Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive
(Giacomo Leopardi)
Gli ambientalisti si cullano con l'idea che le rinnovabili stanno avanzando ovunque, ma la realtà è ben diversa dai sogni: il petrolio ha una nuova giovinezza e lo shale oil e lo shale gas stanno riportando in alto le curve di consumo degli idrocarburi, insieme all'esplosione del carbone in Cina. In America e Canada si aprono ogni giorno nuovi pozzi che utilizzano la tecnologia del fracking per estrarre petrolio e gas naturale dagli scisti bituminosi a forti profondità. Si prevede che nei prossimi anni gli Stati Uniti diventeranno il primo produttore al mondo di greggio. Questo, lungi da riguardare solo la sfera dell'economia, si sta già da qualche anno ripercuotendo sugli equilibri geo-politici. Gli Stati Uniti si stanno ritirando dall'influenza diretta sui regimi nelle aree dell'oro nero: si sono ritirati dall'Irak, hanno tolto l'appoggio ai regimi arabi del nord Africa, hanno allentato la presa sul medio oriente, permettendo la caduta dei dittatori con cui fino a pochi anni fa avevano controllato l'area strategica. Con una forte iniezione di real politik hanno così lasciato la patata bollente dell'approvvigionamento energetico all'Europa, alla Cina e al Giappone che ora se la debbono vedere da soli.
Sulla nuova realtà del Fracking negli Stati Uniti riporto la seguente personale rielaborazione di un bell'articolo sulla febbre dell'oro nero nel North Dakota apparso su National Geographic del marzo 2013 a firma di Edwin Dobb.
" Il paesaggio è spettrale, una grande distesa di un colore
scuro tra il grigio e il marrone, enormi strutture di tubi e travi di metallo,
ruote dentate arrugginite, catene intrecciate, imbuti, trivelle, cavi, silos, cilindri, pozze maleodoranti
di bitume, reti, elevatori, gru, luci vicine e lontane ondeggianti nel fumo,
palizzate…Tre operai di imprese petrolifere della zona sono intorno ad una trivella sotto un grande argano, le facce dei tre uomini sono nerastre, sporche di grasso petrolio che
ricopre le tute, i guanti, le scarpe, la terra intorno e sembra estendersi
oltre l’orizzonte. La vasta pianura intorno è spettrale, un deserto lunare da
cui si alzano strani vapori ondeggianti che fanno tremolare la terra e il cielo
come su uno schermo di un cinema sgangherato di periferia. Nell’aria un puzzo
fortissimo: un misto di catrame e zolfo e sembra quasi che questo sia il mondo
del futuro, un mondo a cui ci dovremo abituare e che somiglia all’inferno di
Dante. E’ l’acido solfidrico che appesta l’aria di tutta la zona. D’improvviso all’orizzonte appare una grossa sagoma scura circondata da nuvole di polvere marrone, che si avvicina fino a rivelarsi come un mostro di metallo in mezzo al rombo infernale del motore: è un
autoarticolato di 18 ruote con una enorme cisterna sul groppone. Alla guida c’è
Susan (35 anni in un corpo di un metro e settanta e 45 chili di peso) una donna
coraggiosa che fa la camionista trasportando acqua sporca o petrolio tra il
North Dakota e il Missouri. Scende dal mostro e senza tanti complimenti srotola
un grosso tubo a nastro e va a connetterlo ad un bocchettone di un gigantesco serbatoio.
Apre il portellone con grande circospezione ma oggi va sul sicuro e non indossa
la maschera antigas che si porta dietro, il rilevatore di gas tossici infatti
si ferma sui livelli bassi.
Quello del camionista è il mestiere più
diffuso in questo distretto petrolifero che occupa metà del territorio del Nord
Dakota, più vasto dell’intera Italia centrale, dove, grazie ai progressi nelle
tecnologie di trivellazione ed estrazione, è diventato possibile prelevare il
petrolio da giacimenti molto profondi e distanti tra loro. Dall’inizio del 2006
l’estrazione del greggio dalla cosiddetta
Formazione di Bakken è aumentata di quasi 150 volte, raggiungendo più di
660 mila barili al giorno. Oggi il North Dakota è secondo nella classifica Usa
degli stati produttori di petrolio, dopo il Texas e prima dell’Alaska. Nessuno
si aspettava uno sviluppo del genere. Oggi si prevede che la produzione
giornaliera dello stato potrebbe uguagliare in poco tempo quella del Texas, circa due milioni di
barili, e che il numero dei pozzi attivi potrebbe salire dagli 8000 di oggi ai
40-50 mila. C’è però la minaccia del danno ambientale. Qui si usa il fracking,
o fatturazione idraulica, una
tecnologia che consiste nel pompare grandi quantità di acqua dolce o salata
mescolata a sabbia e altre sostanze, alcune delle quali tossiche, ad altissima
pressione negli strati profondi di roccia scistosa, in modo da creare crepe
attraverso le quali le bolle di petrolio o di gas naturale intrappolate in
profondità possono risalire in superficie. Serve tanta acqua. Come evitare che
l’acqua sporca pompata dal pozzo contamini la falda acquifera come è accaduto
in altre parti del paese? Intanto la grande prateria del North Dakota con il
suo silenzio, solitudine, serenità, muore sotto lo sviluppo frenetico della
regione e soffocata dall’ansia di estrarre la massima quantità di petrolio il
più in fretta possibile. La verde prateria ha lasciato spazio ad un territorio
lunare, sfregiato da orribili tecnostrutture estrattive di decine di tonnellate
di acciaio, cilindri d’acciaio, mostruose tubature, intervallato da pozze e
immerso in un’aria irrespirabile e miasmatica. Le possibili ripercussioni vanno
molto al di là del territorio del North Dakota. I depositi scistosi simili alla
Formazione di Bakken si trovano in tutti gli Stati Uniti, anzi in tutto il
mondo. Davanti alla sbalorditiva efficacia di questa tecnologia e alla
situazione dei mercati, che ha reso conveniente lo sfruttamento di giacimenti
difficili da raggiungere e quindi più costosi, alcuni esperti si sono convinti
che l’economia basata sui combustibili fossili possa durare più a lungo del
previsto. A detta di Harold Hamm, petroliere miliardario e pioniere dello
sfruttamento della Fondazione di Bakken, le previsioni di un prossimo
esaurimento delle riserve di petrolio e gas naturale sono semplicemente false.
Altro che picco del petrolio, di cui farneticano certi ambientalisti, qui si
andrà avanti ad idrocarburi ancora per secoli –certamente per tutto il nostro
secolo-. Hamm sostiene che gli Stati Uniti dovrebbero adottare una politica
energetica basata sull’abbondanza di petrolio e gas e smettere di privilegiare
le fonti rinnovabili. “I cambiamenti climatici? Da queste parti non se ne
parla”, dice Susan risalendo sul sul autotreno di 18 ruote che torna a rombare
e sbuffare fumo nel deserto marrone.
Molti proprietari terrireri hanno
dovuto cedere i diritti di sfruttamento del sottosuolo (che , secondo la legge
locale, sono separabili dalla proprietà di superficie) per superiore pubblica
utilità. Si vedono così fattorie con ampie distese di campi di grano, erba
medica e girasole che si estendono a perdita d’occhio, e poi d’improvviso
gigantesche trivelle formate da tonnellate di metallo che si ergono come
giganti e che urlano giorno e notte con il loro ritmico rumore della pompa
petrolifera. Poi c’è il viavai del traffico di autoarticolati, le immense cisterne di petrolio
alternate in lontananza con i silos dei cereali, la vecchia risorsa del North
Dakota.
Brent Sanford è il sindaco di Watford
City, una cittadina trasformata dal boom. Quarant’anni, discendente da una
famiglia che vive qui da quattro generazioni, sta seduto davanti a un computer
nel suo ufficio alla S & S Motors, l’azienda che suo nonno ha fondato
nel1946. “E’ un’operazione mineraria su vasta scala, e io l’appoggio in pieno”,
dice. “La mia città stava morendo”.
La crisi che fino a poco fa attanagliava Watford City e decine di altri
centri era tale che qualche geografo aveva proposto di abbandonare del tutto la
regione e lasciarla ripopolare dai bisonti (un’idea che è però meglio non
ricordare a Sanford o ai suoi compaesani se non si è pronti alla rissa). Le
strade sono intasate da mezzi rumorosi e inquinanti: autocisterne, camion di
ghiaia, autocarri a pianale, autoribaltabili, furgoncini e quegli enormi pickup
che, nonostante i consumi esorbitanti, sono i mezzi preferiti anche per il
trasporto privato. La città si è espansa con tanto brutto cemento, grigi
casermoni o villette tutte uguali e squallide. Ma le case non bastano mai con
tutti gli arrivi di gente che cerca di svoltare e fare qualche soldo. Ci sono
anche baraccopoli, e molti addirittura dormono in roulotte o nei camion, mentre
il vento misto a sabbia e a volte neve
sferza i vetri con la temperatura spesso sotto lo zero. Aumentano i
reati, gli incidenti stradali, le emergenze mediche. Famiglie a reddito fisso
sono costrette a traslocare perché non possono permettersi gli affitti
rincarati. Il sistema idrico e fognario regge a stento all’uso eccessivo. Si
diffonde la prostituzione. Pregiudicati per reati sessuali girano indisturbati
per la città.
Fin dagli anni Novanta al fracking
veniva affiancata la cosiddetta perforazione direzionale: una volta trivellato
il pozzo si continuava a scavare in orizzontale per raggiungere gli strati sottili
di roccia contenenti petrolio e gas. Nella Formazione di Bakken, la Continental
Resources di Harold Hamm e altre aziende lungimiranti avevano perfezionato
questa tecnica, allungando i tratti orizzontali dei pozzi fino a tre chilometri
e migliorando la miscela di sostanze usate per la fatturazione. “L’entusiasmo
era alle stelle”, ricorda Lynn Helms, direttore del Dipartimento delle Risorse
minerarie del North Dakota. Le aspettative crebbero. Il punto di svolta fu
raggiunto nel 2009, quando la Brigham Oil & Gas riuscì a scavare 25
gallerie orizzontali in un unico pozzo, applicando a tutte la fatturazione, e
aumentando la produzione giornaliera a centinaia di barili al giorno. Serviva
di tutto: più manodopera, più autostrade, più ferrovie, più linee elettriche. E
anche molta pazienza in più.
E’ prevista la costruzione nel prossimo
futuro di una rete fitta di condutture per portare nei centri di smistamento in
Missouri e altri stati il petrolio, il gas, e smistare nei siti di smaltimento
l’acqua sporca e gli altri liquidi reflui. La lunghezza delle tubature che
dovrebbero attraversare il North Dakota occidentale basterebbe a circondare
l’intero pianeta.
“Eventi estremi causati dal
riscaldamento globale”, titola il numero dell’11 luglio 2012 del Minot Daily
News, quotidiano conservatore di una cittadina conservatrice sita al margine
orientale del distretto petrolifero. Si riferisce ai cambiamenti climatici
provocati dall’uomo e a eventi meteorologici estremi come le recenti ondate di
caldo e siccità negli Stati Uniti. Oggi i proprietari terrieri temono che
l’industria petrolifera svuoti le falde acquifere. Chiedono che l’acqua per il
farcking sia raccolta dal Missouri e non dalle falde. In ogni caso, nella
regione del boom la siccità potrebbe continuare per decenni, prolungata e
intensificata dall’uso dei combustibili fossili. Se è vero che non esistono
pasti gratis, un banchetto così abbondante non avrà un prezzo troppo alto da
pagare?
Da queste parti un’altra risorsa che
abbonda è il vento, e nel 2010 Google ha scelto il North Dakota per il suo
primo investimento in una centrale eolica su scala commerciale. Ma riuscirà mai
lo stato a sostituire le risorse del petrolio con quelle dell’eolico, che tra
l’altro costano molto in tecnologia
e rendono poco?
Sembra che il mondo vada per conto suo
e lasci ai teorici baloccarsi con le belle teorie sulla decrescita e sulle
rinnovabili, sullo sviluppo sostenibile e sulle tante buone intenzioni eque e
compatibili. Quello che conta è come sempre l’interesse economico, la necessità
di dare energia a prezzi competitivi ai sette miliardi di umani, molti dei
quali si stanno avvicinando ora allo sviluppo e alle opportunità della
globalizzazione. La Cina chiede energia, l’India chiede energia, tutta l’Asia
chiede energia, l’America chiede energia, l’Africa presto chiederà energia. Il
North Dakota ha risposto, sta rispondendo: sono gli affari, bellezza! Mentre la tedesca Siemens chiude il
fotovoltaico, giudicandolo antieconomico, le grandi distese del North Dakota
sono la dimostrazione materiale che ciò che domina il mondo sono gli interessi
e la necessità. La sovrappopolazione vuole altra energia a prezzi abbordabili dalle nuove economie emergenti e più aumentano i miliardi
di umani più energia è necessaria, altro che decrescita felice. E non solo
energia visto che anche il cibo sta per diventare un’emergenza perché la
produzione agricola richiede fertilizzanti (che si ottengono dagli idrocarburi,
cioè ancora dal petrolio, sempre petrolio) in quantità sempre maggiore. Il
petrolio brucierà ancora e per molto tempo, alla faccia del riscaldamento
globale e di quello che pensano gli ambientalisti del politicamente sostenibile.
Nella notte della prateria del petrolio
in North Dakota brillano ogni tanto immense fiammate delle torce di combustione
del gas, alte decine di metri, e si espandono all’improvviso con un ruggito
minaccioso. Lo spettacolo è suggestivo e inquietante. La Terra grida la sua
potenza, o il suo dolore per una fine imminente?
Susan spiega che la vita da camionista in questo paese irreale non le da solo guadagni economici, ma anche soddisfazioni meno materiali, più impalpabili. Perfino in queste lande da inferno dantesco esiste un po’ di poesia e di sensibilità. “Sono su un pozzo, è notte e sono sola”, racconta. Il cielo stellato sulla testa, le fiammate di gas in lontananza, a volte l’urlo lontano di un coyote. Susan è sulla passerella, a una certa altezza da terra, e apre il portello di un serbatoio che raccoglie acqua salina proveniente dalle viscere del sottosuolo, da migliaia di metri di profondità, nel bel mezzo del continente nordamericano. Si piega in avanti e fa un grande respiro. “Sembra proprio di sentire l’odore del mare”, dice."
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