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lunedì 6 maggio 2013

SEGNI DI CEDIMENTO DEL FRONTE ANTI-NUCLEARE



  

(In alto una centrale tedesca)

Noto che l’informazione sul nucleare segue molto le opinioni politically correct che vanno per la maggiore, e così accade che molti giornali riportino gli strabilianti ( ma in realtà inesistenti…) risultati delle energie rinnovabili, e annuncino l’abbandono pressoché totale delle centrali nucleari da parte di quasi tutti i paesi. In realtà basta leggere la stampa specializzata, oppure i giornali più seri (ma comunque sempre nelle pagine più interne) per scoprire che le imprese che producono rinnovabili stanno chiudendo una dopo l’altra, comprese quelle che producono il fotovoltaico cinese, nonostante i miliardi di dollari di incentivi. E per scoprire inoltre che il nucleare è tutt’altro che morto, ma anzi vi è una frenetica attività per la ricerca e per la costruzione di nuove centrali. E, come dirò più avanti, sono proprio i giapponesi ai primi posti di questa rinnovata corsa al nucleare, oltre alle tradizionali nazioni che ne fanno un punto di forza delle loro economie, come Francia, Usa, Cina e India. Una delle ultime notizie montate ad arte per rilanciare le rinnovabili è quella secondo cui in Germania la produzione elettrica da eolico e fotovoltaico avrebbe superato quella da   fossili.
L’International Economic Platform for Renewable Energies ha comunicato che il 18 aprile sorso  in Germania, durante la rilevazione della produzione elettrica del giorno,  si è raggiunto un picco di  produzione di 36 mila Mega Watt da parte delle rinnovabili, a fronte di una produzione da fossili –allo stesso momento- di 34 mila Mega Watt .  La lobby delle rinnovabili ha subito gridato al miracolo, senza specificare che “il sorpasso”  non è stato un vero sorpasso perché la stragrande maggioranza della produzione energetica in Germania continua a provenire dai combustibili fossili (circa il 54 %), e un buon 25 % dalle centrali nucleari (attualmente 17 attive) ancora in funzione fino al programmato “spegnimento” nel lontano 2035. Soltanto il 21 % dell’energia totale prodotta in un anno proviene dalle rinnovabili (dati Eurostat), ma al prezzo di enormi sovvenzioni pubbliche. Quello del 18 aprile è stato, dunque,  un picco durato alcuni minuti in cui la produzione da rinnovabili ha temporaneamente superato la produzione da fossili per particolari condizioni del momento:  si è trattato di un “lampo” di pochi secondi, determinato da particolari e momentanee condizioni ambientali, presto rientrato nella normalità di una produzione assai inferiore a quella dei fossili e del nucleare. Nessuno dei commentatori, tutti appartenenti tranne rare eccezioni al politically correct del  “rinnovabile è bello”, ha poi specificato che il picco temporaneo di produzione è avvenuto come fenomeno estemporaneo e  sulla spinta di fortissimi investimenti e incentivi a eolico e solare, per lo più a carico dei cittadini, e che portano i costi dell’energia da rinnovabili a livelli non commerciali. Infatti le scelte del governo tedesco, compresa la chiusura programmata delle centrali nucleari tra 22 anni, rispondono più a logiche di propaganda politica che a reali scelte energetiche.  Chi può dire cosa avverrà da qui a 22 anni? A che punto sarà, ad esempio, a quel tempo la ricerca sulle nuove centrali di quarta generazione? E’ chiaro che rimandare il problema ad un lasso di tempo così lungo chiarisce che l'annuncio della chiusura  è più d'immagine che reale, una mossa esclusivamente politica e propagandistica. Di fatto la Germania continua ad usare il nucleare. Se tale energia fosse realmente così pericolosa come si vuol far intendere da alcuni, un rinvio della chiusura delle centrali di tanti anni non avrebbe alcun senso. Un altro dato che colpisce è che negli ultimi mesi la quota di importazione di energia della Germania  è arrivata al 70 % dei consumi tedeschi (Eurostat) e quindi la osannata riconversione alle rinnovabili della Germania, ancora molto parziale,  ha già portato come conseguenza ad un enorme aumento delle importazioni di energia dall’estero (anche prodotta da nucleare da Francia e paesi limitrofi dell’est) e ad un forte aumento dei costi dell’energia. Molte critiche alle sovvenzioni pubbliche  alle rinnovabili cominciano a venire dagli imprenditori tedeschi. Recentemente una parziale riduzione delle sovvenzioni di stato alle "nuove" energie ha portato alla chiusura di decine di aziende dell'eolico e fotovoltaico nella sola Germania.  
La ripresa dell'interesse sul nucleare si vede da tanti  segnali in tutto il mondo. I test della commissione europea sulle centrali esistenti stanno confermando la sicurezza della stragrande maggioranza delle centrali in Europa.  In Giappone il nuovo Governo di Abe, dopo i tentennamenti di quello precedente successivi all’incidente, ha ripreso in pieno il programma di sviluppo e costruzione di nuove centrali. In Turchia Erdogan ha in programma  la costruzione di un sistema di centrali di ultima generazione supersicure anche riguardo ai terremoti, frequenti nel suo paese. La Turchia si avvale storicamente della collaborazione dei russi, ma recentemente ha scelto l’expertise giapponese per la costruzione della seconda centrale nucleare: il 3 maggio il premier Erdogan ha presieduto ad Ankara, con il premier giapponese Shinzo Abe, alla cerimonia per la firma dell’intesa preliminare che assegna il progetto di costruzione – del valore stimato in 22 miliardi di dollari- a un consorzio guidato da Mitsubishi Heavy con la francese Areva. Si tratta della prima commessa estera ottenuta da giapponesi –e francesi- dopo la crisi  successiva a Fukushima. La centrale sarà realizzata nella provincia di Sinop, sul Mar Nero, e gestita da Gdf Suez; dovrebbe comprendere quattro reattori ad acqua pressurizzata con una capacità complessiva di circa 45 Megawatt.  Abe si è recato nel suo lungo giro anche in Russia e Medio Oriente, facendosi promotore dell’export di tecnologia nucleare, firmando in proposito una intesa preliminare in Arabia Saudita e un accordo-quadro negli Emirati Arabi. Gli stessi paesi produttori, coscienti del possibile prossimo superamento del picco del petrolio e del possibile esaurimento di parte dei giacimenti, si stanno attrezzando per lo sviluppo di nucleare pulito. Del resto i dati dell’effetto serra, tra cui il recente raggiungimento di 400 ppm di CO2 in atmosfera, contribuiscono a ridurre le emissioni e spingere in tutto il mondo verso la produzione nucleare.  Abe ha sottolineato che la tecnologia nucleare nipponica “è la più sicura nel mondo”. Sul fronte interno, in Giappone,  l’”Abenomics” intende completarsi con la riattivazione di altri impianti atomici (oltre ai due già rimessi in funzione) al fine di limitare la bolletta energetica. La nuova Nuclear Regulation  Authority ha da poco approvato norme più puntuali sulla sicurezza che entreranno in vigore a luglio: altri reattori torneranno a funzionare in autunno. Anche altri paesi come  gli Usa, Brasile, India, Corea e soprattutto Cina, hanno in programma la costruzione di nuove centrali, mentre le resistenze al nucleare –almeno da parte degli esperti- vengono meno ogni giorno di più in seguito alle preoccupazioni per il global warming. Il nucleare è completamente privo di emissioni di anidride carbonica, ed inoltre le statistiche ufficiali dicono che il numero di vittime da incidenti  per teravattora di energia prodotta è inferiore a tutti gli altri sistemi, comprese le rinnovabili (inferiori ad esempio all’idroelettrico). Il nucleare del resto ha un impatto ambientale e sul paesaggio minimo, occupando aree più o meno corrispondenti alle centrali a combustione tradizionali. L’eolico e il fotovoltaico al contrario richiedono grandi estensioni di terra, enormi infrastrutture di cemento, aree di stoccaggio, elettrodotti, centraline e reti diffuse, ecc. ed hanno un impatto paesaggistico devastante, cosa che anche in Germania ed in Europa  ha portato alla nascita di numerosi comitati e associazioni di cittadini che si oppongono in maniera sempre più determinata alla devastazione del territorio (anche acustica, oltre che paesaggistica, per quanto riguarda l’eolico). Cresce inoltre l’opposizione  alle spese ingenti a carico dei cittadini per le sovvenzioni e gli incentivi, senza i quali le rinnovabili sarebbero fuori mercato. Il fatto che la Germania abbia posticipato al 2035 lo smantellamento effettivo delle sue centrali la dice lunga sulla demagogia politica che sta dietro gli annunci di governo e opposizione. In realtà le centrali nucleari tedesche, a parte le più antiquate che avranno un ciclo di vita di ulteriori otto anni,  continueranno a funzionare, nel frattempo che  una nuova generazione di centrali nucleari più sicure sarà messa a punto e sarà pronta per sostituire le vecchie centrali alla data della prevista dismissione. Sul nucleare quindi nessuna retromarcia effettiva della Germania, se non a parole. Il governo tedesco, senza dirlo esplicitamente, conta poi sul fatto  che intorno al 2040 dovrebbero essere pronti sul mercato i primi reattori a fusione calda, il cui prototipo funzionante è in avanzata fase di costruzione a Cadarache nel sud della Francia, per conto del consorzio internazionale Iter.

Che avviene riguardo al nucleare, nel paese più retrivo e ideologico dell’Euro-area e forse del mondo intero, cioè l’Italia? Qui l’eco-demagogia è riuscita a far passare un referendum che stoppa il nucleare, condannando il paese a restare tra i principali bruciatori di fossili in Europa e ad avere l’energia al prezzo più alto del mondo. Produciamo più carbonio atmosferico di Francia e Inghilterra messe insieme e tuttavia facciamo i paladini della green economy, come se fossimo la Svezia. Paghiamo l’energia elettrica il doppio rispetto a Francia, Inghilterra e Germania e ovviamente, in queste condizioni, l’economia italiana continuerà a boccheggiare e la disoccupazione a crescere. La nave Italia si è data una politica energetica che la sta portando ad un declino del sistema industriale e produttivo e viaggia più o meno allegramente  verso il terzo mondo arretrato. Timidi segnali di inversione di tendenza cominciano ad esserci, ma con rapide marcie indietro o tentennamenti, insomma all’italiana. Il ministro dello Sviluppo  Zanonato ha aperto un piccolo spiraglio: “Nucleare? Perché no, se avessimo i siti adatti…”. E ancora ha dichiarato: “ Non mi piace quando si enfatizzano le cose demonizzandole. L’energia nucleare è una forma di energia, se si può gestire non è sbagliata di per sé…”. Poca cosa, anche se è un segnale. Ovviamente le trombe e i tromboni dell’eco-demagogia si sono subito messi a strombazzare gridando allo scandalo. I trinariciuti hanno smesso l’eskimo di gloriosa memoria e hanno indossato le tute bianche anticontaminazione. Intanto, come frutto dell’ideologia antinuclearista terzomondista, all’Enea si danno un sesto dei soldi che si davano nel 1980, e i ricercatori –appena formati- prendono il via per l’estero dove non ci sono tanti fessi come in Italia e sul nuclerare si investe e si studia e si progettano centrali di nuova generazione, più sicure ed efficienti. Per fortuna che non tutto è negativo, all’Enea si svolgono ancora ricerche sul nucleare, sia per quanto riguarda i reattori a fissione di nuovissima generazione (per lo più studi teorici), sia   per i futuri reattori a fusione –su cui anzi esiste una concreta collaborazione con l’industria- e i progressi sono rapidi e incessanti.
Decenni di studi d'avanguardia sul nucleare infatti, secondo gli scienziatidella «cittadella» di Frascati, spingono nonostante tutto all'ottimismo: «L'industria italiana ha la leadership nel settore della produzione di componenti per la fusione nucleare, un settore di nicchia, che attrae però
importanti finanziamenti da tutto il mondo». Lo conferma il progetto internazionale Iter per la costruzione a Cadarache, in Provenza, del primo impianto a fusione di dimensioni paragonabili a quelle di una centrale elettrica convenzionale.

Un colossale sforzo finanziario e scientifico paragonabile solo, dicono gli esperti, allo sbarco sulla Luna: se avremo energia sicura lo vedremo lì. Bene: del miliardo e 300 milioni di euro finora assegnati per i lavori, 750 milioni sono andati a imprese italiane produttrici di magneti superconduttori, sistemi  di controllo, scambiatori di calore speciali... «Imprese che si sono qualificate lavorando con noi», spiega l'ingegner Giovanni Lelli, che dell'Enea è il commissario, «in pratica l'Italia partecipa a Iter col 13 per cento delle risorse e ha già acquisito oltre il 50 per cento degli ordini. Gli altri Paesi sono seccatissimi per questa nostra leadership».
Eppure, a Frascati si sentono un po' come il tenente Drogo nella fortezza Bastiani di Dino Buzzati. Lontani, estranei, dimenticati. Circondati dal nulla.
Te lo dicono arrossendo d'imbarazzo, come se si scusassero loro per la cecità altrui: «Sono anni che non vediamo un ministro. Anni. Siamo una voce nel bilancio ma di cosa facciamo, di come collaboriamo con le imprese, di come  riusciamo nonostante tutto a recuperare soldi per continuare a lavorare e scoprire e fare brevetti pare che non importi a nessuno». Ogni tanto, racconta Lelli, qualche ministro lo incrocia: «Gli dico: posso spiegarle cosa potremmo fare per aiutare operativamente il rilancio dell'Italia? Mi rispondono: ha ragione, bisogna che ci vediamo...». E poi? «E poi il vuoto...». (Da un’intervista di Gian Antonio Stella sul Corriere). 

Ma i politici italiani ormai seguono la corrente “verde” dettata dalle lobby delle rinnovabili, ben finanziate e col favore dei principali mezzi di informazione, con un pubblico facile preda di mitologie, tra le quali quella  di un ritorno ad un paese rurale e felice, in cui un paesaggio tappezzato di pale eoliche e un suolo elettrificato ricoperto da un mare di pannelli solari  siano gli unici scotti da pagare alla modernità. 
Purtroppo gli eco-stupidi ci vogliono portare, non alla decrescita come declamano continuamente,  che sarebbe un concetto plausibile se finalizzato ad alcuni obiettivi, ma al declino puro e semplice, alla inefficienza e alla devastazione ambientale determinate dall’uso ideologico dell’eolico e fotovoltaico. Il povero, già ampiamente devastato, paesaggio italiano verrebbe ulteriormente stravolto dagli impianti stesi a tappeto sul paesaggio rimasto dopo settant'anni di cementificazione, per darci tra l’altro energia ad altissimi costi, inefficiente, inaffidabile, in quantità e modalità insufficienti al funzionamento di una moderna economia tecnologicamente avanzata. Ovviamente, corollario di tanta eco-demagogia, non sono solo disoccupazione, crisi economica, chiusura ed espatrio delle imprese. C’è anche l’obbligo per il paese, per tirare avanti, di aumentare la combustione di fossili come gas, petrolio e carbone (cosa che sta avvenendo in tutti i paesi che puntano esclusivamente sulle utopie rinnovabili) e contribuire così al riscaldamento globale e alla minaccia di disastro ambientale globale che incombe sul pianeta.









2 commenti:

  1. Salve, penso che l'argomento sia un poco più complesso per questioni strategiche,militari e di esaurimento di ogni minerale esistente. Nonchè dell'infernale piano di stoccaggio. Inoltre confidare nell'intelligenza umana oggi come oggi la trovo impresa ardua.

    Leggere ancora termini come 4a generazione, supersicure, nuovissima generazione mi creda danno all'articolo un velo di scontato e obsoleto.

    Se manca petrolio manca qualsiasi piattaforma per lo sviluppo di ulteriori energie. E le guerre come quella francese per il controllo dell'uranio si fanno con molto petrolio. Questa società non sta in piedi e mi chiedo se saremo davvero in grado di mantenere questo enorme scheletro infratrutturale. Che si sta sgretolando sotto il già innescato meccanismo del cambiamento climatico.

    http://ugobardi.blogspot.it/2013/02/il-canto-del-gallo.html

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  2. La ringrazio per le critiche costruttive. Su gran parte di quel che dice concordo. Che il petrolio sarà ancora la base per ogni strategia energetica del presente e del futuro mi sembra indubitabile. Almeno per mezzo secolo ancora.

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