In 15 anni il cemento ha ricoperto
un'area grande come Lazio e Abruzzo
Dal 1990 al 2005 consumata dall'urbanizzazione una superficie agricola che equivale alla superficie del Veneto
NOTIZIE CORRELATE
Il testo integrale del dossier: 2009 anno
del cemento
Italia da salvare -
Al ragazzo della via Gluck, quello di Celentano che nella Milano degli anni '60 si immalinconiva perché "là dove c'era l'erba ora c'è una città", oggi verrebbe un infarto: dal 1956 al 2001 la superficie urbanizzata del nostro paese è aumentata del 500%. Si tratta di un'impresa di distruzione di territori boschivi e agricoli unica nel suo genere, in particolare se si tiene conto che l'Italia è un paese montuoso, che vede presenti anche significative superfici occupate da laghi, fiumi e zone umide. Nell’ultimo quindicennio il consumo di suolo, e quindi di paesaggio, ha viaggiato in Italia al ritmo di 244mila ettari all’anno. Secondo i censimenti dell’Istituto Centrale di Statistica, dal 1990 al 2005 abbiamo consumato 3 milioni e 663 mila ettari di superficie libera, cioè un'area più grande del Lazio e dell’Abruzzo messi assieme. Fra questi ci sono 2 milioni di terreno agricolo fertile che oggi è stato coperto da capannoni, case, strade: una superficie paragonabile al territorio di tutto il Veneto. E' quindi a pieno titolo che l'Italia vanta il primato di essere il primo produttore e consumatore di cemento in Europa: buona parte è stato e continua ad essere riversato sulle aree più importanti per la biodiversità (coste, fiumi, aree agricole). Questi dati, e le osservazioni relative, sono contenuti in un nuovo dossier intitolato "2009, l'anno del Cemento", curato dal Wwf in collaborazione con un gruppo di ricercatori della Facoltà di Ingegneria Ambiente e Territorio e Scienze Ambientali dell'Università dell'Aquila, coordinati dal prof. Bernardino Romano. Sono dati gravi, basti pensare che sono già almeno 100 i Comuni sono riusciti a urbanizzare oltre il 50% delle aree di loro appartenenza.
LA SCOMPARSA DEI LUOGHI ISOLATI - La controprova di questa effetto blob del cemento nel paese è dato da un esame sui luoghi rimasti isolati. Il prof. Romano ha ricercato siti dai quali le costruzioni più vicine distassero almeno 5 km, in grado quindi di produrre un cerchio con un diametro di 10 km senza niente all’interno. Il risultato è chiaro: ormai solamente il 14% del nostro territorio risponde a questa caratteristica. Questa diffusione a macchia del cemento, in parte determinata dall’incapacità di programmare lo sviluppo edilizio - ad oltre 8.000 Comuni corrispondono oltre 8.000 piani regolatori - porta con sé la necessità di connettere questi immobili attraverso strutture viarie. E’ così che, stando ai dati Istat, la nostra rete stradale si sviluppa per oltre 200mila km, producendo una pesante segmentazione del territorio ed interrompendo ovunque quella continuità che, in modo molto più esteso, è facilmente visibile in molti altri Paesi, anche europei.
CASE SU CASE - In passato la crescita delle città era unicamente collegata all'aumento della popolazione urbana. Al contrario, oggi, in tutta Europa, dove la crescita demografica è molto ridotto o addirittura assente, l'urbanizzazione è un fattore totalmente fuori controllo, guidato dalla ricerca di un "benessere" che si misura sulle seconde case, sugli investimenti immobiliari e su una componente speculativa e finanziaria che ha fatto impazzire il meccanismo, facendo scempio del territorio e della qualità della vita di chi abita spazi dove non si sono più "vuoti" ma soltanto "pieni". Dal 1950 a oggi in Europa le città hanno subito una crescita del 78% contro un aumento della popolazione che raggiunge a malapena il 33%. La sola città di Palermo, per fare un esempio, di fronte a un aumento della popolazione del 50% è corrisposto un aumento dell'urbanizzazione del 200%. Allo stesso tempo in molte regioni italiane ad un decremento della popolazione corrisponde un increscioso aumento del territorio urbanizzato. Un aspetto interessante inoltre è come la crescita straordinaria dell’edilizia privata (+21%) vada a braccetto con un crollo dell’edilizia pubblica e sociale. Case quindi per profitto e investimento e non certo per le nuove coppie, per i poveri o per chi richiede un alloggio in cui vivere. Secondo i dati diffusi dall’Ance, cioè l’associazione dei costruttori, risulta che dal 1999 al 2007 l’intero comparto delle costruzioni è cresciuto del 27,1%. Se si considera che nello stesso periodo il nostro prodotto interno lordo è cresciuto del + 13,5% ci si rende conto che lo sviluppo di settore è stato percentualmente il doppio rispetto a quello complessivo del Paese.
CONDONI E PIANI CASA - In questo contesto, secondo l'analisi contenuta nel dossier del Wwf, si inserisce una consistente quota di edilizia selvaggia, che ha fatto scempio di zone particolarmente preziose del nostro paese: ad esempio tra il 1990 e il 2000 la tendenza di urbanizzazione costiera è proceduta del 30% più velocemente dell’urbanizzazione dell’entroterra. E hanno quindi un suono particolarmente sinistro le tre leggi emanate su condoni che hanno prodotto un numero imprecisato (nessuno lo sa con esattezza) di abusi sanati e centinaia di migliaia di pratiche ancora giacenti (molte di queste da oltre 20 anni) presso i Comuni di tutt’Italia, in particolare del centro e del sud. E quindi i nuovi piani casa arrivano in una situazione indefinita ed aggiungono volumetria in un contesto dove non c’è certezza di quanto è legale o illegale, di quanto è sanabile, di quanto dev’essere necessariamente respinto e abbattuto.
La maggior parte delle forme di consumo del suolo sono irreversibili, ovvero non esistono forme di recupero: una volta fatto il danno, che siano case o capannoni, ce lo si tiene. E il dossier denuncia che l’attività edilizia (non solamente quella abitativa) e quella legata alle opere pubbliche, arricchisce di solito chi già possiede finanze da investire e distrugge irreversibilmente quel “capitale” pubblico collettivo costituito dalla natura e dalla biodiversità, unica concreta assicurazione per il nostro futuro. C'è di che meditare su quella massima secondo la quale «se non si costruisce, non c’è progresso economico».
Stefano Rodi
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giovedì 6 agosto 2009
mercoledì 8 luglio 2009
La Chiesa e la sovrappopolazione
Nella sua ultima enciclica il papa Benedetto XVI condanna le politiche di controllo delle nascite che, dice tra l'altro, ritardano lo sviluppo economico. Inoltre auspica che la politica rimetta al centro l'uomo (e non il pianeta, la natura e l'ambiente). Così, con parole che si richiamano alla vita e ai valori dell'uomo, la Chiesa cattolica continua una politica di morte, di fame, di malattie e di arretratezza economica per le persone, e contribuisce alla catastrofe ambientale verso cui il pianeta è avviato.
mercoledì 1 luglio 2009
OTTIMISMO E SOVRAPPOPOLAZIONE
di Virginia Abernethy
traduzione di Carpanix
Ebbene, sì, l’Occidente deve fare attenzione ai problemi relativi alla popolazione del Terzo Mondo. Ma che tipo di attenzione? La saggezza convenzionale sostiene che lo sviluppo economico — e quindi l’aiuto economico da parte dell’Occidente — sia la chiave per frenare la crescita della popolazione nelle nazioni povere. Non è vero, dice l’autore…
Introduzione
Progresso e popolazione
Il messaggio della penuria
Pensare localmente
Introduzione
La sovrappopolazione affligge la maggior parte delle nazioni, ma rimane primariamente un problema locale — un’idea che questo articolo cercherà di spiegare. Anche il controllo della riproduzione (la soluzione) è primariamente locale; esso nasce dalla sensazione che le risorse si stiano riducendo. In queste circostanze gli individui e le coppie spesso vedono la limitazione delle dimensioni della famiglia come il più probabile percorso verso il successo.
Molti studiosi, antichi e moderni, hanno sempre saputo che le reali dimensioni della famiglia sono connesse molto strettamente al numero di figli che la gente desidera. Paul Demeny, del Population Council, è eccezionalmente chiaro a questo proposito, e l’economista della Banca Mondiale Lant Pritchett asserisce che l’85-90% dei tassi di fecondità reali possono essere spiegati dai desideri dei genitori — non dalla mera disponibilità di contraccettivi. Pritchett scrive che “l’imponente declino della fertilità osservato nel mondo contemporaneo è dovuto quasi interamente all’altrettanto imponente declino del desiderio di fecondità.” Dell’opinione di Paul Kennedy, espressa nel suo libro Preparandosi al XXI secolo, secondo la quale “l’unico mezzo pratico per assicurare un calo nei tassi di fecondità, e quindi nella crescita della popolazione, è l’introduzione di forme di controllo delle nascite economiche ed affidabili”, Pritchett dice: “Non avremmo potuto inventare una affermazione più chiara e articolata del punto di vista che sosteniamo essere sbagliato”.
Progresso e Popolazione
Dati interculturali e storici suggeriscono che la gente ha solitamente limitato le proprie famiglie ad una dimensione coerente con la possibilità di vivere comodamente in comunità stabili. Se lasciate indisturbate, le società tradizionali sopravvivono per lunghi periodi in equilibrio con le risorse locali. Una società dura in parte perché si mantiene entro le capacità di carico del suo ambiente.
Ad ogni modo, la percezione dei limiti che derivano dall’ambiente locale è facilmente neutralizzata da segnali che promettono prosperità. Citando l’ultimo Georg Borgstrom, un riconosciuto scienziato alimentarista e un pluridecorato specialista in economie del Terzo Mondo che morì nel 1989, una pubblicazione del Population Reference Bureau del 1971, spiega:
Una quantità di civiltà, incluse quelle dell’India e dell’Indonesia, “avevano una chiara idea dei limiti dei loro villaggi o comunità” prima che l’intervento straniero corrompesse gli schemi tradizionali. I programmi di aiuto tecnologico… “li indussero a credere che l’adozione di certi avanzamenti tecnologici stava per liberarli da questi vincoli e dalla dipendenza da queste restrizioni”.
L’espansione economica, specialmente se introdotta dall’esterno della società e su larga scala, incoraggia la convinzione che i limiti precedentemente riconosciuti come validi possano essere tenuti in poco conto, che ognuno possa guardare avanti alla prosperità e, come in casi recenti, che si possa contare sull’Occidente come fornitore di assistenza, recupero e come valvola di sfogo per la popolazione in eccesso.
La percezione di nuove opportunità, se dovuta ad avanzamento tecnologico, espansione dei mercati, cambiamenti politici, aiuti esterni, emigrazione verso una terra più ricca o scomparsa di competitori (che se ne vanno o muoiono), incoraggia maggiori dimensioni della famiglia. Le famiglie riempiono avidamente ogni nicchia apparentemente più grande, e le nascite extra e la conseguente crescita della popolazione spesso vanno oltre le reali opportunità.
Crescere oltre il numero sostenibile è una minaccia onnipresente, poiché gli esseri umani prendono spunto dalle opportunità che risultano apparenti nell’immediato, e sono facilmente ingannati dai cambiamenti. Contando su ciò che è prossimo nello spazio o nel tempo, calcoliamo con difficoltà la crescita a lungo termine della popolazione, i limiti all’avanzamento tecnologico futuro e la inesorabile progressione dell’impoverimento delle risorse.
L’apparenza (e la concretezza sul breve periodo) di opportunità in espansione assume varie forme. Negli anni ‘50, la redistribuzione dei terreni in Turchia condusse i contadini precedentemente senza terra ad incrementare significativamente le dimensioni delle loro famiglie. Tra i pastori del Sahel Africano, i pozzi profondi per la captazione dell’acqua trivellati dai Paesi donatori negli anni ‘50 e ‘60 permisero l’allevamento di più grandi mandrie di bovini e greggi di capre, matrimoni più precoci (poiché i prezzi delle spose sono pagati in animali e il numero di capi richiesto divenne più facile da accumulare), e più elevata fecondità. Allo stesso modo, la diffusione della coltivazione della patata in Irlanda nei primi anni del XVIII secolo incrementò la produzione agricola e incoraggiò i contadini a suddividere parte delle proprie fattorie in appezzamenti per i propri figli, i quali per parte loro promossero matrimoni precoci e un incremento esplosivo delle nascite. Ancor prima, tra il VI e il IX secolo, l’introduzione in Europa della staffa, dei finimenti a collare rigido e della ferratura dei cavalli potenziò grandemente la produzione agricola delle pianure settentrionali dell’Europa. Una migliore alimentazione aiutò a condurre l’Europa fuori dal Medio Evo verso la ripresa economica e quindi, tra il 1050 e il 1350 circa, a triplicare la popolazione in Paesi quali l’Inghilterra e la Francia.
L’India offre un altro esempio. La sua popolazione fu quasi stabile dal 400 a.C. a circa il 1600 d.C.. Dopo la fine delle invasioni Mongole, e con l’avvento di nuove opportunità commerciali, la popolazione cominciò a crescere (con un tasso di circa la metà rispetto all’Europa). Più tardi, il commercio Europeo offrì all’India ulteriori opportunità, e la crescita della popolazione accelerò. Decollò letteralmente poco dopo che la nazione si liberò della sua condizione coloniale, nel 1947; l’assistenza da parte dell’URSS, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale potenziarono la percezione di un futuro prospero, e il tasso di crescita della popolazione continuò ad accelerare fino al 1980 circa.
Movimenti indipendentisti di successo e golpe populisti sono preminenti tra i tipi di cambiamento che portano il messaggio che i tempi sono buoni e stanno migliorando. La Cina cominciò il suo interludio euforico con l’espulsione dei Nazionalisti, nel 1949. Il Comunismo trionfò, e la sua filosofia sosteneva che una nazione grande richiedeva più gente (qualcuno tra i lettori riesce a ricordare uno dei principali motti del nostro Fascismo? Iniziava con “Condizione imprescindibile del primato è il numero…”; ancora una volta, gli estremi coincidono - N.d.T.). Il tasso di fecondità e la dimensione della popolazione partirono a razzo verso l’alto. Una popolazione del territorio principale della Cina che era stimata essere 559.000.000 nel 1949 crebbe fino a 654.000.000 nel 1959, laddove nei precedenti 100 anni di agitazione politica e guerra il tasso medio di crescita della popolazione cinese era stato appena dello 0,3% all’anno. Sia la minore mortalità, sia la accresciuta fecondità contribuirono all’incremento. Judith Banister scrive in La popolazione cinese che cambia: “La fecondità cominciò a crescere verso la fine degli anni ‘40 e era prossima o superiore alle 6 nascite per donna durante gli anni 1952-57, una fecondità maggiore di quella che era stata abituale” nei precedenti decenni. Banister attribuisce l’esplosione demografica cinese alla fine della guerra e alla politica del governo: “La riforma fondiaria del 1950-51 redistribuì la terra ai contadini che ne erano privi e ai fittavoli”.
Cuba ebbe una esplosione demografica quando Fidel Castro spodestò Fulgencio Batista, nel 1959. Castro promise esplicitamente una redistribuzione delle ricchezze e, secondo i demografi S. D’az-Briquets e L. PZ rez, come risposta la fecondità crebbe. D’az-Briquets e L. PZ rez scrivono: “Il fattore principale fu l’incremento delle entrate reali tra i gruppi più svantaggiati portato dalle misure di redistribuzione del governo rivoluzionario. La crescita della fecondità nell’ambito di quasi ogni fascia d’età suggerisce che le coppie videro il futuro come più promettente e sentirono che ora si sarebbero potuti permettere più figli”.
Le popolazioni dell’Algeria, dello Zimbabwe e del Ruanda crebbero rapidamente intorno all’epoca in cui le potenze coloniali partirono. L’Algeria, per esempio, ottenne l’indipendenza nel 1962, e trent’anni dopo il 70% della sua popolazione aveva meno di 30 anni d’età. Lo Zimbabwe ottenne l’indipendenza nel 1980, e subito raggiunse uno dei maggiori tassi di crescita della popolazione del mondo; la crescita venne incoraggiata dal Ministro della Salute, che attaccò la pianificazione familiare come una “congiura del colonialismo bianco” per limitare il potere nero.
A causa dei loro effetti sulle dimensioni della famiglia, i programmi di sviluppo implicanti grandi trasferimenti di tecnologia e di fondi verso il Terzo Mondo sono stati particolarmente dannosi. Questo tipo di aiuto è inappropriato poiché invia il segnale che la ricchezza e le opportunità possono aumentare senza sforzo e senza limiti. Che ne consegua una rapida crescita della popolazione non dovrebbe stupire nessuno. L’Africa, che negli ultimi decenni ha ricevuto tre volte più aiuti dall’estero pro-capite di qualsiasi altro continente, ha ora anche i più alti tassi di fecondità. Durante gli anni ‘50 e ‘60 la fecondità in Africa crebbe — fino a quasi sette bambini per donna — nello stesso momento in cui veniva ridotta la mortalità infantile, cresceva la disponibilità di cure, si diffondeva l’istruzione maschile e femminile e l’ottimismo economico pervadeva sempre più ampi settori della società. Tassi di crescita della popolazione straordinariamente elevati erano nuovi per l’Africa; durante gli anni ‘50 i tassi di crescita della popolazione in America Latina erano stati più alti.
Anche l’immigrazione può influire sulla popolazione mondiale complessiva. Studi relativi all’Inghilterra e al Galles del XIX secolo e alle popolazioni Caraibiche moderne, evidenziano che in comunità già nel pieno di una rapida crescita della popolazione, la fecondità rimane elevata fino a quando esiste la possibilità di emigrare, mentre declina rapidamente nelle comunità prive di questa valvola di sicurezza. E mentre i tassi di fecondità si vanno riducendo nella maggior parte dei Paesi africani, tale tasso resta alto in Ghana (6,2 nascite per donna nel 1993), forse perché una certa emigrazione (l’uno per 1.000 della popolazione) fornisce una valvola di sicurezza per la quantità di popolazione in eccesso. Questo effetto sulla fecondità è coerente con studi indipendenti secondo i quali l’emigrazione accresce le entrate sia tra coloro che emigrano sia tra coloro che rimangono.
In sostanza, è vero, anche se scomodo, che gli sforzi per alleviare la povertà spesso stimolano la crescita della popolazione, così come fa il lasciare aperte le porte all’immigrazione. I sussidi, le ricchezze inattese e la prospettiva di opportunità economiche rimuovono l’immediatezza del bisogno di preservare. I mantra della democrazia, della redistribuzione e dello sviluppo economico innalzano le attese e i tassi di fecondità, incoraggiando la crescita della popolazione e quindi rendendo più ripida una spirale ambientale ed economica discendente.
A dispetto di questo fatto, certi esperti e il pubblico che essi informano, desiderano nonostante tutto credere che i tassi di fecondità siano stati tradizionalmente alti nel mondo intero e si siano ridotti solo nelle nazioni post-industriali o nei Paesi nei quali è disponibile la moderna contraccezione, e che l’esplosione demografica del secondo dopoguerra sia dovuta principalmente alle migliori condizioni di salute e di nutrizione, che portarono a un rapido declino dei tassi di mortalità e ad un leggero, involontario incremento della fecondità. La possibilità che le maggiori dimensioni delle famiglie fossero il risultato del desiderio di avere più figli continua ad essere negato.
Gli esperti in studi sulla popolazione furono i primi ad essere ingannati. Negli anni ‘30 molti demografi predirono un rapido declino della popolazione, poiché la bassa fecondità delle nazioni occidentali industrializzate veniva attribuita allo sviluppo e alla modernizzazione più che al pessimismo endemico dovuto alla Grande Depressione (l’autore sta prendendo a riferimento la storia statunitense - N.d.T.). Continuando a non cogliere il punto, molti non riuscirono a vedere che gli alti tassi di fecondità che si ebbero dopo la Seconda Guerra Mondiale furono la risposta alla percezione di possibilità economiche in espansione. L’esplosione demografica negli Stati Uniti (1947-1961) e la leggermente succcessiva esplosione demografica nell’Europa Occidentale colsero di sorpresa la maggior parte dei demografi.
Il messaggio della penuria
Come succede, gli incontri con la penuria ai quali miliardi di persone sono costretti dai limiti naturali del loro ambiente stanno cominciando a correggere le conseguenze di decenni di percezioni errate. La retorica della modernizzazione, dello sviluppo internazionale e dell’egualitarismo sta perdendo il suo potere di inganno. Man mano che l’Europa si dimostra incapace di alleviare le sofferenze della ex-Iugoslavia, che i Paesi ricchi in generale si dimostrano quasi impotenti nell’aiutare le innumerevoli moltitudini lontane, diviene difficile credere nel recupero. Ora, come è successo molte volte nella storia dell’umanità, la riscoperta dei limiti sta risvegliando le motivazioni a ridurre le dimensioni delle famiglie.
In Irlanda i terreni divennero pochi in relazione alla popolazione in rapida crescita nei primi anni del XIX secolo e, come conseguenza, la fecondità cominciò a ritrarsi verso il basso livello dell’epoca precedente all’introduzione della patata. Nel 1830 i due terzi circa delle donne si sposavano prima dei venticinque anni di età. Nel 1851 solo il 10% di esse si sposava così giovane — un drastico rinvio del matrimonio in risposta alla carestia della patata del 1846-1851. Dopo una breve ripresa, non più del 12% si sposava prima del venticinquesimo anno di età. L’uso di contrarre matrimoni tardivi persistette dal 1890 circa fino alla Seconda Guerra Mondiale. Negli Stati Uniti l’esplosione demografica terminò all’incirca nel momento in cui il mercato del lavoro cominciò ad essere saturo: il tasso di fecondità crollò al di sotto dei livelli di sostituzione dopo lo shock petrolifero del 1973 e molti dei redditi reali degli Americani cessarono di crescere. Nella Cina post-rivoluzionaria l’incremento della popolazione proseguì fino a quando la carestia, non mitigata dagli aiuti degli Occidentali, impose un confronto con i limiti oggettivi. Nel 1979, consapevole delle gravi carenze di beni alimentari, il governo istituì una politica del tipo un-figlio-per-famiglia, portando così a compimento l’evoluzione degli incentivi e dei controlli che riportò la nazione alle restrittive abitudini matrimoniali e riproduttive pre-comuniste. A Cuba l’esplosione demografica ispirata da Castro lasciò il posto a una fecondità al di sotto del tasso di sostituzione quando l’impossibilità del comunismo di fornire la prosperità divenne evidente. Nei Paesi dell’area Orientale, compresa la Russia, la ristrutturazione economica, lo svanire dei sussidi governativi per il consumo e la percezione pubblica di una mortalità infantile in crescita hanno portato a tassi di fecondità minori e hanno creato una tendenza ad evitare la gravidanza.
Nello Zimbabwe, spinto dalla crisi economica dei tardi anni ‘80, il governo cominciò a sostenere la pianificazione familiare. Secondo The Economist, “l’elevato costo del mantenimento di una famiglia numerosa ha aiutato a convincere alcuni uomini dell’importanza del limitarne le dimensioni”. Il tasso di fecondità è in calo tra gli Yoruba in Nigeria, a causa di una combinazione del ritardo nei matrimoni e dell’accettazione della moderna contraccezione. Due terzi delle donne che hanno risposto ad un recente sondaggio hanno detto che “la principale causa alla radice della posposizione del matrimonio e dell’uso della contraccezione per consentirla era l’attuale sitazione economica difficile”.
Anche altrove, la richiesta di una moderna contraccezione è in crescita, e ancora la ragione sembra essere che le coppie percepiscono come economicamente insostenibile un matrimonio precoce e una famiglia numerosa. Nel suo nuovo libro “Masse critiche”, il giornalista George D. Moffett riporta che una madre su due in Messico difese il suo ricorso alla contraccezione davanti al prete di un villaggio spiegando: “Le cose sono difficili, qui. La maggioranza della gente sta attraversando tempi duri. Il lavoro è difficile da trovare”. In modo simile, un lavoratore giornaliero in Tailandia, secondo le parole di Moffett, “avrebbe piacere di avere un figlio in più, ma è consapevole che andrebbe al di là dei propri mezzi”.
Senza la motivazione a limitare le dimensioni della famiglia, la contraccezione moderna è pressoché irrilevante. Per sei anni, negli anni ‘50, un progetto condotto dal ricercatore inglese John Wyon fornì a diversi villaggi dell’India Settentrionale istruzione riguardo alla pianificazione familiare, accesso alla contraccezione e cure mediche. Gli abitanti dei villaggi erano ben disposti nei confronti di chi forniva le cure mediche e della pianificazione familiare, e la mortalità infantile si ridusse notevolmente. Ma il tasso di fecondità rimase altrettanto alto.
Il gruppo di Wyon capì il motivo: gli abitanti dei villaggi apprezzavano le famiglie numerose. Essi erano entusiasti del fatto che ora, con una minore mortalità infantile, potevano avere i sei figli che avevano sempre desiderato. Il ben finanziato progetto di Wyon potrebbe anche avere rinforzato la predilezione per le famiglie numerose, avendo contribuito a rendere possibili i figli in più.
Pensare localmente
L’errore nell’individuazione della causa dell’esplosione demografica ha portato a strategie di nessun peso e a volte addirittura controproducenti nell’aiuto fornito al Terzo Mondo per portare ad un equilibrio le dimensioni della sua popolazione e le risorse disponibili. Nei tardi anni ‘40 e negli impetuosi decenni successivi, il commercio, i movimenti indipendentisti, le rivoluzioni populiste, gli aiuti stranieri e le nuove tecnologie portarono la gente di ogni dove a credere nell’abbondanza e nella fine dei limiti naturali imposti dagli ambienti coi quali essi avevano famigliarità.
Ora è un passo avanti per le nazioni industrializzate, essendo la loro ricchezza diminuita di molto, il ricalibrare e indirizzare gli aiuti con maggiore ristrettezza. La loro ricchezza residua non deve essere sprecata nell’armare fazioni opposte, in una assistenza estera avventata, o nel sostegno alle migrazioni internazionali che impoveriscono e alla fine incattiviscono — fino alla violenza e ad una possibile guerra civile — le popolazioni residenti. Questa necessità di ricalibrazione rattrista molti, ma la precedente liberalità ha fornito un disservizio a ogni Paese individuato come obiettivo per l’indirizzamento verso lo sviluppo.
Con una nuova, informata comprensione delle risposte umane, certi tipi di aiuto rimangono appropriati: micro-prestiti che rafforzano l’imprenditoria di base, dove il successo è sostanzialmente in relazione allo sforzo; e l’assistenza con servizi di pianificazione familiare, non perché la contraccezione sia una soluzione di per sé ma perché la moderna contraccezione è un modo umano per ottenere una famiglia di ridotte dimensioni quando c’è il desiderio di una famiglia di ridotte dimensioni. Questa modesta lista di cose da fare è ancora nelle possibilità dei Paesi industrializzati anche nel momento in cui essi prestano attenzione alle necessità dei sempre più numerosi ranghi dei propri stessi poveri. E non inganna né danneggia involontariamente coloro che sono stati individuati come beneficiari.
L’idea che lo sviluppo economico sia la chiave per mettere un freno alla crescita della popolazione si basa su presupposti e affermazioni che hanno influenzato la politica degli aiuti internazionali per qualcosa come cinquant’anni. Ad ogni modo, questi presupposti non stanno in piedi di fronte ad una analisi storica o antropologica e le politiche che hanno prodotto hanno contribuito a potenziare la crescita della popolazione.
La capacità umana di avere una risposta di tipo adattivo si è evoluta nell’ambito di interazioni faccia-a-faccia. La forza dell’umanità è una rapida risposta agli stimoli ambientali — una risposta che è più probabilmente appropriata quando l’ambiente che conta è quello ravvicinato e locale. L’orizzonte della mente è qui ed ora. I nostri antenati si sono evoluti e hanno dovuto avere successo in piccoli gruppi che si muovevano su territori relativamente piccoli. Essi dovevano riuscire ad avere successo giorno per giorno — o non sarebbero divenuti gli antenati di nessuno. Quindi non è una sorpresa che i segnali che vengono dall’ambiente locale siano fortemente motivanti.
Mettiamo da parte i globalisti. Le soluzioni basate su un mondo unificato non funzionano. Le soluzioni locali, sì. Ovunque la gente agisce secondo la personale percezione dei propri interessi. Le persone sono portate a interpretare i segnali locali per trovare la prossima mossa da fare. In molti Paesi e comunità di oggi, dove le condizioni sociali, economiche e ambientali stanno indubbiamente peggiorando, la domanda per una moderna contraccezione è in crescita, il matrimonio e l’iniziazione sessuale vengono posticipati e le dimensioni della famiglia si stanno riducendo. Gli individui che reagiscono con una bassa fecondità ai segni del raggiungimento dei limiti sono la soluzione locale. C’è da pregare che i venditori di uno sviluppo inappropriato non mettano sottosopra questa situazione.
Copyright © 1994 di Virginia Abernethy. Tutti i diritti sono riservati.
Originariamente pubblicato su The Atlantic Monthly,
Dicembre 1994. Volume 274, n. 6 (pagine 84 - 91).
Traduzione di Carpanix
traduzione di Carpanix
Ebbene, sì, l’Occidente deve fare attenzione ai problemi relativi alla popolazione del Terzo Mondo. Ma che tipo di attenzione? La saggezza convenzionale sostiene che lo sviluppo economico — e quindi l’aiuto economico da parte dell’Occidente — sia la chiave per frenare la crescita della popolazione nelle nazioni povere. Non è vero, dice l’autore…
Introduzione
Progresso e popolazione
Il messaggio della penuria
Pensare localmente
Introduzione
La sovrappopolazione affligge la maggior parte delle nazioni, ma rimane primariamente un problema locale — un’idea che questo articolo cercherà di spiegare. Anche il controllo della riproduzione (la soluzione) è primariamente locale; esso nasce dalla sensazione che le risorse si stiano riducendo. In queste circostanze gli individui e le coppie spesso vedono la limitazione delle dimensioni della famiglia come il più probabile percorso verso il successo.
Molti studiosi, antichi e moderni, hanno sempre saputo che le reali dimensioni della famiglia sono connesse molto strettamente al numero di figli che la gente desidera. Paul Demeny, del Population Council, è eccezionalmente chiaro a questo proposito, e l’economista della Banca Mondiale Lant Pritchett asserisce che l’85-90% dei tassi di fecondità reali possono essere spiegati dai desideri dei genitori — non dalla mera disponibilità di contraccettivi. Pritchett scrive che “l’imponente declino della fertilità osservato nel mondo contemporaneo è dovuto quasi interamente all’altrettanto imponente declino del desiderio di fecondità.” Dell’opinione di Paul Kennedy, espressa nel suo libro Preparandosi al XXI secolo, secondo la quale “l’unico mezzo pratico per assicurare un calo nei tassi di fecondità, e quindi nella crescita della popolazione, è l’introduzione di forme di controllo delle nascite economiche ed affidabili”, Pritchett dice: “Non avremmo potuto inventare una affermazione più chiara e articolata del punto di vista che sosteniamo essere sbagliato”.
Progresso e Popolazione
Dati interculturali e storici suggeriscono che la gente ha solitamente limitato le proprie famiglie ad una dimensione coerente con la possibilità di vivere comodamente in comunità stabili. Se lasciate indisturbate, le società tradizionali sopravvivono per lunghi periodi in equilibrio con le risorse locali. Una società dura in parte perché si mantiene entro le capacità di carico del suo ambiente.
Ad ogni modo, la percezione dei limiti che derivano dall’ambiente locale è facilmente neutralizzata da segnali che promettono prosperità. Citando l’ultimo Georg Borgstrom, un riconosciuto scienziato alimentarista e un pluridecorato specialista in economie del Terzo Mondo che morì nel 1989, una pubblicazione del Population Reference Bureau del 1971, spiega:
Una quantità di civiltà, incluse quelle dell’India e dell’Indonesia, “avevano una chiara idea dei limiti dei loro villaggi o comunità” prima che l’intervento straniero corrompesse gli schemi tradizionali. I programmi di aiuto tecnologico… “li indussero a credere che l’adozione di certi avanzamenti tecnologici stava per liberarli da questi vincoli e dalla dipendenza da queste restrizioni”.
L’espansione economica, specialmente se introdotta dall’esterno della società e su larga scala, incoraggia la convinzione che i limiti precedentemente riconosciuti come validi possano essere tenuti in poco conto, che ognuno possa guardare avanti alla prosperità e, come in casi recenti, che si possa contare sull’Occidente come fornitore di assistenza, recupero e come valvola di sfogo per la popolazione in eccesso.
La percezione di nuove opportunità, se dovuta ad avanzamento tecnologico, espansione dei mercati, cambiamenti politici, aiuti esterni, emigrazione verso una terra più ricca o scomparsa di competitori (che se ne vanno o muoiono), incoraggia maggiori dimensioni della famiglia. Le famiglie riempiono avidamente ogni nicchia apparentemente più grande, e le nascite extra e la conseguente crescita della popolazione spesso vanno oltre le reali opportunità.
Crescere oltre il numero sostenibile è una minaccia onnipresente, poiché gli esseri umani prendono spunto dalle opportunità che risultano apparenti nell’immediato, e sono facilmente ingannati dai cambiamenti. Contando su ciò che è prossimo nello spazio o nel tempo, calcoliamo con difficoltà la crescita a lungo termine della popolazione, i limiti all’avanzamento tecnologico futuro e la inesorabile progressione dell’impoverimento delle risorse.
L’apparenza (e la concretezza sul breve periodo) di opportunità in espansione assume varie forme. Negli anni ‘50, la redistribuzione dei terreni in Turchia condusse i contadini precedentemente senza terra ad incrementare significativamente le dimensioni delle loro famiglie. Tra i pastori del Sahel Africano, i pozzi profondi per la captazione dell’acqua trivellati dai Paesi donatori negli anni ‘50 e ‘60 permisero l’allevamento di più grandi mandrie di bovini e greggi di capre, matrimoni più precoci (poiché i prezzi delle spose sono pagati in animali e il numero di capi richiesto divenne più facile da accumulare), e più elevata fecondità. Allo stesso modo, la diffusione della coltivazione della patata in Irlanda nei primi anni del XVIII secolo incrementò la produzione agricola e incoraggiò i contadini a suddividere parte delle proprie fattorie in appezzamenti per i propri figli, i quali per parte loro promossero matrimoni precoci e un incremento esplosivo delle nascite. Ancor prima, tra il VI e il IX secolo, l’introduzione in Europa della staffa, dei finimenti a collare rigido e della ferratura dei cavalli potenziò grandemente la produzione agricola delle pianure settentrionali dell’Europa. Una migliore alimentazione aiutò a condurre l’Europa fuori dal Medio Evo verso la ripresa economica e quindi, tra il 1050 e il 1350 circa, a triplicare la popolazione in Paesi quali l’Inghilterra e la Francia.
L’India offre un altro esempio. La sua popolazione fu quasi stabile dal 400 a.C. a circa il 1600 d.C.. Dopo la fine delle invasioni Mongole, e con l’avvento di nuove opportunità commerciali, la popolazione cominciò a crescere (con un tasso di circa la metà rispetto all’Europa). Più tardi, il commercio Europeo offrì all’India ulteriori opportunità, e la crescita della popolazione accelerò. Decollò letteralmente poco dopo che la nazione si liberò della sua condizione coloniale, nel 1947; l’assistenza da parte dell’URSS, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale potenziarono la percezione di un futuro prospero, e il tasso di crescita della popolazione continuò ad accelerare fino al 1980 circa.
Movimenti indipendentisti di successo e golpe populisti sono preminenti tra i tipi di cambiamento che portano il messaggio che i tempi sono buoni e stanno migliorando. La Cina cominciò il suo interludio euforico con l’espulsione dei Nazionalisti, nel 1949. Il Comunismo trionfò, e la sua filosofia sosteneva che una nazione grande richiedeva più gente (qualcuno tra i lettori riesce a ricordare uno dei principali motti del nostro Fascismo? Iniziava con “Condizione imprescindibile del primato è il numero…”; ancora una volta, gli estremi coincidono - N.d.T.). Il tasso di fecondità e la dimensione della popolazione partirono a razzo verso l’alto. Una popolazione del territorio principale della Cina che era stimata essere 559.000.000 nel 1949 crebbe fino a 654.000.000 nel 1959, laddove nei precedenti 100 anni di agitazione politica e guerra il tasso medio di crescita della popolazione cinese era stato appena dello 0,3% all’anno. Sia la minore mortalità, sia la accresciuta fecondità contribuirono all’incremento. Judith Banister scrive in La popolazione cinese che cambia: “La fecondità cominciò a crescere verso la fine degli anni ‘40 e era prossima o superiore alle 6 nascite per donna durante gli anni 1952-57, una fecondità maggiore di quella che era stata abituale” nei precedenti decenni. Banister attribuisce l’esplosione demografica cinese alla fine della guerra e alla politica del governo: “La riforma fondiaria del 1950-51 redistribuì la terra ai contadini che ne erano privi e ai fittavoli”.
Cuba ebbe una esplosione demografica quando Fidel Castro spodestò Fulgencio Batista, nel 1959. Castro promise esplicitamente una redistribuzione delle ricchezze e, secondo i demografi S. D’az-Briquets e L. PZ rez, come risposta la fecondità crebbe. D’az-Briquets e L. PZ rez scrivono: “Il fattore principale fu l’incremento delle entrate reali tra i gruppi più svantaggiati portato dalle misure di redistribuzione del governo rivoluzionario. La crescita della fecondità nell’ambito di quasi ogni fascia d’età suggerisce che le coppie videro il futuro come più promettente e sentirono che ora si sarebbero potuti permettere più figli”.
Le popolazioni dell’Algeria, dello Zimbabwe e del Ruanda crebbero rapidamente intorno all’epoca in cui le potenze coloniali partirono. L’Algeria, per esempio, ottenne l’indipendenza nel 1962, e trent’anni dopo il 70% della sua popolazione aveva meno di 30 anni d’età. Lo Zimbabwe ottenne l’indipendenza nel 1980, e subito raggiunse uno dei maggiori tassi di crescita della popolazione del mondo; la crescita venne incoraggiata dal Ministro della Salute, che attaccò la pianificazione familiare come una “congiura del colonialismo bianco” per limitare il potere nero.
A causa dei loro effetti sulle dimensioni della famiglia, i programmi di sviluppo implicanti grandi trasferimenti di tecnologia e di fondi verso il Terzo Mondo sono stati particolarmente dannosi. Questo tipo di aiuto è inappropriato poiché invia il segnale che la ricchezza e le opportunità possono aumentare senza sforzo e senza limiti. Che ne consegua una rapida crescita della popolazione non dovrebbe stupire nessuno. L’Africa, che negli ultimi decenni ha ricevuto tre volte più aiuti dall’estero pro-capite di qualsiasi altro continente, ha ora anche i più alti tassi di fecondità. Durante gli anni ‘50 e ‘60 la fecondità in Africa crebbe — fino a quasi sette bambini per donna — nello stesso momento in cui veniva ridotta la mortalità infantile, cresceva la disponibilità di cure, si diffondeva l’istruzione maschile e femminile e l’ottimismo economico pervadeva sempre più ampi settori della società. Tassi di crescita della popolazione straordinariamente elevati erano nuovi per l’Africa; durante gli anni ‘50 i tassi di crescita della popolazione in America Latina erano stati più alti.
Anche l’immigrazione può influire sulla popolazione mondiale complessiva. Studi relativi all’Inghilterra e al Galles del XIX secolo e alle popolazioni Caraibiche moderne, evidenziano che in comunità già nel pieno di una rapida crescita della popolazione, la fecondità rimane elevata fino a quando esiste la possibilità di emigrare, mentre declina rapidamente nelle comunità prive di questa valvola di sicurezza. E mentre i tassi di fecondità si vanno riducendo nella maggior parte dei Paesi africani, tale tasso resta alto in Ghana (6,2 nascite per donna nel 1993), forse perché una certa emigrazione (l’uno per 1.000 della popolazione) fornisce una valvola di sicurezza per la quantità di popolazione in eccesso. Questo effetto sulla fecondità è coerente con studi indipendenti secondo i quali l’emigrazione accresce le entrate sia tra coloro che emigrano sia tra coloro che rimangono.
In sostanza, è vero, anche se scomodo, che gli sforzi per alleviare la povertà spesso stimolano la crescita della popolazione, così come fa il lasciare aperte le porte all’immigrazione. I sussidi, le ricchezze inattese e la prospettiva di opportunità economiche rimuovono l’immediatezza del bisogno di preservare. I mantra della democrazia, della redistribuzione e dello sviluppo economico innalzano le attese e i tassi di fecondità, incoraggiando la crescita della popolazione e quindi rendendo più ripida una spirale ambientale ed economica discendente.
A dispetto di questo fatto, certi esperti e il pubblico che essi informano, desiderano nonostante tutto credere che i tassi di fecondità siano stati tradizionalmente alti nel mondo intero e si siano ridotti solo nelle nazioni post-industriali o nei Paesi nei quali è disponibile la moderna contraccezione, e che l’esplosione demografica del secondo dopoguerra sia dovuta principalmente alle migliori condizioni di salute e di nutrizione, che portarono a un rapido declino dei tassi di mortalità e ad un leggero, involontario incremento della fecondità. La possibilità che le maggiori dimensioni delle famiglie fossero il risultato del desiderio di avere più figli continua ad essere negato.
Gli esperti in studi sulla popolazione furono i primi ad essere ingannati. Negli anni ‘30 molti demografi predirono un rapido declino della popolazione, poiché la bassa fecondità delle nazioni occidentali industrializzate veniva attribuita allo sviluppo e alla modernizzazione più che al pessimismo endemico dovuto alla Grande Depressione (l’autore sta prendendo a riferimento la storia statunitense - N.d.T.). Continuando a non cogliere il punto, molti non riuscirono a vedere che gli alti tassi di fecondità che si ebbero dopo la Seconda Guerra Mondiale furono la risposta alla percezione di possibilità economiche in espansione. L’esplosione demografica negli Stati Uniti (1947-1961) e la leggermente succcessiva esplosione demografica nell’Europa Occidentale colsero di sorpresa la maggior parte dei demografi.
Il messaggio della penuria
Come succede, gli incontri con la penuria ai quali miliardi di persone sono costretti dai limiti naturali del loro ambiente stanno cominciando a correggere le conseguenze di decenni di percezioni errate. La retorica della modernizzazione, dello sviluppo internazionale e dell’egualitarismo sta perdendo il suo potere di inganno. Man mano che l’Europa si dimostra incapace di alleviare le sofferenze della ex-Iugoslavia, che i Paesi ricchi in generale si dimostrano quasi impotenti nell’aiutare le innumerevoli moltitudini lontane, diviene difficile credere nel recupero. Ora, come è successo molte volte nella storia dell’umanità, la riscoperta dei limiti sta risvegliando le motivazioni a ridurre le dimensioni delle famiglie.
In Irlanda i terreni divennero pochi in relazione alla popolazione in rapida crescita nei primi anni del XIX secolo e, come conseguenza, la fecondità cominciò a ritrarsi verso il basso livello dell’epoca precedente all’introduzione della patata. Nel 1830 i due terzi circa delle donne si sposavano prima dei venticinque anni di età. Nel 1851 solo il 10% di esse si sposava così giovane — un drastico rinvio del matrimonio in risposta alla carestia della patata del 1846-1851. Dopo una breve ripresa, non più del 12% si sposava prima del venticinquesimo anno di età. L’uso di contrarre matrimoni tardivi persistette dal 1890 circa fino alla Seconda Guerra Mondiale. Negli Stati Uniti l’esplosione demografica terminò all’incirca nel momento in cui il mercato del lavoro cominciò ad essere saturo: il tasso di fecondità crollò al di sotto dei livelli di sostituzione dopo lo shock petrolifero del 1973 e molti dei redditi reali degli Americani cessarono di crescere. Nella Cina post-rivoluzionaria l’incremento della popolazione proseguì fino a quando la carestia, non mitigata dagli aiuti degli Occidentali, impose un confronto con i limiti oggettivi. Nel 1979, consapevole delle gravi carenze di beni alimentari, il governo istituì una politica del tipo un-figlio-per-famiglia, portando così a compimento l’evoluzione degli incentivi e dei controlli che riportò la nazione alle restrittive abitudini matrimoniali e riproduttive pre-comuniste. A Cuba l’esplosione demografica ispirata da Castro lasciò il posto a una fecondità al di sotto del tasso di sostituzione quando l’impossibilità del comunismo di fornire la prosperità divenne evidente. Nei Paesi dell’area Orientale, compresa la Russia, la ristrutturazione economica, lo svanire dei sussidi governativi per il consumo e la percezione pubblica di una mortalità infantile in crescita hanno portato a tassi di fecondità minori e hanno creato una tendenza ad evitare la gravidanza.
Nello Zimbabwe, spinto dalla crisi economica dei tardi anni ‘80, il governo cominciò a sostenere la pianificazione familiare. Secondo The Economist, “l’elevato costo del mantenimento di una famiglia numerosa ha aiutato a convincere alcuni uomini dell’importanza del limitarne le dimensioni”. Il tasso di fecondità è in calo tra gli Yoruba in Nigeria, a causa di una combinazione del ritardo nei matrimoni e dell’accettazione della moderna contraccezione. Due terzi delle donne che hanno risposto ad un recente sondaggio hanno detto che “la principale causa alla radice della posposizione del matrimonio e dell’uso della contraccezione per consentirla era l’attuale sitazione economica difficile”.
Anche altrove, la richiesta di una moderna contraccezione è in crescita, e ancora la ragione sembra essere che le coppie percepiscono come economicamente insostenibile un matrimonio precoce e una famiglia numerosa. Nel suo nuovo libro “Masse critiche”, il giornalista George D. Moffett riporta che una madre su due in Messico difese il suo ricorso alla contraccezione davanti al prete di un villaggio spiegando: “Le cose sono difficili, qui. La maggioranza della gente sta attraversando tempi duri. Il lavoro è difficile da trovare”. In modo simile, un lavoratore giornaliero in Tailandia, secondo le parole di Moffett, “avrebbe piacere di avere un figlio in più, ma è consapevole che andrebbe al di là dei propri mezzi”.
Senza la motivazione a limitare le dimensioni della famiglia, la contraccezione moderna è pressoché irrilevante. Per sei anni, negli anni ‘50, un progetto condotto dal ricercatore inglese John Wyon fornì a diversi villaggi dell’India Settentrionale istruzione riguardo alla pianificazione familiare, accesso alla contraccezione e cure mediche. Gli abitanti dei villaggi erano ben disposti nei confronti di chi forniva le cure mediche e della pianificazione familiare, e la mortalità infantile si ridusse notevolmente. Ma il tasso di fecondità rimase altrettanto alto.
Il gruppo di Wyon capì il motivo: gli abitanti dei villaggi apprezzavano le famiglie numerose. Essi erano entusiasti del fatto che ora, con una minore mortalità infantile, potevano avere i sei figli che avevano sempre desiderato. Il ben finanziato progetto di Wyon potrebbe anche avere rinforzato la predilezione per le famiglie numerose, avendo contribuito a rendere possibili i figli in più.
Pensare localmente
L’errore nell’individuazione della causa dell’esplosione demografica ha portato a strategie di nessun peso e a volte addirittura controproducenti nell’aiuto fornito al Terzo Mondo per portare ad un equilibrio le dimensioni della sua popolazione e le risorse disponibili. Nei tardi anni ‘40 e negli impetuosi decenni successivi, il commercio, i movimenti indipendentisti, le rivoluzioni populiste, gli aiuti stranieri e le nuove tecnologie portarono la gente di ogni dove a credere nell’abbondanza e nella fine dei limiti naturali imposti dagli ambienti coi quali essi avevano famigliarità.
Ora è un passo avanti per le nazioni industrializzate, essendo la loro ricchezza diminuita di molto, il ricalibrare e indirizzare gli aiuti con maggiore ristrettezza. La loro ricchezza residua non deve essere sprecata nell’armare fazioni opposte, in una assistenza estera avventata, o nel sostegno alle migrazioni internazionali che impoveriscono e alla fine incattiviscono — fino alla violenza e ad una possibile guerra civile — le popolazioni residenti. Questa necessità di ricalibrazione rattrista molti, ma la precedente liberalità ha fornito un disservizio a ogni Paese individuato come obiettivo per l’indirizzamento verso lo sviluppo.
Con una nuova, informata comprensione delle risposte umane, certi tipi di aiuto rimangono appropriati: micro-prestiti che rafforzano l’imprenditoria di base, dove il successo è sostanzialmente in relazione allo sforzo; e l’assistenza con servizi di pianificazione familiare, non perché la contraccezione sia una soluzione di per sé ma perché la moderna contraccezione è un modo umano per ottenere una famiglia di ridotte dimensioni quando c’è il desiderio di una famiglia di ridotte dimensioni. Questa modesta lista di cose da fare è ancora nelle possibilità dei Paesi industrializzati anche nel momento in cui essi prestano attenzione alle necessità dei sempre più numerosi ranghi dei propri stessi poveri. E non inganna né danneggia involontariamente coloro che sono stati individuati come beneficiari.
L’idea che lo sviluppo economico sia la chiave per mettere un freno alla crescita della popolazione si basa su presupposti e affermazioni che hanno influenzato la politica degli aiuti internazionali per qualcosa come cinquant’anni. Ad ogni modo, questi presupposti non stanno in piedi di fronte ad una analisi storica o antropologica e le politiche che hanno prodotto hanno contribuito a potenziare la crescita della popolazione.
La capacità umana di avere una risposta di tipo adattivo si è evoluta nell’ambito di interazioni faccia-a-faccia. La forza dell’umanità è una rapida risposta agli stimoli ambientali — una risposta che è più probabilmente appropriata quando l’ambiente che conta è quello ravvicinato e locale. L’orizzonte della mente è qui ed ora. I nostri antenati si sono evoluti e hanno dovuto avere successo in piccoli gruppi che si muovevano su territori relativamente piccoli. Essi dovevano riuscire ad avere successo giorno per giorno — o non sarebbero divenuti gli antenati di nessuno. Quindi non è una sorpresa che i segnali che vengono dall’ambiente locale siano fortemente motivanti.
Mettiamo da parte i globalisti. Le soluzioni basate su un mondo unificato non funzionano. Le soluzioni locali, sì. Ovunque la gente agisce secondo la personale percezione dei propri interessi. Le persone sono portate a interpretare i segnali locali per trovare la prossima mossa da fare. In molti Paesi e comunità di oggi, dove le condizioni sociali, economiche e ambientali stanno indubbiamente peggiorando, la domanda per una moderna contraccezione è in crescita, il matrimonio e l’iniziazione sessuale vengono posticipati e le dimensioni della famiglia si stanno riducendo. Gli individui che reagiscono con una bassa fecondità ai segni del raggiungimento dei limiti sono la soluzione locale. C’è da pregare che i venditori di uno sviluppo inappropriato non mettano sottosopra questa situazione.
Copyright © 1994 di Virginia Abernethy. Tutti i diritti sono riservati.
Originariamente pubblicato su The Atlantic Monthly,
Dicembre 1994. Volume 274, n. 6 (pagine 84 - 91).
Traduzione di Carpanix
lunedì 29 giugno 2009
I Verdi e la devastazione del territorio italiano
L' orizzonte mentale dei Verdi in fondo non è diverso da quello del distruttore dell'ambiente, l'uomo occidentale antropocentrico. Essi non amano la campagna, il sacro che è racchiuso in essa, non amano gli olivi per quello che sono. Non hanno occhi nuovi per la natura. Amano gli uomini, le loro esigenze, i loro egoismi di specie.Non dicono nulla sull'eccesso di popolazione umana divoratrice di mondi, guardano a questa immane distruzione del pianeta con gli occhi gelidi della ragione umana, non vedono che l'uomo, non c'è un sentimento nuovo per gli alberi, per gli ulivi, per le antiche tradizioni, per un reale connubio tra quanto di naturale è nell'uomo e quanto di naturale è nel mondo.
domenica 28 giugno 2009
L'assurda fabbrica di figli
Da "La Stampa" dell'8/6/2007
L'assurda fabbrica di figli
di Guido Ceronetti
Quando si tratta di cifre-uomo bisogna squarciare il velo statistico astratto e ficcare lo sguardo nel formicaio, l'uomo è là.
La Cina e l'India, da sole, fanno - già oggi - poco meno di due miliardi e mezzo di esseri umani, attivi e per lo più all'oscuro di tutto come animali ingabbiati. Con Giappone, Indonesia, Vietnam, Taiwan e Pakistan credo che i tre miliardi siano, se non già raggiunti o superati, a un passo. Le religioni in quel crogiuolo sono quasi incalcolabili, ma l'idolatria biologica della famiglia numerosa è comune: il raddoppio, senza che passino molti decenni, è possibile. Il regime cinese, in tutto spietato, ha frenato per un certo tempo le nascite imponendo il massimo di due figli e reprimendo crudelmente il prevalere, che è fenomeno planetario, delle femmine, e tuttavia i disciplinati cinesi hanno aggiunto al loro miliardo altri trecento milioni. L'India, per democrazia, ha fatto grandi sforzi non coercitivi (ci sono, o c'erano, addirittura associazioni di sterilizzati volontari, ai quali probabilmente si danno premi di Stato).
Resta che, da quelle regioni del povero mondo materiale lo Spermatozoo sempre più dilagherà come un immenso incandescente magma di vita produttrice quasi esclusivamente di consumazione e di distruzione. Guardarsi dal lodare scioccamente la loro industrializzazione: è ben più disumana di quella, terribile, dell'Inghilterra vittoriana, che produceva come nocciolini stracci d'uomini malati a morte, e il loro grado d'inquinamento è una minaccia per la vita di tutti. O cercare di pensare - o rischiare d'impazzire.
Intervistato a New York da «La Stampa» Giovanni Sartori, che con Alberto Ronchey è, credo, il quasi unico politologo in Italia che batte il chiodo dell'eccesso di popolazione con autentica percezione della gravità primaria del problema demografico, accennava a possibili misure coercitive su larga scala come soluzione - anche in Africa, in Sudamerica... Ma, da perfetto razionalista, Sartori si rifiuta di ammettere che qui Malthus suona la resa e che l'esplosione demografica non ha soluzione razionale. Le più dure misure di coercizione non hanno fermato la crescita cinese: avendo scoperto l'invecchiamento, la Cina deve rassegnarsi e presto cercherà, tragicamente, il suo lebensraum in terre africane decimabili ulteriormente da siccità e carestie (più la guerra permanente). E a dire tragico evochiamo l'estremo, tra il fisico e le ombre ctonie, del pensare umano: nel tragico l'insolubilità è cittadina sempre, la razionalità risolutrice no. Gli stessi Stati Uniti perdono sempre più spazio per la follia della loro famiglia-tipo di almeno quattro figli, e per il tranquillo, serafico coniglismo dei coloured e dei portoricani, mentre dal Rio Grande che cosa gli arriva? Malthus in carrozza?
Mi dicevano di una prostituta nera che, in una farmacia di Torino, chiedeva «medigina ber non fare gente»: lei sola, forse, povera bambina, a preoccuparsi del problema in tutto il suo continente, per igiene propria, però. Nella Cina antica, in regioni dove l'aut-aut era tra nascite di troppo o epidemie di fame, le levatrici praticavano il pestaggio a morte dei pancini gonfi: il rimedio della «Modesta proposta» di Swift per i neonati irlandesi in eccesso è addirittura un po' meno raccapricciante. Emanuele Severino, ragionando su questo, osservava che l'Occidente, una volta che la nube migratoria da Oriente e da Sud gli oscurasse il cielo, risolverebbe la cosa con l'atomica. Fortunatamente né Sartori né io vedremo sorgere la glooming peace di un simile giorno del crimine umano.
Noi qui non riusciamo a immaginare noi stessi così pigiati (solo cartoline dai viaggi: «Ah le folle, sapessi... dormono ammucchiati per strada... autobus che scoppiano... miasmi...») eppure abbiamo i ghetti etnici e i rifugi dei clandestini che prefigurano la densità futura e dove nessuno pone limiti allo spermatozoo di bandiera. E vediamo le immagini di città del mondo inaccessibili ad ogni pensare di plausibile esistere umano, deliranti di brutto, che bisogna, pensando, non dissociare dall'ipertrofia delle nostre, dal deteriorarsi di tutto nei maggiori concentramenti urbani, perché il troppo pieno, negli spazi d'Italia più abitati, è presente già, e da tempo gli architetti urbanisti ammoniscono e fanno piani.
Nell'Italia sconquassata del 1945 (abitanti 39 milioni e mezzo: un censimento ideale da non superare) l'esplosione dei rifiuti a Napoli e la penosità dell'alloggiare sarebbero stati impensabili. Oggi siamo quasi venti di più (censiti) e l'Insolubile urbano è Hannibal ad portas.
E poiché il mare tutto quanto cambia per una pietra, e se non vogliamo aggiungere lavoro all'impazienza dell'angelo sterminatore, prima d'introdurre anche un solo essere tra i sette miliardi raggiunti e inarrestabili, in qualunque luogo siamo, e pur distantissimi dai duecento milioni che brulicano lungo il Gange meridionale, la cui onda sacra è ormai un sorso di peste pura, chi abbia un'intelligenza e un'etica deve rifletterci. La mia personale politica della famiglia è molto lontana dal coro.
L'assurda fabbrica di figli
di Guido Ceronetti
Quando si tratta di cifre-uomo bisogna squarciare il velo statistico astratto e ficcare lo sguardo nel formicaio, l'uomo è là.
La Cina e l'India, da sole, fanno - già oggi - poco meno di due miliardi e mezzo di esseri umani, attivi e per lo più all'oscuro di tutto come animali ingabbiati. Con Giappone, Indonesia, Vietnam, Taiwan e Pakistan credo che i tre miliardi siano, se non già raggiunti o superati, a un passo. Le religioni in quel crogiuolo sono quasi incalcolabili, ma l'idolatria biologica della famiglia numerosa è comune: il raddoppio, senza che passino molti decenni, è possibile. Il regime cinese, in tutto spietato, ha frenato per un certo tempo le nascite imponendo il massimo di due figli e reprimendo crudelmente il prevalere, che è fenomeno planetario, delle femmine, e tuttavia i disciplinati cinesi hanno aggiunto al loro miliardo altri trecento milioni. L'India, per democrazia, ha fatto grandi sforzi non coercitivi (ci sono, o c'erano, addirittura associazioni di sterilizzati volontari, ai quali probabilmente si danno premi di Stato).
Resta che, da quelle regioni del povero mondo materiale lo Spermatozoo sempre più dilagherà come un immenso incandescente magma di vita produttrice quasi esclusivamente di consumazione e di distruzione. Guardarsi dal lodare scioccamente la loro industrializzazione: è ben più disumana di quella, terribile, dell'Inghilterra vittoriana, che produceva come nocciolini stracci d'uomini malati a morte, e il loro grado d'inquinamento è una minaccia per la vita di tutti. O cercare di pensare - o rischiare d'impazzire.
Intervistato a New York da «La Stampa» Giovanni Sartori, che con Alberto Ronchey è, credo, il quasi unico politologo in Italia che batte il chiodo dell'eccesso di popolazione con autentica percezione della gravità primaria del problema demografico, accennava a possibili misure coercitive su larga scala come soluzione - anche in Africa, in Sudamerica... Ma, da perfetto razionalista, Sartori si rifiuta di ammettere che qui Malthus suona la resa e che l'esplosione demografica non ha soluzione razionale. Le più dure misure di coercizione non hanno fermato la crescita cinese: avendo scoperto l'invecchiamento, la Cina deve rassegnarsi e presto cercherà, tragicamente, il suo lebensraum in terre africane decimabili ulteriormente da siccità e carestie (più la guerra permanente). E a dire tragico evochiamo l'estremo, tra il fisico e le ombre ctonie, del pensare umano: nel tragico l'insolubilità è cittadina sempre, la razionalità risolutrice no. Gli stessi Stati Uniti perdono sempre più spazio per la follia della loro famiglia-tipo di almeno quattro figli, e per il tranquillo, serafico coniglismo dei coloured e dei portoricani, mentre dal Rio Grande che cosa gli arriva? Malthus in carrozza?
Mi dicevano di una prostituta nera che, in una farmacia di Torino, chiedeva «medigina ber non fare gente»: lei sola, forse, povera bambina, a preoccuparsi del problema in tutto il suo continente, per igiene propria, però. Nella Cina antica, in regioni dove l'aut-aut era tra nascite di troppo o epidemie di fame, le levatrici praticavano il pestaggio a morte dei pancini gonfi: il rimedio della «Modesta proposta» di Swift per i neonati irlandesi in eccesso è addirittura un po' meno raccapricciante. Emanuele Severino, ragionando su questo, osservava che l'Occidente, una volta che la nube migratoria da Oriente e da Sud gli oscurasse il cielo, risolverebbe la cosa con l'atomica. Fortunatamente né Sartori né io vedremo sorgere la glooming peace di un simile giorno del crimine umano.
Noi qui non riusciamo a immaginare noi stessi così pigiati (solo cartoline dai viaggi: «Ah le folle, sapessi... dormono ammucchiati per strada... autobus che scoppiano... miasmi...») eppure abbiamo i ghetti etnici e i rifugi dei clandestini che prefigurano la densità futura e dove nessuno pone limiti allo spermatozoo di bandiera. E vediamo le immagini di città del mondo inaccessibili ad ogni pensare di plausibile esistere umano, deliranti di brutto, che bisogna, pensando, non dissociare dall'ipertrofia delle nostre, dal deteriorarsi di tutto nei maggiori concentramenti urbani, perché il troppo pieno, negli spazi d'Italia più abitati, è presente già, e da tempo gli architetti urbanisti ammoniscono e fanno piani.
Nell'Italia sconquassata del 1945 (abitanti 39 milioni e mezzo: un censimento ideale da non superare) l'esplosione dei rifiuti a Napoli e la penosità dell'alloggiare sarebbero stati impensabili. Oggi siamo quasi venti di più (censiti) e l'Insolubile urbano è Hannibal ad portas.
E poiché il mare tutto quanto cambia per una pietra, e se non vogliamo aggiungere lavoro all'impazienza dell'angelo sterminatore, prima d'introdurre anche un solo essere tra i sette miliardi raggiunti e inarrestabili, in qualunque luogo siamo, e pur distantissimi dai duecento milioni che brulicano lungo il Gange meridionale, la cui onda sacra è ormai un sorso di peste pura, chi abbia un'intelligenza e un'etica deve rifletterci. La mia personale politica della famiglia è molto lontana dal coro.
La sovrappopolazione primo problema
Una popolazione del pianeta che era di meno di un miliardo nel 1900 (impiegando qualche milione di anni per arrivare a tanto) e che oggi va per i sette miliardi, in soli cento anni. Chi non riconosce un questo la tragedia del pianeta terra è cieco o fa finta di non vedere. La redistribuzione delle ricchezze è una chimera per allocchi: non farebbe che aumentare la produzione di rifiuti e di CO2, la deforestazione, la fine del pianeta.Né si può costringere gli uomini all'indigenza (che senso ha ridurre i consumi se non creare disoccupazione, degrado sociale, dittature autoritarie per impedire lo sviluppo). Marxisti e verdi degli specchietti solari spacciano castronerie. La verità è che l'unica soluzione è la politica del contenimento demografico mediante contraccettivi, incentivi fiscali per le famiglie con un solo figlio, sterilizzazioni, aiuti condizionati alla riduzione della natalità.
Chi afferma che lo sviluppo demografico aiuta lo sviluppo economico?
Potrebbe essere ben vero il contrario. Come spiegato da Ansley Coale della Princeton University, nei paesi del sottosviluppo c’è un rapporto di proporzionalità diretta tra tassi rapidi di incremento della popolazione e condizioni economiche declinanti. Le economie di molti paesi in via di sviluppo, ad esempio quelli dell’Africa e dell’America Latina, vengono frenate dal fatto che un’alta percentuale del reddito personale e di quello nazionale venga spesa per rispondere a necessità di consumo immediate, per cibo, alloggio e vestiti - ci sono, infatti, troppi bambini per ogni lavoratore adulto. Così rimane poco reddito disponibile, a livello personale e nazionale, per accumulare capitale da investire. La mancanza di capitali d’investimento deprime la crescita di produttività dell’industria e porta ad un’alta disoccupazione (che è esacerbata dalla rapida crescita del numero di persone in cerca di prima occupazione). La mancanza di capitale contribuisce anche all’incapacità, da parte di un paese, di investire in educazione, amministrazione, infrastrutture, nelle necessità ambientali e in altri settori che potrebbero contribuire al miglioramento della produttività a lungo termine dell’economia e degli standard di vita della gente.
Nessun paese, nel ventesimo secolo, ha fatto molti progressi nella transizione da “in via di sviluppo” a “sviluppato”, fino a che non ha messo sotto controllo la crescita della sua popolazione. Per esempio, in Giappone, Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, nelle Bahamas e nelle Barbados, un rapido sviluppo economico, misurato in prodotto nazionale lordo pro capite, è avvenuto solo dopo che ognuno di questi paesi aveva raggiunto un tasso di crescita naturale della sua popolazione al di sotto dell’1,5% l´anno e un numero medio di figli per donna di 2,3 al massimo. Herman Daly, ex Senior Economist della Banca Mondiale, ritiene che criteri simili potrebbero valere anche per altri paesi. Detto in parole semplici, se quanto affermano Simon e Forbes fosse vero, i paesi a bassa crescita demografica dell’Europa e del Nord America dovrebbero avere economie deboli, mentre le economie dell’Africa sub-sahariana e degli altri paesi dell’Asia e dell’America Latina, caratterizzati da una crescita impetuosa, dovrebbero essere robuste. La Cina è un buon esempio dei giorni nostri di come un cambiamento demografico nella direzione di una riduzione della fertilità possa stimolare il settore manifatturiero e potenziare la crescita economica.
Chi afferma che lo sviluppo demografico aiuta lo sviluppo economico?
Potrebbe essere ben vero il contrario. Come spiegato da Ansley Coale della Princeton University, nei paesi del sottosviluppo c’è un rapporto di proporzionalità diretta tra tassi rapidi di incremento della popolazione e condizioni economiche declinanti. Le economie di molti paesi in via di sviluppo, ad esempio quelli dell’Africa e dell’America Latina, vengono frenate dal fatto che un’alta percentuale del reddito personale e di quello nazionale venga spesa per rispondere a necessità di consumo immediate, per cibo, alloggio e vestiti - ci sono, infatti, troppi bambini per ogni lavoratore adulto. Così rimane poco reddito disponibile, a livello personale e nazionale, per accumulare capitale da investire. La mancanza di capitali d’investimento deprime la crescita di produttività dell’industria e porta ad un’alta disoccupazione (che è esacerbata dalla rapida crescita del numero di persone in cerca di prima occupazione). La mancanza di capitale contribuisce anche all’incapacità, da parte di un paese, di investire in educazione, amministrazione, infrastrutture, nelle necessità ambientali e in altri settori che potrebbero contribuire al miglioramento della produttività a lungo termine dell’economia e degli standard di vita della gente.
Nessun paese, nel ventesimo secolo, ha fatto molti progressi nella transizione da “in via di sviluppo” a “sviluppato”, fino a che non ha messo sotto controllo la crescita della sua popolazione. Per esempio, in Giappone, Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, nelle Bahamas e nelle Barbados, un rapido sviluppo economico, misurato in prodotto nazionale lordo pro capite, è avvenuto solo dopo che ognuno di questi paesi aveva raggiunto un tasso di crescita naturale della sua popolazione al di sotto dell’1,5% l´anno e un numero medio di figli per donna di 2,3 al massimo. Herman Daly, ex Senior Economist della Banca Mondiale, ritiene che criteri simili potrebbero valere anche per altri paesi. Detto in parole semplici, se quanto affermano Simon e Forbes fosse vero, i paesi a bassa crescita demografica dell’Europa e del Nord America dovrebbero avere economie deboli, mentre le economie dell’Africa sub-sahariana e degli altri paesi dell’Asia e dell’America Latina, caratterizzati da una crescita impetuosa, dovrebbero essere robuste. La Cina è un buon esempio dei giorni nostri di come un cambiamento demografico nella direzione di una riduzione della fertilità possa stimolare il settore manifatturiero e potenziare la crescita economica.
martedì 23 giugno 2009
JFK contro la sovrappopolazione nel 1960
La lotta per lo sviluppo economico non s'imbatté soltanto nei ben noti ostacoli dell'ignoranza, delle epidemie, della corruzione e dell'inerzia. Anche quando i paesi erano decisi a riformare modi di vita e istituzioni, rimaneva pur sempre una minaccia costante: che la popolazione aumentasse più rapidamente della produzione, facendo sì che diminuisse il reddito individuale e che diminuissero di conseguenza i risparmi disponibili per la formazione di capitali. Nel Venezuela, ad esempio, dal 1957 al 1963, il prodotto nazionale lordo, secondo le statistiche delle Nazioni Unite, aumentò del 4,5 per cento, ma la popolazione si accrebbe del 3,8 per cento, riducendo l'incremento netto del reddito individuale allo 0,7 per cento; nell'Uganda, le cifre furono rispettivamente del 3,4 e del 2,5 per cento e ridussero allo 0,9 per cento l'incremento del reddito individuale. "Come un ladro nella notte" disse Asoka Mehta della Commissione indiana per la pianificazione "l'incremento demografico può defraudarci di tutti i risultati ottenuti, un giorno dopo l'altro, nell'espansione economica". Un economista dell'AID (Agency for International Development) calcolò che in certi paesi ogni dollaro investito nel controllo delle nascite sarebbe stato duecento volte più produttivo dello stesso dollaro investito nello sviluppo economico.Nel 1959 fu pubblicato un rapporto sulla politica degli aiuti all'estero in cui si raccomandava coraggiosamente che gli USA dessero la loro assistenza ai piani di controllo delle nascite nei paesi sottosviluppati (rapporto Draper). Il rapporto Draper provocò l'energica reazione dei vescovi cattolici. Si sarebbe potuto supporre che l'elezione nel 1960 di un presidente cattolico escludesse più che mai dal campo della politica pubblica il controllo dell'incremento demografico. In realtà Kennedy si era interessato da tempo ai riflessi dell'aumento della popolazione sullo sviluppo economico. Nel 1959, ad esempio, John Cowles pronunciò un discorso sul problema demografico, sostenendo: "A meno che non vogliamo vedere le condizioni esistenti in India e in Egitto diffondersi nel resto del mondo, gli scienziati devono scoprire un metodo semplice, poco costoso ed efficace per il controllo delle nascite"; e Kennedy fece pubblicare il testo del discorso nel Congressional Record definendolo "un panorama significativo dei fattori che determineranno la nostra politica estera nei prossimi decenni".Nel suo primo messaggio sugli aiuti all'estero fece rilevare:"Nell'America latina l'incremento demografico sta già minacciando di rallentare l'espansione economica".
Nell'autunno del 1962 la Svezia presentò all'Assemblea generale delle Nazioni Unite una risoluzione che invitava il segretario generale a svolgere una ricerca sui problemi demografici. Questo significava che, per la prima volta, l'Assemblea generale avrebbe discusso di politica demografica. Gardner, intervenendo in accordo con il presidente Kennedy, disse che gli Stati Uniti avrebbero "se richiesti" aiutato altri paesi "a trovare fonti potenziali di informazioni e di assistenza per quanto concerneva i modi e i mezzi di affrontare i problemi della sovrappopolazione".
(Arthur M. Schlesinger Jr.: " I mille giorni di JFK" Biblioteca Universale Rizzoli 1992 pag.623)
Nell'autunno del 1962 la Svezia presentò all'Assemblea generale delle Nazioni Unite una risoluzione che invitava il segretario generale a svolgere una ricerca sui problemi demografici. Questo significava che, per la prima volta, l'Assemblea generale avrebbe discusso di politica demografica. Gardner, intervenendo in accordo con il presidente Kennedy, disse che gli Stati Uniti avrebbero "se richiesti" aiutato altri paesi "a trovare fonti potenziali di informazioni e di assistenza per quanto concerneva i modi e i mezzi di affrontare i problemi della sovrappopolazione".
(Arthur M. Schlesinger Jr.: " I mille giorni di JFK" Biblioteca Universale Rizzoli 1992 pag.623)
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