particolarmente grave fu, dopo le devastazioni della Gallia e della Spagna, il fatto che vandali e alani trasferirono il teatro delle loro operazioni in Nordafrica, conquistando nel 439 le provincia più ricche e produttive di tutto l’occidente romano.  Si crearono così le condizioni, dopo la  caduta di Attila, per nuovi equilibri politici in cui avrebbero svolto un ruolo l’impero romano d’oriente e i principati barbarici come quelli degli ostrogoti in Italia, i visigoti e i vandali in Europa. L’impero romano d’occidente era ridotto ai minimi termini, senza forze militari, senza più una moneta spendibile (in oro o in argento), senza più i sicuri rifornimenti di grano, senza i fiorenti commerci, in preda alle popolazioni di invasori. Si può parlare, tenuto conto che l’energia del tempo era l’agricoltura, di un mix tra crisi energetica e immigrazione massiccia di popolazioni eterogenee.

Heather , respinge la teoria dell’implosione dell’impero per esaurimento interno delle sue forze. Egli proponendo la sua risposta ci riconduce ai dati obiettivi e all’evidenza  che molti studiosi avevano dimenticato. Studiosi che per adeguarsi alla corrente maggioritaria degli storici vedevano nella crisi politica ed economica dell’impero la causa della sua caduta con l’intento di accusare   di essa l’impero stesso. Heather ci documenta al contrario che l’Impero Romano è caduto  nel pieno di una florida economia, forte di una tradizione culturale e giuridica  ineguagliabile, e con un esercito che era sicuramente il più forte ed organizzato del tempo. E’ caduto per il fatto che tutti gli scrittori contemporanei agli eventi   avevano adeguatamente e ripetutamente riferito (ma che avevano trovato gli storici moderni perennemente scettici): l’afflusso inarrestabile di nuove popolazioni, in parte stanziali e in parte nomadi, desiderose di appropriarsi delle ricchezze dell’impero e di depredarne le popolazioni, il più delle volte appropriandosi delle istituzioni e della cultura stessa delle popolazioni originarie. Una verità che tanti studiosi “occidentali” e cattedratici hanno volutamente ignorato attribuendo le cause della caduta alle ipotesi più fantasiose. Heather ci riporta invece alla verità più evidente:   Impero cadde perché fu invaso.  Non si trattava di un invasore fornito di una civiltà superiore e di un esercito più forte: al contrario era proprio la differenza culturale ed economica a stimolare la violenza predatoria e i lunghi spostamenti di massa di un numero enorme di popolazioni che cercavano nuovi spazi, nuove risorse e nuove opportunità in seguito ad una crescita demografica che non trovava più soddisfazione nelle risorse disponibili nei luoghi d’origine. La rilevanza numerica, le masse delle popolazioni in campo , l’estensione spaziale dei territori interessati, la lenta preparazione e reiterazione delle invasioni durante secoli, l’accelerazione finale in seguito alla migrazione degli Unni, la fragilità del “sistema complesso” dell’organizzazione imperiale, la debolezza politica del comando degli ultimi imperatori, portarono al crollo finale.

C’è una qualche relazione tra la caduta dell’Impero Romano e la crisi economica e politica che affligge oggi l’Occidente democratico? 

23 commenti:

  1. > mix tra crisi energetica e immigrazione massiccia di popolazioni eterogenee

    Italia, Europa, dal 2000 in poi.

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  2. Uno storico, Alexander Demandt, dice che si sono fatte 200 e più ipotesi sulle cause della caduta dell'impero romano. Alcune penso siano ancora plausibili, come quella di Gibbon (influenza negativa del cristianesimo), poi l'eccessiva estensione dell'impero ecc. Naturalmente le invasioni barbare ebbero il loro peso, forse decisivo. Ma un parallelo tra l'impero romano e i nostri tempi credo non si possa fare o non abbia molto senso. Certo rischiamo anche noi di soccombere per l'invasione dei "dannati della Terra" che potrebbe trasformarsi in uno tsunami imparabile. Dicono che c'è mezzo milione di persone attendate in Libia e pronte a sbarcare sui nostri lidi ... Ma cosa sono mezzo milione di disperati? Sono molti di più, addirittura centinaia e centinaia di milioni in cerca di una vita migliore. E i nostri emeriti imbecilli di governanti - un nome su tutti spicca attualmente, quello della parassita Boldrini - che dicono che è un loro diritto voler vivere meglio e dobbiamo accoglierli, a braccia aperte, è nostro dovere. Cominciassero loro accogliendone ciascuno una ventina nelle loro dimore, che immaginiamo spaziose e signorili (perché i comunisti ci tengono ad avere dimore dignitose, vedi l'ex comunista d'Alema che vuol produrre ora un vino di qualità dai suoi vigneti).
    Non si può escludere che ci sia un disegno dietro (dei massoni, della Chiesa, dei poteri forti, del Bilderberg ecc.) che puntano sulla destabilizzazione dei paesi europei, tanto per cominciare, per poter meglio governare le masse). Tra le cause della nostra debolezza e rassegnazione al peggio potrebbe esserci anche la nostra cattiva coscienza. Noi stiamo meglio dei poveracci che ci invadono, tanto che non osiamo nemmeno chiamarli invasori (sono disarmati, dei poveri cristi). Gli Italiani devono ora studiare "I diritti dei migranti". Dei diritti dei poveri italiani, cornuti e mazziati, non è il caso di parlare: chi osasse farlo è ovviamente un razzista e fascista.

    Sembra che ai tempi di Cesare la popolazione mondiale si aggirasse intorno ai 300 milioni. Oggi siamo 7,2 miliardi ("e ho detto tutto", diceva Totò).

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  3. "Sembra che ai tempi di Cesare la popolazione mondiale si aggirasse intorno ai 300 milioni. Oggi siamo 7,2 miliardi ("e ho detto tutto", diceva Totò)."

    Questo è un dato fondamentale. In quelle condizioni le invasioni e i cambiamenti politici si limitavano a cambiare la storia. Oggi gli stessi fenomeni sono in grado di portare alla fine della civiltà e dello stesso pianeta. Tuttavia bisogna ricordare che il concetto di sovrappopolazione non ha solo una valenza assoluta basata sui numeri considerati in astratto. Ha anche una valenza relativa: si può parlare di sovrappopolazione anche come rapporto tra numero di abitanti di un territorio rispetto alle risorse disponibili in un dato periodo di tempo. In questo senso si può parlare di sovrappopolazione, ad esempio per gli Unni del V secolo.

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  4. Agobit: In questo senso si può parlare di sovrappopolazione, ad esempio per gli Unni del V secolo.
    Nello stesso senso si può parlare di sovrappopolazione per l'Italia del 2014 e, in misura ancor più stringente, per la Pianura Padana del 2014. Non lo si fa non perché sia sbagliato farlo, ma perché guasterebbe l'assetto ideologico che le dirigenze hanno deciso di imporre ai loro sottoposti, con conseguenti danni agli interessi particolari che traggono vantaggio dal danno altrui.

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  5. Gli interessi legati all'eccesso demografico sono molti, troppi. Non ci sono solo gli interessi nazionalistici o peggio religiosi (tutte le religioni monoteistiche propugnano il "crescete e moltiplicatevi"). Tutti i governi che vogliono portare avanti politiche di potenza vedono nei tassi di natalità delle proprie popolazioni il "nuovo petrolio". Oggi c'è a Bruxelles una riunione ai massimi livelli dei governati europei e africani (a cui partecipa anche Renzi...) con al centro del dibattito il tema della emigrazione di massa in atto dall'africa verso l'europa. I governanti africani, di cui ho letto qualche relazione preparatoria, si fanno forti del fatto che da loro la popolazione è composta per oltre il 60 % da giovani sotto i 35 anni, mentre da noi la maggioranza della popolazione è sopra. Usano gli alti tassi di natalità come mezzo di pressione, per ottenere vantaggi politici ed economici (chiedono ingenti aiuti economici per acconsentire a controllare e diminuire i flussi di migranti...). Senza la bomba demografica e il fenomeno immigratorio queste conferenze tra africani ed europei non ci sarebbero mai state: non esiste migliore dimostrazione di come la demografia venga giocata sul piano della potenza politica. Ma non c'è solo questo. Anche il capitalismo ha interesse alla crescita dei consumatori, e all'abbondanza della manodopera. Alti tassi di disoccupazione consentono salari più bassi.

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    1. Insomma, una situazione disperata: minacciate invasioni dall'Africa, ma anche dall'Asia o dal mondo intero, e teste di cavolo capitaliste che pensano di lucrare sui numeri fregandosene del futuro dei propri paesi (il classico "après-nous le déluge").
      A proposito di mincacce d'invasione se non si aumenteranno gli aiuti allo sviluppo. È chiaro che ai paesi sovrappopolati dell'Africa lo "sfogo" verso l'Europa conviene e sarà pure incoraggiato (per evidenti motivi). Bisogna sottoscrivere degli accordi affinché gli Stati africani si riprendano almeno una parte della loro gente! Chiaramente questi Stati non amano la propria gente e la riprendono malvolentieri (e anche questo si può capire). E noi saremmo i razzisti?
      In un dibattito sulla recente iniziativa svizzera per il controllo dell'immigrazione (controllo, regolazione, non blocco o costruzione di muraglie cinesi intorno al paese come dicono gli imbecilli) il tanto esecrato Christoph Blocher ha detto una frasetta di appena quattro PAROLE CHE SONO L'ESSENZA E LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA IMMIGRAZIONE ALIAS INVASIONE. Queste cinque parole sono: "Non può entrare chiunque." È lapalissiano, elementare, comprensibile anche da parte di un bambino. Ma vallo a dire a certi nostri intellettuali o alla Boldrini. Si stracceranno le vesti, daranno del razzista e fascista ai propri connazionali in nome di pure astrazioni e ideali fasulli. La faccenda è numerica, signori miei e anime belle e false. Quanti ne possiamo onestamente accogliere, a quanti si può assicurare una vita decente - senza peggiorare le condizioni degli autoctoni che hanno anch'essi dei diritti (per esempio di non essere disprezzati e derisi da gente che vive negli agi pur non avendo mai lavorato come la Boldrini e Napolitano (Napolitano ha vissuto di politica per mezzo secolo! Ed è ancora lì a pontificare.).

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  6. Dunque, Agobit, tu pure ritieni che l'invasione migratoria vada contrastata. Io aggiungerei, anzi, aggiungo: "con ogni mezzo" e "fino a invertirne il corso". Se chi genera le masse che trabordano non è in grado di contenerle, che si tenga quanto meno gli effetti della propria pochezza. Ragioniamo anche su un altro punto. Se lasciamo che la popolazione nelle diverse aree del nostro territorio* non si riduca come farebbe grazie alla bassa natalità interna, e se anzi agiamo in modo che continui ad aumentare, provochiamo anche un ulteriore aumento della nostra dipendenza dalle materie prime provenienti da qualche "altrove", per cui aumentiamo quella che tanti chiamano "rapina" (ma... non paghiamo quel che compriamo?). Maggiore dipendenza richiede ulteriore supporto esterno, e per avere quel supporto esterno (stanti le cose come le descrivi) occorre piegarsi ancor più alle pretese dei paesi che generano "eccessi umani". Quel piegarsi aumenta ulteriormente i consumi e rende sempre più dipendenti dall'esterno. Si chiama feedback positivo e porta invariabilmente al crollo violento del sistema. Inoltre, occorre tenere presente che siccome niente è infinito e la popolazione cresce ovunque, non è detta che noi si possa continuare a richiedere al "fuori" di fornirci quel che ci occorre, perché il "fuori" potrebbe decidere che quel che ha non basta neppure per loro. A quel punto? Territorio sovrassaturo, impossibilità d'essere autonomi anche solo per i beni essenziali, popolazione etnicamente divisa... non serve un genio per capire il risultato di quel che accadrà non tra cinquecento o mille anni, ma quando saremo anziani e impossibilitati a reggere il colpo. Ti dirò, già ora non è che io sia più giovanissimo...

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    1. Ragionamento perfetto (con una riserva). Adesso possiamo ancora assicurarci certi beni indispensabili perché possiamo pagarli (anche se a prezzi di rapina, anche se non più come una volta). Ma in un futuro non troppo lontano (forse riusciremo ancora a vederlo: è ormai questione di anni, non di decenni) questi beni chi li ha o produce preferirà tenerli per sé perché ne ha bisogno anche lui. E la prima emergenza sarà il cibo (e l'acqua). Un nostro uomo politico lungimirante diceva già circa trent'anni fa: alla fine saremo contenti di poter mettere qualcosa sotto i denti! E lo diceva un politico di uno dei paesi più ricchi del mondo, la Svizzera. I politicastri alla Monti e Napolitano invece vogliono accentuare l'interdipendenza per renderci tutti più dipendenti e quindi più deboli. "Prepariamoci" era il titolo di un bel libro di Luca Mercalli. Prepariamoci all'emergenza, fin d'ora, nel nostro paese, nel nostro piccolo. Non è questione di autarchia ma di sopravvivenza. Gli Africani non possono continuare a fottere e figliare e poi piangere miseria e pretendere poi di venire a vivere a casa nostra perché anche loro hanno diritto a una vita decente e da noi è più bello.
      Tutte le strade portano a Roma, si dice, ma se tutti marciano su Roma Roma sarà distrutta. Elementare, Watson. Bisogna affrontare finalmente e senza remore il problema dell'esplosione demografica, non possiamo continuare a fare gli struzzi e sperare nella Provvidenza come fanno quei dementi di cattolici (uno di questi dementi vorrebbe la corte marziale per persone come Sartori e i neomalthusiani - sostenendo che c'è spazio e da mangiare per tutti).

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  7. L'aspetto più tragico della migrazione prossima ventura è che aumenterà di numero proprio quando diventa meno conveniente, in quanto l'occidente è entrato in una crisi irreversibile.
    Pertanto, mentre i (relativamente pochi) migranti che sono arrivati sino a oggi sono andati sicuramente a stare meglio, i prossimi finirenno per entrare in una realtà in forte declino, in cui non solo non avranno più i benefici dei loro predecessori, ma trascineranno noi e loro stessi in un peggioramento sempre più rapido.
    Sarà un po' come chi si aggrappa a qualcuno per non annegare, e finisce per tirare a fondo entrambi.
    Per questo sono d'accordo con gli amici che - nei commenti precedenti - parlavano di opporsi con ogni mezzo.
    Credo che ne avremmo il diritto (sul coraggio invece mi faccio ben poche illusioni).

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  8. Lumen, non credo che sia una questione di coraggio, ma di... "manico". Le resistenze arrivano dalle dirigenze (economiche, politiche, religiose... quel che ti pare) che hanno interesse a aumentare il numero dei sottoposti e a dividerli per poterli meglio controllare e sfruttare. Per ottenere i propri scopi, le dirigenze manipolano il sentire comune, creando l'apparenza della inammissibilità dell'opporsi alla cosiddetta "accoglienza". Così la vedo.

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    1. Sì, Mr Key, credo che tu abbia ragione e che, alla base di tutto, ci sia una sostanziale manipolazione del senso comune.
      Il che però lascia sperare che, in qualche modo, sia ncora apossibile intervenire.

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    2. Il problema della crescita tumorale è assai complesso e ha molteplici cause che lavorano sinergicamente.
      C'è sicuramente la speculazione di potere, di sfruttamento ed ideologica nel fomentare la zootecnia umana e renderla massimamente intensa.
      Ma esiste anche una componente evolutiva (forse la più difficile da contrastare) alla riproduzione compulsiva. Gli homo attuali sono il risultato dei centinaia di migliaia di generazioni nelle quali sono sopravvissuti coloro che si sono riprodotti di più, che sono cresciuti di più.
      Di recente si è aggiunta anche la spinta che il capitalismo e i sistemi di potere esercitano sulle masse affinché esse aumentino di numero in modo che aumenti il volume della piramide e quindi il BAU e il potere che percolano verso l'alto nella piramide stessa.
      percolano... in realtà si dovrebbe dire "perrisalgono" o qualcosa del genere.

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  9. Segnalo l'articolo di Marcello Foà sul Giornale ("Cari buonisti, perché ingannate gli immigrati?"):

    http://blog.ilgiornale.it/foa/2014/04/05/che-senso-ha-limmigrazione-in-un-paese-in-ginocchio-come-litalia/

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    1. Ho letto l'articolo di Marcello Foa.
      Però temo che esso, ancora, si sdilinquisca di ipotesi di "governare" le migrazioni e rimanga in quella zona di offuscamento razionale di origine morale, ovvero l'illusione, la credenza che sia possibile "governare" le migrazioni di massa.
      Ma le migrazioni di massa (delle cose, la predazione delle risorse) e delle persone sono atti molto violenti. Sono guerre demografiche, in guerra non vale la ragione, come osservava Tucidide ma i più forti esercitano il loro potere. Quindi o noi vi mettiamo sotto in primis numericamente o voi reagite e impedite che ciò avvenga.
      Le persone non sanno rispondere cosa deve succedere quando arrivano barconi con centinaia di persone.
      Dovremmo evitare che arrivino.
      Come?
      Collaborando etc. etc., (varie illusioni di approcci soft che non esistono o che sono completamente inefficaci).
      Ci vorrebbero i controlli.
      I fogli di via
      ...
      Va bene, usiamo il pattugliamento in mare.
      Se la guarda costiera ha intimato di indietreggiare, di invertire la rotta e questi la ignorano, cosa fai?
      Mandi il sedicesimo avviso e poi fino al trentesimo e anche oltre?
      Allora se arriva il sesto barcone della settimana, cosa fai?
      E' ingiusto metterli nei CIE (che peraltro hanno una certa capienza).
      Ecco, tutta una serie di misure rafazzonate, contradditorie, incongruenti che non vogliono prendere atto che per contrastare le migrazioni devi arrivare, almeno temporaneamente (fino a che il tam tam dei migranti ha fatto effetto) a soluzioni draconiane, violente, anche disumane se necessario.
      Non è che un tumore lo fermi senza chirurrgia o senza chemio, no!? Oh poverino, il sangue, l'operazione.... nooo.
      Ma chi reagirebbe così stupidamente ad un referto oncologico positivo e alla informativa di intervento chirurgico?!

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    2. Come regole di ingaggio in marina decisamente energiche (al secondo avviso mitragliata in acqua, al terzo colpi al timoniere, al quarto si spara sull'opera morta, al quinto sull'opera viva) senza alcun salvataggio per i naufraghi.
      Delazione dividi et impera: uno solo tra coloro che arrivano può ottenere un permesso di soggiorno se indica con riprese video da cellulare gli scafisti, con controlli incrociati tra coloro che si candidano (gli altri reimpatriati con massima celerità). Pena capitale per gli scafisti.
      Rastrellamenti sistematici nei luoghi più disparati, una macchina di rimpatri velocissimi e draconiani (se necessario con voli militari ed espulsioni in volo con paracadute se gli stati di origine non collaborano).
      Leggi rigidissime contro il ricongiungimenti famigliari, ripristinare il termine di lavoratore ospite, imposizione della legge coercitiva del figlio unico sia per le italiane (cosa quasi innocua, visto che le meravigliose donne italiane sono già a 1.2 figli procapite) e per le immigrate, etc.
      Chiusura definitiva per tutte le imprese che vengono trovate con lavoratori clandestini.
      E' necessario arrivare al terrore di entrare in italia o rimanervi senza permesso e senza lavoro (se il lavoro cessa, devi tornare in madre patria).
      Politica estera della carota e del bastone con tutti i paesi di origine delle migrazioni (collaborazioni su flussi minimi, quasi nulli, solo per i paesi che a loro volta implementano la politica coercitiva del figlio unico), etc.
      Scuola e cure solo per il primo figlio, etc.
      Al primo rimpatrio prelievo del DNA e nel caso che tu venga ritrovato in Italia pena capitale.
      Un approccio sistematico che stronchi quanto prima le immigrazioni di massa e si basi sul tam tam dei migranti come strumento efficace di divulgazione di quello che deve essere il terrore dello stupro migratorio.
      Non devi più entrare a violenza una terra e popolazione che non lo vuole e se lo fai devi essere punito severamente.
      Questo sui sintomi.
      Lavorare poi sulla liberazione e la emancipazione delle donne, come scrivevo da Gaia.
      la dignità e i diritti delle donne, la loro emancipazione, la loro istruzione, liberarle dall'incubo schiavitù della riproduzione è, in assoluto, il più potente fattore di ecologia, di equità, di decrescita demografica.

      Altrimenti accettare inetti e inani la balcanizzazione in atto e le terribili guerre civili che deflagreranno tra poco quando arriveranno le carestie le risorse inizieranno a diminuire più rapidamente.
      Quello che accade in Siria, in Egitto e in altri paesi nei quali la crisi è già così grave che è, di fatto, già un collasso.

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  10. UUIC: "Come regole di ingaggio in marina decisamente energiche [...] la crisi è già così grave che è, di fatto, già un collasso."

    Mi rendo conto che quello di UUIC può sembrare un discorso eccessivo, ma non mi pare che "atomizzare" due città sia stato meno eccessivo, eppure leggiamo sui libri di storia che fu "un atto necessario per il bene collettivo". Giusto per fare un esempio. Un altro esempio? E' di poco fa l'elevazione a guru dei diritti umani la figura di un terrorista. Chi? Nelson Mandela. Anche la sua violenza è stata, evidentemente "necessaria per il bene collettivo". Ebbene, da dove deriva tutta la difficoltà che sentiamo nell'ammettere che, oggi, misure sulla falsariga di quelle adombrate fantasiosamente da UUIC sono necessarie per il bene collettivo? Forse c'è qualcuno che ci mette in testa delle idee per pilotare i nostri pensieri e i nostri sentimenti affinché non vengano contrastati i propri piani? Vale la pena dedicarci una seconda riflessione, e poi una terza, una quarta e così via.

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  11. Bellissime teorie cari UUIC e Mr Key, anche se per il senso comune contemporaneo (quello che vuol mettere i clandestini negli alberghi a 5 stelle e i turisti nelle baracche...) sarebbero qualificabili con i termini politicamente più dispregiativi (che vi lascio immaginare). Il problema, molto semplicemente, è che non ci sono le condizioni per applicarle. E quando anche queste condizioni si creassero (il collasso, le rivolte...) sarebbe troppo tardi. Tra l'altro ai nostri giovani l'Italia interessa fino ad un certo punto e preferiscono migrare: "...e va bene accogliamoli, vuol dire che noi andremo a vivere da un'altra parte dove magari ci danno pure il lavoro...". Il collasso occidentale è globale e se arrivano è perché sanno che non faremo nulla...anzi li andiamo a prendere. Non sopportiamo che si facciano male nella traversata, figurarsi a sparare. Ho l'impressione che vi stiate spremendo le meningi per difendere un cadavere. Qui bisogna cambiare paradigma. Secondo me bisogna concentrarsi sulla battaglia per il controllo demografico globale, mondiale. E' qui che bisogna spendersi. E prima di tutto facendosi sentire sui media, sui forum, organizzando convegni, scrivendo libri, combattendo l'oscurantismo clericale, le campagne di save the children ecc. fino ad arrivare ai governi, alle istituzioni internazionali. La battaglia è lunga, il tempo è poco. Forse non ci si fa. Ma bisogna provare...

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    1. "Qui bisogna cambiare paradigma. Secondo me bisogna concentrarsi sulla battaglia per il controllo demografico globale, mondiale. E' qui che bisogna spendersi."

      Temo che sia ormai troppo tardi. Inoltre questo programma ragionevole non fa affatto l'unanimità, anzi è considerato immorale, disumano, neocolonialista ecc. non solo dalle anime belle al comando e dalla sinistra terzomondista e internazionalista (con le pezze al culo, ma che importa), ma anche dalle persone comuni non politicizzate che sparano a zero sulla nostra modesta iniziativa "Contro la sovrappopolazione - per la conservazione delle basi naturali della vita". Siamo accusati ovviamente di xenofobia, ma anche di miopia ("a che serve mettere un po' d'ordine nel nostro piccolo e insignificante paese, mentre nel resto del mondo le cose continuano come prima peggio di prima?"). Cambiare paradigma: è una parola! Noi, nel nostro piccolo, è proprio quello che stiamo facendo con la nostra iniziativa. Passate parola, per favore ("ci sono quattro fessi in Svizzera che lottano proprio per questo, perché si parli di demografia").

      All'origine c'è ... il peccato originale! Quella nave con trentamila Albanesi che sbarcarono a Brindisi venti'anni fa e che furono accolti. Quando poi l'Italia rimpatriò con la forza un altro arrembaggio albanese - un atto di coraggio, ma anche di razionalità - fu condannata dall'élite mondiale massonica che guida le sorti del mondo.

      Eppure esistono ancora 194 paesi con frontiere chiare e da rispettare e con eserciti che dovrebbero difendere queste frontiere e l'integrità territoriale. Secondo Napolitano, Boldrini & C. il compito dell'esercito italiano è di partecipare alle cosiddette missioni di pace all'estero per il mantenimento del NUOVO ORDINE MONDIALE (Novus ordo saeclorum si legge anche sul biglietto verde) sotto l'egida statunitense (e magari anche papalina - la Chiesa può ancora servire, anche se è omofoba).

      Le frontiere sono sacrosante o dovrebbero esserle (come le nostre case). E invece chiunque può impunemente oltrepassarle e chi osasse dire - no, così non va - è chiamato razzista e fascista.

      Insomma, caro Agobit, bisogna cominciare a impuntarsi subito: c'è il discorso di fondo (il nuovo paradigma) ma anche cose da fare subito. Per es. esigere il rispetto di diritti fondamentali, come l'inviolabilità del domicilio (casa e patria) - che dovrebbero essere considerati reati gravissimi e quindi punibili. Cosa abbiamo a fare leggi, giudici, polizia, esercito?

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  12. "Concentrarsi sulla battaglia per il controllo demografico globale" è un modo diverso per dire "stare a guardare le cose dalla finestra sperando che si risolvano da sè" o, volendo ricorrere a un'immagine più "piccina", pensare di pagare la rata del mutuo con i soldi che il governo di turno darà a tutti quando i sindacati promuoveranno uno sciopero generale ad oltranza al quale parteciparanno in massa tutti gli Italiani, lavoratori e non. Intanto che aspetti, la banca t'ha già portato via anche le mutande. Del resto, non si poteva far diversamente, no? Mica vuoi pagare la rata, che so, lavorando in nero?

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  13. Jared Diamond considera tra i cinque principali fattori di collasso l'anacronismo culturale e moralista.
    Più volte ho scritto che la nostra morale e la cultura che ne deriva è completamente impreparata, e non solo inefficace ma deleteria, rispetto alla questione dell'esplosione demografica e alla violenza delle migrazioni con le quali essa si manifesta.
    Una cultura che ha nei libri cosiddetti sacri l'andate riproducetevi, moltiplicatevi e soggiogate, cosa vuoi che produca?
    I monoteismi ancora una volta si dimostrano misogini, sadomasochisti, virulentemente ecocidi e violenti, con l'aggravante che la violenza che apologizzano è silenziosa, moderata nelle parole ma estrema negli effetti.

    Quindi le misure alle quali accennavo sono, in effetti, rispetto ad essa, delle teorie.
    Si arriva al paradossi che ciò che è logico, razionale, semplice ed efficace e pure umanitario, equo nel medio e lungo termine diventa assurdo, elucubrazione, speculazione intellettuale e si rimane in piani ridicolmente incongruenti, svampito buonisti, in cui il tutto (no all'immigrazione senza permesso etc.) viene messo con il contrario di tutto (andare a prendere i barconi e scortarli).
    Ma solo un'idiota può pensare che possa andare bene salendo in macchina e tirando il freno a mano e accelerando.
    E purtroppo non ti posso dare torto, le condizioni culturali attuali sono quelle che sono.

    Infine, come medico - se ho capito bene - tu sai che esiste un'azione a livello sintomatologico e poi la ricerca delle cause. Una terapia non può prescindere da entrambe le strategie, specie se la patologia è acuta.
    Quindi il dilemma tra il contrastare anche violentemente la violenza delle migrazioni E (congiunzione) lavorare sulle cause che la determinano è un falso dilemma.

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  14. Come medico bisogna dire che la prima cosa da fare è prendere atto della diagnosi senza illusioni. Illudersi che la terra abbia l'influenza e quindi basti l'aspirina è andare incontro all'esito infausto. Purtroppo la Terra ha il cancro, e bisogna prenderne atto se vogliamo tentare una terapia. Questo cancro si chiama sovrappopolazione della specie Homo. Tutto il resto sono conseguenze: inquinamento, megalopoli, guerre, conflitti, esaurimento delle risorse, migrazioni, degrado ambientale, cementificazione, riscaldamento globale...La causa dell'anacronismo culturale e moralista è sicuramente la religione (tutte le religioni monoteiste sicuramente), ma non solo. Nel XIX-XX secolo c'è stato un poderoso processo di secolarizzazione che non ha invertito la tendenza, tutt'altro. Il suo ultimo aspetto, la globalizzazione del mercato, ha anzi accelerato l'antropizzazione nichilista. Il processo di sradicamento dell'uomo dal suo ambiente dura ormai da qualche secolo e prosegue incontrastato. Il buonismo e l'indifferenza verso la devastante trasformazione antropica del paesaggio non sono che aspetti di questo sradicamento dell'essenza dell'uomo come "abitante" della sua terra...

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  15. Tra le cause del buonismo recente non escluderei la ricchezza facile portata dal petrolio.
    L'uomo oscilla da sempre tra il "cattivismo" necessario per la difesa del proprio territorio ed il "buonismo" dettato dall'empatia per gli altri esseri umani.
    Quando le vacche sono grasse, e quindi c'è ricchezza e benessere per tutti, prevale il buonismo dell'empatia; quando le vacche sono magre si torna al "cattivismo" della sopravvivenza.
    Ma il cambio di paradigma non è mai automatico, e porta con sè dei ritrardi che possono essere fatali.

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