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martedì 10 settembre 2013

I Seguaci di Robespierre





 Ognuno ha i suoi incubi. Un mio incubo ricorrente è tipico di tutti quelli che amano la libertà. Mi trovo in un’aula  di fronte ad un folto gruppo di gente abbigliata come uomini di fine settecento che urla insulti verso di me. Un forsennato cammina avanti e indietro di fronte alla mia sedia di imputato. Porta una appariscente coccarda tricolore sul berretto e lunghi capelli fino alle spalle. Ogni tanto si ferma e mi punta il dito e mi accusa con lo sgardo carico d’odio. Ma non mi accusa per un fatto, per qualche episodio della mia vita. Mi accusa perché penso. Non cerca prove, non giudica fatti. Valuta il sospetto di un pensiero libero. Ce l’ha con i miei pensieri, perché mi oppongo alla sua verità.

Il sogno non richiede grandi sforzi per essere interpretato. Quell’uomo esagitato è un giacobino. Sono di fronte ad un comitato di salute pubblica e quello che sto rischiando è la morte per ghigliottina. Quella violenza di atteggiamento, quell’arroganza assoluta, quella sovrumana certezza di possedere la verità e di annientare tutti coloro che vi si oppongono la conosco. Quel giacobino è l’archetipo, il modello di tante figure di violenti nel campo della politica e della cultura che si sono succeduti nei due secoli successivi, fino ad oggi. E’ lo stesso pensiero politico violento che ha dato luogo ai campi di concentramento nazisti, ai gulag comunisti, ai regimi totalitari del novecento. La stessa violenza che ha armato la mano di assassini per abbattere il pensiero degli altri, di coloro che si oppongono alla verità che loro credono di possedere. La persona secondo costoro è un semplice contenitore di pensiero, non è un uomo, e va abbattuta insieme ai pensieri (reificazione della persona). Hitler, Stalin, i carnefici di stato o dell’antistato, terroristi, brigatisti, ecc. sono tutti figli del Comitato di salute pubblica, il tribunale nato per abbattere i pensieri altrui al tempo della rivoluzione francese.


Questa estate mi sono sorbito la lettura delle 650 pagine di un libro che avrebbe potuto essere bello. Un bel saggio sulla storia del pensiero europeo degli ultimi 200 anni: il libro di Zeev Sternhell “Contro l’Illuminismo” –Dal XVIII secolo alla guerra fredda- Baldini Castoldi editore". L’analisi del razionalismo illuminista, dei valori universali nati dalla rivoluzione francese sono particolareggiati, ben analizzati, interessanti. Ma nel libro è nascosto un veleno, che presto si appalesa: lo spirito di quel giacobino che a volte tormenta le mie notti. Si perché accanto ai grandi valori della Ragione universale, ai valori dell’uomo posti al centro di ogni dominio sulla Terra, la rivoluzione illuminista ha albergato nel suo seno i semi avvelenati del’intolleranza politica, della violenza contro il pensiero non uniformato al pensiero unico della verità, l’archetipo della violenza politica dell’uomo sull’uomo, i Robespierre, i tribunali di salute pubblica, gli orrendi apparati di morte a ripetizione come i patiboli della ghigliottina nella piazza della rivoluzione, o i pogrom della Vandea con i massacri di massa  degli oppositori all’unica verità. Zeev Sternhell si rivela appoggiare questo aspetto della rivoluzione illuminista, quando accomuna tutti gli oppositori, tutti i critici, o tutti –semplicemente- i liberi pensatori ai nemici dei valori umani universali. La Ragione, così, da libero pensiero si trasforma in serva di istinti bellicosi, in volontà di annientamento, in utopia che trasforma gli uomini in cose, in mero oggetto di scopi “superiori” e quindi “roba”da sacrificare  sull’altare del progresso e delle sorti luminose dell’umanità. E’ così che nella mente di Sternhell i grandi pensatori liberali come l’inglese Burke o  i francesi  Tocqueville e Taine che mettevano in guardia contro gli eccessi della violenza giacobina, divengono biechi reazionari, oppositori dei lumi e dei diritti universali dell’uomo (qui nasce l’antropocentrismo moderno sfociato nel disastro planetario attuale). Fichte, persino lui, viene accusato di aver, nei suoi “Discorsi”, diretto la rivolta della cultura Germanica non solo agli eserciti di Napoleone ma anche ai lumi francesi. Ma Sternhell non si accontenta, trascina nel Comitato di salute pubblica  grandi pensatori e storici come Herder, Renan, Carlyle, D’Holbac o Mendelssohn.  Raggiunge vette di faziosità e violenza intellettuale mai raggiunte prima quando indica Gianbattista Vico e la sua Scienza nuova come un baluardo della reazione, un bieco difensore della tradizione storica e dell’appartenenza alla cultura dei popoli, rispetto alla necessità rivoluzionaria di far trionfare la tabula rasa della Ragione assolutizzata staccata da ogni esperienza storica, impregnata del nuovo valore assoluto: i diritti universali dell’uomo visto come padrone della terra e dominatore della natura. Il grande richiamo alla Storia del pensiero di Vico, ai valori in essa depositati, viene così banalizzato a mera reazione anti-illuminista.  Con tipico pensiero totalitario Sternhell ritiene che di fronte al diritto assoluto dell’uomo   va abolita  ogni differenza, ogni distinzione, ogni libera determinazione. Il pensiero deve essere uno e uno solo, freddo, razionale, onnicomprensivo di ogni aspetto della realtà, totalitario. Il povero Vico viene accomunato a Croce, ambedue ispiratori della reazione e dell’opposizione ai Lumi. Croce, filosofo storicista, fondatore del moderno liberalismo democratico,  viene accomunato ad altri intellettuali nella condanna di Sternhell.  Tra questi lo storico Meinecke, Splenger, tutti colpevoli di aver intentato un processo al razionalismo, all’intellettualismo, all’utilitarismo e alla  laicità intesa in senso assolutistico. Tutti sono avviati sulla ghigliottina metaforica degli intellettuali, portatori di un pensiero anti-illuminista. Continua poi Sternhell: “Certo il più grande nemico che il pensiero illuminista abbia mai conosciuto è senza dubbio Nietzsche…egli contribuisce ad alimentare la rivolta contro i diritti dell’uomo, il liberalismo e la democrazia, fornisce il sigillo del genio all’antirazionalismo e all’antiuniversalismo e nessuno ha fatto più di lui per volgere in derisione la pretesa all’uguaglianza”. Verso la fine del libro Sternhell si scatena, spinge sulla ghigliottina del pensiero, oltre ovviamente ai reazionari come De Maistre, Maurras, e Spengler, anche liberali come Walpole, critici dello sradicamento razionalista come Barres, o addirittura filosocialisti non marxisti come Sorel, tutti oppositori del giacobinismo. Ma in Sternhell c'è un certo strabismo: gli anti-illuministi sono solo nel campo dei liberali, dei democratici moderati, tutti visti come precursori del nazismo e del fascismo. L'altro grande totalitarismo del 900 non esiste per l'autore. Ho cercato lungo le centinaia di pagine un accenno alla dittatura comunista, ai gulag, agli assassinii della polizia segreta sovietica, alle stragi di culaki, le fosse di Katyn, alla sottomissione di milioni di cittadini a regimi ferocemente repressivi...ma invano; su questo aspetto della storia europea Sternhell è cieco e e sordo.  Non ammette che Il pensiero totalitario giacobino si sia  incarnato nei grandi ideali marxisti e nell'estremismo politico. Anzi il socialismo radicale è visto come il positivo esito dell’universalismo razionalista antropocentrico dell’illuminismo. La lista dei condannati non si arresta: una condanna a parte, dopo Croce, merita il liberalismo di Weber, colpevole di accettare la logica capitalistica del mercato e di aver difeso la borghesia imprenditrice del nord europa .  Ma soprattutto viene condannato Berlin con il suo liberalismo moderato, con il suo dichiararsi per la “libertà da…” rispetto alla “libertà per…” di cui parlava Rousseau.  Rousseau dichiarava infatti che la libertà è vera libertà solo se è per il bene, e il bene ovviamente era quello che affermava lui.  Tutte le altre sono false libertà e vanno represse in nome della Ragione. Berlin diceva invece che non esiste un’unica verità attingibile con la ragione e condannava gli illuministi radicali in quanto negavano il concetto di pluralità e competizione tra idee diverse e diverse visioni, a favore di una unica ragione totalitaria e pianificante. L’autore dedica molte pagine –una vera requisitoria-  a Berlin, uno degli intellettuali più odiati dai neo-giacobini. Ma dove Sternhell raggiunge il culmine è quando accomuna tutti questi pensatori che criticavano singoli aspetti del pensiero illuminista (quelli più violenti verso le persone) , a fondatori intellettuali del nazionalismo estremista e quindi li equipara apertamente a precursori del nazifascismo. La solita accusa stalinista che riecheggia in tanti intellettuali di oggi -quelli che in genere parlano con l'erre moscia della superiorità ostentata: chi non la pensa come dico io è un fascista e un razzista! Al rogo, alla ghigliottina, o davanti ad un bel plotone di esecuzione. E’ così che Sternhell racchiude in un ideale campo di concentramento tutti coloro che non gli aggradano: da Fichte, a Burke, a  Herder, a Carlyle, Vico, Taine, Renan, Sorel, Weber, Spengler, Croce, Berlin e via enumerando,  file di filosofi, storici, scrittori,  intellettuali non omogenei al pensiero unico giacobino, tutti  da avviare su di un simbolico patibolo per metter fine al loro pensiero, quel pensiero che non si è uniformato alla verità assoluta  dei diritti dell’uomo inteso dominatore della Terra (diritti  assolutizzati che ci hanno consegnato un pianeta avviato alla distruzione). Sternhell riconosce solo i diritti della Ragione  così come declinati da Babef, da Marat, Da Robespierre, e via via passando per  Marx, Lenin e Stalin fino ad approdare al pensiero degli intellettuali neo-giacobini contemporanei, quelli che si ritengono gli unici possessori della verità e disprezzano tutti gli altri.

Modestamente, respingendo in maniera totale  questa posizione di Sternhell, mi chiedo invece se non sia stato proprio il giacobinismo a creare le fondamenta, oltre che del comunismo, anche del totalitarismo nazista e fascista. Sono cosciente che i pogrom sono sempre esistiti, ma essi erano confinati ad episodi limitati nella storia, nel tempo e nei luoghi, e comunque con motivazioni  storicamente individuate da conflitti religiosi o territoriali. La  rivoluzione intellettuale illuminista è stata un grande momento di sviluppo per la società ed il pensiero umano. Ma il giacobinismo è stato un tarlo che si è insinuato nel corpo stesso della rivoluzione alterandone per certi aspetti l’evoluzione storica successiva. La cambiale è passata all’incasso nel 900. C’è una domanda di fondo: la shoà poteva avvenire nel mondo pre-illuministico? Non è stato il giacobinismo, figlio deteriore dei lumi, a radicalizzare nel campo del pensiero la dialettica politica amico-nemico? I conservatori liberali come Burke hanno dato luogo alle grandi democrazie anglosassoni in cui domina la libertà dell’individuo e del pensiero. I mostri risvegliati dal giacobinismo hanno invece devastato l’Europa  specie nella guerra civile del 900 e prodotto totalitarismi  di destra e di sinistra,campi di sterminio e milioni di morti. Sarebbe da auspicare maggiore prudenza e maggiore equilibrio, in definitiva maggior libertà di pensiero, in intellettuali che, come Sternhell, vogliono identificarsi con i difensori della grande epopea illuminista.

2 commenti:

  1. ciao agobit,
    mi sono fatta attendere nel leggere questo post. Molto interessante, ma ahimè capisco poco perchè molti di questi nomi non li conosco.

    Ho capito però cosa intendi per neo-giacobini.
    Eh sì, brutto chi non accetta semplicemente il portatore di idee diverse, senza argomenti al contrario.

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  2. Grazie Laura, il tuo giudizio mi conforta: l'importante era capire il pericolo giacobino che si annida nel pensiero occidentale da più di duecento anni. Mi rendo conto che il post è un po' troppo carico di contesti storici che non tutti conoscono, del resto di questi è pieno il libro di Sternhell. A me interessava sottolineare che gran parte dell'intolleranza verso il pensiero altrui è un peccato originario del nostro mondo occidentale e che essa alberga sia a destra che a sinistra (e al centro). Molti intolleranti sono anche tra gli ambientalisti, ed anzi il pensiero ambientalista -per come si è strutturato negli ultimi 30 anni- è fortemente intriso di intolleranza verso gli altri e di giacobinismo. Anche loro si ritengono, a torto, possessori della verità assoluta.

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