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sabato 30 luglio 2016

La triste fine del laicismo illuminista

Quanto è durato il movimento illuminista? Circa tre secoli. al sorgere del XXI secolo il crollo delle torri gemelle ha suggellato ciò che era già finito nei campi di battaglia europei della prima e della seconda guerra mondiale. Il grande principio illuminista secondo cui la ragione è il solo criterio di legittimità di qualsiasi istituzione umana finisce con l'esaurirsi dei valori liberali e con il prevalere di nuovi oscurantismi. Il pensiero che era nato con gli empiristi inglesi, con Descartes, John Locke, Hume, Montesquieu, Rousseau e Voltaire e che vedeva nella scienza e nella ragione i mezzi per liberare l'umanità dalla superstizione e da ogni sudditanza, finisce sotto i nostri occhi sbalorditi dai cambiamenti rapidi che annunciano la fine di quel mondo di speranze e di progresso. La grande energia sociale e di pensiero che aveva accompagnato la rivoluzione Americana e Francese, la democrazia Inglese e poi le speranze del socialismo, non hanno eredi.Gli intellettuali balbettano di accoglienza e tolleranza ma parlano isolati in un disinteresse diffuso. Non sanno proporre nulla se non che tutto è uguale, e che una cultura vale l'altra. Per ritrovare qualche entusiasmo ai giovani non resta che il calcio e i centri commerciali: non credono più a nulla e sono occupati a cercare un lavoro per la sopravvivenza. Quello che ereditiamo è un mondo devastato dalla follia umana, un consumismo sfrenato fine a se stesso, una trasformazione dell'ambiente in cui la natura viene sistematicamente distrutta e il suolo cementificato, l'aria e le acque inquinate irreparabilmente, il clima stravolto, le specie diverse da Homo annientate giorno per giorno. In questo scenario che fine ha fatto la ragione? Secondo gli illuministi essa doveva guidare un processo di globalizzazione che avrebbe dovuto affermare i nuovi valori della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà tra gli uomini. In nome della ragione si era preteso da parte dei rivoluzionari l'abbandono della storia, della tradizione, del costume, dell'appartenenza e dell'esperienza dei singoli popoli. Si auspicava l'uomo nuovo libero dalle credenze del passato e aperto alle nuove scoperte e alla fratellanza universale. Gli esiti di questo pensiero sono stati invece tutt'altro. Una politica di predominio delle singole nazioni, comprese le conquiste coloniali, poi la guerra civile europea e infine uno scatenato consumismo privo di valori morali che ha condotto alla catastrofe ecologica. Nello stesso tempo l'uomo è divenuto, da creatura di dio, una creatura della scienza che lo ha illuso di poter accrescere la sua potenza sul mondo in modo illimitato. La scienza in grado ancora di dare spiegazioni sul mondo fisico, ha però smesso di dare risposte sul futuro dell'uomo. Il pensiero illuminista, come elaborato da Kant e da Hegel e poi da Marx nella versione tedesca, o dai pragmatisti americani nella versione anglosassone, ha rivelato una intrinseca debolezza: è il pensiero che ha accompagnato il declino europeo e poi la fine del sogno americano. Le democrazie basate sul laicismo si sono rivelate deboli, incapaci di motivare i giovani, di dare visioni e speranze di un mondo nuovo per cui lottare e affermarsi. Lo spirito illuminista, annientate le tradizioni e le superstizioni, non ha trovato altro sbocco che l'economicismo freddo dei burocrati europei o l'isolazionismo degli Stati Uniti, impaurito dalle proprie stesse responsabilità.
Nel frattempo il principio di ragione si è andato isterilendo verso uno scientismo che tende soltanto ad implementare la propria potenza, senza un fine condiviso che non sia quello di aumentare se stesso, di produrre sempre di più merci e tecnologia. Di questa aumentata produzione fa parte, per paradosso, l'uomo stesso la cui esplosione numerica è parte essenziale di questo processo di svalorizzazione e di mero aumento della produzione e dello smercio. L'esplosione demografica è il fondamento di questa trasformazione finale del mondo moderno avviato ad una combustione rapida, anche nel senso letterale di bruciare in pochi decenni le risorse ambientali ed energetiche residue.
Il laicismo ha subito, in seguito allo sviluppo dello scientismo e delle visioni logico-matematiche in cui si è andato trasformando, un lento processo di depotenziamento. Il dubbio metodico cartesiano, fondamentale per il progresso scientifico, si è rivelato un tarlo nichilistico per quanto riguarda la costruzione di una politica globale occidentale. Ai vecchi valori cristiani, è subentrato un laicismo privo di forza che una volta secolarizzata una parte della società - esaurita la spinta rivoluzionaria- ha dato origine ad una neutralità e una parificazione in cui ogni cultura etnica e ogni visione religiosa viene equiparata e resa equivalente ad ogni altra, senza scala di valori e senza giudizi di validità. La grande superiorità della visione laica della vita e del principio di ragione predicata dai rivoluzionari del 1789 finisce così in uno sterile burocratismo che registra le differenze solo per parificarle nella neutralità generale. Si è creato un pensiero debole, registrato anche a livello filosofico senza infingimenti con lo stesso termine, un pensiero che non genera entusiasmi, che rende apatici i giovani, che riduce tutto a consumo, che predica una metafisica dei diritti in quanto non ha altra metafisica da proporre se non quella di valorizzare al massimo il soggetto. Il soggetto nella forma di un individualismo egocentrico rimane l'unico valore nel deserto metafisico occidentale. Non esiste più tradizione, popolo, appartenenza, storia, nazione, cultura locale; ma esiste un solo unico soggetto universale (l'individuo metafisico) sradicato da ogni appartenenza ad un suolo specifico, cittadino planetario, depositario solo di diritti e privo di doveri. Se si eccettua forse l'unico dovere pro-posto-imposto che è quello di consumare. Al contempo si assiste, sull'onda dell'esplosione demografica presso culture che, nell'ottica illuminista di un tempo erano arretrate e oscurantiste, ad una rinascita vigorosa delle culture basate sulla religione, sull'uso utilitaristico e fittizio della ragione, sul rifiuto del liberalismo e della democrazia liberale in favore di regimi autoritari spesso fondati su familismi o tribalismi o su fazioni religiose. Il laicismo dei paesi occidentali, d'altra parte, è rimasto se pur depotenziato nelle istituzioni e nelle teste degli intellettuali, mentre sul territorio , anche per i cambiamenti apportati dall'epocale processo immigratorio, rinascono le fazioni, le appartenenze etniche, le culture conflittuali, le tradizioni che persa ogni appartenenza per lo sradicamento dai luoghi di origine, si estremizzano, danno luogo a violenze in nome di oscurantismi e -nella vecchia ottica illuminista- di superstizioni stupide.
Di fronte a queste nuove forze che desautorano la ragione e impongono visioni irrazionali e religiose o pseudo-religiose, il laicismo perde continuamente di presa sulle coscienze. Tutti i giovani immigrati o figli di immigrati si sentono profondamente estranei ad una cultura laica liberale. Senza alcun dubbio sono attratti dalle visioni totalizzanti offerte dalla religione, assai più forti delle visioni laiche proposte con debolezza dai governi occidentali. Anche a livello politico internazionale manca una risposta laica. L'Europa ormai subisce le guerre ai propri confini senza reagire, senza poter imporre nulla. Come magnificamente previsto da Huntington nel suo libro sullo "Scontro delle Civiltà" l'illusione sulla forza delle democrazie si sta esaurendo nella constatazione allibita della loro fragilità e incapacità di guidare i processi politici internazionali. Trecento anni dopo, l'era dell'Illuminismo si sta esaurendo nello spavento di coloro che ancora credono nell'occidente. Un Tir lanciato contro una folla di passanti sul lungomare di Nizza è l'emblema di un'epoca. Ma cantare la Marsigliese servirà veramente a poco. Anzi a niente.

27 commenti:

  1. Credo di averlo già detto una volta ma lo ripeto. L'articolo di oggi, come già altri in passato, offre un'analisi interessante e probabilemente giusta, almeno in parte (e non una pappardella senza senso). Ma poi che fare? Ecco, le cose vanno male, anzi malissimo, ma ne prendiamo atto e basta. Non c'è ormai più niente da fare, suggerisce l'articolo (l'illuminismo e la ragione sono stati sconfitti). Non s'intravede più nessuna via d'uscita dall'impasse in cui ci siamo infilati o siamo finiti. Ma se non siamo più in grado d'imprimere una svolta al corso degli eventi rassegniamoci e ... taciamo.
    Insomma, sono o sarebbero gradite proposte, non possiamo solo piangerci addosso perché le cose vanno come vanno e non come vorremmo. Agobit per es. propone più centrali nucleari per permettere a dieci o venti miliardi di esseri umani di vivere decentemente (o forse solo sopravvivere?). Ecco, questa è già una proposta concreta, è già qualcosa (anche se a me non piace molto, ma sono un ignorante, mica lavoro al CERN). Dunque Agobit nel prossimo articolo ci illustrerà con dovizia di particolari come sarà bello il mondo, quanta energia avremo a disposizione con centomila centrali nucleari (ovviamente di quarta o quinta o sesta generazione) e magari con la fusione nucleare. E come tutta questa energia prodotta cambierà e in meglio le nostre vite. Così potremo farci un'idea un po' più precisa di ciò che ci attende o che attende l'umanità (noi ormai siamo sul viale del tramonto, usciremo presto di scena).
    Una mia proposta sarebbe di combattere a qualunque livello l'ideologia e l'ossessione della crescita. Sono per la decrescita felice? Chi è per questa decrescita passa per scemo o folle. Quelli che guadagnano due dollari al giorno, e sono tanti, tanti tanti (ma forse bastano pure per sopravvivere) hanno il diritto di pretendere qualcosa di più, ma noi italiani ed europei non abbiamo già tutto, anche il superfluo? (due auto, venti paia di scarpe, dieci vestiti, la seconda e la terza casa, il conto in banca ben fornito, vacanze sulla neve e alle Canarie ecc. ecc.). Sì, lo so che non tutti i 60 milioni d'Italiani e i 500 milioni di comunitari hanno già queste cose. Ma mi sembra chiaro che non possiamo diventare tutti dei Paperoni o Berlusconi. Insomma, cosa sarebbe una buona vita per tutti. Si prega di essere concreti, per favore niente filosofemi o discorsi incomprensibili, volate basso (potete volare alto nei congressi o fra di voi).

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  2. @Lorenzo
    Dal Vocabolario Treccani: significato di laico nella forma aggettivale: "Che s’informa ai caratteri del laicismo (in opposizione a confessionale): professare idee, essere di tendenze l.; movimenti l.; la cultura l.; partiti l., quelli che dichiarano la propria libertà da ogni forma di dogmatismo ideologico, non soltanto religioso; scuola l., quella scuola nella quale è esclusa ogni ingerenza ecclesiastica e sono riconosciute e difese la piena libertà d’insegnamento e l’essenza critica, antidogmatica, del sapere; Stato l., quello che riconosce l’eguaglianza di tutte le confessioni religiose, senza concedere particolari privilegi o riconoscimento ad alcuna di esse, e che riafferma la propria autonomia rispetto al potere ecclesiastico. c. Come sost., chi fa professione di laicismo, chi si dichiara indipendente da ogni forma di dogmatismo confessionale: polemiche, contrasti, accordo tra cattolici e laici. 4. agg. a. Per estens., nella pubblicistica politica, di persona, gruppo, movimento, atteggiamento che dichiari programmaticamente la propria autonomia da dogmatismi ideologici di qualsiasi genere; in partic., tra gli anni ’50 e ’80 del Novecento, nello schieramento politico italiano, si definivano partiti l. quei partiti (repubblicano, liberale, socialista, socialdemocratico, radicale) che si riconoscevano autonomi dalle grandi ideologie comunque ritenute confessionali, sia quella cattolica sia quella marxista. "
    Nel post a laicismo o aggiunto "illuminista" quindi chiaramente riferito al rifiuto di ogni credenza nel soprannaturale.

    @ Sergio
    Neanche possiamo dire a chi ha il cancro che si tratta di raffreddore. Nel qual caso basterebbe prendere un'aspirina. Bisogna chiamare cancro il cancro. E' il primo passo per trovare soluzioni. Prendere atto non significa disperarsi, ma rimboccarsi le maniche e provvedere. Tu rifiuti le centrali nucleari e la fusione e sei per la decrescita felice. Vuoi quindi un mondo povero a bassa tecnologia abitato da decine di miliardi di umani (perché lì stiamo andando). Auguri. Ma questa è una felicità che io rifiuto..

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    1. Mi fai dire cose che non ho detto o non proprio così.
      Prendiamo la decrescita felice. Sì, certo, il libro di Georgescu-Roegen, «Demain la décrossance» (1979), mi colpì e convinse della necessità e ineluttabilità della decrescita e ho poi provato simpatie per i movimenti e le persone che propagavano questa decrescita. Ma da tempo non è più una idea fissa o fissazione. L'aggettivo felice è quanto mai infelice perché fa pensare o credere che la decrescita sarà accompagnata da un maggiore benessere, psicologico, ma anche materiale (si eviteranno sprechi e inquinamento ecc.). Probabilmente si sono associate le due cose - decrescita e felicità - per far accettare questo fenomeno o questa ideologia. Oggi praticamente tutti - destra e sinistra, se ancora significano qualcosa questi termini - irridono i descrescisti, considerati dei minus habentes. Il discorso imperante è la crescita, bisogna assolutamente crescere, se no è la fine. Tutti parlano solo di crescita dalla mattina alla sera. Io continuo a chiedermi dove sia questa necessità di crescita, cosa debba crescere (l'edilizia, l'industria calzaturiera, automibilsitica ecc. ?), ma crescere è obbligatorio. Certo se penso ai giovani disoccupati greci, italiani, spagnoli, portoghesi, bulgari, rumeni, lituani, kosovari ecc. di un continente ricco come l'Europa sono preoccupato, è chiaro che questi giovani, ma anche tanti adulti hanno bisogno non solo di un reddito, ma anche di un'occupazione sensata per non impazzire o semplicemente vegetare. Ma sarà difficile. Trent'anni fa Furio Colombo, uno di sinistra, si chiedeva: "Che fare - di tutta questa gente inutile, soprannumeraria?" Già. Che fare perché alla fine non spacchino tutto. La risposta degli imbecilli (Mattarella, Barbara Spinelli, Napoletano, Renzi, Marcegaglia, Marchionne, Camuso ecc. ecc.) è sempre: crescita, bisogna rilanciare la crescita.
      Mah! Prima o poi ci sarà o un crollo rovinoso o un assestamento verosilmilmente al basso, quindi una
      decrescita rispettivamente all'oggi. Non credco che sarà però felice, specie per chi dovrà rinunciare a parecchie cose. Ma potremmo prepararci ad attutire la caduta dei perdenti, mentre ci rallegreremo che i dannati della terra abbiano raggiunto un livello di vita decente, stiano un po' meglio.
      Io più che avere la fissa della decrescita, felice o meno felice, ho quella di frenare la crescita, di non considerare la crescita come assolutamente necessaria. È chiaro che se la popolazione mondiale continua a crescere a questi ritmi il PIL mondiale crescerà pure lui, ma probabilmente non crescerà o non di volto individualmente, anzi potrebbe anche calare (ma non per questo moriremmo di fame e di stenti).

      (continua)

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    2. Veniamo al nucleare. Sì, sono stato contrario alle centrali nucleari. A che serviva il nucleare? Ovviamente a far crescere l'economia, dunque per fare affari, non per forza per i bisogni della popolazione. Difendeva il nucleare un personaggio come Franz Joseph Strauss! In quanto anticapitalista e poi verde ero perciò contro. Il movimento antinucleare degli anni Settanta faceva opposizione quando eravamo "solo" tre miliardi o poco più (già forse troppi). Adesso siamo più del doppio e siamo lanciati verso i dieci miliardi, forse persino 12 miliardi per fine secolo (che per fortuna non vedremo). Tutta questa gente oggi e domani vorrà vivere, cioè avere da mangiare, vestirsi, abitare, magari anche qualche svago ogni tanto. E avrà bisogno di energia, di tanta energia. E dove prenderla? Mica basteranno l'eolico e il fotovoltaico e l'idroelettrico. Quindi? Non resta che il nucleare - dicono Zichichi Agobit e il papa (sì, pure questi): la soluzione a portata di mano per risolvere tutti i problemi energetici presenti e futuri (Zichichi: metti uno e estrai mille). Ma qualche ma c'è. Le scorie, per es. problema non risolto e di difficile soluzione nonostante decenni di studi e investimenti. Ma credo che con la fusione il problema delle scorie non si porrà più.

      Ma quello che mi colpisce nel tuo discorso è la contraddizione. Il quadro che tracci è desolante, deprimente, addirittura terrificante: stiamo andando incontro a una catastrofe senza precedenti, e soprattutto a causa della sovrappopolazione, fenomeno che non si può arrestare. L'unica è dunque investire nel nucleare perché questa popolazione in costante crescita abbia l'energia a sufficienza non già per scialare, ma per avere almeno il minimo indispensabile. Se no la catastrofe sarà ancora più terribile, gli scenari nemmeno immiginabili.
      Ma se risolvi il problema energetico con il nucleare (e poi la fusione nucleare) saremo più o meno a cavallo, potremo continuare a moltiplicarci, tanto abbiamo energia per risolvere tutti i problemi immaginabili. E qui non ti seguo. A me un'umanità di 10 - 20 - 30 - 50 - 100 miliardi di individui che vivono in alveari come gli spaventosi grattacieli di Abu Dabi non interessa - se la vedano loro, si arrangino, tanto sarà un mondo per me non più riconoscibile e amabile, il termitaio umano che tanto piace ai natalisti.
      Insomma, con il tuo nucleare hai risolto anche il problema demografico: ci sarà energia a sufficienza per tutto e tutti. Perché allora preoccuparsi dell'incremento demografico? Certo staranno strettini, ma si abitueranno. E poi chi cresce stretto non ricorderà certo la "douceur de vivre" di quando gli uomini erano meno. Ma come si farà con l'aggressività che cresce con il ridursi degli spazi? Mah, con l'ingegneria genetica si risolverà anche questo problema, una bazzecola. Basta avere energia.

      Io punterei ancora sulla stabilizzazione della popolazione invece che sulla produzione di energia sufficiente per altri miliardi di persone. Se poi il quadro terrificante che hai delineato non è più evitabile - con o senza energia, con o senza centrali nucleari o a fusione - tanto vale che il crollo avvenga prima. Non è cinismo, meglio una fine con orrore che un orrore senza fine (lieber ein Ende mit Schrecken als ein Schrecken ohne Ende).

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  3. Mi pare che concordiamo almeno sull'obiettivo: arrestare la spaventosa catastrofica esplosione demografica della specie umana e il rientro verso un mondo vivibile e un equilibrio tra uomo e natura. Come arrivarci? Non mi sembra che tu proponi strategie praticabili, se non quella di diminuire la disponibilità di energia sperando che questo stratagemma porti ad una riduzione della natalità. Ma la storia dell'occidente dimostra il contrario: un maggiore sviluppo economico e quindi un maggior uso di energia porta alla riduzione della natalità, mentre paesi arretrati o con economia agricola hanno alti tassi di natalità. L'errore che fai è di semplificare l'equazione: piu energia=piu nascite. La natalità è al contrario un fattore complesso che dipende da molti fattori: la disponibilità di cibo certamente, ma anche il livello tecnologico, la cultura, le tradizioni locali, il ruolo della donna, la scolarità ecc. ecc. Per semplificare si puo dire che la natalità e alta se coesistono sufficienti risorse di cibo, una economia basata sull'agricoltura, in società tradizionaliste con livello tecnologico medio-basso. I tassi di natalità invece decrescono in presenza di una economia industriale avanzata (con un forte terziario), un livello culturale e politico sviluppato, una tacnologia elevata. Una disponibilità di energia a basso costo facilita la creazione di una società sviluppata di questo tipo con bassa natalità come quella europea (se si fa la tara dell'immigrazione). Mentre poca disponibilità di energia mantiene una economia arretrata con bassa tecnologia e basata sull'agricoltura in cui i figli sono visti come un arricchimento e una convenienza. Una bassa tecnologia contribuisce inoltre a mantenere i costumi e le tradizioni locali che spesso favoriscono la natalità (basti pensare alle credenze religiose). Paradossalmente i fautori della cosidetta decrescita felice propongono il ritorno ad una economia agricola e una società con economia stabilizzata a bassa o nessuna crescita quindi con poco o nessuno sviluppo tecnologico. E' proprio questo il coktail che determina elevatissimi tassi di natalità!

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    1. "... proponi ... di diminuire la disponibilità di energia sperando che questo stratagemma porti ad una riduzione della natalità."

      No, non ho fatto una simile proposta che sarebbe anche piuttosto cinica. Di più energia avremo sicuramente bisogno, anche se per miracolo l'incremento demografico si arrestasse: ci sono pur sempre quasi 8 miliardi di esseri umani che hanno bisogno di parecchie cose "non negoziabili".
      Né ho detto più energia = più nascite. È così come dici tu (anche i Verdi dicono la stessa cosa): il miglior metodo contraccettivo è il progresso, il benessere (lo dimostrano l'Italia e la Spagna cattoliche, al contrario delle Filippine). Ma è forse una corsa contro il tempo già persa: finché le Nigeriane decideranno di far meno figli (due o tre invece di sette, che sarebbero comunque sempre troppi) il disastro ambientale avrà raggiunto e superato il punto di non ritorno. Il discorso dei Verdi (e mi sembra anche tuo) è: prima riforniamo tutta questa gente (è una parola, sono miliardi) di ciò che hanno bisogno per migliorare (raggiungere anche il nostro livello? ma non ci vorrebbero poi due o tre terre?), e poi il tasso di natalità calerà automaticamente come è già avvenuto da noi in Europa. Quanto tempo ci vorrà o vorrebbe perché in Nigeria e in Congo cambino mentalità? Vedo nero. I Verdi non vogliono sentir parlare di costrizione, niente metodi cinesi: per loro sono antidemocratici, colonialisti, immorali (probabilmente anche xenofobi e fascisti).
      Mi dà fastidio quel tuo insistere esclusivamente o soprattutto sull'energia per la soluzione dei problemi presenti e futuri.
      Se risolvessimo il problema energetico (con o senza nucleare e fusione), come vorresti tu, allora non si porrebbe nemmeno più il problema demografico. Con energia à gogo si potranno risolvere tutti i problemi, anche i problemi causati dall'energia à gogo. Una spirale senza fine. Che invece una fine l'avrà, e probabilmente rovinosa.
      Tu punti sulle centrali o sul nucleare - e basta! Io invece vorrei che si discutesse sì di energia, ma anche di che vita vogliamo, che vita sia possibile per tutti.

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    2. Sigillare i gruppi umani in ambiti territoriali limitati e ristretti potrebbe essere una soluzione: essere costretti a fare i conti con le possibilità concrete del territorio dal quale si dipende è un'ottima medicina contro qualsiasi velleità d'espansione demografica.
      Ovviamente sono ben consapevole che per gli Italiani nell'Italia nel suo insieme un approccio di questo genere sarebbe tutt'altro che confortevole. Nello stesso tempo sono altresì convinto che l'Italia sia un'unità territoriale enormemente troppo estesa da considerare nella sua totalità. Diciamo che una buona misura territoriale potrebbe essere quella delle Province, di questi tempi così poco "di moda".

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    3. "Sigillare i gruppi umani in ambiti territoriali limitati e ristretti potrebbe essere una soluzione"

      Gli ultimi che hanno provato a farlo sul serio sono gli stessi che per altri aspetti avrebbero voluto dominare un mondo unificato sotto il loro comando (vale, e alla lettera, sia per i comunisti che per i nazisti). Non ha funzionato, anzi ha scatenato un tale conflitto che se accadesse oggi, con le bombe atomiche, cancellerebbe la terra cosi' come la conosciamo.
      Inoltre, oggi, con la facilita' di comunicazione che c'e', un tale menage risulterebbe enormemente piu' assurdo a TUTTI.

      Altre idee piu' sobrie e ragionevoli?

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    4. Diaz: Altre idee piu' sobrie e ragionevoli?

      Non so, si potrebbe implementare un piano di conquista dello spazio...

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  4. "Mentre poca disponibilità di energia mantiene una economia arretrata con bassa tecnologia e basata sull'agricoltura in cui i figli sono visti come un arricchimento e una convenienza."

    Siete sicuri che la bassa natalita' non dipenda semplicemente dal fatto che tirare su un figlio in una societa' avanzata e complessa e' un fardello pesantissimo quando non insostenibile? E che ci si viva senza alcuna fiducia nel futuro (cosa di meglio a dimostrarlo del profluvio di siti su collassi, decrescite, complotti, scandali, disastri, prescrizioni dello zero virgole da osservare puntigliosamente pena la gogna, il fallimento, il macello? In altre parole perche' in tale societa', nonostante il profluvio di merci, ci si vive soggettivamente di merda, e il costo del benessere supera abbondantemente i suoi vantaggi? Ma allora, se ci si vive di merda, che societa' avanzata e'? A me pare arretrata, nel senso che e' tornata indietro. E pure malata, molto malata.

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    1. Infatti stai descrivendo una società sovrappopolata (quella italiana la è abbondantemente, da tempo immemore), non una società avanzata.

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    2. Le societa' umane sono sempre state sovrappopolate, almeno nel senso che hanno sempre raggiunto la massima densita' di popolazione sostenibile dal territorio con la tecnologia dell'epoca.
      E tutte le specie animali e vegetali hanno condiviso lo stesso destino.

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    3. In effetti, in merito alla tipologia del nostro "vivere di merda" sarebbe stato più pertinente parlare di sovraffollamento anziché di sovrappopolazione, te lo concedo senza problemi.

      Rimane il fatto che per quel che ci riguarda non abbiamo affatto raggiunto la massima densità ecc., bensì l'abbiamo ampiamente superata e siamo da tempo ben oltre le possibilità del territorio (nonostante la tecnologia o, forse, proprio a causa sua).

      A me continua a sembrare un modo di fare non normale, particolarmente per una specie che continua a millantare per sè la definizione di homo sapiens sapiens (ben due volte!). Forse è il caso di rivedere la tassonomia e optare per qualche appellativo un po' meno altisonante e un po' più realistico. Oppure di mettere la testa a posto (no, non accadrà mai; appoggio Sartori e la sua sostituzione di homo sapiens sapiensa con il più realistico homo stupidus stupidus.

      Le società umane sono sempre state sovrappopolate? Be', a parte il fatto che mi sembra un'affermazione poco realistica, di base significa semplicemente che non è mai esistita una società umana avanzata.

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    4. "non abbiamo affatto raggiunto la massima densità ecc., bensì l'abbiamo ampiamente superata"

      Se cosi' fosse non saremmo qui a parlarne, saremmo gia' morti. La massima densita' non si puo' superare, senno' non sarebbe piu' massima.

      "Le società umane sono sempre state sovrappopolate?"

      Oppure non sono mai state sovrappopolate, nel senso che se in un dato momento vive una certa popolazione, vuol dire che in quel momento le risorse gli bastano. Mi pare tautologico, piu' che ovvio.

      Nelle discussioni con Sergio e Lumen ogni tanto invito alla necessita' di distinguere i nostri piu' che legittimi desideri (una societa' meno affollata), dalla pretesa di dimostrazione "scientifica" che essi sono quelli "giusti". Lo sono secondo noi, ma sono solo, legittimamente, nostri desideri. E non e' che quelli nostri sono "sapiens", e quelli opposti sono "stupidus", anzi il solo fatto di sostenerlo temo tenda a rovesciare i termini della questione.

      La societa' "affollata", complessa, organizzata, con tutti i suoi difetti che non ci stanchiamo di enumerare, peraltro, puo' darsi che ci assicuri anche dei vantaggi ai quali non so se saremmo tanto pronti a rinunciare. Nessuno di noi esiterebbe cosi' come esiste adesso senza folla, complessita', organizzazione. Non esisteremmo, o se esistessimo vivremmo in un mondo tanto diverso da avere idee e opinioni radicalmente diverse, non saremmo gli stessi "noi" che siamo adesso. Magari ci toccherebbe anche zappare la terra. Si fa presto a dire.

      Comunque, se devo trovarmi in una societa' con spazi abbondanti, "sottopopolata", in cui comunque il mio vicino (anzi lontano) pretende di impormi i suoi desideri come necessita' ineluttabili di natura, per il principio della minima azione preferisco restare come sto.

      Quello che non mi piace ma proprio per niente dei movimenti ambientalisti e in generale catastrofisti, e' l'incapacita' di fondo di distinguere e separare il loro "io", con la relativa visione del mondo e desideri, dal resto del mondo con tutti i suoi altri "io". Altro che amore per il mondo e la natura...

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    5. Diaz: "La massima densita' non si puo' superare, senno' non sarebbe piu' massima."

      Allora, per amore di precisione e per comprendere una tua definizione, diciamo che abbiamo superato la massima densità compatibile col non vivere di merda. Il che ci riporta alla considerazione che una società nella quale ci si infila il situazioni tipo vita di merda non è una società avanzata. Riprendendo altri tuoi (condivisibili) punti circa il fatto che le società nelle quali si vive e si è vissuto di merda paiono essere la maggior parte (giusto per non voler essere totalizzanti), posso ribadire il mio non è mai esistita una società umana avanzata. O, almeno, io non ne sono a conoscenza.

      Circa il "bastare" delle risorse, occorre intendersi sul "bastare" per cosa. Se intendiamo che "bastano" per la sopravvivenza è una cosa, se intendiamo che bastano per una vita di qualità è un'altra cosa (laddove di qualità significa in grado di dare soddisfazione ai desideri di ciascuno, compresi i visionari che ambirebbero a vivere in un ambiente non sovraffollato).

      In merito al magari ci toccherebbe anche zappare la terra... se l'hai già fatto sai benissimo che non è quel gran dramma fintanto che non hai sulle spalle qualche zecca tagliagole che, per costruire il duomo o il palazzone e procurarsi ricchezze assurde usa la violenza per sottrarti quel che ottieni dal tuo lavoro e farne cosa sua, costringendoti a tour de force massacranti che non hanno niente a che fare con lo zappare la terra in sè. In sostanza, se ognuno zappasse la terra per il proprio fabbisogno non sarebbe per niente cosa drammatica, anzi...

      Il vicino che pretende di importi i suoi desideri e che trova i mezzi per farlo in genere è proprio quella zecca tagliagole violenta e socio/psicopatica che descrivevo. Le persone sane di mente non lo fanno, particolarmente se sono vicini "lontani". E non lo fanno non per buon cuore, ma perché non ne hanno interesse dal momento che, senza scaricarli sulle spalle altrui proprio tramite l'organizzazione, l'aggressione comporta troppo sforzo e troppo rischio -- il boss non si schioda dalla sua poltrona (dove peraltro conduce a sua volta una vita inconsapevolmente e per altri versi anch'essa di merda), mette in moto macchinazioni perché a fare il lavoro sporco siano altri e, per farlo, deve appunto organizzare le cose e le persone).

      Poi ognuno è libero di pensarla come crede, tanto non saranno certo le nostre stringhe di caratteri su uno schermo a cambiare le cose.

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  5. E se invece, come sostenuto ad es. da J. Habermas, il nobile e ambizioso progetto di emancipazione (umana) complessiva incarnato dall'Illuminismo sia rimasto sostanzialmente INCOMPIUTO e quindi possa/debba essere (finalmente) portato a compimento, con evidenti benefici anche sul piano della lotta al terrorismo di matrice islamico-fondamentalista?

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    1. Non conosco Habermas, ma se questa era la sua opinione, mi fa sorridere per la sua ingenuita': qualsiasi "nobile e ambizioso progetto di emancipazione (umana) complessiva incarnato dall'Illuminismo sia rimasto sostanzialmente INCOMPIUTO" e' ineluttabilmente destinato a restare incompiuto, per definizione.
      Anzi, se Habermas ha mai sostenuto qualcosa del genere, facendo cio' ha mostrato la vocazione totalitaria dell'illuminismo, e del peggiore dei totalitarismi, quello inconsapevole di essere tale in quanto autopromossosi rappresentante della perfezione finale, fuori della storia. I totalitarismi della prima meta' del XX secolo, dell'era delle masse, erano tutti in qualche modo di origine illuministica, in particolar modo il comunismo che incarnava istituzionalmente il sogno di Habermas almeno cosi' come viene qui descritto.

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    2. Come sostenuto ormai da buona parte della storiografia filosofico-politica più recente, i totalitarismi della 1a metà del XX secolo sono stati tutti IL CAPOVOLGIMENTO dell'originale approccio illuministico, che iniziò ad essere tradito dall'ala "estrema" del giacobinismo rivoluzionario e che (almeno nelle sue versioni più avvedute: da Diderot a Hume) MAI si era autopromosso rappresentante della perfezione finale extra-storica...

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    3. Tradito oppure portato alle estreme conseguenze?
      Ho l'impressione che da quelle parti (la storiografia filosofico-politica più recente) si voglia disconoscere il frutto dei propri lombi.
      Non c'e' dubbio che oggi si tenda a distinguere, anzi a contrapporre, l'illuminismo scettico, quasi nichilistico, scozzese di Hume da quello razionalistico, positivistico, continentale francese, che dal punto di vista politico in effetti porta agli antipodi, ma siamo sicuri che uno si possa definire frutto legittimo del pensiero illuministico e l'altro no? Io, ad essere onesti, non credo.

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    4. Il nazismo e il fascismo, come il comunismo, furono i prodotti della rivoluzione illuminista? Burke, nelle sue Riflessioni sulla Rivoluzione Francese, aveva previsto che l'abbandono della tradizione e delle vecchie classi dirigenti a favore di una ragione astratta avrebbe portato alla distruzione europea. Tuttavia nel nazi-fascismo e nel comunismo confluirono anche molti ideali romantici, di quel movimento che fu essenzialmente reazione all' illuminismo e alla ragione tecnico-scientifica. E non dimentichiamo che l'enpirismo inglese, l'altra grande anima dell'illuminismo, nella sua versione pragmatista e consumistica ha contribuito alla crisi dell'occidente forse in modo ancor piu devastante del nazismo.

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    5. "Tuttavia nel nazi-fascismo e nel comunismo confluirono anche molti ideali romantici"

      Certo, pero' la loro organizzazione socio-economica fu quanto ci sia stato di piu' tecnocratico dell'intera storia dell'umanita', credo, e lo fu non per automatiche spinte interne come lo e' attualmente, ma per deliberata ed esplicita volonta' autoritaria di imposizione con la forza del "progresso" e della modernita' da parte di una tecnocrazia ultrarazionalistica autonominatasi "illuminata" ad una societa' almeno in parte recalcitrante. C'e' poco di concretamente meno "illuministico", credo.

      Il nazismo era esplicitamente socialdarwinista, pretendeva di fondare sulla scienza moderna le sue teorie razziste (cosa che anche adesso gli scienziati fanno molta fatica a smentire, arrampicandosi sugli specchi), mentre il comunismo, analogamente, pretendeva di rieducare l'uomo, di raddrizzare il suo "legno storto", secondo principi "veri" di scienza positiva sociale ed economica.

      Di questa triade il fascismo si salvo' un po' (anzi molto: morti, se non per la guerra, ne fece pochissimi, quasi nessuno in confronto agli altri due totalitarismi, che li contano a milioni o decine di milioni) solo perche', come diceva il duce, tentare di governare gli italiani non era difficile, era inutile, e non era un totalitarismo, c'erano la chiesa e il re, col resto dello Stato che non era tutto sotto il controllo fascista, a fare da contrappeso.

      Attualmente il processo di corsa verso la tecnologizzazione totale, compresa quella degli esseri umani, si autoalimenta da solo. Il nazismo e il comunismo piu' che sbagliati furono inutili: la metafora della macchina, interiorizzata nella nostra visione del mondo, fa tutto da sola senza bisogno di spinte dall'esterno.

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    6. Sommessamente ricordo che il mondo comunista silenziava gli scienziati non allineati all'ortodossia del Partito di Stato (cfr. il rigetto della genetica moderna e il caso-Lysenko) e il regime nazista perseguitò scienziati del calibro di Einstein semplicemente perché 'non-ariani'...
      In altre parole, i totalitarismi novecenteschi non possono certo essere fatti risalire al pensiero di campioni dell'Illuminismo come Diderot, Hume e Kant, casomai a quello degli idealisti & romantici Fichte ed Hegel e di Rousseau (con la mediazione parzialmente forzata/forzosa di Marx e di Nietzsche)...

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    7. Claudio, la scienza dell'epoca era unanime riguardo all'ortodossia, ad esempio circa il razzismo e la scientificita' della lotta di classe, salvo appunto i non allineati. Non c'e' dubbio pero' che diderot, hume e kant avrebbero disapprovato i metodi, e ancora di piu' avrebbe disapprovato darwin, che non per niente ritardo' fino all'ultimo la pubblicazione della sua "bollente" teoria. Ma Darwin dimostro piu' intelligenza della maggior parte dei suoi colleghi anche in questo: aver capito che cio' che stava per pubblicare avrebbe provocato gli sfracelli che dopo qualche decennio sono immancabilmente seguiti.
      Dire che la scienza e' neutra e' un'idiozia: e' un po' come dire che gli effetti di una bomba atomica dipendono dall'uso che se ne fa. Che uso se ne poteva fare, secondo i geni che l'hanno costruita? Ci voleva troppo cervello per immaginarselo?

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    8. Diaz, il dibattito sulla neutralità della Scienza (e della Tecnica!) ha fatto versare fiumi di parole e scorrere fiumi di inchiostro, non si è affatto esaurito e non possiamo certo affrontarlo adeguatamente qui & ora: mi limito ad aggiungere che (ad es.) il 'darwinismo sociale' costituisce una "superfetazione" illegittima della teoria darwiniana dell'evoluzione biologica...

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    9. Questa e' l'opinione della scienza di adesso, non della scienza dell'epoca.
      Ed era scienza anche quella, esattamente come quella di adesso.
      In altre parole occhio a non commettere lo stesso errore della scienza dell'epoca, e di molta di quella di adesso: 1) far credere nella definitivita' delle conclusioni 2) giudicare (male) le conclusioni del passato secondo il diverso contesto informativo attuale.
      C'e' l'appendice all'unico libro di Crichton che ho letto, "Stato di paura" molto chiara in proposito, con dovizia di esempi (libro godibile, ottimo come lettura leggera e rilassante, parla dell'isteria e del complottismo ambientalista proprio in questa chiave). Per un migliore e notevole approfondimento dell'argomento relativamente alla paleontologia (scienza di tipo storico, quindi particolarmente vulnerabile alla questione) ci sono circa meta' delle centinaia di articoli di Stephen J. Gould, godibilissimi, raccolti nei suoi vari libri.

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    10. Visto che hai citato Hume, puo' essere interessante la critica di questa pagina, scritta da un "homolaicus" che mostra coi suoi ragionamenti, e le sue inclinazioni, dov'e' il problema:
      http://www.homolaicus.com/teorici/hume/hume.htm

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  6. Complimenti Agobit, un articolo magistrale! Aggiungo solo che l'articolo è da stampare e appendere nelle classi scolastiche di ogni ordine e grado.

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