Hegel fa capolino anche tra i moderni ecologisti.
L’impianto dirigista e costruttivista del pensiero “verde” è evidente nella
pretesa di regolare i processi economici e sociali in funzione della
salvaguardia dell’ambiente, ricorrendo a programmi razionali di “ingegneria”
sociale.
Il ritorno massiccio alle filosofie politiche stataliste
non riguarda solo gli Hegeliani di destra e di sinistra. Molti paesi che in
passato avevano accarezzato l’idea liberista stanno facendo marcia indietro. E
le economie in via di sviluppo seguono spesso modelli basati su di una sorta di
socialismo appoggiato alle vecchie aristocrazie (di casta, di partito o
militari, quando non addirittura familiari).
Anche il liberalismo non se la passa bene. Lasciamo
stare quello classico di provenienza ottocentesca di ascendenza whig, in cui un
governo illuminato esercita la propria funzione limitato da norme di legge con valore generale, nonché da
severe restrizioni dei poteri dell’esecutivo e da bilanciamenti tra poteri
diversi. E’ la dottrina tipica del liberalismo inglese, che ha assicurato al
suo tempo un grande sviluppo sociale
ma si basava su una classe, la borghesia ottocentesca, e su un sistema
economico e industriale che non esiste più. Anche il neo-liberalismo così come
teorizzato da Mises e Hayek e attuato da Tatcher e Reagan sembra aver esaurito
la sua spinta. Di fronte al disastro ambientale dovuto alla pressione antopica
sull’ecosistema e all’esaurimento delle risorse ambientali ed energetiche, il
liberismo mostra tutti i suoi limiti non solo interni al modello economico
ma soprattutto in relazione
al mantenimento degli ecosistemi del pianeta. Il libero mercato è infatti un
sistema di capitalismo basato sulla libertà di produrre e vendere merci, sulla
libertà di commercio, su una minore pressione fiscale e su una presenza
limitata dello stato, relegato ad un ruolo di regolatore dei processi economici
senza il potere e l’illusione di poterli dirigere secondo obiettivi
prestabiliti (ad esempio la giustizia sociale o un minor impatto ambientale). I
problemi rivelati dal liberismo sono numerosi, a cominciare dalla necessità di
mantenere una moneta stabile. Affinché il meccanismo autoregolante del libero
mercato funzioni non è necessario infatti solo una legislazione antitrust e
assicurare le condizioni di una libera concorrenza. Ci vuole il mantenimento di
un sistema monetario stabile. Sebbene il liberalismo classico ritenesse il gold
standard capace di fornire un meccanismo automatico di regolazione dell’offerta
monetaria e creditizia, tale da garantire un funzionamento soddisfacente del
sistema di mercato, nel corso della storia è di fatto emersa una struttura
creditizia in gran parte dipendente dalla regolazione attuata da un’autorità
centrale. In epoca recente, queste
facoltà di controllo, che per qualche tempo erano state poste nelle mani di
banche centrali indipendenti, sono state di fatto trasferite ai governi,
soprattutto perché la politica di bilancio è diventata uno dei principali
strumenti di controllo monetario. Purtroppo in questa maniera è di nuovo “ricicciato” lo stato
dirigista nel pieno dell’economia liberista di mercato. Con l’aumentare della
frequenza e della durata delle crisi economiche all’interno del sistema di
mercato, l’esigenza di un maggiore
intervento del governo ha messo definitivamente in crisi il modello minimalista
liberista. E, ad aggiungere un aspetto paradossale, vi è l’esempio del “mostro”
cinese in cui una politica economica ultraliberista (almeno nel senso empirico
del termine) si associa ad un molok statale che controlla la vita dei cinesi
fin nei minimi particolari con aspetti autoritari tipici del comunismo. Il
liberismo è dunque andato in crisi, ma non a causa di politiche di tipo diverso
che accontentassero meglio i cittadini, ma proprio perché per poter funzionare
il sistema doveva assicurare una crescita perenne, o al massimo intervallata da
temporanei periodi di stagnazione. La crisi del 2008 si è rivelata invece
strutturale, in quanto dovuta ad una insostenibilità di sistema. Basata
ufficialmente sulle bolle del debito e sui titoli tossici, la causa strutturale
è invece centrata sui prezzi dell’energia per il raggiunto picco del petrolio e
l’aumento dei prezzi di estrazione degli idrocarburi. Anche in presenza di una
futura probabile ripresa, l’economia si dovrà ristabilizzare a livelli di
funzionamento inferiori, in quanto si è modificata irreversibilmente la
costellazione dei prezzi e le dinamiche dei salari e dei mercati delle merci e
del lavoro, oltre che il quadro internazionale che ha visto lo spostamento in
altre aree delle produzioni e delle risorse monetarie strategiche. I problemi
generali di tenuta del sistema sono poi emersi da parte di una evidente
devastazione ambientale, da un aumento degli inquinanti e dal fenomeno del
global warming, potenzialmente letale per tutto l’ecosistema. Queste evidenze
hanno mostrato che le esigenze di una produzione teoricamente in continua
crescita, come teorizzata dai modelli neo-liberisti, è incompatibile con i
limiti ambientali e delle risorse naturali. Le devastazioni dei suoli, le
cementificazioni massiccie, l’esplosione delle megalopoli con le montagne di
spazzatura che si accumulano intorno, le nubi di smog che sovrastano le aree
del pianeta dove si concentrano le emissioni di gas e particolati , e le isole
di materiale plastico che inquinano gli oceani inaciditi dal carbonio e
intossicati dai veleni chimici e depredati della fauna marina, fanno da corollario agli scricchiolii
di tutto l’edificio basato sull’economia di mercato e gli alti consumi.
Pur a fronte
di questi scenari, teorizzare un ritorno all’economia di stato
pianificata non è tuttavia sostenibile, né dal punto di vista politico né da
quello ambientale. Non dimentichiamo quanto affermava Von Hayek: “Senza
detenzione privata delle risorse, non ci può essere libertà di scelta”. La
facilità con cui viene criticato, da parte dei neo-hegeliani, il sistema di
libero mercato è infatti basata sulla sottovalutazione che il sistema riveste
per il mantenimento della libertà. Finora, storicamente, il sistema di libero
mercato è l’unico compatibile con un sistema politico che assicuri la libertà
dei cittadini. Un libero cittadino può infatti avere ciò di cui necessita
acquistandolo al libero mercato regolato da leggi contro i trust e con prezzi
fissati dalla libera concorrenza; senza di esso un cittadino deve chiedere ciò
di cui necessita o al Principe o al Funzionario del Partito, in un mercato non
libero spesso monopolizzato dallo stato con prezzi artificiali. O è addirittura
lo Stato stesso, nella figura del Burocrate, che stabilisce ciò di cui il
cittadino ha bisogno. Ma è evidente che a questo punto ogni libertà è perduta.
Né si può dimenticare che la libertà è dell’individuo o non è. Non esiste una libertà
“del popolo” o una libertà di classe (come quella teorizzata dai marxisti)
o una libertà di razza o di
nazione (come teorizzata dalla destra nazionalista). Questi sono tutti sinonimi
di sistemi in cui la libertà del cittadino viene repressa da burocrati e
funzionari di stato che decidono sulla vita delle persone in base alla propria
ideologia e alle proprie opinioni, e poi infine provvedono al benessere
personale e della propria famiglia con interventi autoritari a scapito del bene
degli altri, come mostrato dalle vicende storiche del ‘900. Tutti i sistemi politici che prevedono l'uso di controllori delle libertà altrui, come sono in fondo quelli teorizzati da tanti difensori dell'ambiente in buona fede, non possono sfuggire alla domanda famosa di Popper: "Chi controlla i controllori?".
Il dramma della vicenda politica ecologista sta dunque
nel fatto che i movimenti politici basati sulle priorità ambientali si trovano
di fronte al dilemma di quale strada intraprendere nel momento in cui il liberismo ha mostrato i suoi limiti
di sistema con la crisi di crescita dell’economia mondiale e la devastazione ambientale, e un ritorno alle strade della pianificazione statalista è
impraticabile per la concreta possibilità di far perdere la libertà ai
cittadini, di creare nuovi tipi di burocrazie che per quanto si ammantino dei
termini “green” o “ecosostenibili”, sarebbero pericolosamente simili alle
burocrazie che hanno dominato negli stati autoritari del ‘900.
Il mondo che abbiamo costruito (7 miliardi abbondanti di persone, l'equilibrio ecologico della terra devastato, un sistema strutturalmente energivoro che ha finito le risorse) non può più permettersi la libertà dell'individuo, almeno come è intesa dal paradigma economico capitalista del libero mercato.
RispondiEliminaSe è vero che la libertà finisce dove inizia quella degli altri (e bisognerebbe intendere altri nel senso di tutti gli altri esseri viventi) allora con 7 miliardi di coinquilini non comincia proprio!
la terra sta sempre più assomigliando alle carceri italiane: condizioni di vita inumane e degradanti... arrivano tempi molto duri, altro che libertà!
Concordo in pieno; puro buonsenso; l'individuo non è stato responsabile nei passati 100 anni di abbondanza proprio nei suoi comportamenti apparentemente altruisti come il welfare state.
EliminaSono in gran parte d'accordo con voi, ma non vorrei che si sottovalutasse l'importanza della libertà. Oggi il più grave attacco alla libertà viene dalla massificazione dell'uomo con i sette miliardi di umani avviati a diventare 9 nel 2050 secondo le recenti stime dell'Onu. Questa situazione è quasi più grave del disastro dell'ecosistema, anche se pochi se ne rendono conto. Questa situazione richiede un cambio radicale del paradigma con cui l'uomo "esiste" sul pianeta Terra. Il modo più radicale per cambiare il paradigma è cambiare il nostro modo di vedere il rapporto tra noi e la natura: un rapporto che non può che essere di co-appartenenza. Se noi siamo qui su questo pianeta è perché il nostro fondamento risiede nella natura di questo pianeta. Continuare a distruggere la natura è continuare a distruggere noi stessi. Il modo più radicale per cambiare paradigma è di ridurre il nostro impatto ecologico alla radice. E ciò può avvenire sia riducendo i consumi sia, ancora più radicalmente, riducendo l'eccessiva pressione demografica umana sulla Terra. Ma il primo cambiamento deve essere nel nostro modo di pensare e in una etica del tutto nuova che rispetti la natura e tutte le altre specie viventi. La libertà dell'individuo deve terminare di fronte al dovere assoluto del rispetto ambientale. Ma qui si pongono problemi enormi: chi stabilisce i limiti? Chi sono i controllori? Chi controlla i controllori? Non certo lo Stato autoritario e ideologicamente antropocentrico del passato. Possono essere le comunità locali. Ma che cos'è una comunità locale? Che senso ha una comunità locale in presenza di sette o dieci miliardi di umani? Vediamo sotto i nostri occhi sparire il concetto stesso di luogo e con esso quello di comunità locale. Sotto la pressione antropica i luoghi e le comunità perdono senso e le autorità sono sempre più sovranazionali. Ma il concetto stesso di libertà confligge con l'idea che un'autorità sovranazionale ordini e organizzi lavita di sette miliardi di individui. La preveggenza di H.G. Wells potrebbe essere solo un pallido esempio del mondo da incubo che ci aspetterebbe...
EliminaSebbene io sia spesso assai critico con i cocomeriani, non posso non notare che in centro e a destra (che significato hanno questi termini) l'ecologia è messa pure peggio.
RispondiEliminaIl problema non è politico o, per ciascun paese, partitico ma filosofico, psicologico e pure di psicologia evolutiva.
Si arriva alla questione dei limiti.
Poiché l'umanità e il Pianeta Vivente non sono mai arrivati ai limiti, ora c'è il doppio problema:
o - siamo un treno da mille mila tonnellate che sta correndo a 120km/h sul binario tronco credendo che non sia tronco con macchinisti e viaggiatori che non desiderano altro che una crescita della velocità e della massa trasportata;
o - non abbiamo alcuna esperienza, alcuna conoscenza, su come poter "gestire" (pia illusione) l'impatto.
Anzi, il tecnoteismo accrescitivo e progressista che ha permesso di realizzare l'esplosione della specie homo e della sua impronta ecologica viene creduto come uno dei possibili rimedi per ... superare ancora una volta i limiti. Insomma, quasi tutti credono che il problema del binario tronco possa essere risolto aumentando la tecnologia che lo ha portato a quella massa e a quella velocità, i relativi investimenti.
Siamo alla cortocircuitazione culturale: curare una patologia con l'agente patogeno.
I limiti geobiofisici del pianeta sono però - quasi nessuno lo dice - insuperabili, è l'ovvio che purtroppo ancora una volta deve essere ricordato, affermato (v. qui Graeme Maxton).
Un altra ovvietà che è necessario ricordare è che l'insostenibilità è insostenibile.
Quando lo ricordi quei folli degli economisti non ti cagano neppure.
Lo stesso concetto di libertà è da invertire.
Nell'Europa post feudale il liberismo era una tensione a non essere limitati da norme con le quali la nobiltà cercava di parassitare le classi produttrici imponendo ad esse una camicia di forza. A quel tempo c'era ampio spazio fisico, buona parte del pianeta era selvaggia o scarsamente antropizzata e tutte le riserve di risorse non rinnovabili ancora intere.
Ora nel mondo del globalismo consumismo-capitalista liquido , nel mondo post-locale, la costipazione di homo si approssima al massimo, le risorse non rinnovabili sono vicine all'esaurimento, quasi la totalità dei paesi è in deficit di biocapacità o si avvia a raggiungerlo, la loro biocapacità in sensibile declino, popolazione di homo in aumento esponenziale, consumi pro capite in aumento anch'essi.
Quale il senso della libertà in un autobus affollato al limite della sue capacità?
Scusate per refusi ed errori, scritto di fretta.
EliminaFrancesco ha ragione: se cresceremo ancora oltre i sette miliardi in pericolo sarà anche la nostra libertà e il concetto stesso di democrazia. Altro che stato liberale. Sul mio post precedente sulla complessità si accenna ai problemi connessi al governo di sette miliardi di umani, al controllo delle dinamiche sociali, delle relazioni tra masse spesso diverse per culture, economia, interessi geopolitici ecc. Il tutto in un mondo con sempre meno risorse. Ad un Uomo In Cammino dico che anche io non vedo per ora soluzioni tradizionali al futuro collasso. La risposta potrebbe essere imprevedibile, o per fatti naturali o per fattori nuovi attualmente imprevedibili. Io credo molto nel controllo demografico. Qui la soluzione è in linea teorica possibile. Ma come diffondere il verbo anti-natalista e ottenere risultati in un sistema culturale in cui domina l'antropocentrismo e i diritti assoluti dell'uomo? E nel frattempo la "finestra" per intervenire si chiude ogni giorno di più. Infine vorrei fare una considerazione: ambedue sembrate accettare con rassegnazione la possibile fine della libertà. Ma senza la libertà ogni possibilità di salvezza per la specie umana non solo non si accresce, ma è definitivamente perduta.
RispondiEliminaCome sono arrivati in Cina alla Politica (P maiuscola) saggia del controllo coercitivo della natalità?
RispondiEliminaNon per smanie di dirigismo ma perché hanno vissuto carestie da decine di milioni di morti l'una in cui sono successe le peggiori, più aberranti cose.
Prevenire meglio che curare.
In situazioni di emergenza la ibertà soccombe agli obiettivi, Non è che un equipaggio di un ambulanza o la squadra di vigili del fuoco si mette a discutere democraticamente, in libertà, apre un tavolo di concertazione su quale percorso seguire per arrivare all'emergenza in corso, no!?
Fino a che l'autobus è stipato come una scatola di sardine, non c'è libertà su di esso.
Ma non è la conseguenze di un complotto, di una qualche forma di potere dispotica. E' lo stato di un sistema che impone i suoi vincoli fisici.
Quindi l'ideale sarebbe a NON arrivare all'autobus da 100 posti che porta 120 passeggeri o 170 come sarà tra un po'.
Ma ora c'è la libertà di crescita e di riproduzione favorita dal BAU, dalle religioni, dalla miseria, dalle neoreligioni e masse che ce l'hanno nella crapa come culto assoluto.
(peraltro ci sono state molte culture essenzialmente animiste, pagane, in cui, giustamente, la riproduzione era regolata da decisioni comunitarie, come deve essere, visto che la riproduzione è l'atto in assoluto che ha maggiore impatto sociale, in questa epoca (post) moderna non dobbiamo scoprire o inventare nulla).
<< peraltro ci sono state molte culture essenzialmente animiste, pagane, in cui, giustamente, la riproduzione era regolata da decisioni comunitarie, come deve essere, visto che la riproduzione è l'atto in assoluto che ha maggiore impatto sociale >>
RispondiEliminaEccellente considerazione, caro Uomo-in-Cammino, che non solo condivido in pieno ma mi fornisce anche un tenue barlume di speranza.
E giustissimo quello che dicevi in precedenza sul treno in corsa verso un binario tronco, ma, perbacco, qualcuno ce l'ha fatta in passato a controllare le sardine. Quindi perchè non sperare ?
OT
RispondiElimina"La caparbia ostinazione con cui le associazioni ambientaliste ignorano il fattore della riduzione della natalità quale elemento determinante ed alla base di tutti gli aspetti del disastro ambientale che sta sotto i nostri occhi …"
Ho letto solo ora questa frase in uno dei post precedenti perché ho scoperto solo da poco questo sito.
Vorrei comunicarvi che un'associazione ambientalista che ha a cuore la questione demografica esiste e ne sono socio: si chiama Ecopop (Écologie et population - www.ecopop.ch). Forse già l'anno prossimo gli elettori svizzeri saranno chiamati ad esprimersi sulla nostra iniziativa volta a "contenere" l'immigrazione nel nostro paese decisamente sovrappopolato (la popolazione è passata dai 5,5 milioni degli anni Sessanta agli attuali 8 milioni e passa soprattutto per l'immigrazione incontrollata voluta dagli ambienti economici, ma anche dal governo).
Ecopop non fa una questione di etnie, ma di numeri: decisivo è il rapporto tra territorio e popolazione. Naturalmente i Verdi e i socialisti svizzeri vogliono far passare Ecopop per associazione xenofoba e razzista perché contraria all'immigrazione incontrollata ed eccessiva. Attualmente la popolazione svizzera cresce dell' 1,2 - 1,4% per cento all'anno cioè di circa 80'000 unità (saldo migratorio, immigrazioni meno emigrazioni), il che significa che ogni anno la popolazione aumenta di un numero pari a una cittadina di media grandezza come Berna, Lucerna o San Gallo. I Verdi e i socialisti, a cui l'immigrazione va benissimo, propongono come soluzione del problema di sfruttare meglio le aree edificabili: si può essere più scemi?
Magari ci fosse un'associazione simile anche in Italia! Io penso comunque che i tempi siano maturi e che questo dibattito si stia aprendo anche in ambienti di sinistra e/o ambientalisti.
EliminaFarete un referendum? Se sì auguri. Sono rimasta molto delusa da com'è andato quello sul tetto agli stipendi...
Sì, l'iniziativa popolare Ecopop (= referendum propositivo in Italia) verrà posta a votazione probabilmente nel corso dell'anno, al più tardi l'anno prossimo. Abbiamo tutti contro, a cominciare dai Verdi, ma a giudicare dalle lettere ai giornali l'iniziativa gode di molti consensi e potrebbe creare una grossa sorpresa, una cosa da far tremare le vene e i polsi a tutto l'establishment degli affari e della crescita infinita (cioè al governo, agli imprenditori, alla destra e alla sinistra). Non un solo partito mostra interesse per l'iniziativa. Però è di buon auspicio che si sia schierato dalla nostra parte l'indipendente Minder che ha lanciato l'iniziativa Minder per rafforzare l'azionariato e ridimensionare le buonuscite dei manager, iniziativa approvata con un largo margine e che ha suscitato interesse in tutta Europa, ma che è stata anche malcompresa. Difatti l'iniziativa socialista 1:12 per il tetto agli stipendi , che interferiva pesantemente nella libera contrattazione e quindi nel sistema, è stata sonoramente bocciata dagli stessi che avevano approvato l'iniziativa Minder.
EliminaComplimenti per l'iniziativa. Ci vorrebbe anche in Italia, ma qui da noi la gente non può proporre nulla, deve solo subire la demagogia dei politici. "Contenere" l'immigrazione...ma come? Il fenomeno è epocale e i respingimenti provocano le proteste dei fautori dei diritti assoluti di Homo...
Elimina> i respingimenti provocano le proteste dei fautori dei diritti assoluti di Homo...
EliminaL'antropocentrismo ha anche una genealogia morale che cozza con la biologia e l'etica che la biologia porta seco.
E' sempre l'etica della biologia che vince a medio e lungo termine.
L'hybris della morale consiste anche nell'ignorare la biologia e i limiti (feroci) che essa impone.
La nostra morale è anacronistica e assolutamente incapace di normare una situazione (esplosione demografica) semplicemente antitetica a quella che la originò (rischio di estinzione per le tribù semitiche).
"La nostra morale è anacronistica e assolutamente incapace di normare una situazione (esplosione demografica) semplicemente antitetica a quella che la originò (rischio di estinzione per le tribù semitiche)."
EliminaMolto interessante. L'incapacità della morale, nata in tutti altri contesti e in presenza di un tipo umano assai diverso culturalmente, di adattarsi alla rapida trasformazione avvenuta -in maniera esplosiva- nell'ultimo secolo in particolare, produce le distorsioni attuali nel gestire le continue emergenze, dal boom demografico e conseguenti migrazioni al riscaldamento globale. Su questo argomento esiste un libro di Carl Schmitt: "Il Nomos della Terra", esattamente sulla incapacità di normare la società contemporanea da parte dell'etica precedente e del diritto internazionale scritto o sottinteso da norme etiche condivise nel mondo pre- moderno. Oggi l'antropocentrismo si è strutturato sui diritti assoluti di Homo i quali, uniti allo strapotere tecnico che li porta avanti, sono divenuti un'arma distruttiva dell'ambiente naturale e delle altre specie viventi.
Allora complimenti ed auguri a Sergio ed ai suoi amici svizzeri.
RispondiEliminaSiete dalla parte della ragione: non mollate !
Quanto mi piacerebbe vedere qualcosa di simile anche in Italia (referendum comrpeso, ma noi purtroppo abbiamo un'altra Costituzione).
qui in Italia il saldo demografico positivo tra nascite-morti e immigrazione-emigrazione è di circa 400.000 abitanti in più ogni anno. E' come se una città come Bologna si aggiungesse ogni anno al territorio già sovrappopolato e devastato di questa disgraziata nazione. Si tratta, tra l'altro di importare povertà, mentre la ricchezza (capitali, cervelli e imprese) volano all'estero. Complimenti anche da parte mia per la tua associazione ambientalista. Non bisogna farsi intimidire da demagoghi e ciarlatani del politically correct e combattere la nostra sacrosanta battaglia finché esisterà unbarlume di libertà(non so ancora fino a quando).
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